Brexit

Brexit

La è il processo avviato dal referendum del 23 giugno 2016, quando il 51,9% degli elettori britannici si era espresso a favore della revoca dell'adesione del Regno unito (Uk) all'Unione europea (Ue) e concluso con l'uscita del Regno unito dall'Unione europea il 31 gennaio 2020.

I negoziati tra le parti, iniziati il 19 giugno 2017, si sono posti come obiettivo quello di condurre il Regno unito fuori dall'Unione ad una scadenza definita e inizialmente fissata al 29 marzo 2019, due anni dopo la notifica del recesso, in base all'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea. La risoluzione del rapporto Uk-Ue avrebbe dovuto essere negoziata ("soft Brexit") e non unilaterale ("hard Brexit" o "no deal Brexit").

Un primo accordo di recesso tra Uk e Ue è stato concordato nel novembre 2018 ed è sempre stato considerato irrinunciabile dall'Unione europea, insieme alla Dichiarazione sul quadro delle future relazioni Ue-Uk. Ma il Parlamento britannico non ha ratificato tale accordo, negoziato dal Primo ministro Theresa May, poi sostituita (luglio 2019) da Boris Johnson. Di conseguenza la scadenza originaria fissata tra le parti per il recesso del Regno unito dall'Unione europea è stata più volte modificata dal Consiglio europeo che ne ha anche prorogato il termine, prima al 22 maggio 2019 e successivamente fino al 31 ottobre 2019.

Un nuovo Primo ministro britannico, Boris Johnson, ha annunciato il 25 luglio 2019 di (a) voler rispettare la data del 31 ottobre 2019 per il recesso dalla Ue, (b) voler rinegoziare l'accordo di recesso. Successivamente, dopo varie deliberazioni nell'ambito del Parlamento britannico, lo stesso Johnson ha richiesto il 22 ottobre 2019 al Presidente del Consiglio europeo una nuova proroga al 31 gennaio 2020 del termine fissato per la Brexit, in base all'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea, auspicando tuttavia un completamento della Brexit entro il 31 ottobre 2019 (c.d. Withdrawal Bill) evitando di avvalersi della proroga del termine (già negoziata) di cui sopra. L'Unione europea, attraverso il Presidente del consiglio europeo, ha accettato il 28 ottobre 2019 la richiesta britannica di una 'flextension' fino al 31 gennaio 2020.

Le elezioni generali nel Regno unito, svolte il 12 dicembre 2019, hanno visto la vittoria dei Conservatori, partito del Primo ministro Boris Johnson, a favore della Brexit. Il Consiglio europeo ha quindi avviato i preparativi per i negoziati sulle future relazioni Ue-Uk da avviare in vista del recesso. Londra e Bruxelles hanno quindi concluso un accordo di separazione (European Union Withdrawal Agreement Act), ratificato il 30 gennaio 2020 dal Consiglio europeo, dopo il parere favorevole espresso dal Parlamento europeo.

Dal 1° febbraio 2020, quindi, il Regno unito non è più membro dell'Unione europea.

L'accordo di separazione stabilisce che, fino al 31 dicembre 2020 (salvo eventuale proroga, da deliberare non oltre il 30 giugno) la normativa europea troverà applicazione come se il Regno unito fosse ancora parte dell'Unione europea. L'accordo prevede, tra l'altro, la garanzia della continuità della normativa relativa ai servizi finanziari, bancari e assicurativi, con la proroga dell'attuale regime. Al termine del periodo di transizione, ai soggetti appartenenti al Regno unito che dovessero operare nel territorio dell'Unione europea si applicherà la normativa relativa ai soggetti di paesi terzi o, in mancanza di diversi accordi, la normativa relativa ai soggetti extra-Ue. Va comunque ricordato che durante le trattative sulla Brexit, e in presenza del rischio di una Brexit senza accordo (no-deal Brexit) la Ue aveva già predisposto misure transitorie idonee a disciplinare i rapporti con il Regno unito nelle aree tematiche prioritarie. A tale proposito l'Italia aveva approvato il Decreto-Legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito dal Parlamento nella legge 20 maggio 2019, n. 41, (oggi non più applicabile per la sez. I del Capo II del decreto stesso, relativa all'eventuale uscita no-deal).