Report corporate governance 2017 - AREA PUBBLICA
Rapporto 2017 sulla corporate governance delle società quotate italiane
RAPPORTO 2017
Assetti proprietari Le evidenze relative alle società quotate sull'Mta a fine 2016 confermano la netta prevalenza di emittenti nel cui azionariato è presente un socio di riferimento, ... leggi di più |
Le evidenze relative alle 230 società quotate sull'Mta a fine 2016 confermano la netta prevalenza di emittenti (circa 7 casi su 10) nel cui azionariato è presente un socio di riferimento (di maggioranza assoluta o relativa del capitale). Tra le imprese non controllate, si registra il calo delle società cooperative da 7 nel 2015 a 4 nel 2016, conseguente all'emanazione della legge 33/2015. Rimane stabile la quota media detenuta dal principale azionista (47% del capitale ordinario). Le famiglie continuano a controllare la maggior parte delle imprese (146 società, appartenenti principalmente al settore industriale, per una capitalizzazione pari al 33% del mercato), seguite da Stato ed enti locali (21 società, operanti per lo più nel settore dei servizi, per una capitalizzazione pari al 36% del mercato), mentre nel 18% dei casi, relativi prevalentemente al comparto finanziario, non è individuabile un controllante. A fine 2016 gli investitori istituzionali detengono partecipazioni rilevanti in 61 società. Il dato – la cui serie storica è stata rettificata per tener conto dell'innalzamento dal 2% al 3% della soglia di trasparenza proprietaria avvenuto nel 2016 – conferma la flessione nel numero di società partecipate dagli investitori istituzionali, già delineatasi nel biennio precedente per effetto della netta e progressiva diminuzione della presenza di investitori italiani solo parzialmente compensata dalla maggiore presenza di investitori esteri. La quota media di capitale detenuta da investitori istituzionali rilevanti nelle società partecipate è pari nel 2016 al 7,5%, in leggera flessione rispetto agli anni precedenti. Gli investitori istituzionali italiani investono in prevalenza in società a minor capitalizzazione, mentre quelli esteri detengono più frequente¬mente partecipazioni rilevanti in società a medio-alta capitalizzazione e attive nel settore finanziario. Continua a ridursi il ricorso a strumenti di separazione tra proprietà e controllo. A fine 2016, infatti, l'80% delle società non appartiene ad alcun gruppo piramidale od orizzontale (il dato si attestava al 56% nel 1998), mentre solo il 16,5% fa parte di un gruppo verticale (39% nel 1998). Al contempo, è aumentato il numero di emittenti che hanno deciso di avvalersi delle opzioni introdotte dal cosiddetto Decreto Competitività (d.l. 91/2014). In particolare, 33 società quotate hanno previsto nel proprio statuto il meccanismo della maggiorazione del diritto di voto in favore di coloro che sono azionisti da almeno due anni (azioni a voto maggiorato), mentre un emittente ha emesso in fase di quotazione azioni a voto plurimo. L'adozione di tali strumenti ha interessato in prevalenza società di piccole dimensioni, operanti nel settore industriale e caratterizzate da un modello di controllo familiare. |
Governo societario e board diversity A fine 2016, in linea con le evidenze passate, i consigli di amministrazione delle società che adottano il modello tradizionale sono composti in media da circa 10 membri ... leggi di più |
A fine 2016, in linea con le evidenze passate, i consigli di amministrazione delle 225 società che adottano il modello tradizionale sono composti in media da circa 10 membri. Gli amministratori indipendenti (secondo i requisiti del Codice di Autodisciplina e/o del Testo Unico della Finanza - Tuf) sono in media 5 (47,6% del totale), mentre quelli di minoranza sono 2 e sono presenti in 96 imprese. Poco più dei due terzi degli emittenti, soprattutto di maggiori dimensioni, conta almeno un amministratore titolare di incarichi di amministrazione in altre società quotate (interlocker). Il fenomeno interessa circa un quarto dell'organo amministrativo in 75 società e una percentuale compresa tra il 25 e il 50% in 78 imprese. Con sempre maggiore frequenza, inoltre, le donne ricoprono incarichi di amministratore in più di un emittente (31% rispetto al 18% nel 2013). Continua a crescere il numero di società che istituiscono comitati interni al board: tale dinamica è particolarmente evidente per il comitato nomine, presente a fine 2016 nel 57% delle imprese (20% nel 2011). In linea con il dato dello scorso anno, 184 emittenti dichiarano di avere svolto il processo di autovalutazione, mentre 39 società hanno adottato un piano di successione (30 nel 2015). In materia di board diversity, negli ultimi cinque anni si colgono alcuni cambiamenti prevalentemente guidati dall'applicazione della legge 120/2011. A fine giugno 2017 la presenza femminile ha raggiunto un terzo del totale degli incarichi di amministratore (33,6%), quota obiettivo della legge 120/2011. La ricomposizione per genere ha comportato una riduzione dell'età media dei consiglieri, un aumento del numero di laureati e una maggiore diversificazione dei profili professionali. Le donne sono infatti mediamente più giovani degli uomini e più frequentemente presentano un background professionale accademico o da consulente rispetto a quello manageriale. Si segnala, altresì, una minore presenza di amministratori family (ossia, di consiglieri che sono anche azionisti di controllo ovvero a essi legati da vincoli di parentela). Le caratteristiche del board mostrano una certa eterogeneità a seconda dell'identità dei controllanti (nelle società controllate da un'istituzione finanziaria, gli amministratori sono mediamente più giovani, più frequentemente stranieri e laureati) e dell'eventuale legame con l'azionista di controllo (i family sono meno frequentemente laureati e in possesso di un titolo di studio post-laurea e hanno in prevalenza un profilo professionale manageriale). Le donne ricoprono la carica di amministratore delegato in 17 emittenti a bassa capitalizzazione, mentre presiedono l'organo amministrativo in 26 società di più elevata dimensione. Oltre i due terzi delle donne sono consiglieri indipendenti; sempre più spesso, inoltre, sono nominate attraverso il voto di lista da azionisti di minoranza. Con specifico riferimento agli organi di controllo, infine, a giugno 2017 le donne ricoprono il 37% degli incarichi. |
Assemblee e politiche di remunerazione A partire dal 2012, le assemblee delle 100 società italiane a più elevata capitalizzazione registrano in media la partecipazione di oltre il 70% del capitale sociale ... leggi di più |
Secondo quanto emerge dalle evidenze raccolte a partire dal 2012, le assemblee delle 100 società italiane a più elevata capitalizzazione registrano in media la partecipazione di oltre il 70% del capitale sociale. Nel 2017, la presenza degli investitori istituzionali ha raggiunto il valore medio del 19,4% del capitale, dato più elevato nel periodo considerato che riflette la continua crescita nella partecipazione degli investitori istituzionali esteri (dal 10,4% al 18,3% del capitale sociale). La presenza degli investitori istituzionali italiani in assemblea rimane invece stabile a circa l'1% del capitale. Con riferimento al voto sulle politiche di remunerazione (cosiddetto say on-pay), gli investitori istituzionali hanno espresso voto favorevole per il 13% del capitale (64% delle azioni detenute), mentre l'insieme di voti contrari e astensioni rimane stabile attorno al 6% del capitale. Diversamente dagli anni passati, che avevano visto una continua riduzione del dissenso nelle società di maggiori dimensioni, il dissenso sulla politica di remunerazione è aumentato nelle società del FtseMib, raggiungendo l'11% dei voti assembleari e il 32% dei voti degli investitori istituzionali (rispettivamente, 9% e 27% nel 2016). Nelle società a media capitalizzazione il dissenso è stabile al 9% dei voti totali, dopo una costante crescita nel periodo 2012-2015. In linea con le evidenze degli anni precedenti, il dissenso, sia generale sia dei soli investitori istituzionali, è più contenuto nelle società finanziarie rispetto agli altri settori, sebbene nel 2017 abbia raggiunto il valore più elevato dalla prima applicazione del say-on-pay (6,7% versus 3,7% nel 2012). |
Operazioni con parti correlate In applicazione del Regolamento Consob n. 17221/2010, a partire dal 2011 fino al primo semestre del 2017 sono stati pubblicati 423 documenti informativi per operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate ... leggi di più |
In applicazione del Regolamento Consob n. 17221/2010, a partire dal 2011 fino al primo semestre del 2017 sono stati pubblicati 423 documenti informativi per operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate. La maggior parte delle operazioni (53%) ha avuto ad oggetto contratti di finanziamento, forniture di beni e prestazioni di servizi; il 28% circa ha riguardato il trasferimento di asset e il restante 18% ha comportato modifiche dell'azionariato. In oltre quattro casi su cinque, controparti dell'operazione sono stati i soci di controllo o in grado di esercitare un'influenza significativa sulla società, mentre con una minor frequenza le operazioni sono state effettuate con società del gruppo o con amministratori. Infine, 174 operazioni di maggiore rilevanza hanno avuto carattere ordinario e sono state concluse a condizioni di mercato, beneficiando pertanto dell'esclusione dagli obblighi di pubblicazione di un documento informativo. |
Focus: Informativa non finanziaria La Sezione esamina la pubblicazione di informazioni di carattere non finanziario, su base volontaria, da parte delle principali società quotate italiane nel 2017 ... leggi di più |
La Sezione 5 esamina la pubblicazione di informazioni di carattere non finanziario, su base volontaria, da parte delle principali società quotate italiane nel 2017. Il tema appare di interesse anche alla luce della recente Direttiva 2014/95/UE, che richiede ad alcune imprese di grandi dimensioni di pubblicare ogni anno una dichiarazione di carattere non finanziario contenente almeno informazioni ambientali, sociali, attinenti a personale, rispetto dei diritti umani, lotta alla corruzione attiva e passiva, con l'obiettivo di migliorare l'uniformità e la comparabilità delle informazioni di carattere non finanziario comunicate nell'Unione. Tale dichiarazione dovrebbe contenere una descri¬zione delle politiche adottate dall'emittente in merito ai predetti aspetti, comprese le procedure di due diligence applicate. In Italia, l'effettiva applicazione della Direttiva, recepita con il d.lgs. 254/2016, è subordinata al regolamento che la Consob ha posto in consultazione nel corso dell'anno. La gran parte delle società del Ftse Mib (26 su 33) ha pubblicato un Report su temi non finanziari riferito al 2016, ovvero un Report di sostenibilità (18 casi), un Report Integrato (4 casi) o entrambi (4 casi). Tra queste società, 24 hanno condotto l'analisi di materialità allo scopo di individuare i temi rilevanti. Per quanto concerne la valutazione della rilevanza dei temi dal punto di vista della società, in 21 casi è stato direttamente coinvolto il management, per lo più attraverso questionari e interviste. Con riguardo alla valutazione della rilevanza dei temi dal punto di vista esterno alla società, 19 imprese dichiarano di avere coinvolto direttamente gli stakeholders interessati, prevalentemente attraverso questionari, surveys, forum multi-stakeholders e focus groups. Allo scopo di comprendere se le tematiche non finanziarie siano state considerate rilevanti anche nell'ambito della selezione, formazione e funzionamento del board, sono state consultate le risultanze del processo di autovalutazione annuale condotto dall'organo di amministrazione (art. 1, criterio 1.c.1., lett. g) del Codice di Autodisciplina), le linee guida eventualmente emanate dal consiglio di amministrazione uscente in occasione dell'elezione del board (art. 1, criterio 1.c.1., lett. h) del Codice di Autodisciplina) e le tematiche affrontate nell'ambito delle sessioni di formazione organizzate a favore del board durante l'anno (art. 2, criterio 2.c.2 del Codice di Autodisciplina). Per quanto concerne il processo di autovalutazione, in 2 casi si citano tematiche aventi carattere non finanziario. Con riguardo alle linee guida emanate dal consiglio uscente in vista del rinnovo del board, in 10 casi si auspica che nella selezione degli amministratori si tenga conto dell'importanza di competenze relative a tematiche non finanziarie (ossia temi di corporate governance in 8 casi, remunerazioni in 4 casi, innovazione tecnologica e digitale in 3 casi, sostenibilità in 2 casi). Infine, con riguardo ai programmi di induction, 7 imprese hanno organizzato nel corso dell'anno corsi di formazione a favore degli amministratori aventi ad oggetto tematiche di carattere non finanziario. |
Focus: Board diversity nei principali paesi europei La Sezione presenta evidenze sulla composizione degli organi di amministrazione in Francia, Germania, Regno Unito, Italia e Spagna per le prime 30 società, in termini di capitalizzazione, quotate nel periodo 2005-2016, ... leggi di più |
La Sezione 6 presenta evidenze sulla composizione degli organi di amministrazione in Francia, Germania, Regno Unito, Italia e Spagna per le prime 30 società, in termini di capitalizzazione, quotate nel periodo 2005-2016, secondo le informazioni di cui al database Boardex. La dimensione media dei boards si è ridotta in tutti i paesi nel periodo considerato, risultando più contenuta in Italia e Regno Unito. A partire dal 2012 la presenza delle donne negli organi di amministrazione delle società quotate del campione è sensibilmente cresciuta, o per effetto di leggi sulle quote di genere (Francia, Italia e Germania) o per effetto di iniziative di autoregolamentazione (Regno Unito e Spagna). La partecipazione femminile ha raggiunto il valore più elevato in Francia (dove alla fine del 2016 le donne rappresentano il 40% del board versus il 7% nel 2005), seguita da Italia (31,4%), Regno Unito (28,6%), Germania (27%) e Spagna (19%). Per quanto riguarda la composizione per nazionalità, dal 2005 al 2016 la presenza di amministratori stranieri è aumentata in tutti i paesi analizzati, con l'eccezione della Francia. Le società britanniche si sono sempre caratterizzate per una maggiore diversità in termini di nazionalità, con una percentuale di consiglieri stranieri che a fine 2016 raggiunge il 36,7% del totale, mentre l'Italia si colloca all'estremo opposto (11%). Il Regno Unito registra altresì la maggiore presenza di amministratori indipendenti (67,8% dei consiglieri), seguito da Italia (58,7%), Francia (51,4%), Spagna (46%) e infine Germania (15%). Per quanto riguarda le caratteristiche degli amministratori, nel periodo 2005-2016, l'età media è rimasta sostanzialmente stabile in Germania e Italia, mentre è cresciuta di circa due anni in Spagna e Regno Unito. Con la sola eccezione della Germania, inoltre, la percentuale di consiglieri laureati è rimasta particolarmente elevata nel tempo e in tutti i paesi, oscillando tra l'80 e il 90% del totale. È infine interessante valutare la diversità separatamente per ammini¬stratori esecutivi e non esecutivi. Le evidenze relative al 2016 mostrano che gli amministratori esecutivi si caratterizzano per una minore diversità di genere (solo il 5,7% sono donne a fronte del 33% rilevato per i non esecutivi) e di nazionalità (in media gli stranieri rappresentano il 20% degli esecutivi rispetto al 28% dei non esecutivi). |
Il Report è stato curato da:
Nadia Linciano (coordinatrice) - CONSOB, Divisione Studi (n.linciano@consob.it)
Angela Ciavarella - CONSOB, Divisione Studi (a.ciavarella@consob.it)
Rossella Signoretti - CONSOB, Divisione Corporate Governance (r.signoretti@consob.it)
Le opinioni espresse nel Report sono personali degli autori e non impegnano in alcun modo la Consob. Nel citare i contenuti del rapporto, non è pertanto corretto attribuirli alla Consob o ai suoi Vertici.
ISSN 2281-535X [online]