Report corporate governance 2018 - AREA PUBBLICA
Rapporto 2018 sulla corporate governance delle società quotate italiane
RAPPORTO 2018
Assetti proprietari Alla fine del 2017 la maggior parte delle società quotate sull'MTA è controllata o da un singolo azionista o da più azionisti aderenti a un patto parasociale, ... leggi di più |
Alla fine del 2017 la maggior parte delle 231 società quotate sull'MTA è controllata o da un singolo azionista (177 emittenti) o da più azionisti aderenti a un patto parasociale (22 imprese; erano rispettivamente 181 e 51 nel 2010). La quota media detenuta dal principale azionista è pari al 47,7%, superiore al valore del 2010, pari al 46,2%, mentre il mercato detiene in media una quota di capitale del 40%. In linea con le evidenze passate, il modello di controllo prevalente continua a essere quello familiare, presente in 145 società. Lo Stato è azionista di riferimento in 23 imprese di dimensioni elevate, che rappresentano il 34% della capitalizzazione di mercato. Il 26% delle società (60 emittenti) conta almeno un investitore istituzionale nell'azionariato rilevante (ossia con una partecipazione superiore alle soglie individuate per gli obblighi di trasparenza proprietaria). Il dato, in netto calo rispetto al 2010 e in linea con l'evidenza registrata nel 2016, conferma da un lato la riduzione della presenza di investitori istituzionali italiani e dall'altro l'aumento della presenza di quelli esteri. Gli investitori istituzionali italiani sono con maggior frequenza azionisti rilevanti di imprese di piccole dimensioni e operanti nel settore industriale, mentre quelli esteri sono presenti soprattutto in società finanziarie e a elevata capitalizzazione. A fine 2017 il 18,6% delle società quotate appartiene a strutture piramidali o miste (20% nel 2010) e si caratterizza per una differenza tra diritti di voto e diritti ai flussi di cassa pari in media al 12,3%. Diversamente dal passato, non si evidenzia la presenza di gruppi orizzontali. Per quanto riguarda la separazione tra proprietà e controllo realizzata attraverso la deviazione dalla regola ‘un'azione-un voto', a fine 2017 le società che hanno emesso azioni di risparmio sono 17, mentre quelle i cui azionisti hanno maturato a fine 2017 la maggiorazione del diritto di voto sono 14 e mostrano una divergenza tra diritti di voto e diritti ai flussi di cassa di circa il 14%. Complessivamente, le società i cui statuti prevedono azioni a voto multiplo e loyalty shares sono, rispettivamente, tre e 41 (dato a fine giugno 2018). |
Governo societario e board diversity La maggioranza delle società quotate italiane adotta il modello tradizionale, ... leggi di più |
La maggioranza delle società quotate italiane adotta il modello tradizionale (227 società su 231). I consigli di amministrazione sono costituiti in media da circa 10 membri, di cui circa la metà indipendenti secondo il Codice di Autodisciplina e/o del Testo Unico della Finanza – Tuf, mentre i consiglieri di minoranza, presenti in 97 imprese, sono mediamente due. Negli organi amministrativi delle società quotate siedono in media 2,4 consiglieri titolari di incarichi di amministrazione anche presso altri emittenti quotati (interlockers). Il fenomeno, mediamente più significativo nelle imprese a media e alta capitalizzazione (dove si registra, rispettivamente, la presenza di tre e quattro interlockers), interessa prevalentemente una minoranza del board (meno del 25% dei membri in 78 casi e tra il 25% e il 50% in 76 casi). Continua a crescere il numero di società che istituiscono comitati endo-consiliari. Tale dinamica è particolarmente evidente per il comitato nomine, presente a fine 2017 nel 60% circa delle imprese (20% circa nel 2011), mentre il comitato di remunerazione e quello di controllo interno sono presenti in oltre il 90% delle società. Un quinto delle imprese quotate (pari al 61,3% della capitalizzazione di mercato) ha istituito il comitato di sostenibilità, censito per la prima volta a fine 2017 a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 254/2016 e del relativo regolamento attuativo emanato dalla Consob, in materia di rendicontazione non finanziaria. In aumento anche il numero di emittenti che dichiarano di avere svolto il processo annuale di autovalutazione (193) e delle società che hanno adottato un piano di successione (44). A giugno 2018 la presenza femminile raggiunge il 36% del totale degli incarichi di amministrazione e il 38% degli incarichi di componente degli organi di controllo, in entrambi i casi registrando i massimi storici per effetto dell'applicazione della Legge Golfo-Mosca (legge 120/2011). La maggioranza degli emittenti ha già riservato al genere meno rappresentato la quota di un terzo dei componenti del board, sia nel caso delle società giunte al secondo e al terzo rinnovo del board successivo alla legge (rispettivamente 156 e 24 con una presenza femminile pari al 36%) sia nel caso degli emittenti al primo rinnovo, a cui è applicabile la quota di genere di un quinto (31 casi, 35% di donne in CdA); il dato si riscontra anche nelle società non soggette alla legge 120/2011 in quanto neoquotate e nelle imprese che hanno già completato i tre rinnovi previsti dalla legge (complessivamente 17 casi, 33% di donne in CdA). Mentre aumenta rispetto al passato la quota di donne qualificate come indipendenti (72% a metà 2018 a fronte del 69% nel biennio precedente), si riduce lievemente il numero di casi in cui una donna ricopre la carica di amministratore delegato (14 dai 17 rilevati a giugno 2017). La presenza delle donne nel board risulta più pronunciata nelle grandi aziende e nel settore dei servizi. Alla maggiore partecipazione femminile si associa una riduzione dell'età media dei consiglieri, un aumento del numero di laureati e una maggiore diversificazione dei profili professionali. Infine, ha raggiunto il minimo storico dell'11% circa la presenza nel board di donne che sono anche azionisti di controllo ovvero sono a questi legate da vincoli di parentela (cosiddette family). Con riferimento alle caratteristiche degli amministratori ulteriori rispetto al genere, l'età media si attesta attorno ai 57 anni, con i consiglieri più anziani delle società Ftse Mib e del settore finanziario e quelli più giovani nelle società di minori dimensioni e in quelle che operano nei servizi. Quasi il 90% degli amministratori è laureato (più frequentemente nel Ftse Mib e nel settore dei servizi), mentre circa un quarto ha conseguito un titolo post-laurea. Il background professionale prevalente è quello dei manager (circa il 70%), seguito dal profilo del consulente/professionista (circa il 20%) e accademico (circa il 9%). La presenza di stranieri rimane bassa, raggiungendo il valore massimo nelle grandi aziende (oltre il 10%) e il minimo nel settore finanziario (meno del 5%). Una certa eterogeneità nelle caratteristiche degli amministratori si coglie anche rispetto al modello di controllo delle società. Nelle società a controllo pubblico è maggiore l'incidenza di donne, amministratori laureati e accademici; l'età media dei membri del board, inoltre, è più bassa. I consigli delle società controllate da un istituto finanziario si caratterizzano, invece, per una minore presenza di donne e una proporzione maggiore di stranieri (riflesso anche degli assetti proprietari), soggetti con specializzazione post-laurea e con maggiore esperienza manageriale. Gli amministratori family sono presenti solo nelle società a controllo familiare, dove pesano per il 27%, dato in diminuzione rispetto agli anni precedenti. Le donne non-family sono mediamente più istruite e hanno un background professionale più diversificato rispetto alle donne family. |
Assemblee e politiche di remunerazione La stagione assembleare 2018 delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione ha registrato i valori massimi di partecipazione alle assemblee ... leggi di più |
La stagione assembleare 2018 delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione ha registrato i valori massimi di partecipazione alle assemblee negli ultimi sette anni. In particolare, è intervenuto in media il 72,6% del capitale sociale, mentre gli investitori istituzionali hanno rappresentato oltre il 21% del capitale (dato in aumento del 2% rispetto all'anno precedente). Fondi d'investimento, banche e assicurazioni italiane hanno preso parte al maggior numero di adunanze dal 2012 (81 assemblee, il doppio rispetto al 2012-2013) e con un maggior numero di azioni (3% dell'assemblea). Gli investitori istituzionali esteri, presenti dal 2015 a tutte le assemblee delle maggiori 100 società, hanno esercitato in media voti per il 29% del capitale presente in assemblea. Con riguardo al voto sulle politiche di remunerazione (say-on-pay), gli investitori istituzionali hanno espresso voto favorevole con il 57% delle azioni complessivamente detenute, mentre i voti contrari e le astensioni dalla votazione hanno raggiunto, rispettivamente, il 38,7% e il 2,3% delle azioni. Il dissenso, classificato nel presente Rapporto come somma di voti contrari e astensioni, ha raggiunto il valore più elevato dalla prima introduzione del say-on-pay. Nell'ultimo biennio, il dissenso sulle politiche di remunerazione è aumentato anche tra le società appartenenti all'indice Ftse Mib, invertendo così il trend di riduzione osservato nel periodo 2012-16: nell'ultima stagione assembleare, in particolare, il dato ha raggiunto il 12% del capitale rappresentato in assemblea e il 37% dei voti degli investitori istituzionali (nel 2016, 9% e 27%, rispettivamente). Anche le società a media capitalizzazione registrano un maggior dissenso degli investitori istituzionali, in disaccordo con la politica di remunerazione per l'11% dell'assemblea e il 46% delle azioni complessivamente detenute (in crescita dal 40% nel 2017). Nel 2018, il dissenso degli investitori istituzionali sulle politiche di remunerazione è risultato inferiore nelle società finanziarie rispetto a quelle appartenenti ai settori industriale e dei servizi (rispettivamente, 9%, 11% e 10% del capitale presente in assemblea), confermando così un aspetto rilevato fin dalla prima applicazione del say-on-pay. Il dissenso nel settore finanziario ha tuttavia registrato i valori massimi in termini sia di voti assembleari (in aumento di tre punti percentuali rispetto all'anno precedente) sia di voti dei soli investitori istituzionali (in aumento di sette punti percentuali rispetto al 26% del 2017). Il dissenso degli investitori istituzionali appare infine più contenuto nelle società ad azionariato diffuso (19% delle loro azioni) e in quelle in cui un investitore istituzionale detiene una partecipazione rilevante (28% delle azioni degli istituzionali rispetto al 48% nelle altre società). |
Operazioni con parti correlate Dal 2011 al primo semestre 2018, le società quotate hanno pubblicato 484 documenti informativi per operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate ... leggi di più |
In applicazione della disciplina Consob, le società quotate hanno pubblicato, dal 2011 al primo semestre 2018, 484 documenti informativi per operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate. La maggior parte di tali operazioni ha avuto ad oggetto finanziamenti o altri contratti per la fornitura di beni o la prestazione di servizi (54%), mentre in misura inferiore le operazioni hanno realizzato un trasferimento di attività da o in favore della parte correlata (30%) ovvero hanno determinato un accrescimento della partecipazione relativa di quest'ultima rispetto agli altri azionisti (16%). Inoltre, dal 2011 le società hanno realizzato con parti correlate 193 operazioni di maggiore rilevanza ordinarie e a condizioni di mercato, escluse dall'applicazione delle regole di trasparenza e procedurali previste dalla disciplina. Tali operazioni sono state principalmente poste in essere da emittenti a elevata capitalizzazione e sono in prevalenza riconducibili all'attività operativa core della società che le ha poste in essere (fornitura/prestazione di beni/servizi tipici per imprese non finanziarie ovvero finanziamenti per le banche). |
Il Report è stato curato da:
Nadia Linciano (coordinatrice) - CONSOB, Divisione Studi (n.linciano@consob.it)
Angela Ciavarella - CONSOB, Divisione Studi (a.ciavarella@consob.it)
Rossella Signoretti - CONSOB, Divisione Corporate Governance (r.signoretti@consob.it)
Lucia Pierantoni - CONSOB, Divisione Studi (l.pierantoni@consob.it)
Eugenia Della Libera - CONSOB, Divisione Studi (e.dellalibera@consob.it)
Elena Frasca - CONSOB, Divisione Studi (e.frasca@consob.it)
Le opinioni espresse nel Report sono personali degli autori e non impegnano in alcun modo la Consob. Nel citare i contenuti del rapporto, non è pertanto corretto attribuirli alla Consob o ai suoi Vertici.
ISSN 2281-535X [online]