Opa - Quesiti - Maggiorazione del diritto di voto e azioni a voto plurimo

Maggiorazione del diritto di voto e azioni a voto plurimo
A. Riferimenti normativi
B. Comunicazioni
1. Opa da consolidamento nell'ipotesi di maggiorazione del diritto di voto
Opa obbligatoria – Opa da consolidamento – Equiparabilità dei presupposti dell'obbligo di Opa da consolidamento (acquisti e maggiorazione del diritto di voto) – Applicabilità degli orientamenti in materia di Opa da consolidamento derivante da acquisti anche al consolidamento della partecipazione derivante da maggiorazione dei diritti di voto

La Commissione ha fornito taluni chiarimenti in ordine all'applicazione della disciplina dell'offerta pubblica obbligatoria da consolidamento di cui all'art. 106, comma 3, lettera b) del Tuf in ipotesi di maggiorazione del diritto di voto ai sensi dell'art. 127-quinquies del Tuf. In particolare, tali chiarimenti hanno fatto seguito ad un quesito posto al fine di analizzare e verificare gli effetti che sarebbero derivati in termini di Opa da consolidamento dall'eventuale introduzione, nello statuto di una società quotata, di una norma che prevedeva, ai sensi dell'art. 127-quinquies, del Tuf, l'attribuzione ai soci titolari di azioni ordinarie dell'emittente del voto maggiorato nella misura di due voti per ciascuna azione ordinaria posseduta in via continuativa per un periodo di almeno ventiquattro mesi, sulla base dell'iscrizione nell'elenco speciale istituito e tenuto dall'emittente.

Principio:

- " La prima questione sottoposta all'attenzione della Commissione - ossia se "il superamento della soglia del controllo di diritto (…) per effetto della maturazione della maggiorazione dei diritti di voto (…) (e non per effetto di acquisti di titoli)" consenta l'incremento ulteriore della partecipazione senza che si realizzino i presupposti dell'obbligo di Opa da consolidamento - deve essere risolta, ai fini del presente quesito, positivamente. Ai sensi dell'art. 106, comma 3, lettera b), del TUF, come novellato (…), l'obbligo di promuovere l'Opa da consolidamento consegue ad "acquisti superiori al 5% o alla maggiorazione dei diritti di voto in misura superiore al cinque per cento dei medesimi, da parte di coloro che già detengono la partecipazione indicata nei commi 1 e 1-ter senza detenere la maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria". La norma, dunque, per un verso, ai fini del sorgere dell'obbligo in esame, equipara acquisti di azioni e maggiorazione dei diritti di voto, e per altro verso, esclude dal proprio ambito di applicazione chi disponga della maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria, posto che in presenza di un socio che detiene il controllo di diritto della società vengono meno le esigenze di tutela dei soci di minoranza poste alla base della disciplina dell'Opa obbligatoria, senza che venga in rilievo la modalità di conseguimento del controllo di diritto (se per mezzo di acquisti o di maggiorazione del voto). L'inclusione della maggiorazione del diritto di voto tra i presupposti dell'obbligo di Opa da consolidamento permette di evitare che attraverso il meccanismo in esame un azionista rafforzi la partecipazione nella società quotata (anche modificando la contendibilità della stessa e le aspettative di investimento degli altri azionisti) senza essere tenuto a promuovere un'offerta pubblica di acquisto. L'inserimento delle locuzioni "ovvero di maggiorazione dei diritti di voto" (art. 106, comma 1, del TUF) e "o la maggiorazione dei diritti di voto" (art. 106, comma 3, lett. b), del TUF) dimostra che il legislatore ha ritenuto perfettamente equiparabili i due presupposti dell'obbligo di Opa (anche da consolidamento), acquisto di titoli e maggiorazione dei diritti di voto. Fermo restando, pertanto, che alla questione sopra specificata può essere data risposta positiva si sottolinea, tuttavia, che - qualora la disponibilità della maggioranza dei diritti di voto in assemblea, per qualsiasi ragione, dovesse venire meno in capo al soggetto che l'aveva conseguita – ulteriori successivi incrementi, da parte di quest'ultimo, della partecipazione o dei diritti di voto detenuti potranno eventualmente comportare, nei suoi confronti, l'applicazione della disciplina dell'Opa da consolidamento di cui all'art. 106 comma 3, lett. b), del TUF.

- " La seconda questione prospettata (…) – ossia se alla fattispecie ipotizzata nel Quesito sia applicabile [l'orientamento della Consob in tema di Opa da consolidamento n. DEM/2042919 del 14 giugno 2002, ribadito nella Comunicazione n. DEM/11016918 del 4 marzo 2011] – si ritiene possa, parimenti, essere risolta positivamente. Secondo quanto rappresentato nel Quesito, il Socio dovrebbe giungere a detenere, per mezzo di acquisti effettuati nei limiti indicati dall'art. 46 del Regolamento Emittenti, una partecipazione superiore al 45% del capitale di (…società…) nei dodici mesi successivi all'iscrizione nell'elenco speciale; nei dodici mesi successivi, permanendo peraltro sempre al di sopra del 45% del capitale dell'Emittente, non effettuerà alcun acquisto ulteriore di titoli dell'Emittente e, successivamente, a seguito della maggiorazione dei diritti di voto incrementerà la propria partecipazione al capitale dell'Emittente - definitivamente oltrepassando la soglia del controllo di diritto - in misura ben superiore al 5%. Alla fattispecie così descritta si ritiene possano applicarsi gli orientamenti già espressi dalla Consob con la citata Comunicazione n. DEM/2042919 del 14 giugno 2002, sulla base delle considerazioni di seguito esposte.

Come già rilevato, il legislatore ha ritenuto perfettamente equiparabili i due presupposti dell'obbligo di Opa (anche da consolidamento), ovvero l'acquisto di titoli e la maggiorazione dei diritti di voto. Ciò anche considerando le peculiari modalità di funzionamento del meccanismo del voto maggiorato, in quanto ciò che rileva ai fini dell'equiparazione è che l'azionista possa effettivamente esercitare i diritti di voto in merito alle deliberazioni riguardanti nomina e revoca degli amministratori o del consiglio di sorveglianza. Al riguardo, appare necessario precisare che, al fine di verificare il superamento della soglia rilevante ai fini dell'Opa da consolidamento (incremento di più del 5% nell'arco di dodici mesi), la mera iscrizione nell'elenco speciale non dovrà essere computata unitamente agli acquisti di titoli (siano essi effettuati precedentemente o successivamente all'iscrizione medesima). La maggiorazione del diritto di voto, infatti, è una fattispecie a formazione progressiva, che esplica i propri effetti soltanto al termine del periodo di detenzione richiesto dallo statuto per l'attribuzione ai soci iscritti nell'elenco tenuto dall'emittente - che ne facciano richiesta – della maggiorazione del diritto di voto. All'iscrizione nel predetto elenco conseguono, nell'immediato, gli obblighi di trasparenza di cui all'art. 143–quater, comma 1, del Regolamento Emittenti; soltanto al termine del periodo di detenzione - nel caso in cui si verifichino tutte le condizioni previste dalla legge e dallo statuto (ad esempio il mancato esercizio della facoltà di rinuncia, totale o parziale, da parte dell'azionista) - la maggiorazione del diritto di voto acquisterà rilevanza ai fini della disciplina dell'Opa obbligatoria, in quanto in quel momento l'azionista verrà a detenere un maggior numero di diritti di voto che potranno determinare il superamento delle soglie rilevanti. Nella fattispecie ipotizzata nel Quesito, a seguito della maggiorazione del diritto di voto, il Socio passerà direttamente dal detenere una partecipazione superiore al 45% (ma inferiore al 50% più un'azione) a detenere ben più del 50% del capitale dell'Emittente. Tale circostanza si considera in linea con il citato orientamento della Commissione per cui è indifferente che il socio interessato, per il superamento del 50% del capitale, effettui due acquisti separati (il primo volto all'esatto raggiungimento della maggioranza dei diritti di voto in assemblea ordinaria, e il secondo liberamente) ovvero che tale superamento si verifichi attraverso un'unica operazione. Occorre, inoltre, rilevare che gli effetti della maggiorazione del diritto di voto potrebbero essere distribuiti nel tempo in base alle relative regole previste dallo statuto. (…).

- " Lo Studio Legale ha, infine, chiesto di confermare che non sussista obbligo di Opa da consolidamento in capo al Socio al momento della maggiorazione dei diritti di voto (ovvero dopo 24 mesi dall'iscrizione nell'elenco speciale) anche nella diversa ipotesi in cui il superamento della soglia del 45% del capitale dell'Emittente da parte dello stesso, mediante acquisti di titoli, avvenga anteriormente all'iscrizione nell'elenco speciale. Le conclusioni formulate con riferimento alla seconda questione formulata nel Quesito si ritiene che possano essere applicate anche con riferimento a tale ulteriore ipotesi, a condizione che gli acquisti che determinano il superamento della soglia del 45% avvengano nei limiti richiesti dall'art. 46 del Regolamento Emittenti ".

2. Decorrenza degli effetti della maggiorazione dei diritti di voto
Maggiorazione del diritto di voto – Decorrenza degli effetti della maggiorazione dei diritti di voto – Detenzione per un periodo continuativo minimo di 24 mesi delle azioni per le quali è stata chiesta la maggiorazione mediante l'iscrizione nell'elenco speciale – Attribuzione (automatica) del voto maggiorato in caso di mancata rinuncia da parte dell'azionista – Non è possibile far decorrere gli effetti della maggiorazione solo dal momento in cui il soggetto avente diritto alla maggiorazione ne richiede l'attribuzione, anche ai fini del calcolo delle soglie Opa

Alla Commissione è stato posto un quesito in materia di disciplina dell'offerta pubblica di acquisto obbligatoria da consolidamento e del voto maggiorato ai sensi degli articoli 106, comma 3, lett. b) e 127-quinquies, del D. Lgs. n. 58/1998 e 46, del Regolamento Consob n. 11971/1999. Più in particolare, per effetto della maturazione della maggiorazione dei diritti di voto delle azioni di una società quotata da parte di due soci agenti di concerto, la partecipazione dagli stessi detenuta aveva superato la soglia d'Opa da consolidamento (5%). In tale prospettiva, al fine di evitare il conseguente obbligo di Opa, tali soci avevano comunicato al mercato l'intenzione di avvalsi dell'esenzione per "operazioni ovvero superamenti di carattere di temporaneo", di cui al combinato disposto degli artt. 106, comma 5, lett. d), e 49, comma 1, lett. e), del Regolamento Emittenti, impegnandosi a ridurre i diritti di voto entro 12 mesi dalla data della maggiorazione, attraverso la cessione a parti non correlate di azioni e/o la rinuncia a parte della maggiorazione maturata in eccedenza rispetto alla soglia del 5%, nonché a non esercitare i diritti di voto in eccesso alla predetta soglia, sempre nel medesimo periodo di 12 mesi.  

Al riguardo, in vista dello scadere dei predetti 12 mesi, al fine di ottemperare ai suddetti impegni, i soci hanno chiesto alla Commissione:

- se gli stessi siano comunque tenuti alla cessione di titoli (o alla rinuncia alla maggiorazione) in eccedenza rispetto alla soglia del 5% nei 12 mesi e non sia invece possibile considerare rispettato il disposto della norma citata con la semplice astensione dal voto per i diritti in eccesso per il periodo di 12 mesi senza che si proceda ad alcuna cessione o rinuncia, potendo gli stessi soci, decorsi dodici mesi dalla maggiorazione, incrementare nuovamente la propria partecipazione;

- se lo Statuto o il regolamento disciplinante la maggiorazione del diritto di voto di una società quotata possano far decorrere gli effetti della maggiorazione, anche ai fini delle soglie relative all'obbligo di offerta pubblica di acquisto, dal momento in cui il soggetto avente diritto alla maggiorazione ne richiede l'attribuzione, purché detta data sia successiva alla data di maturazione del diritto a ottenere la maggiorazione.

Principio:

Anche al secondo quesito prospettato dallo Studio Legale – ossia se sia possibile far decorrere gli effetti della maggiorazione solo dal momento in cui il soggetto avente diritto alla maggiorazione ne richiede l'attribuzione purché successivamente alla maturazione del voto maggiorato ex art. 127-quinquies del Tuf – si ritiene di dover dare risposta negativa.

A tale conclusione conducono, in particolare, l'analisi della disposizione primaria che disciplina l'istituto della maggiorazione del diritto di voto e una lettura coerente con essa delle previsioni regolamentari adottate dalla Consob in materia.

Come rappresentato nel Quesito da Codesto Studio Legale, l'art. 127-quinquies del TUF "sembrerebbe … suggerire un incremento automatico delle percentuali di voto per effetto della maggiorazione allo scadere del periodo di ventiquattro mesi, lasciando come unica alternativa all'incremento, la rinuncia irrevocabile alla maggiorazione, ove tale facoltà sia prevista dallo statuto della società in oggetto".

Tale lettura della norma primaria – che si ritiene di condividere – risulta in effetti dirimente nella soluzione del quesito e non appare superabile alla luce degli ulteriori argomenti svolti da Codesto Studio Legale al riguardo. Difatti, il comma 1 dell'art. 127-quinquies del TUF, nel delineare i presupposti funzionali della fattispecie, prevede che "Gli statuti possono disporre che sia attribuito voto maggiorato, fino a un massimo di due voti, per ciascuna azione appartenuta al medesimo soggetto per un periodo continuativo non inferiore a ventiquattro mesi a decorrere dalla data di iscrizione nell'elenco previsto dal comma 2. In tal caso, gli statuti possono altresì prevedere che colui al quale spetta il diritto di voto possa irrevocabilmente rinunciare, in tutto o in parte, al voto maggiorato"[1].

Dalla lettura della norma primaria, gli spazi di azione rimessi all'autonomia statutaria nella definizione della fattispecie sono espressamente individuati. In particolare, lo statuto può:

(i) prevedere che a un periodo continuativo di detenzione delle azioni societarie consegua l'attribuzione di un voto maggiorato (l'attivazione della fattispecie);

(ii) definire la misura della maggiorazione fino a un massimo di due voti per ciascuna azione;

(iii) definire il periodo di detenzione continuativo dell'azione allo scadere del quale viene attribuita la maggiorazione del voto, in ogni caso non inferiore a 24 mesi;

(iv) prevedere che l'attribuzione automatica del voto maggiorato non operi in caso di irrevocabile rinuncia, anche parziale, al beneficio maturato;

(v) stabilire "le modalità per l'attribuzione del voto maggiorato e per l'accertamento dei relativi presupposti, prevedendo in ogni caso un apposito elenco";

(vi) prevedere che - diversamente da quanto indicato dal legislatore con norma dispositiva (c.d. "casi di opt-out") – la maggiorazione del voto non trovi applicazione nei casi di successione mortis causa, fusioni o scissioni del titolare delle azioni, aumenti di capitale gratuiti o a pagamento, o che di tale maggiorazione non si tenga conto per la determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale.

Pertanto, una volta che sia stata prevista la fattispecie nello statuto, non è attribuita alcuna discrezionalità all'autonomia statutaria nella definizione dei presupposti giuridici e di fatto cui consegue l'attribuzione del voto maggiorato, essendo questi già definiti dal legislatore e limitati alle circostanze che le azioni della società: a) siano state iscritte in un apposito elenco e b) siano appartenute al medesimo soggetto per un periodo continuativo (non inferiore a ventiquattro mesi) a decorrere dalla data di iscrizione nell'elenco.

Al fine di consentire di disattivare i meccanismi legali della maggiorazione, all'autonomia statutaria è lasciata solo la possibilità di prevedere che l'azionista possa - ex post - rinunciare all'attribuzione (automatica) del voto maggiorato. Tuttavia anche tale margine di autonomia statutaria è limitato, in quanto l'eventuale rinuncia è, per espressa previsione di legge, irrevocabile una volta effettuata. Di tal che, il vincolo dell'irrevocabilità della eventuale facoltà di rinuncia introdotta statutariamente rappresenta ulteriore indice di indisponibilità della posizione che fa capo al beneficiario della maggiorazione dei diritti di voto intervenuta a norma dell'art. 127-quinquies del TUF.

Inoltre, rientrando nella potestà dell'autonomia statutaria stabilire "le modalità per l'attribuzione del voto maggiorato e per l'accertamento dei relativi presupposti" (art. 127-quinquies, comma 2), le ulteriori indicazioni o condizioni eventualmente previste nelle disposizioni statutarie con riguardo all'attribuzione o all'esercizio del voto maggiorato possono essere intese solo come delle "modalità" con le quali la società procede ad accertare il beneficio del voto maggiorato, ma non come degli elementi costitutivi della fattispecie al pari dei presupposti giuridici già indicati dal legislatore.

Ciò rappresentato, deve dunque escludersi che previsioni […omissis…] che leghino l'attribuzione del voto maggiorato, al termine del periodo minimo di detenzione, a un'espressa richiesta in tal senso dell'azionista all'intermediario depositario, possano avere l'effetto di condizionare (e eventualmente ritardare) l'efficacia costitutiva del beneficio ad una scelta dell'azionista (fare o non fare la richiesta), pur essendosi già verificati tutti i presupposti previsti dal legislatore sopra richiamati (iscrizione delle azioni nell'elenco speciale; detenzione minima continuata).

Oltre all'argomento derivante dall'interpretazione letterale della norma primaria, va anche considerato a contrario che l'eventuale adesione alla tesi sostenuta da Codesto Studio Legale – e quindi ammettere la possibilità che l'attribuzione della maggiorazione dei diritti di voto sia differita e condizionata ad una scelta discrezionale dell'azionista – avrebbe l'effetto di creare un clima di incertezza e di instabilità costante sul mercato in merito agli assetti proprietari di un emittente, potendo gli stessi subire modifiche in ogni momento a seconda delle scelte degli azionisti di richiedere o meno l'attribuzione del voto maggiorato. Tale incertezza, inoltre, non riguarderebbe solo la misura dei diritti di voto dell'azionista che, avendo maturato la maggiorazione, sia legittimato a richiederne o meno l'attribuzione ma anche la misura dei diritti di voto di tutti gli altri azionisti, compresi coloro che non abbiano iscritto le proprie azioni nell'elenco speciale: ciò in ragione del fatto che l'attribuzione del voto maggiorato, come noto, comporta sempre un effetto diluitivo sugli azionisti che non ne beneficiano, proporzionale all'incremento dei diritti di voto degli azionisti che maturano la maggiorazione.

Va evidenziato che una simile situazione di precarietà degli assetti proprietari quale quella sopra prefigurata – come confermato anche dalla citata previsione della irrevocabilità della rinuncia alla maggiorazione eventualmente introdotta statutariamente – produrrebbe proprio l'effetto opposto a quello che il legislatore si è proposto con l'introduzione dell'art. 127-quinquies del TUF, ossia migliorare la stabilità degli assetti proprietari favorendo gli investitori di lungo periodo tramite l'attribuzione trasparente e a condizioni predefinite di maggiori diritti di governance. Al contrario, ipotizzare che al termine del periodo minimo di detenzione sia l'azionista a scegliere se e quando rendere operativa la maggiorazione dei diritti di voto sulle azioni iscritte nell'elenco speciale equivarrebbe ad assegnare allo stesso azionista una sorta di strumento derivato, una "posizione lunga" sulle azioni dell'emittente (che, inoltre, se esercitata, genererebbe un inevitabile decremento della posizione di altri azionisti) la cui data di esercizio non sarebbe conoscibile dal mercato (a differenza del regime di trasparenza vigente nel caso di detenzione di veri e propri strumenti finanziari derivati ai sensi dell'art. 120, comma 1, lett. d-ter), del TUF e dell'art. 44-ter del Regolamento Emittenti). In particolare, l'azionista che avesse maturato il diritto al voto maggiorato al termine del periodo minimo di detenzione potrebbe rimanere parzialmente "nascosto" al mercato semplicemente evitando di richiedere l'attribuzione della maggiorazione fino al momento in cui tale maggiorazione dovesse rivelarsi utile (ad esempio, in presenza di potenziali scalatori della società o in occasione di un'assemblea straordinaria per la quale sia incerto il raggiungimento del quorum deliberativo ovvero decorsi i dodici mesi da precedenti acquisti superati i quali non sarebbe più applicabile la disciplina dell'Opa da consolidamento).

Né a diverse conclusioni, come già detto, possono portare alcune indicazioni presenti nell'autoregolamentazione e nel Provvedimento unico Consob/Banca d'Italia sul post-trading (le modifiche al Provvedimento in materia di maggiorazione del voto sono state adottate con Atto Banca d'Italia-Consob del 24 febbraio 2015) che, si limitano a descrivere gli adempimenti operativi in capo agli intermediari e agli emittenti funzionali al mero accertamento della maggiorazione del voto.

[Nota 1]

Anche la Relazione Illustrativa che accompagnava il D.L. n. 91 del 24.6.2014 con cui è stata introdotta la norma primaria in esame è chiara nel ribadire che la possibilità di attribuire un voto maggiorato opera solo "per tutte le azioni detenute da uno stesso azionista per un periodo consecutivo indicato nello statuto … dall'iscrizione in un apposito elenco, la cui tenuta è disciplinata dallo statuto". Inoltre, viene specificato che allo statuto è rimesso il compito di individuare solo "le modalità per l'accertamento dei presupposti per l'attribuzione del voto maggiorato".

3. Perdita e conservazione della maggiorazione del voto
Maggiorazione del diritto di voto e azioni a voto plurimo - Riorganizzazione della catena di controllo di una società quotata il cui statuto prevede la maggiorazione del diritto di voto - Cessione da parte del socio che controlla indirettamente la società quotata, tramite la maggiorazione delle azioni, di quote di minoranza della Srl che, a sua volta, controlla la società che detiene le azioni a voto maggiorato - Non configura una cessione indiretta della partecipazione di controllo nella società che detiene le azioni a voto maggiorato della società quotata - Conservazione della maggiorazione del diritto di voto.
Maggiorazione del diritto di voto e azioni a voto plurimo - Passaggio, a seguito di successione mortis causa, dell’intero capitale sociale della Srl agli eredi in comunione pro-indiviso - Conservazione della maggiorazione del diritto di voto in capo alla società che detiene le azioni a voto maggiorato della società quotata.
Maggiorazione del diritto di voto e azioni a voto plurimo - Scioglimento della comunione ereditaria e divisione delle quote della Srl tra gli eredi - Non comporta la perdita del voto maggiorato sulle azioni della società quotata indirettamente spettanti a ciascuno degli eredi, in quanto vicenda riconducibile alla successione mortis causa.

Alla Commissione è stato chiesto di confermare la conservazione del voto maggiorato sulle azioni di […società Z…] attualmente in possesso di […società X…], società controllata dal […richiedente…] tramite […società Y…], a seguito: (1) dell’esecuzione di una operazione di riorganizzazione della catena di controllo di […società Z…], che prevede, in particolare, che il […richiedente…] trasferisca per atto tra vivi ai propri tre figli, complessivamente, il 12% del capitale sociale di […società Y…], in ragione del 4% ciascuno (“Trasferimento”), conservando esso stesso la titolarità di una quota rappresentativa dell’88% del capitale sociale di […società Y…] e dei relativi diritti di voto; (2) di una serie di vicende che potranno verificarsi in relazione alla successione per causa di morte del […richiedente…], ovvero il subentro degli eredi del […richiedente…] pro-indiviso nella quota dell’88% in […società Y…] e l’eventuale successiva divisione della comunione ereditaria.

Principio:

- “Come si evince dalla lettura del citato art. 127-quinquies, comma 3, del TUF, in linea teorica, la perdita della maggiorazione del voto sulle azioni […società Z…] detenute direttamente da […società X…] (che detiene azioni […società Z…] con voto maggiorato in misura superiore alla soglia prevista dall’art. 120, comma 2, del TUF) potrebbe discendere: i) da una cessione diretta di azioni […società Z…] da parte di […società X…]; ii) da una cessione diretta del controllo su […società X…]; o iii) da una cessione indiretta di tale controllo, attraverso la cessione di una partecipazione di controllo in […società Y…].

Al riguardo, con riferimento alla “partecipazione di controllo” la cui cessione determinerebbe la perdita della maggiorazione del voto (fattispecie che rileva ai presenti fini), occorre premettere che, …, si fa riferimento alla nozione di controllo prevista dall’art. 93 del TUF, che richiama innanzitutto l’art. 2359, 1° comma, nn. 1 e 2, del Codice Civile, secondo cui sono considerate società controllate: (i) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (c.d. controllo di diritto); e (ii) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria (c.d. controllo di fatto). Inoltre, come rappresentato dalla Commissione nelle comunicazioni richiamate nel Quesito, al fine di individuare a chi spetti il controllo su un’emittente, occorre valutare se un soggetto sia in grado di determinare da solo le decisioni assunte dall’assemblea ordinaria e, in particolare, la capacità di un soggetto di determinare, attraverso l’esercizio del voto in assemblea ordinaria, la nomina e/o la revoca della maggioranza degli amministratori e, anche attraverso l’approvazione annuale del bilancio d’esercizio, il generale indirizzo della gestione ordinaria

Tanto premesso, venendo al caso di specie, si ritiene che … la cessione da […richiedente…] ai suoi 3 figli del 12% di […società Y…], non [può] dare luogo ad una delle ipotesi di perdita della maggiorazione del voto (in particolare all’ipotesi di cessione indiretta di cui al n. iii) che precede).

Infatti, anche a seguito del Trasferimento, […richiedente…], con l’88% del capitale sociale di […società Y…], conserverebbe il controllo di diritto della medesima società sicché non vi sarebbe alcuna cessione del controllo su […società X…] né, di conseguenza, il venir meno della maggiorazione del voto sulle azioni […società Z…] detenute da […richiedente…] tramite […società Y…] ed […società X…].

Lo stesso può dirsi anche per l’ipotesi in cui i 3 figli di […richiedente…] fossero nominati nel consiglio di amministrazione di […società Y…] (divenendone la maggioranza); tale organo sarebbe infatti integralmente nominato dal soggetto (ossia […richiedente…]) che controlla di diritto la medesima società, soggetto che, in virtù di tale controllo, potrebbe altresì revocare e sostituire in qualsiasi momento tali amministratori.”;

  • Con riferimento alle fasi successive … e, in particolare, alle possibili conseguenze del passaggio, mortis causa, dell’88% del capitale sociale di […società Y…] da […richiedente…] ai propri eredi in comunione pro-indiviso, non vi è dubbio che tale successione non determinerebbe una perdita della maggiorazione dei diritti di voto sulle azioni […società Z…] detenute da […società X…], atteso che, come detto, il citato art. 127-quinquies, comma 3, del TUF prevede testualmente che il beneficio del voto maggiorato sia conservato nel caso in cui il diritto reale legittimante sia trasferito per successione mortis causa (in questo caso, a livello della società controllante indiretta). Ad analoga conclusione si giungerebbe anche laddove ad esito della successione le quote […società Y…] fossero assegnate pro-quota a ciascuno dei tre eredi.”;
  • la divisione ereditaria, che può essere convenzionale o giudiziale, è istituto proprio del diritto delle successioni e, come tale, può essere inclusa nella fattispecie di esclusione della perdita del voto maggiorato per successione mortis causa sopra menzionata (del citato art. 127-quinquies, comma 3, del TUF).

    Al riguardo, si noti che lo stesso Titolo IV (Della divisione) del Libro Secondo del Codice Civile (Delle successioni), inter alia:

  • all’art. 713 (Facoltà di domandare la divisione) statuisce che “I coeredi possono sempre domandare la divisione” (1° comma);
  • all’art. 757 (Diritto dell’erede sulla propria quota), fa espressamente retroagire gli effetti dello scioglimento della comunione ereditaria al momento dell’apertura della successione (ossia, della morte del dante causa). La norma, in dettaglio, dispone, infatti, che “Ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione, anche per acquisto all'incanto, e si considera come se non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari”.

Si può, quindi, ritenere che l’eventuale divisione della comunione ereditaria sulla quota in […società Y…] in misura paritaria tra i figli di […richiedente…] non comporterebbe la perdita del voto maggiorato sulle azioni […società Z…] a ciascuno di essi indirettamente spettanti, in quanto vicenda riconducibile alla successione di […richiedente…].