Opa - Quesiti - Passivity rule

Passivity rule
A. Riferimenti normativi
B. Comunicazioni
1. Momento da cui decorre la passivity rule
Passivity rule – Decorrenza dell'obbligo di astenersi dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta – Rilevanza della comunicazione dell'Opa/Ops ai sensi dell'art. 102, comma 1, del Tuf

Principio:

- "(…) sembra indubbio che lo speciale obbligo di astensione, posto dall'art. 104 del T.U. a carico della società emittente, sorga sin dal momento in cui [la comunicazione di cui all'art. 102 del Tuf, n.d.r.] è stata inviata alla medesima società, al mercato ed alla Consob. Ne fanno fede il fatto che già da quel momento si è nel "periodo d'offerta", (…), e che gli obblighi di correttezza, cui tutti gli interessati sono tenuti, non possono che valere per l'intero periodo di offerta. (…) per essere idonea a produrre i propri effetti, la comunicazione in esame deve essere in grado di fornire al mercato le informazioni necessarie. Soltanto in tal caso, infatti, (…) si può giustificare perciò il sorgere, per la società emittente, dell'obbligo di astensione sopra richiamato.

(…) tale comunicazione deve costituire una manifestazione di volontà certa e non la semplice manifestazione di una intenzione subordinata all'avverarsi di fatti connessi alla possibilità di procacciarsi mezzi per compiere la scalata.".

(Comunicazione n. 99013832 del 27 febbraio 1999)

- "Secondo l'orientamento già manifestato da questa Commissione (cfr. comunicazione n. 99013832 del 27.2.1999), una comunicazione effettuata ai sensi dell'art. 37, comma 1, del regolamento n. 11971/99 (regolamento emittenti), se contiene gli elementi indicati nella norma regolamentare ed è espressione di una manifestazione di volontà certa, è idonea ad avviare il periodo di offerta e, conseguentemente, a produrre gli effetti previsti dalle norme vigenti in materia di offerte pubbliche di acquisto e scambio.

Perché si producano tali effetti non assume rilievo, a differenza di quanto ritenuto (…), la qualificazione della comunicazione come proposta contrattuale né deve ritenersi che costituisca una manifestazione di volontà certa solo quella "che, se accettata, perfeziona un contratto".

Tra gli effetti previsti dalla disciplina in esame che la pubblicazione di una comunicazione correttamente redatta produce, particolare rilievo assumono l'applicabilità delle regole di correttezza e trasparenza previste dagli articoli 41 e 42 del regolamento emittenti e la c.d. "passivity rule" prevista dall'art. 104 del Tuf. I1 rinvio ad un momento successivo dell'inizio di efficacia dell'obbligo di astensione renderebbe di fatto priva di effetti la norma in questione e non assicurerebbe il contemperamento tra interesse alla contendibilità ed esigenze della società oggetto di scalata che, come evidenziato anche nella citata comunicazione Consob, è uno degli obiettivi di fondo della disciplina sulle offerte pubbliche di acquisto e scambio.".

(Comunicazione n. 99071599 del 2 ottobre 1999)

2. Nozione di atti o operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta
Passivity rule – Opa su una società quotata – Atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta – Devono essere attribuibili alla società e deve trattarsi di comportamenti posti in essere dagli amministratori nell'ambito del rapporto organico che li lega alla persona giuridica
Passivity rule – Atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta – Comportamenti volti a mutare le caratteristiche patrimoniali ed aziendali della società target – Operazioni funzionali al conseguimento dell'oggetto sociale avviate prima dell'inizio del periodo di offerta – Non rilevanza ai fini della passivity rule
Opa obbligatoria – Azioni di risparmio – Clausola statutaria che prevede la conversione delle azioni di risparmio in azioni ordinarie in caso di Opa – Aggravio dei costi del trasferimento del controllo – Tecnica di difesa preventiva dalle scalate – Rilevanza ai fini della passivity rule

Principio:

- [Con riferimento all'espressione "atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta] [p]osto che è la società e non i suoi amministratori in quanto persone fisiche il soggetto preso in considerazione dall'art. 104 del T.U., [gli stessi] devono in primo luogo essere ad essa attribuibili: dovrà pertanto trattarsi di comportamenti posti in essere nell'ambito del rapporto organico che lega alla persona giuridica gli amministratori, uno di essi o altri soggetti in grado di rappresentarne la "volontà".

Non sembra inoltre che possano essere presi in considerazione comportamenti che l'ordinamento non qualifichi già di per sé come "fatti giuridici" e pertanto dovrà trattarsi di comportamenti (quali fra l'altro normalmente sono quelli posti in essere nell'ambito di un rapporto organico) a cui l'ordinamento fa conseguire effetti legalmente rilevanti, siano essi costitutivi, modificativi o estintivi di situazioni giuridiche o ancora immediati ovvero sottoposti ad una condizione, ad un termine, ad un modo.

Non rientrano pertanto, ad esempio, nell'ambito disciplinato dalla norma dichiarazioni di scienza, atti di accertamento o espressioni di giudizi che di per sé non siano produttivi di effetti giuridici.

In tal senso depone in primo luogo l'uso del termine "atti" che, in mancanza di indici contrari, non può che ritenersi conforme alla definizione che la dottrina generale del diritto dà degli "atti giuridici" che sono quei fatti caratterizzati dalla presenza di un comportamento umano a cui l'ordinamento ricollega effetti giuridici.

Il secondo termine usato dalla norma, "operazioni", può a sua volta considerarsi una specificazione del primo idonea a comprendere nel divieto anche serie di atti fra loro collegati per la realizzazione di un determinato obiettivo che potrebbe non emergere dalla considerazione distinta dei singoli atti.

Inoltre, ritenere che con l'art. 104 la legge abbia inteso assegnare rilievo, tramite una clausola generale, ad atti che non costituiscono o modificano situazioni giuridicamente rilevanti, condurrebbe ad una incertezza applicativa difficilmente superabile e ad un rischio di completo immobilismo dei soggetti che si trovano in rapporto organico con la società.".

- "Gli "atti od operazioni" così definiti sono rilevanti ai fini dell'art. 104 soltanto se "possono contrastare gli obiettivi dell'offerta".

Obiettivo dell'offerta è in primo luogo l'acquisto di una determinata percentuale del capitale dell'emittente ad un determinato prezzo unitario e con un determinato esborso finanziario complessivo; obiettivo può essere inoltre l'intenzione dichiarata nel documento di acquistare il controllo della società e pertanto anche la possibilità materiale di esercitare tale controllo, ad esempio cambiando gli amministratori; ancora obiettivo dell'offerta è da considerarsi l'insieme dei beni materiali e immateriali, compreso l'avviamento nell'esercizio di una determinata impresa, che costituiscono il patrimonio della società.

Semplificando, un'offerta è normalmente volta ad acquistare con un certo esborso finanziario il controllo di una società che ha determinate caratteristiche strutturali e patrimoniali.

Rispetto a tali obiettivi possono individuarsi diverse categorie di atti od operazioni che possono contrastarli.

Una prima categoria sono gli atti che puntano ad incrementare il costo necessario per raggiungere il quantitativo di adesioni che l'offerente intende raggiungere. In tale ambito rientrano le operazioni di aumento di capitale o di conversione in azioni con diritto di voto di altri strumenti finanziari, che riducono il valore percentuale del quantitativo di azioni oggetto dell'offerta salvo che l'offerente non opti per un esborso complessivo maggiore. Possono rientravi anche l'acquisto di azioni proprie da parte dell'emittente, che riducono la platea dei potenziali aderenti all'operazione, rafforzano la posizione dell'attuale controllante e possono incidere sul prezzo di mercato dei titoli.

Una seconda categoria è quella dei comportamenti volti a mutare, anche con effetto differito, le caratteristiche patrimoniali ed aziendali della società oggetto di acquisto. Mutano le caratteristiche patrimoniali atti come le cessioni di beni e altre componenti dell'attivo, le operazioni di fusione o scissione, atti che incrementino il peso dell'indebitamento finanziario sul bilancio della società o l'avvio di una politica di acquisizioni; possono mutare la caratteristiche aziendali l'imprevisto abbandono di attività d'impresa o l'improvvisa modifica di politiche industriali o commerciali.

In una terza categoria possono farsi rientrare comportamenti di disturbo volti a rendere difficile la possibilità che l'offerente raggiunga realmente l'obiettivo perseguito. In tale area rientra, ad esempio la promozione di un'offerta contraria sulle azioni dell'offerente o di una sua controllata o l'acquisto di nuovi "business" che rendono più difficile il superamento dei problemi connessi alla normativa antitrust. Possono ugualmente considerarsi comportamenti di disturbo le operazioni che rendono estremamente costoso per il nuovo controllante esercitare, dopo il buon esito dell'offerta, atti tipici del socio di controllo, come il riconoscimento agli amministratori in carica di diritti particolari in caso di loro sostituzione.

L'esemplificazione compiuta corrisponde sia all'ampia esperienza statunitense sulle tecniche di difesa sia alle indicazioni, di natura esemplificativa, compiuta nella rule 21 del City Code inglese e nelle notes ad essa seguenti

2.2. Come è noto, mentre nell'esperienza statunitense le "poison pills" sono, sebbene entro certi limiti, ammesse, la prevalente normativa europea (…) riduce la possibilità di adottarle, tendenzialmente subordinandole, come fa l'art. 104 del T.U., all'approvazione di un'assemblea di azionisti.

Rispetto al tipo di operazioni indicate il loro passaggio in assemblea è talvolta comunque necessario in base alla normativa societaria: con riferimento a tal genere di operazioni la norma italiana ha essenzialmente l'effetto di prevedere un quorum deliberativo speciale (30% del capitale con diritto di voto nell'assemblea volta per volta competente).

Altri atti potrebbero invece essere realizzati direttamente dagli amministratori, o per la loro naturale appartenenza all'attività gestoria di competenza dell'organo esecutivo o perché esiste già una delega, rilasciata dall'assemblea prima dell'inizio dell'offerta, ad avviare le operazioni.

Rispetto a tali situazioni il principio che impone un passaggio in assemblea svolge essenzialmente la funzione di rimettere agli azionisti la decisione sulla creazione di ostacoli nel cammino dell'offerente verso l'effettivo raggiungimento dell'obiettivo perseguito con l'offerta; solo dopo aver ottenuto il consenso assembleare gli amministratori potranno compiere quell'atto o avviare quell'operazione che può determinare, secondo l'analisi sopra operata, un incremento dei costi dell'offerta, la modifica sostanziale della società a cui l'offerente è interessato o un disturbo alla possibilità che l'offerente raggiunga materialmente l'obiettivo.

L'assemblea riacquista, in presenza di un'operazione che è essenzialmente rivolta agli azionisti, un potere gestionale ed è solo essa a poter decidere atti di gestione che possono ostacolare il raggiungimento degli obiettivi dell'offerta come sopra definiti.

2.3. Rispetto a tale quadro sia le principali normative europee sia la parte prevalente della dottrina americana favorevole alla "passivity rule", sia l'ultima versione della proposta di direttiva comunitaria in corso di discussione presso l'Unione Europea ritengono estranee all'area dei comportamenti vietati le attività volte a individuare la fattibilità di una proposta alternativa ritenuta maggiormente favorevole per gli azionisti.

(…). Tale orientamento è conseguenza in primo luogo della convinzione che rientri fra i doveri degli amministratori la ricerca delle ipotesi di combinazione aziendale ritenute migliori nell'interesse degli azionisti ed in secondo luogo della difficoltà di individuare la ragione di un'autorizzazione assembleare.

In sostanza, la promozione dell'offerta, se interrompe parzialmente lo spazio di movimento degli amministratori, non recide il rapporto di fiducia fra essi e gli azionisti e pertanto lascia agli amministratori anche il compito di tutelarne gli interessi, ad esempio attraverso la ricerca o l'individuazione di alternative all'offerta; quello che gli amministratori non potrebbero fare è compiere atti di gestione finalizzati a mettere in difficoltà l'offerta esistente, la decisione sul cui esito deve restare nelle mani degli azionisti, mentre la ricerca di alternative non danneggia direttamente le possibilità di riuscita dell'offerta ma si limita ad ampliare le possibilità decisionali degli azionisti.

Non sembra inoltre che sia possibile limitare l'attività consentita agli amministratori alla semplice ricerca di offerenti concorrenti o di altre alternative escludendo ogni ipotesi di collaborazione alla definizione: il confine sarebbe inevitabilmente incerto e facilmente aggirabile.

Sembra al contrario da ritenere che rimanga fuori dalla "passivity rule" ogni attività degli amministratori che non comporti modifiche alla situazione societaria (patrimoniale, di politica aziendale, nella struttura del capitale) tali da contrastare gli obiettivi dell'offerente.

Rimane fermo che tale eventuale attività degli amministratori è soggetta al rispetto delle regole generali sul loro operato sia dal punto di vista della responsabilità verso gli azionisti e la società (nel nostro ordinamento per mancato rispetto dell'art. 2392 c.c.) sia dal punto di vista della necessità che siano garantiti tutti gli standard di correttezza e trasparenza tipici della regolamentazione del mercato finanziario.

Le argomentazioni finora riportate devono ritenersi applicabili anche all'art. 104 del T.U., che del resto è norma che ha inteso adeguare la normativa italiana a quella dei principali paesi europei.".

(Comunicazione n. 99039392 del 18 maggio 1999)

- [Come rappresentato nella Comunicazione n. 99039392 del 18 maggio 1999] possono rientrare fra le operazioni disciplinate dall'art. 104 del Tuf, anche i "comportamenti volti a mutare (…) le caratteristiche patrimoniali ed aziendali della società oggetto di acquisto", (…) come le cessioni di beni e altre componenti dell'attivo, le operazioni di fusione o scissione, atti che incrementino il peso dell'indebitamento finanziario sul bilancio della società o l'avvio di una politica di acquisizioni; possono mutare le caratteristiche aziendali l'imprevisto abbandono di attività d'impresa o l'improvvisa modifica di politiche industriali o commerciali. (…)

Tali atti od operazioni sono considerati rilevanti, (…), in quanto determinano una "modifica sostanziale della società a cui l'offerente è interessato" e possono contrastare gli obiettivi dell'offerta, nel presupposto che essa "è normalmente volta ad acquistare con un certo esborso finanziario il controllo di una società che ha determinate caratteristiche strutturali e patrimoniali".

- "(…) sono da ritenersi certamente fuori dalla sfera di applicazione della norma gli atti meramente esecutivi di obbligazioni già assunte nei confronti di terzi prima dell'inizio del periodo di offerta. Non potrebbe infatti sostenersi che l'avvio dell'operazione giustifichi un inadempimento (salvo, ma è un'altra questione, esplicite previsioni nel contratto o nel diverso atto che è fonte dell'obbligazione). Una tale opinione contrasterebbe con l'esigenza di salvaguardia degli impegni legalmente assunti e farebbe conseguire all'offerta un grado d'instabilità nella gestione della società incompatibile con il permanere delle azioni da essa emesse sul mercato. Alla medesima conclusione deve pervenirsi anche nel caso di atti di cessione o acquisizione che, quantunque teoricamente in grado di mutare la situazione patrimoniale della società e pur non configurando adempimenti di obbligazioni già assunte verso terzi prima dell'offerta, siano nondimeno espressione di programmi compiutamente deliberati o addirittura avviati già in epoca precedente al lancio dell'Opa. Tali comportamenti sono espressione del dovere degli amministratori di assicurare la continuità della società anche in corso d'Opa. Essi, d'altronde, in quanto programmati e decisi in un momento in cui l'offerta non era nota, non possono essere intesi come manifestazione di volontà di contrastare l'esito dell'offerta stessa. Non sono quindi inficiati da quel sospetto di conflitto d'interessi che si è visto ispirare la disposizione del citato art. 104 e, pertanto, non paiono rientrare nella sfera d'azione di tale norma. (…). (…) quanto sopra osservato può valere solo in quanto si tratti di decisioni precedenti all'Opa che non richiedono, nella loro fase di attuazione successiva, nessun rilevante grado di discrezionalità (nemmeno, ad esempio, quanto al momento della loro attuazione) da parte degli amministratori della società bersaglio. Diversamente, con riguardo alle scelte da costoro compiute in corso d'Opa, si riproporrebbe il problema che è alla base della norma in esame e tornerebbe dunque a sussistere la necessità di autorizzazione assembleare da essa prevista. Per la medesima ragione, com'è ovvio, non sfuggono alla necessità di tale autorizzazione le decisioni di mutare i tempi o i modi di conclusione di un'operazione precedentemente decisa. In secondo luogo, è da ritenere che, per potersi parlare dell'attuazione di programmi non soltanto progettati, ma anche decisi in ogni loro rilevante aspetto prima del lancio dell'Opa, è di regola necessario che si tratti di decisioni già rese note o, quanto meno, conoscibili dal pubblico degli investitori. Solo in presenza di tale condizione - ovvero di atti rilevanti verso l'esterno - può ritenersi che quei programmi fossero già parte della politica gestionale e condizionassero la situazione economica della società al momento dell'offerta, così da poter essere presi in considerazione dall'offerente prima della promozione dell'operazione. A tal fine occorrerà dunque aver riguardo, principalmente, ai documenti contabili e informativi predisposti in un tempo recente (ad esempio, negli ultimi dodici mesi) ed i comunicati effettuati dall'emittente ai sensi dell'art. 114 del Tuf.".

(Comunicazione n. 99085578 del 19 novembre 1999)

* * *

La Commissione, in risposta ad un quesito, ha fornito chiarimenti su taluni aspetti relativi alla conversione delle azioni di risparmio in azioni ordinarie, prevista in sede statutaria, tra l'altro con riferimento alla disciplina delle Opa, alla luce di quanto dispone al riguardo il Tuf, al fine di valutare la compatibilità o meno di tale previsione con la passivity rule.

Principio:

- "(…) La disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e scambio è (…) [interessata] dalla previsione statutaria in base alla quale ai titolari di azioni di risparmio sarebbe riconosciuto il diritto di convertirle in azioni ordinarie (…) [in caso di] promozione o conclusione di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio obbligatoria, volontaria preventiva che possa condurre o abbia condotto l'offerente (…) a detenere oltre il 50% del capitale ordinario preesistente alla conversione (…); [tale] diritto di conversione [sarebbe] esercitabile in due diversi possibili modi: in primo luogo, aderendo all'offerta di acquisto alle medesime condizioni stabilite per gli azionisti ordinari; in secondo luogo, per chi non si fosse già avvalso della prima possibilità, mediante dichiarazione inoltrata alla società entro un certo termine dalla chiusura dell'offerta.

La prima modalità sembra consentire non tanto una conversione di azioni di risparmio in ordinarie, quanto piuttosto l'automatica estensione anche agli azionisti di risparmio dell'offerta di acquisto rivolta ai soci ordinari. Ciò logicamente implicherebbe l'obbligo, per il soggetto che abbia promosso l'offerta, di accettare anche le azioni di risparmio riconoscendo per esse un corrispettivo pari a quello previsto per le azioni ordinarie. E' però assai dubbio che un obbligo siffatto possa validamente esser posto - a carico di un terzo qual è l'offerente - da una previsione statutaria idonea a vincolare giuridicamente solo i soci. L'estensione dell'offerta di acquisto anche alle azioni di risparmio potrebbe dunque configurarsi sempre e solo come offerta volontaria, se ed in quanto l'offerente intenda formularla. Non sembra, perciò, che l'indicata clausola valga a garantire agli azionisti di risparmio un diritto, equivalente a quello di conversione. Le perplessità non verrebbero meno neppure ove si volesse ritenere che l'indicata clausola statutaria possa operare con riguardo alle sole offerte pubbliche di acquisto promosse da chi sia già socio della medesima società, e quindi a propria volta già soggetto ai vincoli statutari. Se è vero, infatti, che, in linea di principio, lo statuto della società è libero di prevedere condizioni di conversione delle azioni di risparmio in ordinarie, è vero anche che, nella specie, la condizione prevista non parrebbe compatibile con la disciplina legale delle offerte pubbliche di acquisto. (…)

Il bilanciamento degli interessi operato a tal riguardo dall'ordinamento impedisce, dunque, di introdurre variazioni nel sistema che rischierebbero di compromettere l'equilibrio voluto dal legislatore. E' possibile, come attesta l'art. 104 del Testo Unico, il ricorso a tecniche di difesa deliberate successivamente alla promozione dell'offerta, ma tenendo conto delle sue caratteristiche concrete e con deliberazione assunta a maggioranza particolarmente qualificata; non è invece possibile operare statutariamente a fine di limitare a priori la possibilità che un'offerta venga promossa. Tale conclusione riguarda anche l'ipotesi in cui la soglia che determina l'obbligo integrativo previsto in sede statutaria sia superiore al 30% (…): le considerazioni svolte sull'inderogabilità delle norme sull'Opa obbligatoria comportano infatti l'inammissibilità di ogni obbligo di acquisto, connesso al superamento di soglie di partecipazione al capitale ordinario, ulteriore rispetto a quelli previsti dalla legge.

(…) I problemi di compatibilità della previsione statutaria con la disciplina legale delle offerte di acquisto obbligatorie permangono - e sono anzi esaltati - anche con riguardo alla seconda delle due modalità di conversione sopra riferite.

La previsione di un diritto di conversione delle azioni di risparmio dopo la chiusura dell'offerta che ha determinato il superamento della soglia rilevante e come conseguenza di tale offerta è, anche da sola considerata, ugualmente idonea a determinare un aggravio dei costi di trasferimento del controllo. Ne deriverebbe, fra l'altro, un forte incentivo a promuovere direttamente l'offerta anche sulle azioni di risparmio convertibili. Una siffatta previsione, in concreto, potrebbe dunque configurare una tecnica di difesa preventiva da eventuali scalate, sia per quanto appena osservato in ordine al maggior costo del trasferimento del controllo, sia per la teorica possibilità che il possesso di una quota delle azioni di risparmio convertibili, da parte di chi già detenga una rilevante quota di azioni ordinarie, consenta di esercitare una preminenza di fatto protetta da eventuali scalate non gradite .".

(Comunicazione n. 99058868 del 29 luglio 1999)

3. Applicabilità della regola della "passivity rule" a strumenti finanziari convertibili in azioni ordinarie
Passivity rule – Azioni Speciali – Autorizzazione assembleare per l'attuazione di decisioni prese prima della comunicazione ex art. 102 del Tuf – Emissione di azioni speciali senza voto convertibili automaticamente in azioni ordinarie – Configurabilità della conversione automatica come tecnica di difesa che necessita una nuova autorizzazione assembleare – Non rilevanza quale misura volta a contrastare gli obiettivi di un'offerta volta all'acquisizione del controllo di una società quotata in presenza di un unico socio di controllo – Rilevanza in presenza di una maggioranza detenuta da patti parasociali
Passivity rule – Azioni Speciali – Autorizzazione assembleare per l'attuazione di decisioni prese prima della comunicazione ex art. 102 del Tuf – Emissione di azioni speciali senza voto convertibili automaticamente in azioni ordinarie quando la partecipazione del socio di controllo scende al di sotto della soglia del 50% del capitale sociale – La conversione automatica non è configurabile come tecnica di difesa che necessita una nuova autorizzazione assembleare

Alla Commissione è stato chiesto di valutare l'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 104 Tuf ad alcuni strumenti finanziari ("Azioni Sviluppo"), caratterizzati, tra l'altro, dalla circostanza di essere convertiti automaticamente, nel rapporto di 1 a 1, in azioni ordinarie "nel caso in cui la partecipazione del 'socio imprenditore' scenda, per qualunque ragione diversa da una successione mortis causa, al di sotto della soglia del 50% delle azioni ordinarie" e, dunque, di confermare che la conversione automatica delle "Azioni Sviluppo" non costituisca una misura difensiva ai sensi dell'art. 104 Tuf, non essendo quindi necessario che la conversione venga nuovamente autorizzata dagli azionisti della società.

Principio:

- "(…) la disposizione del comma 1-bis [dell'art. 104 del Tuf] rappresenta un corollario della disciplina generale della c.d. passivity rule (…) motivata - come gli altri commi dell'art. 104 - dalla necessità di disciplinare a favore dei soci il conflitto d'interessi potenzialmente esistente fra questi ultimi e gli amministratori, espressione del socio di controllo.

E' da ritenere, pertanto, che la norma vada applicata ogni qualvolta l'emissione di azioni speciali a voto subordinato, per le caratteristiche di queste, sia idonea a fungere anche da misura volta a contrastare gli obiettivi di un'offerta volta all'acquisizione del controllo di una società quotata, potendo indurre l'offerente a desistere dalle sue intenzioni proprio in considerazione degli effetti della "rinascita" del voto - o del voto pieno rilevante per il controllo - per la categoria in esame ".

- [Con riferimento al caso di specie, è da escludere che la conversione delle Azioni Sviluppo in azioni ordinarie sia soggetta all'autorizzazione dell'assemblea di cui all'art. 104 del Tuf, stante l'assenza della citata ratio sottostante la disciplina sulle tecniche di difesa, posto che tali Azioni] 1. sono sempre emesse in presenza di un socio con la maggioranza delle azioni ordinarie (dunque per società non contendibili, per le quali non è immaginabile un'Opa volta ad acquisire il controllo senza il consenso del preesistente controllante); 2. cessano di esistere (convertendosi in azioni ordinarie) quando il socio di controllo scenda volontariamente al di sotto del cinquanta per cento (e la società diventa, almeno in astratto, dunque contendibile). Pertanto, per questo tipo di azioni non possono sorgere mai i conflitti d'interessi che giustificano la disciplina delle tecniche difensive (e dell'autorizzazione di conferma): in particolare, non vi può mai essere una contrapposizione tra offerente e azionista di controllo, tale per cui il secondo (o gli amministratori che ne sono espressione) si veda costretto a ‘forzare la mano' mettendo in atto delle " difese" (…). Ex ante, le Azioni Sviluppo non si prestano ad essere emesse al fine di rendere più costose le offerte, poiché sono destinate ad esistere soltanto finché il socio di controllo sia in grado da solo, con il proprio mero rifiuto a cedere le proprie azioni, di respingere un tentativo di acquisizione a lui ostile ".

(Comunicazione n. 8095683 del 17 ottobre 2008)

Principio:

- [Le considerazioni sopra riportate in ordine alla ratio dell'art. 104 del Tuf] non varrebbe[ro], tuttavia, nel caso in cui la maggioranza delle azioni con diritto di voto in assemblea ordinaria sia detenuta non da un singolo socio ma da più soci uniti da un patto parasociale; in tale ipotesi, infatti, a seguito dell'applicazione dell'art. 123, comma 3, del TUF, un'offerta volta all'acquisizione del controllo potrebbe avere esito positivo anche a prescindere dal consenso di tutti i soci aderenti al patto.

Più in generale, le considerazioni sopra svolte (…) non valgono ogni qual volta la maggioranza delle azioni ordinarie non sia detenuta da un unico socio ma da più soci (anche legati da rapporti di parentela) che potrebbero avere comportamenti difformi in caso di promozione di un'offerta da parte di un terzo.

L'esclusione della necessità dell'autorizzazione di conferma ex art. 104, comma 1-bis, TUF riguarda solo l'efficacia dell'attribuzione della facoltà di conversione delle azioni speciali (…) in ordinarie, non potendo escludersi, invece, che possano altrimenti verificarsi, in presenza di un'OPA preventiva o successiva riguardante azioni dell'emittente, i presupposti di applicazione della disciplina sulle tecniche di difesa di cui all'art. 104 TUF.

Resta in ogni caso salva la possibilità per la società, nell'ambito dell'autonomia statutaria, di prevedere l'autorizzazione dell'assemblea convocata ex art. 104, comma 1, TUF, come condizione di efficacia del riconoscimento ai portatori delle azioni speciali della facoltà di conversione".

(Comunicazione n. 8095703 del 17 ottobre 2008)