Dal medioevo all'età moderna

Dal medioevo all'età moderna

…moneta e credito...

A partire dall'ultima fase dell'Alto Medioevo (che per convenzione va dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente, avvenuta nel 476, all'anno 1000 circa), nelle società agrarie e nei piccoli centri urbani si vengono a sviluppare via via mercati di scambio delle merci prodotte proprio per la rivendita. La moneta metallica[1] (e, molto più tardi, quella bancaria) si afferma come "mezzo" convenzionale (ossia l'equivalente universale riconosciuto) per l'acquisto e la vendita delle diverse merci presenti nel mercato, perché costituisce il modo più semplice per risolvere le relazioni di valore tra una moltitudine di beni negoziabili tra una pluralità di soggetti. L'uso della moneta si diffonde perché riduce notevolmente i costi di transazione.

 

Dall'interazione tra l'attività economica svolta presso le corti feudali e quella dei borghi contigui e relativamente autonomi, inizia a formarsi un'economia di mercato che si basa sulle compra-vendite di merci dietro pagamento di un prezzo monetario concordato. L'ampliamento geografico e merceologico degli scambi commerciali ha proprio come presupposto la diffusione dell'utilizzo della moneta. Le merci cioè si scambiano contro moneta non solo perché questa è accettata tra le parti della transazione, ma soprattutto perché è riconosciuta dalla comunità mercantile (ancorché sia introdotta dall'autorità "politica"). In linea generale, il valore monetario (o quantità di moneta) di scambio della singola merce in un dato tempo e in un specifico luogo si determina sulla base della molteplicità delle operazioni di compra-vendita della stessa merce (e talora di beni succedanei) che si realizzano in aree geografiche interdipendenti e in tempi vicini; esso è quindi normalmente determinato (in buone condizioni di competizione) dalla quantità complessiva di domanda del bene medesimo in relazione alla quantità complessivamente offerta nel mercato.

Furono lo sviluppo dei mercati e delle fiere periodiche (con la partecipazione di una pluralità di produttori/venditori, di commercianti e di acquirenti finali provenienti anche da luoghi geografici diversi) - dopo l'XII° secolo – e la ripresa del commercio a distanza di merci relativamente care o all'ingrosso, ossia tali da poter sopportare gli alti costi di gestione e trasporto, a determinare nuove modalità organizzate di produzione e d'intermediazione (mediante un sistema di specializzazione e divisione del lavoro, tra campagna e città e, soprattutto, nei centri urbani di produzione e commercio all'ingrosso) e conseguentemente nuove modalità di pagamento non solo fondate sulla mera consegna di monete fisiche proprie o prestate da altri individui, ma anche sulla reputazione creditizia di terze parti (grandi mercanti attivi anche nel prestito di denari a interesse[2]) ritenuti solvibili in quanto notoriamente in possesso di grandi ricchezze finanziarie, che sottoscrivevano "lettere di cambio" (o "lettere di credito") - vere e proprie forme di riconoscimento di un debito monetario chiamata anche "moneta scritturale" - per importi necessari al commerciante/ acquirente finale ad acquistare un bene o a saldare pregressi debiti (senza dover necessariamente avere con sé o possedere il denaro contante).

Il pagamento della merce avveniva attraverso consegna della lettera di cambio (o di credito) al venditore della stessa, il quale dunque faceva registrare il suo credito monetario nei libri contabili del mercante-banchiere che aveva emesso la lettera; d'altra parte, il commerciante-acquirente rimaneva obbligato nei confronti del mercante-banchiere a restituire la somma nominale presa in prestito accresciuta di un interesse - proporzionato alla lunghezza temporale del prestito medesimo (e alla classe sociale del prenditore) – a compenso del rischio sopportato dal creditore. La sistematizzazione di questo tipo d'attività - con l'accettazione di depositi monetari, l'effettuazione di pagamenti per conto dei clienti-depositanti mediante scritturazione nei libri e il prestito di una frazione dei depositi ricevuti ad altre parti - diede luogo alla nascita dell'attività bancaria e alla moneta bancaria, dando un grosso contributo all'espansione dell'economia europea per via della facilitazione degli scambi commerciale indotta dalla ridotta necessità di trasferimento e trasporto di moneta metallica.

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 Vediamo i passaggi salienti di questa trasformazione dell'attività economica da essere fondata su un sistema feudale di "produzione per l'uso" (con scarso uso della moneta: si parla infatti di economia naturale) a un sistema pre-capitalistico di "produzione per il mercato" (con ampio utilizzo della moneta e del credito: si parla di economia monetaria).

Nella società feudale, i proprietari fondiari (i signori feudali) agiscono costantemente sui contadini e sugli altri produttori presenti nell'area del feudo per appropriarsi, attraverso la coercizione politica e la forza delle consuetudini, della maggiore quantità di beni (soprattutto agricoli, pellame, strumenti per l'agricoltura, piccoli utensili ecc.) da essi prodotta per il loro uso e consumo. Il lavoro dei contadini non è remunerato con moneta, in quanto non prestato liberamente. I prodotti ottenuti dai contadini sotto forma di rendita feudale sono destinati dal signore solo per l'eccedenza (mutevole nel tempo) a mercati di vendita e fiere. Si aveva pertanto il predominio di un'economia a carattere locale quasi esclusivamente rurale ristretta all'area del feudo, caratterizzata dalla necessità di assicurare i bisogni di sussistenza, senza che la moneta abbia una funzione diretta effettiva sul progresso economico per tutto l'Alto Medio-Evo.

Tra il secolo XI° e il XIII° si affermano nuove forme di produzione e scambio di merci, in connessione con la ripresa dei traffici mercantili su scala molto più ampia che nel recente passato, l'espansione delle città - con il popolarsi di artigiani e piccoli commercianti indipendenti[3] - e il parallelo regresso dell'economia feudale. Si parla di "sistema mercantile pre-capitalistico" (o di "capitalismo mercantile") con riferimento al forte sviluppo dell'economia di produzione di merci nelle città che si genera in tutta Europa nel Basso Medio-Evo[4] a seguito dell'intenso processo di urbanizzazione di parte della popolazione delle campagne, in cerca di prospettive di vita più libera e migliore di quella servile loro concessa nel sistema agricolo feudale. Commercio e produzione artigianale organizzata iniziano ad influenzare potentemente l'attività economica della società nelle regioni più attive, come l'Italia settentrionale e i Paesi Bassi. Questa trasformazione prende avvio dalle richieste - crescenti nel tempo - della classe aristocratica feudale alla classe c.d. mercantile (composta da piccoli artigiani e commercianti indipendenti, provenienti dalle fila di contadini, benestanti o costretti dalla pressione feudale a fuggire dalle campagne e cercare fortuna nelle nascenti città, e dalla piccola nobiltà) di beni e strumenti che non riesce direttamente a produrre nel territorio di riferimento, facendo ricorso anche al loro credito, sia per ragioni di diletto  sia per soddisfare esigenze militari. Lo sviluppo della produzione per il mercato dà vita ad un'economia di scambio in virtù della capacità dei centri urbani di produrre manufatti a costi più bassi di quanto fosse possibile ottenere nel sistema di produzione del feudo, ma anche di qualità e varietà tale da non potere essere riprodotte nell'inefficiente organizzazione del lavoro feudale. Il "commercio" di denaro porta ben presto nel XIII al sorgere di un'attività specializzata, ossia all'attività di prestito di moneta (ossia di credito finanziario, la c.d. moneta fiduciaria) a piccoli produttori e a piccoli e grandi commercianti di merci o agli acquirenti finali, giocando un ruolo propulsivo all'intensificarsi degli scambi.

Mentre tra il XII° e il XIV° secolo l'allargamento dello spazio commerciale è dovuto ai collegamenti marittimi tra il Nord Europa e il bacino del Mediterraneo, nel periodo che va dal 1450 al 1650 (il c.d. «lungo XVI° secolo»[5]) l'economia europea si organizza su scala mondiale, con un robusto traffico - dall'Estremo Oriente all'Europa e viceversa[6] - di merci di vario genere. La massa monetaria è fortemente aumentata in tutta Europa, grazie all'oro e all'argento proveniente dal Nuovo Mondo (le Americhe, scoperte alla fine del XV° secolo). Lo sviluppo del sistema economico che si giova degli scambi a lunga distanza richiede tuttavia maggiori capitali e dunque necessità di un modo più efficiente di circolazione delle risorse finanziarie (monete e titoli di credito). I grandi mercanti, che operano su molti settori merceologici, prestano o prendono a prestito il denaro in relazione alle necessità degli scambi commerciali, diventano destinatari o traenti di lettere di cambio, finanziano i principi e gli Stati nelle loro imprese politico-militari[7]. Sorge così l'attività bancaria ad integrazione e complemento dell'attività mercantile a lungo raggio. Con questa attività il tema della fiducia nei rapporti economici, ovvero dell'affidabilità economica degli individui e, quindi, della credibilità delle loro iniziative economiche, comincia a prendere campo sul mero riconoscimento del rango sociale e della ricchezza posseduta. Si assiste infatti alla nascita – verso la fine del XVI° secolo e l'inizio del XVII° - dei grandi banchi cittadini (il Banco di Rialto a Venezia, il nuovo Banco di San Giorgio a Genova, la Banca di Amsterdam, la Banca di Amburgo).
 

[1] Nell'Europa medievale e rinascimentale le monete erano solo metalliche (in oro o in argento), tipicamente in lega aurea o d'argento. Il valore intrinseco della moneta era dato dal suo peso per la proporzione del metallo prezioso nella lega utilizzata (calcolata in carati per l'oro e in millesimi per l'argento), mentre il valore estrinseco era costituito dal valore nominale  attribuitole dall'autorità (Re, Principi, Governi delle Città) del territorio dove veniva accettata come mezzo di scambio.

[2] Cfr. Jacques Le Goff, Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo, Ed. Laterza (2013). Durante il Medio Evo la Chiesa romana proibì per lungo tempo l'attività di prestito di denaro a interesse, considerata usura. Questa concezione, di origine aristotelica e scolastica, poggiava sul postulato della "sterilità" del denaro: esso, cioè, non può produrre ricchezza attraverso il "commercio del tempo" di per sé non cedibile. A partire dall'XI° secolo questo divieto si fece assoluto in concomitanza con lo sforzo della Chiesa di attuare il progetto "clericalizzazione della società dei fedeli". Fra il Due e il Quattrocento, il progredire, sempre più intenso, delle attività economiche favorì l'indebolimento e il ripensamento delle tradizionali categorie di etica economica dell'alto Medio Evo. Così, la Chiesa operò una progressiva distinzione fra usura e credito: l'usura, intesa come prestito puro di denaro da restituire con un interesse, restava proibita in quanto l'interesse diventa un profitto esorbitante e non giustificato legato all'uso improduttivo di un capitale monetario, mentre nel credito  (secondo la Chiesa attività tipica dei mercanti) appare moderato e lecito in quanto "giusto prezzo" per l'indennizzo del lucrum cessans del prestatore, ossia del mancato guadagno che il prestatore-mercante avrebbe ottenuto investendo il denaro in altro modo. All' "avarizia" del prestatore-usuraio si contrappone, nella rappresentazione della Chiesa dell'epoca, la "magnanimità" del prestatore-mercante che attraverso la circolazione della ricchezza determina il bene sociale.

[3] Le attività artigiane e commerciali, che fino ad allora interessavano in modo saltuario e comunque accessorio  i "dipendenti" dei feudatari, diventano professioni indipendenti svolte nei borghi e nei centri destinatari di un flusso "migratorio" dalle campagne.

[4] Per la storia europea il Basso Medioevo è convenzionalmente compreso tra l'anno 1000 circa e la scoperta dell'America nel 1492.

[5] Secondo la nota espressione usata dallo storico francese Fernand Braudel (cfr. Espansione Europea e capitalismo 1450 -1650, Ed. Il Mulino, 2014).

[6] L'Europa importava pepe, spezie e droghe, seta, porcellana, lacca cinese, rame, perle, pietre preziose ed esportava tessuti di lana, argento e oro, quest'ultimi provenienti dal c.d. Nuovo Mondo.

[7] Esistono grandi mercanti che diventano ben presto dediti esclusivamente al commercio del denaro e del credito, come i banchieri genovesi, finanziatori importanti di Stati come la Spagna (la cui ennesima bancarotta del 1627 ne decreterà il declino), o chi dal commercio passa alla finanza e al governo di uno Stato, come i Medici a Firenze nel XV°.