XI COMMISSIONE LAVORO PUBBLICO E PRIVATO
CAMERA DEI DEPUTATI

AUDIZIONE DELLA CONSOB
SULLA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI ALLA GESTIONE
E AI RISULTATI D'IMPRESA

Avv. Giuseppe Cannizzaro
Responsabile della Divisione Emittenti

Roma, 15 maggio 2003

Desidero preliminarmente ringraziare il Presidente e la Commissione per l'invito che è stato formulato alla Consob di fornire il proprio contributo su un tema così importante e delicato. Rammento che l'intervento della Consob è stato sollecitato con particolare riferimento alla tutela del valore delle azioni eventualmente assegnate al lavoratore.

Alla luce di tale indicazione, e tenuto conto delle competenze istituzionali della Consob, il presente intervento riguarderà le forme di partecipazione dei lavoratori alla gestione e ai risultati dell'impresa le quali presuppongono ovvero utilizzano l'assegnazione al lavoratore di azioni o strumenti finanziari.

Saranno inoltre affrontati sinteticamente alcune questioni relative all'impatto sui sistemi di governance societaria di forme di partecipazione alla gestione imprenditoriale che prevedano un intervento dei lavoratori nella designazione degli organi di amministrazione e controllo.

1. Contesto normativo di riferimento

Il tema della partecipazione dei lavoratori agli utili ed alla gestione delle imprese ha rappresentato e continua a rappresentare un punto di passaggio importante per la evoluzione in chiave sempre più marcatamente democratica dell'assetto economico e sociale del paese. Esso investe tutta una serie di problematiche che variano dalla costruzione di un efficiente modello organizzativo dell'impresa individuale e collettiva, alla promozione di uno svolgimento non conflittuale delle relazioni industriali, alla elevazione economica e sociale dei cittadini in un'ottica di eguaglianza sostanziale.

In particolare, concentrando l'attenzione sull'esperienza italiana e tralasciando le pur significative esperienze di cogestione che hanno avuto luogo in epoca pre-repubblicana, il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende è stato consacrato nell'art. 46 della Costituzione. Tale norma ha peraltro suscitato opinioni difformi in merito alla propria portata precettiva e non ha sino ad oggi ricevuto, per ragioni che non pare opportuno analizzare in questa sede, una compiuta attuazione in termini normativi.

Sul piano diverso, ma parallelo, della partecipazione dei lavoratori ai profitti dell'impresa ed in particolare delle società per azioni, occorre segnalare come già il Codice Civile contenesse alcune disposizioni quali l'art. 2349 e l'art. 2441, comma 8, finalizzate a promuovere la partecipazione dei lavoratori dipendenti al capitale della società, nonché a limitare il rischio finanziario insito in detta forma di partecipazione. Tale esigenza è stata recepita anche nel testo costituzionale il quale all'art. 47 impone al legislatore di favorire l'accesso del risparmio popolare al "diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese".

In realtà, come già accennato, gli istituti sopra citati hanno avuto in Italia un utilizzo limitato ed episodico a differenza di altri ordinamenti statali quali quello tedesco in cui è stata legislativamente recepita l'esigenza di un maggiore coinvolgimento del lavoratore nelle scelte strategiche dell'impresa attraverso l'istituto della Mitbestimmung.

In tempi relativamente recenti il dibattito sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione nonché agli utili generati dall'impresa si è notevolmente animato soprattutto sotto la spinta di alcune iniziative legislative di fonte comunitaria.

Sinteticamente mi sia consentito richiamare il contenuto di almeno due dei sopracitati interventi normativi che si segnalano per la maggiore attinenza al tema in esame.

Per quanto riguarda la legislazione italiana occorre inoltre segnalare due recenti interventi normativi in materia societaria i quali si sono occupati, sia pure con riferimento a specifici aspetti, della questione relativa alla partecipazione dei lavoratori ai risultati dell'impresa.

In particolare:

2. Sottoscrizione di azioni e informazione del lavoratore

Il fenomeno dell'azionariato dei dipendenti si è costantemente incrementato negli ultimi anni. A titolo di esempio è possibile fornire alcune sommarie indicazioni con specifico riferimento alle società quotate circa l'evoluzione storica del fenomeno. Se infatti nel 1994 solo il 5,5% delle società quotate aveva adottato piani di incentivazione dell'azionariato dei dipendenti, nel 1996 tale percentuale saliva al 7,7% per attestasi al 14% nel 1998.

Per quanto riguarda invece la messa in atto di piani di stock-option riservati ai dipendenti che hanno costituito una sollecitazione all'investimento basti pensare che la Consob nel solo 2002 ha autorizzato la pubblicazione di più di 35 prospetti informativi relativi ad operazioni del predetto tipo.

Sulla base di queste premesse occorre osservare come il tema della tutela del valore delle azioni assegnate ai dipendenti, oggetto della presente audizione, deve necessariamente affiancarsi al collegato tema della corretta informazione del mercato in occasione della attribuzione di titoli azionari ai dipendenti (c.d. Stock-option).

In tali casi, un problema di corretta e quanto più completa informazione sull'operazione si riscontra sia con riferimento al lavoratore il quale, nel momento in cui viene sollecitato od agevolato ad impiegare i propri risparmi nel capitale dell'impresa o comunque assume la qualità di socio, si pone in una condizione comune a qualsiasi altro investitore; sia nei confronti dei soci esclusi dal diritto di sottoscrivere le azioni assegnate ai dipendenti in quanto vedono diluita in termini percentuali la propria partecipazione al capitale delle società.

Sotto questo profilo occorre segnalare come la Consob abbia raccomandato alle società sottoposte al proprio controllo l'inserzione nella relazione illustrativa degli amministratori, in caso di aumenti di capitale riservati ai dipendenti, di tutta una serie di informazioni aggiuntive quali:

E' stata inoltre raccomandata l'inserzione di informazioni di contenuto analogo nella relazione di gestione del bilancio di esercizio.

A questo proposito e con particolare riferimento al Disegno di Legge n. 2023 sottoposto all'esame di questa Commissione, sarebbe utile valutare l'opportunità di prevedere prescrizioni informative di contenuto analogo in occasione dei piani di incentivazione azionaria rivolti ai dipendenti. In tali casi infatti l'assegnazione di azioni, se pur finalizzata alla compartecipazione agli utili e alla gestione dell'impresa, comporta pur sempre per il lavoratore una scelta di investimento dei propri risparmi e necessita conseguentemente di tutti gli elementi informativi utili ad una compiuta valutazione dell'operazione.

Un discorso a parte meriterebbe invece l'offerta di azioni ove rivolta a coloro che svolgono funzioni di amministrazione e controllo presso la società o che più genericamente costituiscono il managment della stessa. Con riferimento a tali soggetti alcune recenti vicende (si pensi al caso Enron) hanno evidenziato i rischi, legati soprattutto alla possibilità di ingenerare conflitti di interesse, derivanti da un ricorso generalizzato e non regolamentato allo strumento delle stock-option.

3. Tutela del valore delle azioni assegnate ai dipendenti

Riprendendo più specificamente il tema relativo alla tutela del valore delle azioni assegnate ai dipendenti, occorre rilevare che l'esame di tale problematica, come del resto evidenziato nel corso delle precedenti audizioni anche dalle organizzazioni sindacali e datoriali ,non possa prescindere da una indagine riguardante le finalità che si intendono perseguire attraverso la promozione dell'azionariato dei dipendenti.

Tale indagine rivela come lo strumento dell'azionariato dei dipendenti si presti ad una pluralità di funzioni che possono intrecciarsi tra loro e che corrispondono al diverso atteggiarsi del lavoratore: compartecipe dei profitti realizzati dall'impresa, investitore e, da ultimo, socio interessato alla gestione della società.

3.1 azioni e partecipazione ai profitti dell'impresa

Una prima funzione svolta dall'assegnazione di azioni ai dipendenti è costituita dalla possibilità di distribuire ai dipendenti gli utili generati dall'impresa. Tale funzione, la cui realizzazione attraverso lo strumento azionario si pone come una modalità alternativa rispetto a sistemi retributivi agganciati a parametri di produttività, svolge una indubbia funzione di stimolo del lavoratore e realizza un principio di eguaglianza sostanziale attraverso una compiuta valorizzazione del capitale-lavoro.

Se pure le ricerche in materia non hanno fornito risultati incontrovertibili, nei casi in cui sono state poste in essere forme retributive collegate agli utili generati dall'impresa si è inoltre registrata una tendenza all'aumento della produttività aziendale.

Lo strumento privilegiato per la realizzazione della predetta finalità sembra essere l'assegnazione gratuita ai dipendenti di particolari categorie di strumenti finanziari secondo quanto previsto dall'art. 2349 c.c. come modificato dal D.Lgs. 6/2003 c.d. riforma Vietti del diritto societario.

Tale modalità è delineata al solo scopo di realizzare la partecipazione dei lavoratori agli utili dell'impresa attraverso la possibilità di assegnare ai dipendenti strumenti finanziari privi del diritto di voto in assemblea: con ciò la partecipazione agli utili risulta un obiettivo del tutto isolato rispetto al coinvolgimento diretto nella gestione.

Tale strumento consente inoltre di stabilire un regime diversificato nella attribuzione degli utili e delle perdite ai titoli assegnati e si presta in tal modo alla realizzazione di meccanismi quali quello del gain sharing che stabiliscono un rapporto tra la misura dei dividendi e l'aumento di produttività dell'impresa.

Riguardo alla massimizzazione del profitto derivante dalla detenzione del titolo, si può pensare all'adozione, anche in concorrenza tra loro, di una pluralità di soluzioni che variano dall'attenuazione del vincolo di inalienabilità delle azioni, a meccanismi di gestione professionale delle stesse, alla previsione di un obbligo di riscatto delle azioni in capo alla società emittente.

3.2 risparmio dei lavoratori e capitale dell'impresa

Una seconda funzione perseguibile attraverso l'attribuzione di azioni ai dipendenti è rappresentato dall'incentivazione del lavoratore all'investimento del proprio risparmio nel capitale della società in un'ottica di fidelizzazione. Tale incentivazione si realizza come detto attraverso una speciale disciplina dell'esclusione del diritto d'opzione dei soci in caso di aumenti di capitale, nonché attraverso norme particolari in tema di cessione delle azioni proprie quali l'art. 2358 c.c. che contiene una deroga al divieto per la società di accordare prestiti e concedere garanzie per l'acquisto delle proprie azioni.

Tali operazioni, oltre a favorire la partecipazione dei lavoratori al capitale dell'impresa, costituiscono per la società predisponente una importante modalità di raccolta del capitale di rischio, soprattutto in occasione di crisi finanziare laddove si riscontra un interesse comune dei lavoratori al salvataggio dell'impresa.

L'utilizzo dello strumento azionario in funzione della predetta finalità pone in effetti un problema di tutela del valore delle azioni sottoscritte dal dipendente generato dal rischio che si verifichi un abbattimento dei corsi azionari con conseguente depauperamento dei risparmi impiegati.

A parte la necessità di informare il lavoratore circa l'esatto contenuto dell'operazione di sottoscrizione, necessità che trova già un riscontro normativo nella disciplina dettata dal Testo Unico della Finanza in materia di sollecitazione all'investimento, le leve principali in grado di ridurre il rischio di perdita di valore delle azioni sono rappresentate dalla possibilità di emettere le azioni senza sovrapprezzo o con un sovrapprezzo ridotto, nonché la previsione di ampli termini temporali entro cui sottoscrivere le azioni in modo da consentire al lavoratore di scegliere il momento più idoneo per investire i propri risparmi nel capitale sociale.

In via subordinata ed in risposta alle sollecitazioni provenienti dal presidente di questa Commissione Parlamentare, si potrebbe valutare, ai fini del coinvolgimento dei lavoratori nell'azionariato, la possibilità di utilizzare strumenti derivati quali le opzioni. Occorrerà peraltro tenere presente la maggiore complessità di questa tipologia di strumenti nonché i maggiori rischi finanziari ad essi connaturati. In ogni caso tali strumenti dovrebbero essere conferiti ad intermediari finanziari i quali siano in grado, attraverso una gestione di tipo professionale, di cogliere al meglio le opportunità connesse con tali sofisticati strumenti.

3.3 Partecipazione alla gestione dell'impresa attraverso lo strumento azionario

Una terza ed ultima funzione tipica della promozione dell'azionariato dei dipendenti è rappresentata dall'utilizzo del titolo azionario quale mezzo per influire sulle scelte gestionali della società attraverso l'esercizio dei diritti amministrativi in esso incorporati.

Tale utilizzo dell'attribuzione di azioni ai dipendenti presenta i maggiori profili di criticità sotto il profilo della tutela del valore dei titoli sottoscritti dal lavoratore. Esso infatti presuppone la detenzione continuata del titolo da parte dell'azionista-lavoratore il quale solo in tal modo è in grado di legittimarsi all'esercizio del diritto di voto nell'assemblea della società partecipando alle scelte gestionali della stessa.

Tanto è vero che l'utilizzo dello strumento azionario con tale finalità risulta spesso accompagnato da clausole di intrasferibilità del titolo per un periodo temporale più o meno ampio con l'effetto di esporre maggiormente il lavoratore ai rischi derivanti da improvvise fluttuazioni dei corsi azionari nonché ad eventuali perdite realizzate dalla società.

Ove non si ritenga di scindere la funzione premiale dell'azionariato rispetto a quella strettamente partecipativa sarà dunque necessario accentuare i meccanismi di tutela del valore delle azioni sopra evidenziati. In questo senso appare meritevole di attenzione la proposta contenuta nel Disegno di Legge n. 3926 recentemente presentato dall'On. Benvenuto ed altri, strettamente connesso alla materia in discussione, che prospetta il conferimento diretto delle azioni o di altri strumenti riservati ai dipendenti ad un"fondo comune d'impresa" che costituirebbe una nuova tipologia di Organismo di investimento collettivo del risparmio.

Quanto alle modalità attraverso le quali è possibile istituire forme organizzative per consentire un effettivo esercizio dei diritti amministrativi da parte dei lavoratori-azionisti al fine di superare le fisiologiche difficoltà di partecipazione delle minoranze alla vita societaria, argomento anch'esso affrontato dal Disegno di Legge sopra menzionato, occorre rilevare come il Testo Unico della finanza già preveda, per le società quotate, alcuni meccanismi quali l'associazione di azionisti (art. 141) ovvero la previsione statutaria di un regime differenziato, in quanto più favorevole, con riferimento alla raccolta di deleghe tra azionisti dipendenti (art. 137, 3° comma).

Andrà valutata l'adozione di meccanismi analoghi anche con riferimento alle società non quotate.

Sempre con riferimento alle società quotate sarà utile prevedere strumenti in grado di attenuare gli effetti negativi dal punto di vista della contendibilità del controllo che potrebbero derivare dall'imposizione di obblighi di intrasferibilità sulle azioni assegnate ai dipendenti. Sotto questo profilo una soluzione percorribile è rappresentata dallo scioglimento del vincolo di inalienabilità in occasione della promozione di offerte pubbliche di acquisto.

4. Partecipazione alla gestione e regole di governance

Per quanto riguarda il profilo della partecipazione del lavoratore alla gestione della società, occorre innanzitutto chiarire come quest'ultimo profilo, pur potendo trovare nel ricorso allo strumento azionario un terreno comune, presenta problematiche del tutto distinte da quelle che riguardano la partecipazione dei dipendenti agli utili generati dall'impresa e merita conseguentemente una trattazione separata.

Il tema del coinvolgimento o se si preferisce della collaborazione del lavoratore alla gestione dell'impresa, implica necessariamente l'adozione di appropriate strutture di governance societaria che conferiscano ai lavoratori subordinati un ruolo attivo nella determinazione delle scelte gestionali.

A tal proposito si deve prendere atto che nel decreto legislativo di riforma Vietti del diritto societario, con il quale sono state riformulate le norme in tema di organi sociali, non vi sono specifiche regole di governance attraverso cui accrescere il ruolo dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali nella gestione della società.

Ciononostante, e senza necessità di modificare le nuove disposizioni, sussiste comunque la possibilità di utilizzare strumenti già previsti dall'ordinamento ove si intendesse realizzare un maggior coinvolgimento dei lavoratori.

Si pensi, ad esempio, alla disposizione, dettata in tema di società quotate, la quale impone che un determinato numero di membri del collegio sindacale debba essere eletto dalla minoranza, ovvero al nuovo articolo 2351 c.c. che consente allo statuto sociale di riservare ai lavoratori assegnatari di strumenti finanziari la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o del collegio sindacale.

E' inoltre possibile valutare la possibilità di prevedere anche al di fuori dello statuto sociale e quindi senza necessità di riformulare la norme relative alla governance, forme di partecipazione dei lavoratori alla gestione della società utilizzando ad esempio lo strumento degli accordi parasociali. Si tratta di una forma dotata di valore cogente certamente minore, ma della cui applicazione non è lecito dubitare nella misura in cui essi siano frutto di un'intesa tra il datore di lavoro ed i lavoratori.

In alternativa alla partecipazione all'organo di gestione, si potrebbe pensare alla partecipazione dei lavoratori nell'ambito degli organi che svolgono funzioni di vigilanza e controllo sulla gestione, onde evitare eccessive conflittualità sulle scelte strategiche dell'impresa che potrebbero rendere difficoltosi i processi decisionali all'interno dell'azienda. Tale scelta sarebbe peraltro comune a quella compiuta dall'ordinamento della Repubblica Federale Tedesca che rappresenta, pur nelle diversità rispetto al caso italiano derivanti dall'adozione di un sistema dualistico, l'esperienza pilota in materia di cogestione.