VI COMMISSIONE FINANZE
CAMERA DEI DEPUTATI

Audizione informale della Consob nell'ambito dell'esame, in sede referente, 
della proposta di legge C. 3227 dell'On. Lettieri e altri, 
recante la disciplina delle attività di consulenza su strumenti finanziari

Dott. Claudio Salini
Responsabile della Divisione Mercati e Consulenza Economica

Roma, 14 maggio 2003

 

1. L'attività di produzione e diffusione degli studi e i possibili approcci regolamentari

        Nell'economia dei processi di elaborazione e diffusione delle informazioni attinenti gli emittenti quotati, gli studi effettuati dagli analisti rappresentano un elemento positivo destinato ad integrare e ad arricchire il quadro informativo a disposizione degli investitori.

        Il valore informativo degli studi si riflette in una loro crescente rilevanza nella determinazione delle scelte di investimento, esercitando un'influenza significativa sull'andamento del mercato e sul meccanismo di formazione dei prezzi.

        La rilevanza assunta dagli studi come informazione "derivata" pone il problema di assicurare una adeguata attività di regolamentazione e di vigilanza riguardo ai loro possibili effetti sull'integrità dei mercati, soprattutto in considerazione dei potenziali conflitti di interessi che gravano sui soggetti che li producono e li diffondono.

        Il problema dei conflitti di interessi assume particolare rilievo nell'ambito gruppi finanziari polifunzionali, nel cui ambito si effettuano attività e si prestano servizi che possono influenzare negativamente la correttezza comportamentale dell'attività di realizzazione e diffusione di studi 1.

        La Consob è stata la prima autorità, tra quelle dei principali paesi, a rilevare e a documentare "la mancanza dei requisiti di indipendenza e affidabilità" negli studi prodotti dagli analisti e, compatibilmente con una legge che ignora la figura degli analisti, ad assumere iniziative regolamentari, nei limiti consentiti dalla mancanza di analoga regolamentazione in altri paesi 2.

        Gli scandali societari dell'ultimo biennio hanno poi reso evidente a tutti la gravità e la diffusione del problema e hanno determinato una forte reazione da parte delle autorità dei diversi paesi preposte alla regolamentazione del fenomeno 3.

        Nell'ambito delle iniziative in atto nei principali paesi e a livello internazionale, sta emergendo una generale convergenza verso l'obiettivo di garantire una adeguata gestione delle situazioni di conflitto di interessi nell'attività di produzione e diffusione degli studi che coinvolgono sia gli intermediari finanziari che agli analisti 4.

        Gli strumenti normativi e regolamentari a disposizione delle autorità sono diversi; non sono alternativi tra di loro, sono stati e possono essere utilizzati in un mix diversamente graduato. In un tentativo di classificazione si possono individuare le seguenti aree di intervento:

2. La regolamentazione degli studi in Italia

        Il Testo Unico della Finanza menziona espressamente gli studi solo nell'art.114 "Comunicazioni al pubblico", prevedendo che la Consob stabilisce, con regolamento, "… in quali casi e con quali modalità devono essere fornite informazioni al pubblico sugli studi …".

        La norma si riferisce ai soli studi elaborati da emittenti quotati e da "… intermediari autorizzati a prestare servizi di investimento, nonché da soggetti in rapporto di controllo con essi". Sono, quindi, esclusi, dall'ambito di applicazione dell'art. 114 del Tuf, gli studi prodotti dai così detti analisti "indipendenti" o, comunque da soggetti diversi dagli intermediari autorizzati ed emittenti quotati.

        Gli analisti finanziari, in quanto tali, non sono contemplati dal Tuf.

        Considerata la limitazione soggettiva (intermediari e emittenti) e oggettiva (la diffusione al mercato degli studi) presente nell'attuale quadro normativo, la Consob ha potuto stabilire solo norme di trasparenza ai sensi dell'art. 114 del Tuf. In particolare, per quanto attiene la disclosure ex-ante, l'art. 69 del Regolamento Consob 11971, dispone che in ogni studio debba essere apposto un'avvertenza (disclaimer) nella quale devono essere illustrate, se esistono, le possibili situazioni di conflitto di interessi 6. Per quanto attiene, invece, la disclosure ex-post, la stessa norma regolamentare, prevede che gli studi siano messi a disposizione del pubblico decorsi 60 giorni dalla loro diffusione ai clienti dell'intermediario che li ha prodotto ("disclosure differita"). Un regime di disclosure "immediata" trova applicazione solo nell'ipotesi in cui detti studi siano oggetto di rumors in grado di influenzare i corsi dei titoli (oggetto degli studi): in questo caso, infatti, la loro messa a disposizione del pubblico deve essere immediata 7. Inoltre la Consob nel 2001 ha anche raccomandato che i soggetti (intermediari) che producono studi si attengano, nello svolgere questa attività, ad alcuni principi che ne salvaguardino l'integrità e la correttezza.

        L'Associazione italiana degli analisti finanziari (AIAF) ha di recente aggiornato e migliorato il proprio codice etico, prevedendo, in caso di violazione, censure anche pubbliche. Si tratta di un'iniziativa responsabile, apprezzabile, ma anche impegnativa, che dovrà essere verificata nel rigore della sua attuazione. Una autoregolamentazione efficace consente una regolazione pubblica meno invadente e meno onerosa, sia per il mercato che la deve subire sia per il regolatore che la deve attuare.


3. La regolamentazione degli studi: l'approccio internazionale


3.1 Le iniziative in corso

        La IOSCO (International Organization of Securities Commission) dovrebbe emanare una serie di principi volti ad affrontare i conflitti di interessi degli analisti prevedendo una serie di possibili strumenti regolamentari basati sulla trasparenza e su regole comportamentali.

        Anche la Direttiva sugli Abusi di Mercato si occupa (art. 6.5) degli studi al fine di prevenire gli "abusi di mercato" 8 (market abuse). In particolare, la Direttiva richiede che le informazioni siano presentate correttamente (fair presentation) e che vengano comunicati i conflitti di interessi (disclosure).

        Inoltre, nell'ambito del processo di revisione della Direttiva sui servizi d'investimento (ISD), l'attività di produzione e diffusione degli studi verrebbe ricompresa tra le attività "accessorie", ovvero tra quelle attività che se svolte da un intermediario sono sottoposte a vigilanza 9 (nell'attuale ISD gli studi non sono neppure menzionati). Questo nuovo approccio consentirebbe alla Consob di incidere anche sull'organizzazione interna degli intermediari (ad esempio imponendo l'introduzione di regole, volte a prevenire i conflitti di interessi, come le "muraglie cinesi").

        Numerosi Paesi (fra questi USA, Giappone, Uk, Germania e Francia) hanno recentemente introdotto o hanno allo studio nuove regole in tema di correttezza degli studi e di gestione delle situazioni di conflitto di interessi.


3.2 La regolamentazione dei requisiti di professionalità e onorabilità degli analisti

        La Direttiva sugli Abusi di Mercato non prende direttamente in considerazione l'attività degli analisti finanziari 10; concede tuttavia una facoltà indiretta a regolamentare tale attività, anche attraverso la previsione di imposizione di standard professionali.

        I principi a cui sta lavorando la IOSCO, invece, darebbero molto rilievo all'affidabilità e alla competenza degli analisti finanziari, prevedendo che questi ultimi debbano essere in possesso di adeguati livelli di esperienza e professionalità. Tali standard professionali potrebbero anche essere stabiliti attraverso l'autoregolamentazione (codici etici) e la previsione di esami per l'accesso alla professione e dovrebbero essere oggetto di periodiche verifiche tese ad appurare il mantenimento, da parte dei soggetti "abilitati" dei requisiti richiesti. Da questo punto di vista, particolare attenzione è rivolta, dalla IOSCO, anche alla formazione che, continuamente, gli analisti finanziari dovrebbero essere tenuti a effettuare (ongoing professional trading). Infine, la IOSCO ritiene importante che le qualifiche professionali possedute dagli analisti siano rese note all'interno degli studi.

        Per quanto attiene le regolamentazioni nazionali, la previsione di una sorta di "registrazione" o comunque la fissazione di requisiti minimi per poter svolgere l'attività di analista finanziario è un aspetto che, ad oggi è affrontato solo negli USA e che, più di recente, è stato oggetto di una proposta di legge (in discussione) in Francia 11. Inoltre, soluzioni analoghe a quelle in vigore negli USA e in esame in Francia, risultano essere allo studio, pur con gradi di approfondimento diversi e, in alcuni casi, molto preliminari, in diversi paesi. Tra questi, il Giappone, il Portogallo e la Germania.

        Negli USA, non è richiesto il possesso di particolari requisiti per svolgere l'attività di analista. Tuttavia, in relazione al ruolo che l'analista svolge per la società (l'intermediario che diffonde gli studi) può essere richiesto il superamento di esami (licensing examinations) gestiti da SRO 12.

        Le regole americane (stabilite dal NASD) investono anche i comportamenti che possono essere tenuti dagli analisti e, in particolare, impongono limitazioni alla loro attività di trading sui titoli che formano oggetto dei loro studi, regolano i rapporti che essi possono tenere con altre strutture dell'intermediario per il quale prestano la loro opera e impongono regole tali da assicurare la trasparenza di eventuali loro conflitti di interessi (che si aggiungono quindi a quelli propri degli intermediari per i quali lavorano). La trasparenza deve essere assicurata non solo all'interno degli studi (prodotti su supporto cartaceo o elettronico) ma anche in occasione di "apparizioni in pubblico" (interviste e partecipazioni a trasmissioni televisive).

        Rileva sottolineare come, nel caso americano, pur trattandosi di norme formalmente definite come di autoregolamentazione, l'approvazione preventiva della SEC delle regole emanate dagli SROs e la circostanza che esse sono, emanate a seguito di precise richieste formulate dalla SEC stessa che ne indica anche i principi a cui si dovranno attenere, ne configurano un carattere sostanzialmente pubblicistico.

        Per quanto attiene la Francia, è in corso di approvazione una riforma della regolamentazione del mercato finanziario (project de loi de sécurité financière), che definisce la figura dell'analista finanziario, prevedendo che tale attività possa essere esercitata (a titolo abituale e remunerato) solo da coloro che soddisfino le condizioni di onorabilità e competenza attestate da un'organizzazione professionale (riconosciuta come tale in Francia o in un altro Stato Membro dell'Unione Europea), che aderiscano ad una di dette organizzazioni professionali e che dalla stessa siano abilitati ("…titulaire d'une carte professionnelle…") allo svolgimento dell'attività di analista finanziario secondo le regole individuate dall'Autorité des marchés financiers cui spetta anche il compito di approvare le regole deontologiche e disciplinari di cui dette organizzazioni si devono dotare.


4. Alcune considerazioni sulla proposta di legge dell'On. Lettieri

        La proposta di legge dell'On. Lettieri è focalizzata sui requisiti di professionalità degli analisti. La lettura della proposta offre lo spunto per operare una riflessione su due punti. Il primo riguarda l'ambito di applicazione (sia da un punto di vista soggettivo che oggettivo). L'altro attiene la definizione dei requisiti professionali (individuare chi sia il soggetto incaricato di definirli, attraverso quali strumenti ne sia verificabile l'esistenza, chi e in quali forme possa essere svolta l'attività di vigilanza sui soggetti in possesso di detti requisiti).

        Sussiste inoltre un'altra questione, trasversale a tutta la regolamentazione dell'industria degli studi; si tratta della possibile esistenza di arbitraggi normativi. Occorre sottolineare come l'industria degli studi, per sua stessa natura e grazie alle moderne tecnologie di comunicazione a distanza, si presta a favorire operatività di tipo transfrontaliere. Ogni intervento regolamentare deve pertanto tenere adeguatamente conto della normativa esistente negli altri Paesi anche al fine di evitare effetti di "spiazzamento" dell'industria nazionale rispetto a quelle estere.

        In realtà i profili maggiormente critici che la proposta dell'On. Lettieri solleva riguardano l'ambito di applicabilità della norma.

        E' necessario, innanzitutto, individuare che cosa si intenda per "studio": una definizione troppo ampia correrebbe il rischio di ricomprendere anche fattispecie che esulano dal campo di attività proprio degli analisti finanziari e che, invece, rientrano o nella ricerca pura (non finalizzata a supportare scelte d'investimento) o in quello di mera presentazione e interpretazione dei fatti (tipico dei giornalisti). Da questo punto di vista, è utile ricordare che la Direttiva sugli Abusi di Mercato fornisce una definizione di "studio" che comprende le "… ricerche riguardanti strumenti finanziari o gli emittenti di strumenti finanziari che raccomandano o propongono strategie di investimenti ...".

        Per l'individuazione del campo di applicazione soggettivo, invece, occorre definire a quali categorie di "analisti" la norma si rivolge. E', infatti, possibile individuare le seguenti categorie di analisti:

  1. Sell-side analysts: lavorano per imprese di investimento, che prestano anche altri servizi di intermediazione, e la loro attività, in genere, serve per indirizzare le scelte d'investimento/disinvestimento dei clienti 13;

  2. Buy-side analysts: la loro attività di ricerca, tipicamente, non è destinata ad essere diffusa ma serve ad orientare le scelte di allocazione del portafoglio dei soggetti per i quali lavorano, ad esempio gestori di fondi;

  3. Indipendent analysts: si tratta dei così detti analisti "indipendenti" ovvero di analisti che lavorano per conto proprio o per conto di soggetti che comunque non sono riconducibili a gruppi cui facciano parte intermediari finanziari. Tale "isolamento" rispetto alle altre attività di intermediazione annulla i conflitti di interessi generati dalla polifunzionalità. Tuttavia, anche questa categoria può essere afflitta da conflitti di interessi, in analogia a quanto avviene, ad esempio, per le società di Rating. Infatti, i proventi degli analisti indipendenti derivano esclusivamente dall'attività di vendita degli studi prodotti che però possono essere anche commissionati da soggetti terzi tra i quali possono rientrare, oltre che intermediari non dotati di un proprio nucleo di analisti anche gli stessi emittenti oggetto di analisi. Nell'ambito della categoria costituita dagli analisti indipendenti è possibile operare un'ulteriore suddivisione: a) gli analisti indipendenti che svolgono detta attività in modo professionale (continuativo e remunerato); b) gli analisti indipendenti "occasionali".

        La proposta di legge, sembra ricomprendere, per quanto riguarda la definizione di studio, tutte le tipologie di analisi (anche quelle che non sono finalizzate a supportare, o a indirizzare, scelte di portafoglio) e, per quanto riguarda la definizione di analisti, tutti coloro che producono studi anche quando questi non siano finalizzati ad orientare le scelte di investimento dei clienti (includendo quindi anche analisti indipendenti, occasionali 14 e buy-side).

        E' da sottolineare come, nell'approccio internazionale, prevalgano generalmente approcci più selettivi: di norma vengono infatti esclusi dall'ambito di applicazione della regolamentazione gli studi non finalizzati e proporre strategie di investimento; per quanto riguarda la definizione di analista, vengono sempre esclusi gli analisti occasionali e negli USA sono regolamentati solo i Sell Side Analist mentre la Direttiva sugli abusi di mercato e la proposta di legge francese prendono in considerazione anche gli analisti indipendenti.

        Per quanto attiene la definizione dei criteri di "integrità" degli analisti, vi è innanzitutto un problema di identificazione dei criteri di onorabilità e professionalità. A tale questione si aggiunge poi quella dell'individuazione di quale sia il livello (legge, regolamento o autoregolamentazione) ottimale a cui devono essere definiti detti criteri e a cui vada esercitata la relativa attività di enforcement. La proposta di legge dà mandato alla normativa secondaria e alla Consob di definire detti criteri. Si tratta di una scelta che consente rapidi adattamenti alle mutevoli esigenze dei mercati e che assicura un adeguato livello di intervento pubblico. E' questa la strada intrapresa, pur con sfumature diverse negli Stati Uniti e che è attualmente allo studio in Francia.


5. Conclusioni

        Gli studi svolgono un ruolo crescente nella determinazione delle scelte d'investimento. Ne deriva la necessità di sottoporli a sorveglianza per evitare effetti distorsivi sul mercato. Su tale punto vi è ampio consenso da parte delle autorità di vigilanza.

        La proposta dell'On. Lettieri è volta ad introdurre nel quadro legislativo italiano la figura dell'analista, accogliendo una esigenza diffusa e già segnalata più volte dalla Consob. Anche la relazione finale della Commissione di Studio presieduta dal Prof. Galgano sulla trasparenza delle società quotate istituita dal Ministero dell'Economia, ha sottolineato come sia importante ricomprendere espressamente gli analisti finanziari tra i soggetti vigilati.

        Le regole volte a garantire la qualificazione professionale e l'onorabilità degli analisti, su cui si incentra la proposta, sono però solo uno degli strumenti a disposizione per disciplinare il fenomeno degli studi. Nelle iniziative di riforma in atto in alcuni Paesi (USA e Francia) e a livello internazionale, le misure volte a migliorare l'affidabilità degli analisti, sono inserite in un disegno più generale che affronta i problemi legati alla presenza di conflitti di interessi con l'obiettivo di assicurare adeguate condizioni di correttezza nella presentazione degli studi e nella loro diffusione al mercato.

        Il contenuto della proposta dell'On. Lettieri offre un utile spunto per alcune riflessioni su due punti: l'ambito di applicazione e la definizione dei requisiti professionali.

        Riguardo al primo punto, l'inclusione degli analisti "occasionali" e delle attività di analisi non indirizzate a proposte operative non appare del tutto in linea con la direttiva sugli abusi di mercato e con le esperienze degli altri paesi. Va inoltre osservato che una definizione così ampia porrebbe problemi riguardo all'efficacia dell'azione di sorveglianza.

        Riguardo al secondo punto, appare condivisibile il rinvio della definizione dei requisiti professionali ad una regolamentazione di secondo livello, per consentire la necessaria flessibilità e adattabilità alle mutevoli esigenze e caratteristiche del mercato, valorizzando la concreta esperienza delle autorità di vigilanza, degli organismi di mercato e delle associazioni di categoria. In questo campo, la normativa (italiana e internazionale) non appare ancora consolidata; il rinvio alla normativa secondaria consentirebbe quindi di tenere in considerazione anche l'evoluzione delle norme internazionali (Direttiva sugli Abusi di Mercato e standard IOSCO), le normative in corso di approvazione nei singoli Paesi, il quadro regolamentare delineato dalla Consob e le iniziative di autoregolamentazione. Si tratta peraltro di un approccio coerente con il metodo adottato per le direttive europee secondo il rapporto Lamfalussy.

        Si sottolinea peraltro come, accanto alla qualità delle norme, sia necessario assicurare che le sanzioni per la loro inosservanza e la pubblicità a cui sono sottoposte dette sanzioni siano elementi essenziali per il raggiungimento di livelli di regolamentazione efficaci 15. Anche su tali aspetti dovrà quindi qualificarsi la definizione di un quadro complessivo di regolamentazione del fenomeno degli studi capace di rispondere alle esigenze di qualità del mercato e di tutela degli investitori che sempre più si pongono con l'evoluzione e con la progressiva apertura internazionale delle scelte d'investimento.


1 Tale influenza può derivare dall'esistenza di relazioni di natura strategica, contrattuale o operativa tra il gruppo cui appartiene il soggetto che produce o diffonde lo studio e la società oggetto dallo studio, in particolare sotto forma di legami partecipativi o di controllo, la prestazione di servizi di mercato primario e, qualora assumano particolare rilevanza per il gruppo finanziario, l'esistenza di rapporti di credito o di posizioni direzionali aperte sui titoli dell'emittente. 

2 Cfr. le Relazioni annuali della Consob per gli anni 2000, 2001 e 2002 e, da ultimo, il discorso al Mercato del Presidente della Consob, prof. Spaventa di presentazione della Relazione annuale per l'attività svolta dalla Consob nel corso del 2002. 

3 Negli Stati Uniti la SEC ha stabilito nuove regole sia nell'ambito di un patteggiamento complessivo con le imprese di investimento sia con un regolamento dello scorso febbraio. Alcuni paesi europei si muovono nella stessa direzione. La Direttiva europea sugli abusi di mercato prevede norme di correttezza e piena trasparenza dei conflitti d'interessi, anche con riferimento ai compensi degli analisti. L'organizzazione internazionale delle commissioni di vigilanza (IOSCO) ha allo studio l'emanazione di alcuni principi, a cui dovrebbero ispirarsi le legislazioni nazionali, riguardanti la trasparenza, le regole di condotta degli analisti, i loro compensi e la loro qualificazione professionale, le procedure degli intermediari. 

4 I conflitti di interessi che possono affliggere l'attività di produzione e diffusione degli studi non sono solo quelli che sorgono tra l'intermediario che li produce e la clientela a cui detti studi sono destinati: essi possono generarsi anche tra gli analisti che redigono gli studi e i clienti dell'intermediario per cui detti studi vengono prodotti. Se i primi derivano dalla polifunzionalità degli intermediari, quelli che affliggono gli analisti, discendono dagli interessi finanziari che gli analisti stessi possono direttamente avere o nei titoli oggetto degli studi o, più in generale, in relazione alla struttura dei compensi percepiti che può essere, in tutto o in parte, legata non alla qualità della ricerca prodotta ma al volume delle altre attività di intermediazione, negoziazione o collocamento che essa genera. 

5 La trasparenza può articolarsi in due "momenti": uno preventivo e uno successivo (avendo come riferimento l'attività di diffusione degli studi). Il primo momento, disclosure ex-ante, attiene le situazioni di potenziale conflitto di interessi che sono portate all'attenzione del pubblico attraverso un'apposita avvertenza (disclaimer) che deve essere posto, con evidenza, all'interno degli studi. Il secondo momento, quello della disclosure ex-post, è teso a mettere a disposizione di tutti gli attori del mercato (tanto i clienti attuali dell'intermediario che hanno effettivamente ricevuto lo studio quanto quelli potenziali che potrebbero, in futuro, essere interessati a riceverlo) gli elementi necessari per valutare se, effettivamente, l'intermediario ha agito correttamente o se, invece, nel produrre e diffondere studi esso è condizionato, negativamente, dai conflitti di interessi che lo affliggono. Per giungere a tale risultato è necessario assicurare la trasparenza dei comportamenti. La trasparenza dei comportamenti impone che alcuni di essi siano "annunciati" nello studio (ad esempio il numero di soggetti cui lo studio è indirizzato, la data in cui inizia la sua diffusione, il periodo di validità delle previsione contenute, la frequenza della copertura che si intende assicurare a quel titolo, …), e che gli studi, trascorso un congruo periodo di tempo siano messi a disposizione del pubblico perché esso possa valutare come, in passato, i produttori degli studi si sono comportati in presenza di conflitti di interessi. Quella di articolare la trasparenza su due livelli (ex-ante e ex-post) è la strada intrapresa, già da diverso tempo, dalla Consob con la sua attività regolamentare (l'art. 69 del Regolamento Emittenti n. 11971, emanato in attuazione al Tuf, ripropone, nella sostanza, quanto precedentemente disposto dall'art. 23 del regolamento n. 11520 e, prima ancora, dall'art. 15 della delibera 5553 del 1991). 

6 Nell'illustrare tali situazioni, il soggetto che diffonde lo studio, deve indicarne, esaurientemente, le ragioni e l'estensione; in altre parole, non è consentito usare espressioni generiche che paventino solo la possibilità che possano sussistere dei non meglio specificati conflitti e che finirebbero per assumere più la veste di "clausole di esenzione dalla responsabilità" per chi le appone piuttosto che, come invece è nello spirito della norma, indicazioni utili per chi riceve gli studi e su di essi basa le sue strategie d'investimento. 

7 Si tratta di un regime di trasparenza che salvaguarda il valore economico degli studi ma che interviene in modo più incisivo se l'integrità del mercato viene minata da comportamenti opportunistici o scorretti. 

8 La finalità della Direttiva sugli Abusi di Mercato non sia quella di regolamentare l'attività di produzione degli studi in quanto tale, ma, piuttosto, quella di prevenire fenomeni di abuso di mercato: "it is not the objective of Artiche 6 (5) of the Market Abuse Directive to regulate the production or dissemination of financial recommendations in general. Rather, it is merely to minimise the risk of dissemination of false or misleading information, which is a form of market abuse … in order to prevent biased recommendations …. The Directive is designed to ensure fair presentation of recommendations and disclosure of relevant interest…". 

9 Con la rivisitazione dell'ISD verrebbe anche ribadita la differenza esistente tra l'attività di consulenza (che dovrebbe essere ricompresa tra quelle esercitabili in via esclusiva dagli intermediari autorizzati ovvero tra le attività "riservate") e quella di produzione di studi che, essendo classificata come "accessoria" resterebbe, invece, un'attività "libera" (esercitatile quindi da chiunque). 

10 Più in dettaglio, per quanto attiene la figura degli "analisti finanziari", l'art. 6.5 della Direttiva sugli Abusi di Mercato pone l'obbligo per gli Stati membri di assicurare norme adeguate che garantiscano che le persone che svolgono attività di produzione di studi vigilino con ragionevole diligenza affinché l'informazione sia presentata correttamente. Dall'uso del termine "persona" se ne ricava un riferimento ampio che considera, certamente, gli "analisti finanziari" ma che non si esaurisce con essi, riguardando anche altre entità quali, ad esempio, i giornalisti. Da questo punto di vista, di particolare rilevanza è la proposta di regolamentazione di secondo livello redatta dal CESR (punto 74 del documento CESR/02.089.c), la quale pone le premesse perché le diverse tipologie di "persone" siano regolamentate in modo diverso, anche attraverso forme di autoregolamentazione, in relazione alle loro specificità ("Member State should be able to choose the most appropriate way to regulate the different categories of person …".). 

11 In Inghilterra non è richiesta alcun tipo di qualificazione professionale o appartenenza ad associazioni per gli analisti finanziari né la loro condotta è soggetta a supervisione da parte di alcuna Agenzia. Soltanto se essi seguono direttamente specifici clienti (al fine di consigliarne l'operatività) essi devono essere "approvati" dall'FSA (FSA's Approved Persons regime requires individuals holding certain positions in authorised firms to be "fit and proper" and there is a Code describing the conduct expected). 

12 Le regole (NASD Conduct Rule 2210), emanate dalla National Association of Securities Dealers (NASD), richiedono che ogni analista che firmi con il proprio nome un report debba superare il "Series 7 Examination". Analogamente, anche il New York Stock Exchange (NYSE) richiede che ogni analista che svolga una "sales function" debba sostenere il Series 7 Examination. Inoltre, i report, per poter essere distribuiti, devono essere controfirmati da un "supevisory analyst" che deve aver sostenuto il NYSE Supervisory Analysts Examination (Series 16). 

13 I Sell-side analysts rappresentano l'area maggiormente critica, e quella alla quale ad oggi si rivolgono i tentativi di regolamentazione, in quanto le imprese per cui lavorano risentono dei conflitti di interessi in generati dalla circostanza che i proventi derivanti dalla vendita del servizio di produzione degli studi sono di molto inferiori a quelli generati dagli altri servizi svolti - negoziazione in conto terzi e collocamento).

14 In base a tale approccio, sembrerebbero rientrare nell'ambito di applicazione della norma anche, ad esempio, ricerche condotte in ambito accademico. 

15 Negli Stati Uniti sono state recentemente inflitte (attraverso un patteggiamento) le più alte sanzioni mai imposte negli Stati Uniti nell'applicazione delle Securities Laws (pari a circa 1.400 milioni di dollari). Tali sanzioni non si limitano a punire le infrazioni commesse ma si prefiggono anche l'obiettivo di aumentare il grado di competitività dell'industria della produzione di studi e di aumentare la consapevolezza dei risparmiatori: più di un terzo dell'importo complessivo della sanzione sarà utilizzato, infatti, per finanziare la realizzazione di ricerche da parte di soggetti indipendenti e 80 milioni di dollari saranno impegnati in attività di investor education.