VI COMMISSIONE FINANZE - CAMERA DEI DEPUTATI

AUDIZIONE DEL
PROF. LUIGI SPAVENTA
PRESIDENTE DELLA CONSOB

Adeguatezza dei principi contabili e del sistema dei controlli
in relazione ai problemi sollevati dal caso Enron

ROMA, 14 FEBBRAIO 2002

1. La cronistoria del caso Enron

1999 - Il vice presidente esecutivo e CFO della Enron, A. S. Fastow, crea alcune partnership (o special pourpose entities - SPE), in particolare LJM Cayman L.P. (LJM1) e LJM2 Co-Investment L.P. (LJM2), assumendone la carica di managing member of the general partner. Secondo la ricostruzione della SEC, la Enron avrebbe emesso nuove azioni attraverso un aumento di capitale ad hoc e le avrebbe conferite alle SPE in questione in cambio di notes receivables (1) emesse dalle stesse SPE (2). La Enron avrebbe aumentato il suo patrimonio netto in relazione alle notes receivables emesse dalle SPE e iscritte all'attivo. Nel luglio 2001, Fastow si dimette da tale posizione vende le sue quote in LJM1 e LJM2 ad un altro dirigente della Enron.

16 ottobre 2001 - Enron annuncia una correzione al ribasso degli utili del 3° quadrimestre 2001 per 1,01 miliardi di dollari, senza specificare con precisione le cause, indicando però che 35 milioni di dollari sono da imputare a perdite per transazioni con LJM2.

8 novembre 2001 - Enron comunica alla SEC di voler correggere i suoi bilanci dal 1997 al 2000 (4 anni) e le trimestrali a fine marzo e fine giugno 2001, riducendo gli utili complessivi su tutto il periodo di 569 milioni di dollari, pari al 16% circa degli utili complessivi dei 4 anni e mezzo. Enron consiglia anche agli investitori di non fare affidamento sugli audit reports della società di revisione Arthur Andersen che ha certificato i bilanci Enron per il periodo in questione.

Enron annuncia anche l'intenzione di voler abbattere il patrimonio netto (shareholders equity) per 1,2 miliardi di dollari (non più per 1,01 pari alla riduzione degli utili come annunciato in ottobre) per effetto della accertata necessità di procedere al consolidamento delle tre entità LJM, LJM1 e LJM2 nel bilancio Enron sulla base degli GAAP. In particolare, il consolidamento porterebbe ad un annullamento delvalore delle notes receivable delle SPE all'attivo e una parallela riduzione del capitale azionario (che figura invece all'attivo delle SPE). La Enron precisa che la riduzione di 1,2 miliardi di dollari e da imputare per 172 milioni di dollari ad una transazione con un SPE inclusa nella trimestrale chiusa a giugno 2000 e ad una seconda transazione per 828 milioni di dollari inclusa nella trimestrale chiusa a marzo 2001. In questi casi sembrerebbe trattarsi di un erroe contabile derivante dal mancato consolidamento delle SPE. La Enron ha poi dichiarato un vera e propria perdita di altri 200 milioni di dollari collegata alla svalutazione della partecipazione in una quarta SPE acquistata nel terzo trimestre 20001.

8 novembre 2001 - La SEC chiede alla Arthur Andersen tutta la documentazione relativa alla certificazione dei bilanci della Enron.

9 novembre 2001 - La Dynegy Inc. lancia un'offerta di scambio su Enron offrendo l'equivalente di 9 miliardi di dollari in azioni Dynegy e assumendo che il valore complessivo dei debiti Enron sia pari a 13 miliardi di dollari.

19 novembre 2001 - La Enron annuncia un piano di ristrutturazione con impatti negativi anche sugli utili del 4° trimestre 2001. La Enron precisa anche di avere ricevuto una richiesta di rimborso di 690 milioni di dollari in relazione a garanzie rilasciate su note di credito emesse da una partnership.

2 dicembre 2001 - La Enron dichiara lo stato di insolvenza (procedura Chapter 11).

2. I problemi sollevati dal caso Enron per l'attività di vigilanza

2.1 Problemi di natura generale

Il Caso Enron è una manifestazione di degenerazione patologica nel funzionamento dei mercati e dei presidi posti a tutela degli investitori. Vi concorrono comportamenti fraudolenti, colpe gravi degli amministratori, compiacenza dei controllori. Si manifesta anche un'inadeguatezza delle regole.

Prima di soffermarmi su tre questioni specifiche, desidero rappresentare due questioni di natura più generale.

La prima riguarda il mancato funzionamento di un sistema di corporate governance al quale di solito si guarda come ad uno standard da seguire. Per esemplificare, gli amministratori indipendenti, i quali dovrebbero tutelare gli interessi dell'azionariato diffuso, non sono stati in grado (nel migliore dei casi) di impedire, o anche di conoscere, le pratiche di gestione e di organizzazione, che hanno condotto la società alla rovina.

La seconda, forse più importante riguarda i problemi che lo sviluppo rapidissimo di strumenti finanziari nuovi e di pratiche finanziarie e contabili, definite eufemisticamente aggressive, pone al sistema di regole. Questo sistema non riesce a tenere il passo con l'innovazione finanziaria: troppo spesso è in grado non di prevenire, ma solo di intervenire, adattandosi, quando si è manifestata una conseguenza imprevista.

Tratterò ora tre punti, tutti rilevanti nel caso considerato: il trattamento contabile; la revisione contabile; gli studi degli analisti.

 

3. Le questioni del trattamento contabile

3.1 Il caso Enron

Gli aspetti più salienti che hanno caratterizzano il caso Enron dal punto di vista contabile sono:

- Il mancato consolidamento delle c.d. SPE (special purpose entities);

- L'adozione del sistema "mark to market" per la rilevazione dei contratti di energia.

Per quanto concerne il mancato consolidamento delle SPEle regole contabili americane (Fasb n. 140) considerano "Special Purpose Entity" un soggetto giuridico autonomo costituito per portare avanti uno specifico progetto o attività, quale il compimento di una transazione o di una serie di transazioni a finalità predefinita.

Le SPEs sono comunemente usate quali veicoli finanziari attraverso i quali un soggetto detto transferor cede uno o più asset ad un altro soggetto, il transferee, in cambio di liquidità o di altri asset finanziati a loro volta mediante accensione di debiti da parte del medesimo transferee.

Secondo le regole americane una SPE può non essere consolidata se (e solo se) ricorrono le seguenti condizioni:

a. gli asset ceduti dal transferor alle SPE devono essere effettivamente e legalmente isolati dagli altri asset del transferor;

b. vi deve essere un soggetto terzo indipendente con il controllo effettivo della SPE e con una quota pari ad almeno il 3% della capitalizzazione della SPE;

c. questo terzo soggetto indipendente deve effettivamente sopportare il rischio d'impresa, e quindi non vi devono essere accordi che limitano o trasferiscono in modo significativo tale rischio al transferor.

In base a quanto riconosciuto dal presidente della Enron, in occasione della dichiarazione del restatement dei bilanci dal 1997 al 2000 e delle relazioni trimestrali a fine marzo e a fine giugno del 2001, la società avrebbe dovuto consolidare, ma non ha consolidato almeno tre delle SPE costituite dalla stessa Enron.

Notizie stampa riferiscono poi che una fitta rete di SPE è stata costituita ad hoc dalla Enron in costante elusione e violazione delle regole citate. Il meccanismo adottato nel caso di specie consisteva:

(i) dal punto di vista della Enron, nella cessione a soggetti terzi di investimenti a lungo temine, poco redditizi, a fronte della rilevazione immediata dei ricavi da cessione;

(ii) dal punto di vista della SPE, nel ricorso al debito per l'acquisizione degli assets, debito che era garantito dalla stessa Enron.

Tale meccanismo, in assenza del consolidamento, ha essenzialmente generato effetti di occultamento di passività di bilancio e di utili non realizzati.

A loro volta le SPE venivano costituite dalla Enron conferendo azioni proprie a fronte dell'emissione di note di debito, il resto del capitale veniva conferito come liquidità da investitori istituzionali. Con tale liquidità poi le SPE erano in grado di acquisire le attività cedute dalla Enron. Anche tale prassi è fuori dalle regole americane, le quali prevedono che le note di debito siano contabilizzate in detrazione del patrimonio netto e non come asset. Si manifestava nella sostanza una partecipazione incrociata tra la Enron e le SPE. Inoltre lo stesso meccanismo veniva adottato tra le stesse SPE, con un effetto moltiplicatore.

Per quanto concerne l'adozione del sistema mark to market per la rilevazione dei contratti di energiaè emerso che la Enron ha usato tale sistema di contabilizzazione anche per la rilevazione di contratti rappresentativi di servizi (es. manutenzioni di sistemi elettrici) applicando ad essi fraudolentemente la valutazione fair value.

Inoltre, considerato che nel caso di contratti di servizio non esiste un "valore di mercato", le valutazioni erano soggettivamente stimate in maniera ottimistica facendo emergere utili non effettivamente conseguiti (e sulla cui conseguibilità in futuro sono stati espressi profondi dubbi).

Al riguardo va ricordato che secondo le regole americane una contabilizzazione mark to market dei contratti derivati su commodities è consentita solo se oggetto di tali contratti sono effettivamente le commodities, come ad esempio il gas e l'elettricità, e non anche i servizi afferenti tali commodities, quali ad esempio quello di manutenzione di una caldaia, servizi per i quali è evidente che non esiste un mercato forward.

In definitiva pare che la Enron abbia operato in costante elusione e violazione delle stesse regole esistenti, occultando una parte rilevante delle passività e dei rischi economico patrimoniali inerenti la società.

In via generale può infatti affermarsi che il bilancio consolidato costituisce un mezzo irrinunciabile per l'informazione del mercato, solo a patto che esso renda effettivamente conto di tutti gli attivi e passivi sui quali la capogruppo esercita direttamente o indirettamente il proprio controllo. Ogni omissione rispetto agli obblighi di consolidamento può tradursi, come nel caso della Enron, nella sottrazione di

informazioni vitali ai fini della valutazione del mercato circa il valore dell'impresa e delle sue controllate.

3.2 Le regole in Europa e in Italia

Nel sistema contabile europeo (ed italiano) non esiste un'autonoma disciplina delle SPE. Il trattamento contabile di entità economiche simili alle SPE americane va quindi ricondotto alle ordinarie regole dettate dalla VII direttiva, secondo le quali:

- tutte le società controllate di diritto devono essere consolidate (fatte salve alcune eccezioni specifiche inerenti la difformità di attività, l'intenzione di cessione futura e la presenza di gravi limitazioni all'esercizio del controllo);

- vanno anche consolidate le società controllate di fatto in forza di rilevanti partecipazioni azionarie;

- in alcuni casi è obbligatorio il consolidamento di società per le quali non esista un controllo azionario di diritto o di fatto (es. patti di sindacato o patti di dominio).

Per evitare il consolidamento è, quindi, sufficiente dimostrare che pur in presenza di controllo di diritto o di fatto esistono fattori che ne limitano gravemente l'esercizio.

Naturalmente tali norme possono essere aggirate occultando patti di sindacato o altri patti parasociali che di fatto attribuiscono il controllo, ovvero simulando l'esistenza di patti che lo limitano.

Il caso della Enron è anche emblematico dei rischi inerenti lo sviluppo della finanza innovativa e della complessità del business aziendale. Un sostanziale miglioramento potrà essere apportato con la prossima introduzione in Europa dell'obbligo per le società quotate di utilizzare nel loro bilancio consolidato i principi contabili internazionali (IAS), prevista per regolamento comunitario entro il 2005.

Tali regole infatti sono improntate ad una maggiore precisione e trasparenza sia rispetto a quelle europee sia rispetto a quelle USA anche perché le esenzioni dal consolidamento sono estremamente ridotte.

Sarebbe auspicabile che l'uso delle regole contabili internazionali sia esteso anche ai bilanci d'impresa. Inoltre, come affermato dalla stessa Commissione Europea, è necessario che il sistema dell'informazione finanziaria sia assistito da un efficace ed efficiente sistema di vigilanza e di sanzione.

In sede Europea si sta sviluppando un largo consenso intorno ad un modello di controllo della qualità dell'informazione finanziaria basato sulla cooperazione tra il settore pubblico e quello privato, ove la verifica della qualità dell'informazione finanziaria deve avere come responsabile di ultima istanza un'autorità amministrativa indipendente.

 

4. la revisione contabile

4.1 Il Caso Enron

Essendo ormai del tutto evidente che nel caso Enron il sistema dei controlli societari nel suo insieme non è riuscito a svolgere appieno la funzione di garanzia e di protezione dell'interesse pubblico, nell'ambito di tale sistema, non è risultato efficace proprio il presidio della revisione contabile, che dovrebbe garantire l'affidabilità dei bilanci pubblicati dagli emittenti e sul cui corretto svolgimento il pubblico dei risparmiatori e tutti i terzi, compresi gli stessi "regulators", fanno costantemente affidamento proprio per il corretto andamento del mercato.

Come risulta anche dalle dichiarazioni dei responsabili della società di revisione, vi sono state, quantomeno, colpe gravi dei revisori, i quali o non hanno guardato dove avrebbero dovuto guardare, o hanno opportunamente chiuso gli occhi.

4.2 Il sistema dei controlli degli Stati Uniti

Negli USA il sistema dei controlli è autoregolamentato dalla professione, il cui organo rappresentativo è l' AICPA(American Institute of Certified Public Accountants). Il controllo di qualità dei lavori di revisione si effettua attraverso il meccanismo della peer review ed è supervisionato da un organo ad hoc chiamato POB(Public Oversight Board), con cui si prevede che le società di revisione si sottopongano a controlli periodici (generalmente triennali) l'una con l'altra.

Da quando il sistema è stato istituito (nel 1977) non è stato mai emesso un giudizio negativo a conclusione di una review a carico di una grande società di revisione.

Fonti giornalistiche riportano che l'ex Presidente della SEC (Arthur Levitt) aveva avviato una verifica per accertare l'efficace funzionamento del sistema, verifica i cui risultati non sono mai stati resi pubblici.

L'attuale Presidente della SEC (Harvey Pitt) ha riconosciuto che il sistema di autoregolamentazione non garantisce sufficiente trasparenza ed efficienza ed ha presentato una propostache verte intorno alla costituzione di un nuovo organo di regolamentazione, il Public Accountability Board (PAB). Per garantire l'indipendenza di tale organo la maggioranza dei suoi membri non dovrà appartenere alla professione e la sua attività sarà finanziata attraverso i contributi dell'intero settore privato.

Al PAB sarà attribuita la funzione di controllo della qualità, che non avverrà più attraverso la peer review ma sarà condotta da uno staff permanente di persone indipendenti ed esperte senza alcun legame con la professione. Ciò consentirà un frequente monitoraggio della qualità dei lavori di revisione.

Sul fronte dell'attività disciplinareil PAB avrà il potere di svolgere indagini, di intraprendere procedimenti disciplinari (i quali dovranno procedere speditamente), di pubblicizzare i risultati della propria attività e di vietare alle persone fisiche e alle società di revisione di assumere incarichi di revisione di società di interesse pubblico.

La SEC supervisionerà l'attività del PAB e interverrà in presenza di violazioni di leggi, mentre le violazioni dei principi etici e di competenza tecnica saranno gestite dall'organismo privato di regolamentazione della professione per l'adozione delle relative azioni disciplinari che rimarranno comunque soggette alla supervisione della SEC.

4.3 Italia

In Italia la Consob ha proprio il compito di vigilare sull'indipendenza e l'idoneità tecnica delle società di revisione iscritte all'Albo Speciale, cioè delle società che eseguono la revisione dei bilanci degli emittenti quotati.

In particolare, il Testo Unico della Finanza attribuisce alla Consob il potere di vigilare sulle società di revisione iscritte all'Albo Speciale, anche attraverso lo svolgimento di accertamenti ispettivi (art.162 TUF), nonché il potere di comminare eventuali sanzioni (art.163 TUF), essendo prevista la possibilità di intimare alle società di revisione di non avvalersi, per un periodo massimo di due anni, dei responsabili di specifici lavori di revisione cui siano ascrivibili gravi irregolarità riscontrate nello svolgimento di tali lavori. Il Ministero della Giustizia ha invece competenza sui Revisori Contabili iscritti nell'apposito Registro sui quali vigila la Commissione Centrale per i Revisori Contabili.

Si ricorda inoltre che nell'ambito dell'attività di revisione contabile nei confronti degli emittenti quotati il TUF prevede che i revisori debbano informare senza indugio la Consob qualora riscontrino fatti ritenuti censurabili (art.155 TUF), ciò che offre alla Consob la possibilità di un intervento tempestivo a fronte di situazioni anomale.

Operativamente ciò comporta che in presenza di criticità su aspetti contabili dei bilanci degli emittenti quotati la Consob possa aprire istruttorie anche sul fronte degli organi di controllo, per verificarne l'operato.

Occorre compiere sforzi ulteriori per garantire la messa a punto di un meccanismo sistematico di controllo della qualità applicabile a tutti i lavori di revisione con frequenza periodica.

4.4 Orientamenti a livello internazionale

a) Unione Europea

Nel novembre 2000 la Commissione Europea ha emanato una raccomandazione agli Stati membri avente ad oggetto l'attuazione di sistemi di controllo della qualità, quale strumento fondamentale della professione per garantire a tutti i soggetti interessati ed ai "regulators" che la revisione è stata condotta secondo gli standards tecnici ed etici.

Nel documento si prevede che anche i "regulators" e le autorità di controllo interessate possano intervenire svolgendo un ruolo nell'ambito di tali sistemi. Inoltre, si afferma che i sistemi di controllo della qualità devono avere un'adeguata supervisione pubblica, attraverso la partecipazione di persone per la maggior parte estranee alla professione.

Ogni Stato Membro potrà organizzare diversamente tale funzione di supervisione pubblica, tenendo conto delle strutture di supervisione già esistenti e dell'importanza del monitoraggio nell'ambito di settori specifici (quale ad esempio quello degli emittenti quotati).

Gli aspetti su cui la supervisione pubblica dovrebbe incentrarsi sono:

1) il controllo delle modalità attraverso le quali il sistema viene gestito;

2) la valutazione dei risultati;

3) l'approvazione della comunicazione al pubblico dei risultati del controllo di qualità.

La Commissione Europea verificherà il grado di adesione a tale raccomandazione da parte dei singoli Stati membri entro tre anni dalla sua emanazione valutando, se del caso, l'opportunità di intervenire con uno strumento legislativo diverso.

b) La Professione Contabile Internazionale (IFAC)

Prima che esplodesse lo scandalo Enron, l'IFAC (International Federation of Accountants), organo di rappresentanza internazionale della professione, aveva predisposto una bozza di documento che prevedeva per i lavori di revisione transnazionali l'organizzazione di un sistema di controllo della qualità attraverso lo stesso meccanismo della peer review, riproducendo sostanzialmente a livello internazionale il sistema di autoregolamentazione attualmente vigente negli USA.

Non è noto allo stato attuale quale orientamento la professione intenderà adottare nei prossimi mesi a seguito della vicenda Enron.

* * *

Astraendo dal caso di specie e in via assolutamente generale, quanto accaduto va analizzato tenendo conto, da un lato, dei limiti fisiologicamente rintracciabili nel processo di revisione (si pensi ad esempio che l'attività si svolge in gran parte attraverso verifiche a campione), dall'altro, delle difficoltà che possono caratterizzare lo svolgimento di specifici lavori in presenza di situazioni di non completatrasparenza, ovvero addirittura di frode, da parte del management.

Ciò non esime tuttavia il revisore dallo svolgimento del proprio compito nel rispetto dei principi etici e tecnici che disciplinano questa delicata funzione. Ci si riferisce in particolare all'obiettività, all'integrità e all'indipendenza del revisore e alla sua competenza tecnica nello svolgimento della propria attività.

 

5. Il ruolo degli analisti finanziari.

5.1 Problemi generali

Gli intermediari che producono studi su società quotate, in ragione della loro polifunzionalità, sono soggetti al rischio di trovarsi in conflitto di interessi. Ciò, a livello di singolo intermediario, è essenzialmente dovuto al contemporaneo svolgimento, in aggiunta a quella di produzione degli studi, di almeno un'altra tra le seguenti funzioni:

a. attività di investment banking;

b. prestatore dei (tradizionali) servizi di commercial banking;

c. broker;

d. emittente di strumenti derivati (i.e. covered warrants) aventi come sottostante i titoli della società oggetto dello studio.

I problemi generati dalla polifunzionalità degli intermediari possono essere acuiti quando (come avviene in Italia) tra più intermediari anche di diversa natura (banche, imprese assicurative, SIM e SGR) esistono rapporti di gruppo (in un gruppo polifunzionale) composto, in tutto o in parte, da intermediari specializzati che, singolarmente presi sembrerebbero immuni dalle problematiche dei conflitti di interesse.

Nella contrapposizione dei diversi interessi in gioco, occorre sottolineare come quelli degli acquirenti degli studi siano, di norma, destinati ad essere soccombenti poiché la prestazione della attività di ricerca genera (almeno direttamente) un minor volume di entrate rispetto alle altre.

5.2 Il caso Enron

Questi conflitti di interesse e i problemi che essi sollevano, hanno trovato una significativa esemplificazione nel "caso Enron". In questa vicenda, infatti, alcuni primari operatori internazionali si sono trovati ad essere pesantemente esposti nei confronti della società (per la sola JP Morgan si parla di oltre 2,6 miliardi di dollari), alla quale erano legati anche da altri (remunerativi) rapporti, quali il collocamento di titoli, che li vedevano organizzare e gestire consorzi di credito (si pensi alle iniziative legali anticipate da UniCredit per le modalità con cui ritiene di essere stata coinvolta in una syndacation promossa sempre da JP Morgan). Questi stessi operatori, hanno continuato a produrre studi sulla società, lasciando immutato il giudizio (positivo) sulle sue prospettive di crescita anche quando essi (e non il mercato) erano a conoscenza, proprio per l'esistenza degli altri legami di investment/commercial banking di elementi che avrebbero dovuto indurre a cambiare il giudizio.

Questa vicenda ancora una volta ha dimostrato come le cosiddette "muraglie cinesi" (ovvero le "rigide" separazioni fra i diversi settori di un medesimo intermediario) non sono sufficienti a prevenire l'insorgere di questi conflitti poiché esse non resistono alle pressioni (interne) generate dalle prospettive di ingenti guadagni. Si tratta di problematiche a cui il nostro mercato non è estraneo: i troppi "Buy", l'assenza di studi "negativi", l'uniformità dei giudizi, la difficoltà e la lentezza con cui essi mutano lo dimostrano.

5.3 Gli Stati Uniti

Negli Stati Uniti il controllo sull'attività di produzione degli studi è stata, sino ad oggi, essenzialmente rimessa all'autoregolamentazione. Tale approccio si è manifestato poco efficace. L'analisi critica dell'operato degli analisti finanziari, iniziata con lo sgonfiarsi della bolla dei titoli tecnologici, ha portato, anche sull'onda della vicenda Enron, l'associazione dei broker americani NASD a proporre, la scorsa settimana, alcune nuove e più penetranti regole di condotta per gli analisti, essenzialmente finalizzate a prevenire e a rendere trasparenti al mercato le situazioni di conflitto di interessi.

Anche le autorità statali hanno iniziato ad esaminare l'opportunità di dettare una regolamentazione dell'industria, convinte del fatto che settori così critici non possano essere efficacemente presidiati in via esclusiva da norme di autoregolamentazione. La recente iniziativa del NASD si caratterizza in particolare, per la previsione di pesanti sanzioni nel caso di l'inosservanza di regole di condotta L'autoregolamentazione diverrebbe così una prassi che, in alcuni casi, può arrivare a sostituirsi alla regolamentazione imposta "dall'esterno" ma che, in altri, la affianca e la integra, dettagliandola con il necessario tecnicismo che può essere proprio solo degli operatori.

5.4 L'Italia

L'esperienza e la prassi di autoregolamentazione del nostro mercato sono ancora deboli. L'impossibilità che esistano muraglie cinesi efficaci nel contrastare le pressioni interne agli intermediari, unitamente al perdurare dell'assenza di pur auspicate forme di autoregolamentazione, hanno portato la Consob ad intervenire sulla materia nell'ambito dei poteri che le sono attribuiti.

Tali poteri, sono imperfettamente disegnati: la figura dell'analista finanziario non è specificatamente prevista (le prescrizioni riguardanti tali soggetti devono, pertanto, essere indirizzate agli intermediari per i quali essi lavorano); scarsi sono i poteri di indirizzo nelle scelte organizzative degli intermediari che, invece, rappresentano quell'area "grigia" nella quale possono svilupparsi i conflitti di interessi.

Si è trattato di un intervento per certi versi invasivo, che, come tale, non è stato esente da critiche. E' stato imposto l'obbligo di rendere pubbliche, dettagliandole e motivandole, le situazioni di potenziale conflitto di interessi. E' stato previsto che, decorso un certo periodo di tempo, gli studi siano resi di pubblico dominio, per dare a tutti gli attori del mercato la possibilità di verificare se vi sia stata congruità tra quanto suggerito alla clientela (attraverso le previsioni e le raccomandazioni contenute negli studi) e l'attività degli intermediari. Si è raccomandata l'adozione di comportamenti, modalità di distribuzione e di redazione degli studi tesi a rendere più trasparenti gli interessi sottostanti e, contemporaneamente, a rendere più difficile un uso "distorto" delle informazioni.

Si tratta di scelte "forti", rese necessarie dalla non irrilevante diffusione di alcuni comportamenti che, se non scorretti, certo non potevano essere definiti rispettosi dell'etica del mercato. La rapidità con cui certi problemi sono stati individuati e affrontati, anticipando largamente (in termini temporali e contenutistici) le regolamentazioni che oggi iniziano ad essere dettate in altri Paesi, ha fatto sì che alcune delle scelte operate abbiano, per certi versi, penalizzato l'industria italiana di produzione degli studi. Infatti, ai concorrenti stranieri certi adempimenti non possono essere imposti.

5.5 Iniziative internazionali

La comune percezione della rilevanza del fenomeno studi, l'eco derivante da alcune gravi crisi finanziarie, la comprensione che in una realtà nella quale le informazioni possono essere liberamente prodotte e diffuse da qualsiasi parte del mondo è necessario coordinare gli interventi regolamentari per evitare pericolosi fenomeni di arbitraggio normativo hanno spinto la IOSCO a dar vita ad un gruppo di lavoro finalizzato alla produzione di principi guida comuni cui dovrà attenersi la regolamentazione della produzione e diffusione degli studi degli analisti finanziari e della disclosure delle situazioni di conflitto di interessi sottostanti allo svolgimento di tale attività

La Consob partecipa a questa iniziativa, apportando la propria esperienza, con l'intento di veder ridotto, attraverso la comune adozione delle stesse regole, l'eventuale svantaggio che la scelta di aver perseguito una maggiore trasparenza dei comportamenti e delle situazioni può aver comportato per i nostri intermediari .

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note:

1. Una note receivable è assimilabile ad un pagherò cambiario o ad una cambiale attiva che per il beneficiario (cioè Enron) rappresenta un credito da riscuotere.

2. Cfr. audizione di R.K. Henderman, Chief Accountants della SEC, del 12 dicembre 2001 al parlamento USA.