Università degli Studi di Milano
CAPITAL MARKETS INTEGRATION
AND
INVESTOR PROTECTION IN EUROPE
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LA NUOVA REGOLAMENTAZIONE COMUNITARIA
IN MATERIA DI MERCATI FINANZIARI
intervento del dott. Claudio Salini
Milano, 12 Novembre 2004
Introduzione
Le caratteristiche dei mercati, degli operatori e dei prodotti finanziari negoziati sono notevolmente cambiate rispetto al mondo delineato e preso quale punto di riferimento nella Direttiva sui servizi d'investimento del 1993.
Il monopolio di fatto dei mercati regolamentati è venuto meno. La competizione tra i sistemi di negoziazione coinvolge trading venues diverse, soggette, anche in ragione delle loro diverse caratteristiche, a regimi regolamentari differenti. I mercati regolamentati hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, assunto la forma di società for profit, perdendo la loro tradizionale natura mutualistica e adottando nuove strategie di crescita interna ed esterna. L'esecuzione delle negoziazioni è garantita, anche nei mercati cash, dalle controparti centrali o da altri sistemi di garanzia. L'accesso ai mercati si sta aprendo a nuove categorie di soggetti (non solo intermediari) e si affermano modalità e strategie operative in continua evoluzione.
Sono mutate le esigenze informative degli investitori e nuove fonti e canali informativi stanno emergendo sia nell'area della diffusione delle informazioni price sensitive che dell'informazione "derivata" sui prodotti. In aggiunta, il numero e la diversificazione di questi ultimi sono soggetti a continui incrementi.
Scopo della presente nota è quello di analizzare in che modo le nuove Direttive europee in materia di mercati degli strumenti finanziari e di informazione societaria tengono conto di questi cambiamenti, di identificare le aree e le problematiche tuttora lasciate aperte nonché di fornire alcune indicazioni preliminari sui compiti e le responsabilità dei regulator e dei diversi attori sul mercato, imposti dalle Direttive ovvero necessari per fronteggiare le nuove sfide indotte dal cambiamento.
Benché gli effetti di tale interazione coinvolgano una pluralità di aspetti legati ai processi di intermediazione finanziaria e di funzionamento dei mercati, gli elementi che, soprattutto nella realtà italiana, assumono una rilevanza particolare, per la portata innovativa e per la complessità delle questioni sollevate, riguardano lo sviluppo e la competizione tra trading venues e l'evoluzione dell'informazione societaria
Lo sviluppo e la competizione fra trading venues
La concorrenza tra diverse piattaforme e sistemi di negoziazione (trading venues) è considerata un elemento che può contribuire ad aumentare l'efficienza del mercato soprattutto attraverso una possibile riduzione dei costi di negoziazione. D'altra parte, la frammentazione degli scambi tra più trading venues ha un sostanziale impatto sul processo di formazione dei prezzi e sul loro valore segnaletico, con possibili effetti sul grado di liquidità del mercato e dei singoli titoli.
E' anche vero che le trading venues hanno caratteristiche diverse ed operano in regimi regolamentari diversi. In tale ottica, un approccio basato sul principio "one size fits all", che preveda le stesse regole per sistemi diversi, appare inappropriato. Tale aspetto, adeguatamente riconosciuto dalle Direttive, non deve tuttavia portare ad una sottovalutazione dei rischi di arbitraggi regolamentari che possono derivare da una disomogeneità sostanziale dei livelli di trasparenza e di correttezza dei comportamenti.
La frammentazione rappresenta un fenomeno nuovo per i mercati europei e le esperienze di altri paesi quali gli Stati Uniti si basano su presupposti e condizioni di fondo troppo diverse dalle nostre per fornire indicazioni facilmente traducibili nella realtà europea.
In tale quadro, gli obiettivi della regolamentazione sono quelli di assumere un level playing field e un livello adeguato di trasparenza delle negoziazioni per assicurare l'equità e l'efficienza dei mercati e, in particolare, la liquidità e la qualità del processo di formazione dei prezzi(1).
I nodi cruciali meritevoli di attenta ed adeguata considerazione riguardano:
(a) le esenzioni agli obblighi di trasparenza per le negoziazioni su azioni;
(b) il consolidamento delle informazioni;
(c) la disciplina dei mercati regolamentati e dei Multilateral Trading Facilities (MTF);
(d) il comportamento degli intermediari sui mercati;
(e) il regime di trasparenza per le obbligazioni.
(a) Le esenzioni agli obblighi di trasparenza per le negoziazioni su azioni
La Direttiva sui Mercati di strumenti finanziari (MIFID) ridisegna le regole di trasparenza sugli scambi azionari con riferimento ad un concetto "integrato" di mercato, dato dall'insieme di borse, MTF e internalizzatori, seguendo un approccio funzionale.
Il cambio di prospettiva rispetto alla ISD1 è duplice. In primo luogo il dibattito si sposta in maniera decisa sulla trasparenza pre-trade; in secondo luogo si tiene conto esplicitamente dei "costi" per gli intermediari di una trasparenza eccessiva.
In un quadro di mercati concentrati e scarso sviluppo di MTF su azioni, il dibattito regolamentare scaturito dalla ISD1 si era concentrato prevalentemente sulla trasparenza post-trade. Nei mercati anglosassoni, caratterizzati dall'assenza di obblighi di concentrazione, sono state definite regole di diffusione delle operazioni sui contratti conclusi, mentre è stato sempre "tollerato" che i market maker (anche se membri delle borse) potessero migliorare le quotazioni rispetto ai prezzi esposti, sulla base di contatti per via telefonica. Non vi erano, quindi, regole di trasparenza pre-trade rigidamente parametrate alla dimensione degli ordini.
Nell'affrontare il problema - assai più complesso - di definire un quadro armonizzato sulla trasparenza pre-trade, la MIFID ha dovuto inevitabilmente affrontare la questione relativa alla ricerca di un "giusto" equilibrio fra trasparenza e liquidità del mercato e fra trasparenza e incentivi economici degli intermediari. La complessità del problema deriva dalla presenza di aspetti controversi sul piano teorico (quali l'effettiva esistenza o rilevanza di un trade off fra trasparenza e liquidità) e dalla mancanza, soprattutto nell'esperienza operativa dei mercati dell'Europa continentale, di evidenze empiriche conclusive circa gli effetti di una minore trasparenza sulla liquidità e sullo sviluppo dei mercati.
Nel concreto, tale problema viene affrontato soprattutto attraverso l'individuazione delle operazioni che possono beneficiare di una deroga al regime di trasparenza, in funzione essenzialmente della loro dimensione e (di conseguenza) della tipologia di investitore controparte (retail o professionale). La ratio è sostanzialmente quella di limitare il rischio di mercato per gli intermediari che fanno market making per importi rilevanti (o con "operatori informati") e che dovrebbero contribuire alla liquidità del mercato, tenuto conto tuttavia che tale operatività sfrutta in qualche modo le informazioni generate dal processo di price discovery che ha luogo in altre trading venues.
In linea di principio, l'esigenza di limitare i rischi affrontati dagli operatori che danno liquidità al mercato operando in conto proprio è pacifica ed è stata gestita negli ordinamenti dei principali paesi attraverso regole di trasparenza speciali per i cosiddetti "blocchi". La questione diviene più controversa quando si tratta di definire nel concreto la soglia al di sopra della quale un ordine o una transazione deve essere considerata di dimensioni "elevate se raffrontate con la normale operatività del mercato" (artt. 29 e 30 MIFID) .
Nell'impostazione della MIFID, la determinazione della soglia dei "blocchi" riveste nuova e strategica importanza poiché, oltre a definire l'area di esenzione per l'informativa post-trade, come già accadeva in passato, impatterà anche sugli obblighi di trasparenza pre-trade applicabili alle imprese di investimento e ai sistemi multilaterali di negoziazione. La definizione della soglia per i blocchi influirà infatti sulla determinazione della cosiddetta standard market size (SMS), assunta quale punto di riferimento ai fini del disegno degli obblighi di trasparenza degli internalizzatori. In particolare, più alta la soglia dei quantitativi che costituiscono blocco, più alta la soglia della SMS, e più ampio, pertanto, il regime di trasparenza cui sono soggette le operazioni concluse fuori mercato dagli internalizzatori sistematici. Il regime di trasparenza al quale gli internalizzatori sistematici devono sottostare trova applicazione esclusivamente in relazione a ordini di importo non superiore alla SMS e solo in relazione ad azioni liquide.
Viene, infine, codificato e disciplinato il modus operandi prima "tollerato" del price improvement: l'internalizzatore ha la facoltà di applicare condizioni di prezzo migliori rispetto a quelle pubblicizzate solo: 1) nei confronti della propria clientela professionale; 2) per ordini di importo superiore a quelli abitualmente (customarily) eseguiti per conto di clienti non professionali; 3) a condizioni di prezzo che non si discostano da limiti preventivamente resi noti al mercato. Gli internalizzatori non possono dunque praticare ai clienti non professionali condizioni di prezzo migliori rispetto a quelle pubblicizzate.
Rimangono ancora alcuni problemi pratici e definitori per determinare l'area dell'esenzione dagli obblighi di trasparenza: l'art. 27 della MIFID dispone letteralmente che la SMS sia determinata tenendo conto del valore medio degli "ordini eseguiti" sul mercato. L'utilizzo del valore delle "transazioni" - oltre ad essere contrario al dettato letterale della Direttiva - comporterebbe la determinazione della SMS a livelli inferiori rispetto a quelli che sarebbero invece determinati utilizzando il valore degli ordini eseguiti, con conseguente diminuzione del livello di trasparenza dei mercati(2).
I problemi aperti
I regulator si trovano nelle condizioni di dover prendere decisioni non facili nel disegno delle deroghe al regime di trasparenza, che tengano conto dei costi e dei benefici associati ad un determinato regime e delle caratteristiche dei mercati e del sistema finanziario domestico in un'ottica di massimizzazione della qualità del processo di formazione dei prezzi e di minimizzazione del rischio di arbitraggi regolamentari.
La concreta realizzazione di un principio di carattere generale come quello del level playing field incontra nella realtà del disegno delle regole di implementazione vincoli importanti e difficoltà legate alla diversità dei contesti nazionali di riferimento.
Di sicuro aiuto, soprattutto laddove manca l'esperienza necessaria all'individuazione ex-ante del regime adeguato, appare la disponibilità di regole in certa misura flessibili che, dallo sfruttamento delle sinergie fra regolamentazione di mercato e vigilanza dello stesso, consentano di addivenire ad un regime di trasparenza quale risultato di un processo iterativo.
(b) Il consolidamento delle informazioni
In un mercato centralizzato, vi è un unico set di meccanismi e regole di trasparenza cosicché il patrimonio informativo tende ad essere strutturalmente integrato e omogeneo. Allorché nuove piattaforme di negoziazione emergono, la situazione cambia. Il consolidamento delle informazioni appare necessario e la MIFID esplicitamente riconosce, ai fini di una concorrenza leale e di mercati efficienti e trasparenti, l'esigenza di partecipanti al mercato ed investitori di raffrontare i prezzi che le diverse sedi di negoziazione sono tenute a rendere pubblici.
La MIFID peraltro, pur riconoscendo l'importanza di un'efficace sistema di consolidamento delle informazioni, lascia la sua implementazione alle autonome forze del mercato. Perché ciò si realizzi, ovvero si affermino soggetti in grado di fornire adeguati livelli qualitativi e quantitativi del servizio di consolidamento delle informazioni, occorre garantire alcune condizioni di base.
Un primo elemento risiede nella definizione dei presupposti necessari a che l'informazione sia consolidabile. Il problema è chiaramente sollevato nella MIFID che, a tal fine, raccomanda agli Stati membri di eliminare gli ostacoli che possono impedire il consolidamento delle informazioni e rinviato per la sua concreta risoluzione alle misure di secondo livello. E' presumibilmente in tale contesto che anche la coerenza ed omogeneità delle informazioni sulle negoziazioni diffuse al mercato (ad esempio, la considerazione o meno dei costi del post-trading) dovrebbe trovare una soluzione.
Un secondo elemento di carattere generale deriva dalla difficoltà di garantire un equilibrio competitivo nella fornitura di un servizio di interesse pubblico strutturalmente esposto al rischio di situazioni monopolistiche, o di livelli sub ottimali nell'offerta del servizio, incompatibili con la predisposizione di un flusso informativo efficiente ed equo.
Le questioni aperte
La mancanza di esperienza e di validi punti di riferimento nel quadro della frammentazione dei mercati per le azioni e delle caratteristiche dei mercati obbligazionari per lo più OTC impone l'adozione a livello domestico ed europeo di regole flessibili che tuttavia consentano di addivenire in tempi ragionevolmente brevi ad una conoscenza degli elementi essenziali utili alla revisione ovvero alla predisposizione di un regime regolamentare adeguato.
(c) La disciplina dei mercati regolamentati e degli MTF
La direttiva MIFID nel disegnare il quadro regolamentare applicabile ai mercati regolamentati e agli MTF si ispira ad un approccio funzionale e alla definizione di principi generali, che in molti casi non prevedono una normazione secondaria di dettaglio.
La direttiva assume che la funzione economica di base svolta dai mercati regolamentati e dagli MTF è fondamentalmente la stessa. Ciò si desume sia dal fatto che la definizione di mercato regolamentato coincide con quella di MTF (art.4, comma 1), sia dal considerando n.6 alla direttiva in cui si riconosce che "entrambi esplicano la stessa funzione di negoziazione organizzata". A fronte dunque di una funzione economica simile, la direttiva si sforza di disegnare un quadro regolamentare il più possibile omogeneo.
Il level playing field fra mercati regolamentati e MTF è realizzato in termini di enunciazione di regole piuttosto generali, il cui grado di prescrittività potrà essere variato fra mercati regolamentati e MTF dai singoli Stati membri.
Da questo punto di vista l'area più rilevante riguarda la definizione dei requisiti organizzativi, delle regole di gestione dei rischi e dei conflitti di interesse. Le regole applicabili ai mercati regolamentati e agli MTF sono ispirate all'obiettivo di garantire una "sana e prudente gestione". Non essendo previste norme di livello 2, gli Stati membri avranno notevoli margini di discrezionalità.
E' da tenere presente, tuttavia, che la MIFID assegna ai mercati regolamentati un compito specifico e complesso, dato dall'obbligo di verificare il rispetto delle regole di trasparenza iniziali, periodiche e ad hoc fissate in altre direttive appunto per i soli strumenti ammessi in mercati regolamentati. Questa specificità dei mercati regolamentati dovrà necessariamente tradursi in requisiti di organizzazione più articolati e prescrittivi.
Anche sul fronte della micro-struttura del mercato, la Direttiva non va oltre l'identificazione degli "obiettivi finali" della regolamentazione (garantire una negoziazione "equa ed efficiente" per gli MTF ovvero "corretta e ordinata" per i mercati regolamentati), ponendo come vincolo l'obbligo per i mercati di fissare regole non discriminatorie e trasparenti(3). Un livello di armonizzazione più di dettaglio si rinviene solo con riguardo alle norme minimali di trasparenza pre- e post-trade e solo con riferimento agli strumenti azionari. Tali norme minimali sono perfettamente allineate e la Direttiva prevede che anche le norme di livello 2 - che disciplineranno i casi di esenzione - debbano essere tendenzialmente omogenee.
Si tratta, tuttavia, di valutare fino a che punto, in futuro, tali previsioni potranno avere un effettivo rilievo pratico. Se, infatti, l'esperienza europea mostra che gli MTF si sono concentrati prevalentemente su strumenti diversi dalle azioni (obbligazioni e titoli di stato), non è escluso che in prospettiva, e soprattutto in presenza di un quadro regolamentare più chiaro e armonizzato, vi sia una competizione maggiore fra mercati regolamentati e MTF anche sul fronte degli strumenti azionari.
I problemi aperti
La Direttiva apre alla competizione regolamentare fra paesi e, all'interno di ogni paese, fra diversi modelli di organizzazione dell'attività (mercati regolamentati e MTF). Il rischio della competizione fra sistemi è teoricamente quello di una race to bottom: il paese che dovesse optare per un regime meno prescrittivo - o che riducesse eccessivamente la distanza regolamentare fra mercati regolamentati e MTF - potrebbe attrarre gli investimenti degli intermediari e delle borse di altri Stati membri (al pari di quanto accade per le obbligazioni quotate in Lussemburgo).
Il problema, inoltre, si sposta dalla regole alla vigilanza/enforcement. I regulator possono anche abbassare i requisiti "formali" per i mercati (requisiti di onorabilità e professionalità, requisiti di capitale, attività accessorie, etc.) e le modalità/tempi di autorizzazione iniziale, ma insistere molto sugli aspetti sostanziali e di funzionamento on going del mercato (qualità del processo di formazione dei prezzi - gestione delle sospensioni, delisting, etc. - segnalazione delle operazioni sospette, sanzioni ai membri) e fare enforcement sulle regole di condotta degli intermediati membri e degli emittenti (rispetto delle regole sull'informativa price sensitive, etc.).
(d) Gli Intermediari e l'accesso al mercato
La MIFID fornisce una disciplina adeguata dell'accesso remoto e allarga l'accesso ai mercati a soggetti anche diversi dagli intermediari.
Due trend assumono particolare rilevanza: da un lato, il processo di concentrazione degli intermediari e, dall'altro, le accresciute possibilità di accedere direttamente al mercato con il conseguente aumento degli operatori attivi. Tali tendenze, unitamente al venir meno del ruolo di centralità dei mercati (peraltro prospettico e lungi dall'essere un dato di fatto per le azioni), rendono certamente più gravoso il compito di assicurare l'integrità di mercato e la tutela dell'investitore alla base delle Direttive MIFID e sugli abusi di mercato.
Con il venir meno della centralità dei mercati, particolare attenzione va prestata al rischio che, in ragione della maggiore sostituibilità fra trading venues, si riduca l'interesse degli intermediari a preservare l'integrità del mercato. Ad accentuare tale rischio vi è poi il fatto che la sopravvivenza degli operatori indipendenti è messa in pericolo a seguito della progressiva riduzione dei margini di redditività dell'attività di negoziazione in conto terzi.
Inoltre, particolare attenzione dovrà essere posta anche all'operatività in conto proprio degli intermediari/internalizzatori. E' in tal caso piuttosto evidente la situazione implicita di conflitto di interessi con potenziali ricadute non solo sui singoli clienti dell'intermediario ma anche sul mercato nel suo complesso considerato che gli internalizzatori possono avere, in determinate circostanze, un interesse a porre in essere sistemi di negoziazione meno efficienti e caratterizzati da bid-ask spread più ampi.
Le questioni aperte
Con esplicito riguardo ai rischi e alle sfide poste dalla frammentazione e legati ai comportamenti degli intermediari, vanno certamente guardate con favore:
- le norme che obbligano gli intermediari a farsi parte attiva nella denuncia degli abusi di mercato. In tale contesto, la notifica di operazioni sospette alle Autorità competenti consente agli intermediari di incrementare nel lungo periodo la loro reputazione e comportamenti riluttanti degli intermediari nel breve periodo potrebbero essere gestiti attraverso la fornitura di adeguati incentivi. In aggiunta, la notifica di operazioni sospette rappresenterebbero una fonte informativa di valore quando riferita a transazioni OTC;
- le norme che richiedono l'indicazione delle operazioni "permesse", che a fronte di un maggiore onere inducono certamente una maggiore certezza di comportamento. In tale ambito, ampie e costanti consultazioni fra operatori di mercato ed Autorità giocano un ruolo cruciale per la tempestiva e corretta identificazione di nuove e più complesse strategie di negoziazione;
- la previsione di efficaci sanzioni di natura amministrativa per le condotte di insider trading e manipolazione.
per contro, la regola dell'execution only limita la possibilità degli intermediari di sviluppare filtri appropriati. E' invece possibile e opportuna l'implementazione di appropriate regole procedurali in modo da garantire le condizioni per un'equilibrata competizione fra intermediari indipendenti e intermediari che possono contare sulla domanda di servizi di negoziazione degli investitori istituzionali del gruppo.
(e) Il regime di trasparenza per le negoziazioni di obbligazioni
Il problema di definire un efficace regime di trasparenza per i mercati obbligazionari, che consenta di contemplare l'esigenza di ridurre la strutturale opacità del suo funzionamento con quella di salvaguardarne l'efficienza, resta ancora sostanzialmente aperto.
Lo sviluppo che ha avuto il mercato obbligazionario in questi ultimi anni e le criticità che sono emerse sollecitano peraltro alcune riflessioni in merito alle specifiche caratteristiche che tale mercato sta assumendo. In particolare, occorre attentamente considerare alcuni aspetti evolutivi, adeguatamente riassunti in un recente documento della IOSCO:
- le caratteristiche delle obbligazioni sono estremamente variegate e la loro struttura è diventata più complessa;
- per quanto gli investitori istituzionali appaiono avere un ruolo predominante il ruolo degli investitori retail è sensibilmente aumentato;
- il numero delle emissioni e il valore scambiato sono in aumento anche se con forti oscillazioni;
- la grande maggioranza delle negoziazioni aventi ad oggetto obbligazioni avviene fuori dai mercati regolamentati, anche quando i titoli sono ammessi a negoziazione su un mercato regolamentato;
- la percezione del rischio di credito diventa sempre più importante e diminuisce il legame con i tassi di interesse sul debito pubblico;
- mentre per i titoli negoziati sul mercato i livelli di trasparenza sono da considerarsi soddisfacenti ed in linea con il mercato azionario, per le transazioni sui mercati OTC la trasparenza è molto ridotta.
Dopo un intenso dibattito, la MIFID ha escluso il mercato obbligazionario dal suo campo di applicazione. La MIFID impone requisiti di trasparenza pre e post trade solo in materia di mercato azionario e si riferisce a titoli trattati in almeno un mercato regolamentato. Nulla viene imposto per titoli azionari trattati esclusivamente fuori dai mercati regolamentati; nulla viene imposto per i titoli diversi dalle azioni.
La MIFID prevede peraltro la possibilità per gli Stati membri di prevedere un regime di trasparenza anche agli strumenti finanziari non ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato e agli strumenti finanziari diversi dalle azioni.
A livello domestico, la Consob ha avviato un ' intensa attività di analisi dei Sistemi di Scambi Organizzati, sui quali appare aver luogo una quota importante degli scambi sui titoli obbligazionari.
La dimensione quantitativa delle negoziazioni effettuate e le problematiche evidenziate nel processo di formazione dei prezzi rendono evidente la necessità di seguire con particolare attenzione il fenomeno.
La negoziazione di obbligazioni sui circa 350 sistemi di scambi organizzati presenti in Italia rappresenta un fenomeno di dimensioni rilevante, come già la Consob ha avuto modo di rilevare. I dati rilevati indicano che essi rappresentano un canale importante per l'attività di investimento della clientela retail nei titoli non quotati nei mercati regolamentati italiani.
Si tratta comunque di un fenomeno non omogeneo. La maggior parte degli scambi organizzati è di natura bilaterale, cioè vede il soggetto organizzatore, quasi sempre una banca, come controparte di tutte le operazioni effettuate, ma sono presenti anche alcuni sistemi multilaterali, che cioè offrono una piattaforma di negoziazione dove gli operatori, normalmente clientela retail ma in alcuni casi anche clientela professionale, immettono i loro ordini di acquisto e vendita. Inoltre essi presentano caratteristiche strutturali profondamente diversificati riguardo alla sistematicità delle negoziazioni e alla composizione, all'ampiezza e alla liquidità dei titoli negoziati.
Gli scambi organizzati che presentano un livello minimo di sistematicità delle negoziazioni (che cioè negoziano titoli su cui sono state effettuate almeno 50 contratti per trimestre nel periodo gennaio giugno 2003) sono circa 170. Su questi sistemi sono stati scambiati nel primo semestre di quest'anno circa 6000 titoli, di cui circa la metà costituiti da obbligazioni bancarie, e sono stati effettuati quasi 1 milione e mezzo di contratti, anch'essi concentrati prevalentemente sulle obbligazioni bancarie. Una parte rilevante dei sistemi di scambi organizzati negoziano in realtà solo o prevalentemente titoli bancari: in circa la metà dei sistemi vengono scambiate solo obbligazioni bancarie (prevalentemente emesse dallo stesso gruppo di appartenenza del soggetto organizzatore).
Considerevole è comunque l'attività di negoziazione di obbligazioni societarie: sempre nel primo semestre 2004 i corporate bonds su cui c'è stata un'attività sistematica sono stati oltre 1000, sui quali sono stati conclusi oltre 300 mila contratti.
Un aspetto rilevante da considerare, data la crescente funzione degli scambi organizzati nella negoziazione di strumenti finanziari, riguarda la continuità con la quale vengono negoziati tali strumenti sui sistemi, in quanto solo in presenza di una regolarità di negoziazioni possono essere realizzate condizioni soddisfacenti di liquidità. Dalle rilevazioni effettuate sui primi due trimestri del 2004 risulta che circa il 50% dei titoli negoziati hanno avuto scambi in entrambi i trimestri e che si riscontra una maggiore regolarità di negoziazione per le obbligazioni bancarie mentre le contrattazioni di corporate bonds sembrano presentare un carattere maggiormente episodico.
Le questioni aperte
Nonostante le caratteristiche del mercato obbligazionario siano strutturalmente diverse da quello azionario, certamente si è persa un'occasione importante per ridurre i rischi di arbitraggi regolamentari e rendere anche tale mercato trasparente.
Elementi ricavati dalla concreta osservazione ed analisi dei mercati obbligazionari avrebbero dovuto costituire ragioni almeno sufficienti alla previsione di un regime di trasparenza che, anche se non uguale a quello previsto per le azioni, consentisse di puntare all'acquisizione di maggiori informazioni e, per questa via, ad una maggiore conoscenza del mondo delle obbligazioni.
Partendo dall'analisi del fenomeno della negoziazione di titoli obbligazionari sui sistemi di scambi organizzati, la Consob sta valutando l'opportunità di aumentare gradualmente il livello di trasparenza sull'attività svolta su tali sistemi e sulle modalità di funzionamento e di organizzazione degli stessi .
E' tuttavia anche evidente che la mancanza di inquadramento a livello UE rende più difficile lo sviluppo di una adeguata regolamentazione nazionale.
L'evoluzione dell'informazione societaria
La crescente integrazione dei mercati finanziari e la sempre maggiore articolazione delle modalità e degli strumenti di negoziazione comportano un'evoluzione delle esigenze informative degli operatori del mercato riguardo alla caratteristiche sia degli emittenti che dei prodotti.
A tale riguardo sono da considerare due fenomeni:
- la progressiva "divaricazione" tra le fonti dell'informazione e gli utenti dell'informazione, tradizionalmente convergenti sia in termini di localizzazione geografica (natura prevalentemente domestica degli emittenti e degli investitori), sia di piattaforme di negoziazione (quotazione su un solo mercato sul quale opera la maggior parte degli investitori);
- il moltiplicarsi delle fonti informative rilevanti per il mercato, con lo sviluppo di forme di informazione derivata, con funzione di approfondimento dell'informazione fornita dagli emittenti (legata al ruolo degli analisti che producono studi o giudizi di rating) o di ampliamento e anticipazione degli elementi informativi (legata soprattutto al ruolo dei mezzi di informazione).
L'evoluzione della normativa europea sull'informazione societaria riflette i cambiamenti in atto, con lo scopo di fornire una cornice adeguata alle nuove esigenze e alle potenziali criticità.
La Direttiva sul prospetto si inserisce in tale contesto, favorendo la raccolta di capitali sul mercato europeo attraverso la semplificazione delle procedure e la standardizzazione dei contenuti informativi che devono essere forniti agli investitori in caso di offerte al pubblico e di ammissione a negoziazione. La Direttiva supera le tradizionali distinzioni tra mercato ufficiale e non, attraverso la nozione già presente nell'ordinamento italiano di mercato regolamentato, e sottopone tutte le tipologie di strumenti finanziari alla disciplina comune, eliminando la possibilità di trattamenti differenziati per specifiche categorie di titoli.
Le iniziative legislative europee più innovative con riferimento all'informazione societaria derivano dalla cosiddetta Direttiva transparency e dalla Direttiva sugli abusi di mercato.
Con la prima si intende definire un sistema organico di diffusione di tutta l'informazione societaria, periodica e continua, adeguato all'integrazione dei mercati finanziari europei. Particolarmente importante appare l'enfasi attribuita alla funzione attiva di "spinta" dell'informazione che deve garantire una sua efficace diffusione su scala continentale, indipendentemente dai mercati di negoziazione dell'emittente, contribuendo a rimuovere un importante elemento di segmentazione dei mercati. L'obiettivo è infatti di quello di raggiungere tutti i potenziali investitori consentendo una parità di accesso all'informazione che prescinda dai tradizionali confini nazionali e dalla piattaforme di negoziazione su cui si opera.
E' evidente che si tratta di un obiettivo ambizioso, cui sono chiamate a concorrere le diverse costituencies del mercato, che devono contribuire alla costruzione di un sistema di diffusione delle informazioni efficace e equo. Il quadro disegnato dalla Direttiva a tale riguardo attribuisce un ruolo importante alla competizione tra diversi fornitori di servizi di diffusione dell'informazione, nella consapevolezza che tale competizione possa contribuire all'efficienza e all'arricchimento dei meccanismi di diffusione.
L'attuale situazione italiana presenta elementi positivi: il sistema di diffusione dell'informazione degli emittenti anticipa nelle sue caratteristiche di fondo quanto si va configurando a livello europeo e ha dimostrato di offrire un servizio efficace agli investitori. Sarà però necessaria una sua evoluzione per tener conto dell'esigenza di maggiore apertura alla competizione tra diversi fornitori di servizi e per assicurare una più estesa diffusione delle informazioni su scala continentale, evitando la possibilità di comportamenti monopolistici o comunque di condizionamento delle libere scelte degli emittenti riguardo ai canali e alle modalità di diffusione delle informazioni.
La Direttiva sugli abusi di mercato rappresenta un passo importante nella definizione di un sistema di regolamentazione adeguato all'evoluzione delle caratteristiche e delle fonti dell'informazione rilevante per il mercato. Essa, da un lato, estende il campo di applicazione della Direttiva ad una serie di elementi informativi, quali il directors dealing, le operazioni di buy back e gli studi, diversi rispetto alla tradizionale informazione price sensitive fornita dall'emittente; dall'altro, amplia le categorie di soggetti cui si applicano regole di correttezza di comportamento nelle varie fasi di produzione e trattamento dell'informazione, includendo oltre agli emittenti, le persone che esercitano responsabilità di direzione all'interno di un emittente, gli analisti e le società per le quali essi svolgono tale funzione, i giornalisti.
Anche in questo caso il sistema italiano si trova già parzialmente allineato con la nuova impostazione della Direttiva, grazie ad una serie di obblighi informativi già definiti dalla regolamentazione pubblica o dall'autoregolamentazione della società di gestione del mercato. Occorrerà comunque intervenire per adeguare le attuali previsioni agli standard europei e soprattutto per armonizzare i diversi obblighi informativi all'interno di un sistema coerente ed efficace di diffusione e raccolta organizzata delle informazioni rilevanti.
Le questioni aperte
L'evoluzione quali-quantitativa dell'informazione societaria, sia sul piano dei comportamenti di mercato che delle regole, attribuisce maggiori responsabilità a tutti i soggetti coinvolti nei processi di formazione, diffusione e analisi dell'informazione e alle autorità chiamate a vigilare sulla integrità informativa del mercato.
Per gli emittenti, in presenza di diverse piattaforme di negoziazione e di molteplici fonti informative, diventa estremamente più complesso il compito di assicurare condizioni di completezza e simmetria informativa attraverso il monitoraggio dell'andamento delle quotazioni e dell'eventuale presenza di notizie e rumors con riguardo ai propri titoli. Per quanto riguarda il primo aspetto, interviene a loro supporto l'obbligo, stabilito dalla MIFID, per il gestore di un mercato di informare l'emittente sull'ammissione a negoziazione dei suoi titoli in assenza di una richiesta da parte dell'emittente stesso. Per quanto riguarda il moltiplicarsi delle fonti e dei canali informativi, una efficace implementazione della Direttiva sugli abusi di mercato - con riguardo alle operazioni degli insiders, alle operazioni di buy-back e agli studi - rappresenta la condizione necessaria per la costruzione di un quadro informativo completo, sulla cui coerenza gli emittenti sono chiamati a vigilare e a intervenire per sanare eventuali asimmetrie informative.
Per i produttori di studi e soprattutto per gli intermediari che diffondono tale attività di analisi, oltre ad un puntuale adempimento delle regole di correttezza e di trasparenza dei conflitti di interesse previste dalla Direttiva sugli abusi di mercato, si pone l'opportunità di adottare regole di comportamento finalizzate alla tutela dell'integrità del mercato, secondo le ulteriori indicazioni provenienti dalle migliori pratiche internazionali, rispetto alle quali un preciso benchmark è rappresentato dai principi IOSCO in materia.
Per i regulator si richiede uno sforzo per adattare l'attività di regolamentazione alle nuove esigenze che emergono dall'evoluzione del quadro informativo ma soprattutto un adeguamento della propria attività di vigilanza al fine di garantire il coordinamento delle informazioni e di aumentare la capacità di cogliere e di interpretare i diversi segnali, talora anche contraddittori, che si manifestano in conseguenza dell'arricchimento del patrimonio informativo a disposizione del mercato.
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Conclusioni
Le nuove Direttive appaiono rispondere in modo soddisfacente all'evoluzione dei mercati e, in particolare, allo sviluppo tecnologico, alla maggiore competizione tra trading venues, allo sviluppo di nuove fonti informative e all'allargamento dell'accesso degli operatori ai mercati.
Permangono alcune aree grigie, in termini di assenza di apposita disciplina (quale le regole di trasparenza dei mercati obbligazionari) ovvero di regolamentazioni generiche (quali la differenziazione fra mercati regolamentati ed MTF) che, tuttavia, si auspica possano essere colmate ed approfondite in un prossimo futuro.
Il compito dei regulator si prospetta più difficile: esso deve garantire il buon funzionamento dei mercati e, nel contesto sopra delineato, minimizzare il rischio di disarmonie regolamentari. Il perseguimento di tali obiettivi è certamente reso più difficile dalla presenza di repentini cambiamenti del mercato, di approcci regolamentari e di sorveglianza che continuano a presentare elementi di diversità fra gli Stati membri a fronte della progressiva integrazione dei mercati e dei servizi di intermediazione finanziari.
Le difficoltà insite nella definizione ex ante di un adeguato quadro normativo non può tuttavia costituire una valida motivazione per ritardare gli interventi opportuni, in quanto appare necessario dare certezza di comportamento agli attori sul mercato e consentire agli stessi di effettuare le dovute scelte imprenditoriali.
La necessità di fornire un quadro regolamentare e la difficoltà di individuare approcci univoci impongono di adottare regole che consentano flessibilità e adattabilità affinché esse possano prontamente recepire i cambiamenti.
La predisposizione di adeguate norme regolamentari costituisce solo un primo passo verso la "gestione del cambiamento". La loro corretta ed uniforme applicazione ne costituisce elemento imprescindibile.
La molteplicità di attori coinvolti assegna evidentemente un maggior ruolo alle autorità, in quanto esse si trovano di fatto nelle condizioni di avere una visione completa e d'insieme del sistema. L'ampiezza di tale ruolo dipenderà anche dalle scelte del legislatore nazionale (ad esempio, per l'admission to Listing/trading) e dalle concrete scelte delle forze del mercato (ad esempio, per il consolidamento dell'informazione). Inoltre, in aggiunta allo strumento della regolamentazione, le Autorità possiedono quello dell'attività di sorveglianza che, in presenza di fenomeni nuovi e di comportamenti devianti da parte di entità anche non soggette direttamente alla supervisione, può essere utilmente intensificata.
I soggetti che operano sul mercato hanno probabilmente una capacità ridotta in termini di coordinamento, ma maggiore in termini di contributo di esperienza, in un quadro nel quale risulta più difficile regolamentare ex-ante e dall'alto fenomeni sempre più complessi. Particolarmente importante appare pertanto enfatizzare tali contributi attraverso un uso sistematico della consultazione delle forze di mercato nell'attività di regolamentazione e la valorizzazione delle migliori pratiche di mercato.
In un mondo caratterizzato dalla frammentazione, il rischio risiede nella tendenza a far prevalere interessi singoli e a privilegiare un'ottica di breve periodo. Sarà compito del regulator il predisporre adeguati segnali di allarme e concorrere ad orientare gli incentivi individuali verso gli obiettivi generali di integrità e sviluppo del mercato.
In tale ottica anche gli attori sul mercato non possono limitarsi al rispetto passivo delle regole. Ben vengano, quindi, le norme previste per gli intermediari e per gli emittenti che, pur tenendo conto dei vincoli e delle concrete difficoltà operative, accolgono una visione della vigilanza nella quale essi svolgono un ruolo attivo di segnalazione e conoscenza del mercato.
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Note:
1. Il considerando (44) della MIFID esplicitamente afferma la necessità di "garantire la trasparenza delle operazioni" e di "stabilire regole comuni per la pubblicazione delle informazioni dettagliate sulle operazioni su azioni concluse e sulle possibilità di negoziazione esistenti". Tali scelte hanno "il duplice intento di tutelare gli investitori e garantire il buon funzionamento dei mercati mobiliari" e, in particolare, vogliono consentire agli investitori e ai partecipanti al mercato di valutare in qualunque momento le condizioni di un'operazione su azioni da loro presa in considerazione e verificare a posteriori le condizioni alle quali è stata conclusa. Inoltre, tali regole "rafforzano l'efficacia del processo globale di formazione dei prezzi".
2. La norma, peraltro, corrisponde anche alla finalità della deroga al regime di trasparenza previsto per le transazioni di importo superiore a quello standard. Finalità della norma è quella, infatti, di evitare che l'internalizzatore si trovi esposto nei confronti del mercato per importi non agevolmente negoziabili senza un sostanziale impatto sui prezzi correnti di mercato. Tale valutazione viene effettuata, in base a quanto sostenuto pressoché unanimemente dalla dottrina economica, in relazione all'impatto che avrebbe sui prezzi correnti di mercato un ordine di dimensioni anormali.
3. Per ciò che concerne in particolare: 1) accesso degli intermediari; 2) ammissione degli strumenti; 3) regolamento delle operazioni.