FONDAZIONE ROSSELLI
VI Summit sul sistema finanziario italiano
LA COMPETITIVITA' INDIRETTA NEI RAPPORTI
TRA FINANZA E INDUSTRIA. COMPETIZIONE NELLE REGOLE.
intervento del Dr. Enrico Cervone
Commissario Consob
Bellagio, 7 - 8 ottobre 2004
1. Introduzione
Dai primi anni '80 si assiste in Europa ad una notevole espansione dei mercati finanziari.
Questo è avvenuto anche in Italia ove l'affermazione della cultura del mercato è recente rispetto a molti dei principali paesi economicamente avanzati. La legge bancaria e il diritto societario sono stati entrambi convergenti nel favorire lo sviluppo dell'intermediazione bancaria.
Una sempre più vasta letteratura ha riconosciuto il legame che si instaura tra sviluppo finanziario e crescita economica: una intermediazione più efficiente accresce la quota di risparmio che va a sostegno della produzione e influenza la formazione e la destinazione del risparmio delle famiglie.
Il sistema finanziario in Italia resta banco centrico, ma non è più orientato agli intermediari. Sono state rimosse le normative non coerenti con lo sviluppo dei mercati e sono stati introdotti assetti regolamentari progressivamente innovativi e più attenti alle regole prudenziali, alla trasparenza, all'integrità dei mercati.
La dimensione ed il ruolo del mercato di borsa all'interno del sistema finanziario italiano non hanno seguito lo sviluppo economico del Paese. Il rapporto capitalizzazione/PIL è cresciuto dal 18,4 per cento a fine 1995 al 70,5 per cento a fine 2000, per ridiscendere al 37,6 per cento ad agosto 2004; è tuttavia basso rispetto a Paesi quale la Francia o il Regno Unito (rispettivamente 57 per cento e 119 per cento a fine 2003). Eppure le imprese italiane non sono sottocapitalizzate, ma il capitale non circola nel mercato di borsa. Il capitale di rischio delle imprese non finanziarie italiane, a fine 2002, era pari al 49,4 per cento delle passività, quota superiore a quella della Germania (40,7 per cento) e del Giappone (27,3 per cento) e inferiore, tra i principali paesi, solo a quella del Regno Unito (53,0 per cento) e della Francia (52,9 per cento).
La vera anomalia che caratterizza la Borsa in Italia è di altro tipo ed è rappresentata dal numero estremamente basso di società quotate, anche a confronto con Paesi con economie e tradizioni giuridiche ed istituzionali simili alle nostre. Nel 1907 le società quotate alla Borsa di Milano erano 171. Analizzando il periodo post-bellico, bisogna aspettare il 1986 per osservare un numero di società quotate superiore; oggi sono 276. Sia in Francia che in Germania le società quotate oggi sono circa 850.
Gli spazi di potenziale sviluppo appaiono quindi notevoli, poiché la struttura del sistema industriale e produttivo italiano è notoriamente caratterizzata dalla presenza di un elevato numero di imprese medio-piccole.
E' a tutti noto il contributo determinante che le piccole imprese hanno fornito allo sviluppo della nostra economia negli ultimi decenni. La preoccupazione di mantenere il controllo e la riluttanza alla quotazione rappresentano un risvolto che va superato.
Un ulteriore aspetto va tenuto presente.
In un confronto con gli altri paesi industrializzati, la struttura finanziaria italiana presenta un minore stockdi attività finanziarie totali rispetto a quelle reali. L'indice di interrelazione finanziaria (FIR), dato dal rapporto tra le attività finanziarie e la ricchezza reale del Paese, negli ultimi venti anni, si è pressoché raddoppiato nella media dei 6 principali paesi industriali; esso, tuttavia, nel 2002 era pari a 1,14 per l'Italia e 1,72 per la Germania. Risultava invece pari a 2,22 per gli Stati Uniti e 2,69 per il Regno Unito(1).
Pur considerando la preferenza degli italiani per la ricchezza reale rispetto alle attività finanziarie(2), tuttavia la convergenza del grado di finanziarizzazione verso quello degli altri Paesi industrializzati rappresenta per il mercato una potenzialità di crescita di notevole portata e quindi fattore indipendente di sviluppo economico.
2. Importanza della regolamentazione per la competitività
I professori Bracchi e Masciandaro, nella loro introduzione al Rapporto sul Sistema Finanziario Italiano, inseriscono, tra le variabili del sistema economico, la competitività indiretta, ossia la capacità competitiva dei sistemi di regolamentazione e di vigilanza (concorrenza fra ordinamenti).
In effetti, la regolamentazione può interferire con il grado di concorrenza nel mercato finanziario e di conseguenza limitare la crescita economica. In altre parole, il sistema legale di un Paese può anche risultare determinante sul suo grado di sviluppo finanziario ed economico. Un esempio: la deregulationnel settore bancario che ha avuto luogo negli Stati Uniti tra il 1972 e il 1991 avrebbe comportato, successivamente alla deregolamentazione, un aumento del tasso di crescita del reddito a livello statale tra 0,51 a 1,19 punti percentuali all'anno(3).
Il tema della regolamentazione, e del suo impatto sulla competitività dell'industria finanziaria e delle imprese che fanno ricorso al mercato, viene talvolta affrontato in termini di soli costi: le regole sono avvertite come oneri, vincoli e limitazioni che ridurrebbero la competitività e la crescita di valore delle imprese. Intermediari e imprese sarebbero indotti ad arbitraggi regolamentari e a scegliere quegli ordinamenti che consentono più ampi margini di libertà operativa.
Questo è un atteggiamento poco lungimirante.
Un quadro normativo ben delineato, tale da contrastare efficacemente fenomeni di violazione o elusione, accresce il grado di protezione legale degli investitori, facilita il finanziamento delle imprese, migliora il funzionamento dei mercati finanziari, contribuisce allo sviluppo di un Paese.
La competitività indiretta ha quindi un ruolo non secondario nella creazione di valore da parte delle imprese.
L'introduzione di un sistema di norme omogeneo in Europa, l'ammodernamento di settori del diritto che incidono più direttamente sui fenomeni d'impresa (es. diritto fallimentare), una efficiente riforma degli stessi organismi di supervisione finanziaria sono tutti elementi che possono contribuire ad una architettura di regole più favorevole alla competitività.
La capacità competitiva dei mercati deve quindi misurarsi anche con il tema delle regole. Fondamentali sono le regole volte al rafforzamento dei meccanismi di tutela degli investitori poiché si accresce la fiducia verso le imprese, verso gli intermediari, verso i mercati.
3. Il quadro delle regole del mercato finanziario italiano e le prospettive di riforma
A seguito degli eventi che hanno colpito il mercato finanziario italiano, è stato avviato, anche in sedi istituzionali, un ampio dibattito, tuttora in corso.
Pur nella consapevolezza che i fallimenti di imprese e i reati finanziari costituiscono una componente ineliminabile della realtà dei mercati, il miglioramento del sistema vigente potrà incrementare la capacità di rilevazione dei sintomi, anticipare l'individuazione di situazioni potenziali di instabilità finanziaria delle singole imprese e ridurre in tal modo gli effetti dannosi per i risparmiatori ed il mercato nel suo complesso.
3.1 Emittenti
Le regole del nostro ordinamento per le società che emettono strumenti finanziari quotati sono, essenzialmente, volte a garantire la qualità dell'informazione societaria, allo scopo di fornire agli investitori una rappresentazione corretta e veritiera della situazione finanziaria dell'emittente e di rendere disponibili tutte le informazioni rilevanti che lo riguardano; altre regole mirano poi ad assicurare l'efficacia dei meccanismi di controllo societario, interni ed esterni.
La qualità dell'informativa societaria è la prima, irrinunciabile, condizione per la tutela dei risparmiatori e, più in generale, per il corretto funzionamento del mercato. Compito del sistema di regole, in questo caso, non è tanto di impedire il verificarsi di crisi societarie, pur se la loro prevenzione è dovere di tutti, quanto di dotare il mercato di un'informazione chiara, completa e tempestiva su tutti gli elementi che possono contribuire a fondare le decisioni di investimento.
La qualità dell'informazione societaria è strettamente connessa alla capacità dei meccanismi di controllo, interni ed esterni alla società, di prevenire e ostacolare i fenomeni di falsificazione e occultamento delle informazioni.
La gestione finanziaria, nel quadro complessivo delle attività delle società quotate, sta assumendo un ruolo crescente. La capacità moltiplicativa delle risorse raccolte attraverso una estesa e complessa articolazione di relazioni finanziarie con altre società del gruppo, spesso residenti in centri off-shore,crea, talvolta,situazioni di opacità informativa che potrebbero negativamente incidere sulla qualità dei controlli.
Le recenti crisi societarie hanno evidenziato, poi, una carenza nei meccanismi di controllo endogeni al sistema in presenza di fenomeni fraudolenti, carenza rilevata, in particolare, nel funzionamento del sistema dei filtri, verifica e valutazione delle informazioni che alcune categorie di soggetti sono tenute a fornire. Si tratta di un particolare "fallimento" del mercato, che è stato definito gatekeeper failure(fallimento dei guardiani) in quanto coinvolge i "guardiani" del sistema di informazione societaria che agiscono a vari livelli in varie fasi del rapporto tra imprese e mercati.
Ulteriori aspetti critici hanno riguardato la trasparenza e il grado di affidabilità dell'informativa riferita alle operazioni poste in essere dalle società quotate con parti correlate nonché l'informativa sui prodotti finanziari e le procedure attraverso le quali i prodotti stessi vengono immessi sul mercato.
Su un piano generale, la materia della sollecitazione all'investimento sconta il fatto che l'attuale legislazione non ha ancora definito in modo chiaro e netto una ripartizione delle competenze degli organismi di vigilanza per finalità. Elementi di non coerenza sono riscontrabili nell'esclusione delle obbligazioni bancarie dalla disciplina sollecitatoria e dagli obblighi di prospetto.
La possibilità di emettere obbligazioni corporatead opera di società di gruppo residenti all'estero consente l'elusione dei limiti quantitativi stabiliti dal codice civile. Inoltre, utilizzando lo schema del private placementnei confronti di investitori istituzionali, non trovano applicazione gli adempimenti in materia di sollecitazione all'investimento, primo fra tutti la pubblicazione di un prospetto informativo.
L'adozione del private placementnon ha impedito che i titoli giungessero nei portafogli dei risparmiatori attraverso i servizi di investimento offerti dagli intermediari.
La sintetica analisi dei fenomeni osservati conduce a suggerire le seguenti linee guida per un intervento riformatore.
- Favorire una maggiore dialettica tra le funzioni esecutive e quelle di controllo
Relativamente agli organi di amministrazione e controllo previsti dai diversi modelli societari introdotti dalla riforma del diritto societario, dovrebbe rafforzarsi l'indipendenza delle funzioni di controllo. Due le strade per rafforzare questa indipendenza: da un lato, porre l'accento sulle caratteristiche soggettive delle persone fisiche che svolgono le funzioni di controllo (amministratori non esecutivi e sindaci), dall'altro, favorire un maggiore ruolo degli azionisti di minoranza nella loro designazione ed elezione.
- Rafforzare i poteri e le responsabilità dei soggetti incaricati delle funzioni di controllo
Dovrebbe essere favorito l'uso di efficaci strumenti di indagine e dei poteri di segnalazione nei confronti degli organi di amministrazione e gestione. Inoltre, i soggetti incaricati delle funzioni di controllo dovrebbero essere maggiormente coinvolti nell'attività della società di revisione, assumendo maggiori responsabilità, sia nella fase dell'affidamento dell'incarico di revisione che nel corso del suo svolgimento. In questo senso è orientata anche la normativa comunitaria che prefigura la presenza obbligatoria di un audit committeepresso le società che fanno appello al risparmio diffuso (proposta di direttiva in materia di revisione).
- Migliorare gli standard di qualità e garantire la terzietà dell'attività di revisione
Si dovrebbero potenziare i poteri della vigilanza sulle società di revisione al fine di assicurare, su base continuativa, il rispetto dei requisiti di indipendenza e di correttezza, anche attraverso il ripristino della facoltà di revoca dell'incarico.
Le ipotesi di incompatibilità dovrebbero tener conto anche della rete di imprese cui appartengono le società di revisione. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alle responsabilità della revisione nell'ambito di gruppi di imprese complessi e articolati, assicurando l'unitarietà della responsabilità.
- Rafforzare i controlli e la trasparenza sulle operazioni con parti correlate e sull'uso di società domiciliate nei cosiddetti paradisi fiscali e legali
Si dovrebbe rafforzare la responsabilità degli amministratori e dei soggetti che svolgono funzioni di controllo in merito a operazioni che possono risultare critiche con riguardo agli interessi degli investitori in ragione della natura dei soggetti coinvolti, in quanto parti correlate o società off-shore.
Su tali operazioni dovrebbe essere garantita una adeguata trasparenza che assicuri al mercato informazioni sufficienti per la valutazione dei loro effetti.
- Introdurre un sistema di sanzioni reputazionali e amministrative
Non basta inasprire le sanzioni per chi viola le regole. L'accertamento di condotte illecite dovrebbe essere divulgato e l'effetto dovrebbe durare nel tempo. L'uso di sanzioni interdittive pure presenta un grado elevato di deterrenza.
- Prevedere adeguati standard di correttezza di comportamento per i fornitori di informazione derivata
Si dovrebbe definire una regolamentazione delle attività degli analisti e delle società dirating, in linea con i principi stabiliti dagli organismi internazionali. Si dovrebbero prevedere adeguati requisiti in termini di qualità professionale, di regole di comportamento, di trasparenza delle situazioni di conflitto di interessi.
- Rendere più efficaci i limiti all'emissione di obbligazioni
Si dovrebbe dare rilievo, nella definizione dei limiti quantitativi previsti dall'art. 2412 del c.c., ai debiti derivanti da titoli obbligazionari consolidati a livello di gruppo e alle garanzie fornite dalla capogruppo.
- Limitare la cessione al pubblico di titoli oggetto di collocamento privato
Si dovrebbe evitare che gli strumenti finanziari collocati presso investitori istituzionali, al di fuori delle norme sulla sollecitazione del pubblico risparmio, diventino oggetto di diffuso investimento da parte del pubblico, prevedendo un divieto, per un determinato periodo, di vendita al pubblico di tali strumenti da parte degli investitori istituzionali (il cosiddetto holding period) o prevedendo altre forme di garanzia.
3.2 Intermediari
Una condotta corretta degli intermediari oltre a tutelare l'investitore, favorisce il finanziamento delle imprese sul mercato.
La disciplina dell'intermediazione contenuta nel Testo Unico della finanza del 1998 e nei regolamenti Consob è volta all'attuazione di generali principi di correttezza che tengono conto del carattere fiduciario delle prestazioni richieste agli intermediari:
- l'intermediario deve comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;
- l'intermediario deve acquisire dal cliente le informazioni necessarie per poter valutare l'adeguatezza dei suoi investimenti e per assicurarsi che il cliente sia consapevole dei rischi che assume;
- l'intermediario deve organizzarsi in modo da ridurre al minimo il rischio di conflitto di interessi.
Gli episodi che si sono verificati nel corso del 2003 hanno evidenziato alcune aree critiche che riguardano la correttezza dei comportamenti e l'incidenza dei conflitti di interessi.
E' necessario intervenire con prontezza; è stato talvolta posto in discussione anche il patto di fiducia con la banca.
Un rapporto fiduciario solido tra intermediario e investitore è una premessa indispensabile per indirizzare il risparmio verso le imprese, soprattutto in un Paese ove il preminente numero di piccole imprese e la dimensione della Borsa rendono il finanziamento dell'economia più dipendente dalle banche.
Si dovranno rendere più stringenti i vincoli operativi degli intermediari a tutela degli investitori e recepire i principi elaborati dal Cesr (Committee of European Securities Regulators)in materia di regole di condotta, anche in vista delle prossime attuazioni della nuova direttiva sui servizi di investimento.
Dovrà essere posto l'accento sulle procedure adottate dall'intermediario per garantire il rispetto dei principi e degli obblighi fissati dalla normativa. L'azione della vigilanza dovrà indirizzarsi più che alla ricerca dei singoli casi di comportamenti non corretti, alla attenta verifica della sussistenza dei presupposti organizzativi per il corretto svolgimento dell'intera attività.
4. Conclusioni
I temi sin qui trattati non sono interpretabili in chiave esclusivamente nazionale. I problemi emersi si sono ugualmente presentati in altri Paesi, seppure con connotazioni diverse; essi hanno evidenziato una difficoltà dei sistemi normativi e di funzionamento dei mercati esistenti di governare efficacemente fenomeni finanziari sempre più complessi.
Nella direzione indicata va migliorata la normativa esistente. Gli Stati Uniti hanno prodotto leggi innovative e il dibattito non è affatto concluso.
In Europa si è dato nuovo impulso all'attività di armonizzazione del quadro giuridico. Più di recente, la Commissione ha presentato un piano che coinvolge temi rilevanti quali la revisione contabile, il governo delle imprese, l'operato degli analisti e delle agenzie di ratinge i centri finanziari off-shore.
In Italia si è giunti alla presentazione di numerosi disegni e proposte di legge. La riflessione è stata più ampia che altrove; la revisione del quadro normativo si è estesa sino a proporre una riforma delle Autorità di vigilanza.
Sotto quest'ultimo profilo, va evidenziata la volontà di perseguire un modello di vigilanza per finalità che estenda i controlli di trasparenza da parte della Consob a tutti i prodotti finanziari, da chiunque emessi. Trattare prodotti analoghi con regole diverse rischia di disorientare il mercato.
Quanto meno, sarà opportuno prevedere forme di collaborazione e di coordinamento tra le Autorità di vigilanza volte a eliminare le asimmetrie normative esistenti.
La tutela dei diritti è debole se le leggi di settore sono incomplete, le sanzioni per le violazioni sono lievi o eludibili, le Autorità di vigilanza non hanno strumenti di intervento incisivi e poteri dissuasivi.
La tutela dei diritti è debole se le Autorità di vigilanza non vengono dotate, oltre che dei poteri di enforcement, delle risorse umane necessarie per tutelare quei diritti e se non viene individuato il giusto punto di equilibrio tra l'esigenza della tutela degli investitori e la libertà e l'efficienza dell'azione delle Autorità di vigilanza.
In molti ordinamenti questo è già avvenuto e rafforza l'autorevolezza degli organi di controllo.
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Note:
1.Dati del Servizio Studi della Banca d'Italia.
2.Nel 2002 il rapporto tra la ricchezza reale e il PIL era pari a 6,07 in Italia, 4,78 nel Regno Unito, 4,77 in Germania e 3,88 negli Stati Uniti (dati del Servizio Studi della Banca d'Italia).
3.Caprariis e Guiso, in "Finanza, legge e crescita delle imprese", Ed. Il Sole 24 Ore, 2004.