Convegno annuale Assiom
"Mercati Finanziari, tutela del risparmio e ruolo degli operatori"

Relazione della Prof.ssa Carla Rabitti Bedogni
Commissario Consob

Monastier di Treviso, 22 ottobre 2005

Indice

1. Introduzione

2. La struttura e il funzionamento dei mercati
    2.1 La trasparenza dei mercati
    2.2 Le regole di condotta degli intermediari: best execution ed execution only

3. L'integrità dei mercati e l'informativa societaria
    3.1. I cambiamenti derivanti dal recepimento della direttiva MAD
    3.2 Gli strumenti preventivi per favorire la completezza e la coerenza informativa
    3.3 Le ricerche
    3.4 Le regole comportamentali e organizzative degli operatori nella tutela dell'integrità dei mercati
    3.5 I nuovi poteri di indagine e sanzionatori delle autorità con il recepimento della MAD e lo sviluppo dei sistemi di detection delle anomalie (SAIVIM) 
    3.6 Le sanzioni 
    3.7 La MAD e la responsabilità amministrativa ex d.lg.s 231/01

4. L'integrità informativa in presenza di "tensioni" nella evoluzione degli assetti proprietari e di controllo delle società quotate

5. Conclusioni

* * *

1. Introduzione

Le gravi crisi societarie e i problemi emersi nel rapporto tra mercato e investitori, che si sono verificati negli ultimi anni in Italia come in altri importanti paesi, hanno segnato profondamente il quadro di riferimento all'interno del quale le autorità di vigilanza svolgono la loro funzione di tutela del risparmio. Sono emerse nuove criticità nell'ambito dei sistemi di governo societario, nelle funzioni di controllo, nei rapporti tra intermediari e investitori, nella crescente globalizzazione delle attività delle imprese e della prestazione dei servizi di investimento..

Dalla manifestazione di tali patologie è derivata una crescente domanda di tutela e una diffusa esigenza di ridefinire obiettivi e priorità dell'attività di vigilanza.

La natura globale di gran parte delle problematiche che si sono manifestate con le crisi ha, d'altra parte, fatto emergere una maggiore consapevolezza dell'esigenza di coordinamento internazionale. I problemi emersi sono infatti sempre meno affrontabili nell'ambito di regole e strumenti di enforcement di matrice nazionale e l'accresciuta interdipendenza dei mercati aumenta il rischio di trasmissione dei fenomeni di instabilità. Le iniziative di coordinamento e di cooperazione internazionale si sono infatti notevolmente rafforzate, sia su scala "regionale" che globale, con la finalità di definire standard comuni per l'evoluzione della regolamentazione e della vigilanza sui mercati e di salvaguardare la stabilità finanziaria dell'economia mondiale.

Il sistema finanziario internazionale ha mostrato comunque una notevole capacità di "resistenza" in termini di stabilità complessiva ai vari tipi di shock che si sono manifestati negli ultimi anni.

Gli effetti a breve sono stati contenuti soprattutto grazie allo sviluppo di procedure e pratiche di sorveglianza dei mercati che hanno minimizzato gli effetti "a catena" e di contagio. Alla stabilità finanziaria nel più lungo periodo ha contributo la crescente integrazione internazionale delle attività finanziarie, in quanto la rapidità e l'intensità con la quale i flussi finanziari possono spostarsi tra mercati e tra strumenti diversi ha favorito il prevalere di un effetto di "dispersione" delle tensioni rispetto a quello di diffusione del contagio.

La crescente tendenza verso la globalizzazione dei mercati finanziari sta però mutando profondamente le condizioni di funzionamento dei meccanismi di intermediazione determinando una accentuata competizione tra i sistemi finanziari.

A fronte di una crescita dell'efficienza dei meccanismi allocativi dei flussi finanziari, con la globalizzazione aumentano gli incentivi per gli intermediari a "delocalizzare" le funzioni strategiche su piazze finanziarie che favoriscono il conseguimento di economie di scala e di ottimizzazione dei regimi fiscali e regolamentari. Questa crescente tensione competitiva tra le piazze finanziarie sta comportando un profondo mutamento degli assetti e delle strutture dei settori dell'intermediazione finanziaria, soprattutto con riferimento all'offerta di servizi di intermediazione mobiliare e di gestione del risparmio. Tale tendenza rafforza la spinta alla internazionalizzazione degli intermediari finanziari e apre lo spazio ad arbitraggi regolamentari con possibili effetti negativi sull'efficacia dei sistemi di vigilanza nazionali.

In tale quadro assume una importanza fondamentale il processo di integrazione finanziaria europea che sta vivendo, e vivrà nei prossimi anni, una fase di forte accelerazione in conseguenza del completamento del piano di azione per i servizi finanziari. Il contesto istituzionale nel quale la Consob si è trovata e si troverà ad operare è in misura rilevante determinato dalle decisioni assunte in sede Europea sia per quanto attiene all'assetto normativo e regolamentare sia per quanto attiene alle pratiche di vigilanza.

Le aree su cui più incisivi appaiono gli effetti dell'integrazione europea sono la struttura e il funzionamento dei mercati e, più in generale, le funzioni di intermediazione mobiliare da un lato, l'integrità dei mercati e la trasparenza informativa dall'altro.

2. La struttura e il funzionamento dei mercati

Un elemento che incide profondamente sugli assetti dei sistemi di intermediazione mobiliare è rappresentato dal venire meno della centralità dei mercati tradizionalmente intesi, in conseguenza dell'aprirsi dei sistemi di negoziazione alla competizione tra diverse piattaforme e modalità di negoziazione.

Lo sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche ha favorito infatti una diversificazione delle piattaforme e delle modalità con le quali vengono realizzate le negoziazioni di strumenti finanziari. Il processo è in accelerazione soprattutto in ambito europeo, in conseguenza dell'approccio adottato dalla direttiva sui mercati di strumenti finanziari (Mifid), che favorisce la competizione tra diverse strutture di intermediazione mobiliare, che, a loro volta, vedono affiancarsi ai mercati regolamentati le multilateral trading facilities (MTF) e l'attività di internalizzazione svolta dagli intermediari.

L'apertura dei sistemi di negoziazione alla competizione tra diverse trading venues spinge verso un miglioramento dell'efficienza dei meccanismi di negoziazione attraverso l'introduzione di innovazioni tecnologiche e funzionali e la riduzione dei costi di intermediazione, dovuti anche ad una maggiore concorrenzialità tra le diverse piattaforme. Inoltre, per quanto riguarda le negoziazioni di titoli non quotati sui mercati regolamentati o per i quali sono tradizionalmente prevalse modalità di negoziazioni OTC, si pensi in particolare alle obbligazioni societarie, lo sviluppo di sistemi organizzati di negoziazione favorisce la trasparenza degli scambi e la liquidità del mercato, offrendo modalità efficienti di incontro della domanda e offerta di questi titoli e fornendo informazioni sulle condizioni di realizzazione dei contratti.

La diversificazione delle piattaforme e delle modalità di negoziazione rischia invece di ridurre l'efficienza complessiva del mercato per quanto riguarda i titoli che tradizionalmente erano scambiati in via esclusiva o prevalente sui mercati regolamentati. Per questi titoli, infatti, il venir meno della concentrazione degli scambi su un mercato regolamentato, indipendentemente se questa fosse dipesa da obblighi regolamentari o da prassi di mercato, può comportare una maggiore frammentazione sia delle informazioni che degli scambi, con potenziali effetti negativi sulla liquidità dei mercati e sulla efficienza informativa.

Dall'evoluzione in atto nella diversificazione delle strutture di negoziazione deriva quindi l'esigenza di ridefinire gli strumenti normativi e organizzativi dell'attività di regolazione e vigilanza sull'attività di negoziazione per far sì che gli investitori, in particolare quelli retail, possano beneficiare dei vantaggi derivanti dalla maggiore efficienza e concorrenzialità senza che siano compromessi i loro diritti a ricevere le migliori condizioni possibili in un contesto di completezza e trasparenza informativa adeguate.

Non devono essere sottovalutati i rischi di arbitraggi regolamentari che possono derivare da una disomogeneità sostanziale dei regimi regolamentari, soprattutto in un'area della regolamentazione dei mercati come quella della trasparenza delle negoziazioni, suscettibile di ampio impatto sull'efficienza dei mercati, sul regolare andamento delle negoziazioni e sulla tutela dell'investitore. Tale rischio viene riconosciuto dalla MiFiD ma le norme tecniche di implementazione (Livello II), allo stato all'analisi della Commissione Europea, rappresentano un fattore cruciale e determinante in grado di rendere più o meno efficace l'obiettivo di realizzare un level playing field, nell'ambito del quale le esigenze di trasparenza, equità ed efficienza dei mercati non subiscano "attacchi" ingiustificati.

2.1 La trasparenza dei mercati

Particolare attenzione assumono gli aspetti legati al regime di trasparenza dei mercati e al set informativo che l'impianto normativo della Mifid mette a disposizione degli operatori di mercato e degli investitori, da un lato, per le proprie scelte d'investimento e delle autorità di controllo, dall'altro, per l'esercizio dell'attività di vigilanza.

In Italia, la materia della trasparenza per mercati regolamentati, MTF ed internalizzatori sistematici è oggi presente nel TUF e nel Regolamento Mercati. Per i mercati regolamentati il TUF (art. 62) opera un rinvio al regolamento delle società di gestione dei mercati, che nei fatti prevedono regimi di trasparenza per tutti gli strumenti negoziati, seppure differenziati in ragione delle caratteristiche degli strumenti e della microstruttura del mercato. Per i sistemi di scambi organizzati, che nella realtà italiana rappresentano gli MTF (scambi organizzati multilaterali) e gli internalizzatori (scambi organizzati bilaterali), sono previsti da Regolamento Mercati alcuni obblighi di trasparenza nei confronti di emittenti, operatori e Consob.

La MIFID ridisegna le regole di trasparenza sugli scambi azionari con riferimento ad un concetto "integrato" di mercato, dato dall'insieme di mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione (MTF) ed internalizzatori. In tale contesto, i principali problemi che si pongono sono quelli di assicurare una efficace trasparenza pre-trade che, proprio per la competizione tra diverse trading venues, assume maggiore rilevanza ai fini della tutela degli investitori rispetto alla trasparenza post- trade, e di definire un "giusto" equilibrio fra trasparenza e liquidità del mercato e fra trasparenza e incentivi economici degli intermediari.

Nell'ambito della disciplina della trasparenza per i mercati regolamentati (MR) e per i sistemi multilaterali di negoziazione (MTF), la MiFiD si ispira ad un approccio funzionale. La direttiva assume che la funzione economica di base svolta dalle due trading venues è fondamentalmente la stessa e, in particolare, si riconosce che "entrambi esplicano la stessa funzione di negoziazione organizzata" (Considerando 6). Pertanto l'intensità degli obblighi di trasparenza pre-trade e post-trade e le aree coperte da essi sono analoghe per le due tipologie di sistemi.

In parte diverso è invece il regime di trasparenza previsto dalla Direttiva per le imprese di investimento identificate come internalizzatori sistematici. Per le operazioni realizzate da tali soggetti, la trasparenza pre-trade si limita alle sole operazioni di quantitativo inferiore alla dimensione standard di mercato e che abbiano ad oggetto azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati o azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati per le quali esiste un mercato liquido.

Nella attuazione di tali linee di fondo si presentano alcune scelte – talvolta già effettuate nella direttiva, in altri casi rimesse alla discrezionalità degli Stati membri e, quindi, delle Autorità di mercato – che assumono particolare rilevanza.

Alcune di esse sono in corso di definizione a livello europeo nell'ambito del cosiddetto livello 2. Si tratta, in particolare, delle esenzioni dagli obblighi di trasparenza per le negoziazioni su azioni (c.d "blocchi"), della definizione di internalizzatore sistematico e della individuazione della "retail market size". Altre scelte riguardano aree per le quali gli Stati membri hanno flessibilità di scelta in merito all'eventuale estensione dell'ambito di applicazione degli obblighi di trasparenza.

In generale, l'evoluzione del contesto nel quale gli intermediari negoziatori si troveranno ad operare cambierà radicalmente e l'ambito regolamentare di riferimento, così come delineato nella direttiva, comporterà uno spostamento verso una maggiore opacità. Infatti, la trasparenza pre-trade – considerato dalla stessa direttiva un fattore di unificazione – subisce molte ed importanti eccezioni (titoli liquidi, quantitativi superiori alla dimensione standard del mercato, strumenti diversi dalle azioni ammesse a negoziazione sui mercati regolamentati) e anche le quotazioni espresse dagli internalizzatori sono "ferme" solo a precise condizioni e comunque soggette alla possibilità del price improvement.

Occorre infatti considerare in primo luogo che il regime di trasparenza previsto dalla Direttiva riguarda solo le azioni e, nell'ambito di queste, solo quelle ammesse alle negoziazioni sui mercati regolamentati. Ciò significa che, nell'ambito della direttiva, non vi sono obblighi di trasparenza su strumenti finanziari diversi da queste.

Riguardo alle esenzioni dagli obblighi di trasparenza per le negoziazioni su azioni, da sempre l'esigenza di limitare i rischi affrontati dagli operatori che danno liquidità al mercato operando in conto proprio è stata gestita negli ordinamenti dei principali paesi attraverso regole di trasparenza speciali per i cosiddetti "blocchi", cioè per le transazioni che superano determinate soglie. La concreta individuazione delle soglie assume notevole importanza in quanto determina l'impatto del regime di esenzione sul livello generale di trasparenza e sul processo di formazione dei prezzi.

Inoltre, va considerato che le soglie dei blocchi individuate ai fini della pre-trade rivestono nuova e strategica importanza per la definizione degli obblighi di trasparenza pre-trade applicabili alle imprese di investimento. La definizione della soglia per i blocchi influirà infatti sulla determinazione della cosiddetta standard market size (SMS), assunta quale punto di riferimento ai fini del disegno degli obblighi di trasparenza degli internalizzatori sistematici: più bassa la soglia dei quantitativi che costituiscono blocco, più bassa la soglia della SMS, e più ristretto e meno incisivo, pertanto, il regime di trasparenza cui saranno soggette le operazioni su azioni ammesse a negoziazione sui MR concluse fuori mercato dagli internalizzatori sistematici. Certamente, la decisione della Commissione Europea (cui il CESR ha dovuto adeguarsi) di considerare le transazioni in luogo degli ordini per il calcolo della SMS ha significato un notevole abbassamento del valore sul quale calcolare la media, ovvero la SMS. Quindi, pur prendendo atto ed accettando tale decisione, ci si trova di fronte a soglie della SMS al di sotto di quanto auspicato.

Nella direttiva viene inoltre codificato e disciplinato il modus operandi prima "tollerato" del price improvement. Infatti, nei confronti della clientela professionale, gli internalizzatori sistematici possono praticare condizioni di prezzo migliori rispetto al prezzo quotato al momento in cui ricevono l'ordine "in casi giustificati, a patto che il prezzo rientri in una forbice pubblicata prossima alle condizioni di mercato e gli ordini siano di dimensioni superiori a quelle abitualmente considerate da un investitore al dettaglio". Gli internalizzatori non possono invece praticare ai clienti non professionali condizioni di prezzo migliori rispetto a quelle pubblicizzate.

Tale aspetto riveste carattere cruciale in considerazione del fatto che più ampio è il range di valori delle transazioni per il quale il price improvement è accettato, minore è il grado di "affidabilità" delle quote rese pubbliche dagli internalizzatori sistematici e, quindi, minore è il valore informativo dei prezzi esposti.

La Direttiva introduce inoltre un elemento di flessibilità per gli Stati Membri in relazione alla possibilità offerta di estendere gli obblighi di trasparenza pre e post negoziazione anche a strumenti finanziari diversi dalle azioni (Considerando 46).

Il problema di definire un efficace regime di trasparenza per i mercati obbligazionari, che consenta di contemplare l'esigenza di ridurre la strutturale opacità del suo funzionamento con quella di salvaguardarne l'efficienza, resta ancora sostanzialmente aperto. Lo sviluppo che ha avuto il 12 in merito alle specifiche caratteristiche che tale mercato sta assumendo. In particolare, occorre attentamente considerare alcuni aspetti evolutivi:

Dopo un intenso dibattito, la MiFiD ha escluso il mercato obbligazionario dal suo campo di applicazione e lascia agli Stati membri ogni discrezionalità di provvedervi. La scelta riveste carattere cruciale soprattutto in considerazione dell'impatto che può avere l'adozione isolata (non perseguita anche da altri Stati membri) da parte dell'Italia di un regime di trasparenza, ad esempio, per le obbligazioni. Va anche ricordato come l'Italia, in ambito CESR ma prima ancora per la MiFiD, sia stata fra le sostenitrici dell'estensione degli obblighi di trasparenza pre e post-trade alle obbligazioni (supportata da paesi quali la Spagna e la Francia).

La dimensione quantitativa del fenomeno, le problematiche evidenziate nel processo di formazione dei prezzi rendono evidente la necessità di seguire con particolare attenzione il fenomeno. Nonostante le caratteristiche del mercato obbligazionario siano strutturalmente diverse da quello azionario, certamente si è persa un'occasione importante per ridurre i rischi di arbitraggi regolamentari e rendere anche tale mercato trasparente. Elementi ricavati dalla concreta osservazione ed analisi dei mercati obbligazionari avrebbero dovuto costituire ragioni almeno sufficienti alla previsione di un regime di trasparenza che, anche se non uguale a quello previsto per le azioni, consentisse di puntare all'acquisizione di maggiori informazioni e, per questa via, ad una maggiore conoscenza del mondo delle obbligazioni.

Dopo un intenso dibattito, la MiFiD ha escluso il mercato obbligazionario dal suo campo di applicazione e lascia agli Stati membri ogni discrezionalità di provvedervi. La scelta riveste carattere cruciale soprattutto in considerazione dell'impatto che può avere l'adozione isolata (non perseguita anche da altri Stati membri) da parte dell'Italia di un regime di trasparenza, ad esempio, per le obbligazioni. Va anche ricordato come l'Italia, in ambito CESR ma prima ancora per la MiFiD, sia stata fra le sostenitrici dell'estensione degli obblighi di trasparenza pre e post-trade alle obbligazioni (supportata da paesi quali la Spagna e la Francia).

La scelta che dovrà essere effettuata in ambito nazionale riveste dunque carattere cruciale. Nel disegnare il regime di trasparenza si devono prendere decisioni non facili che tengano conto dei costi e dei benefici associati ad un determinato regime, delle caratteristiche dei mercati e del sistema finanziario domestico in un'ottica di massimizzazione della qualità del processo di formazione dei prezzi e di minimizzazione del rischio di arbitraggi regolamentari. Di sicuro aiuto, soprattutto laddove manca l'esperienza necessaria all'individuazione ex-ante del regime adeguato, appare la disponibilità di regole in certa misura flessibili che, dallo sfruttamento delle sinergie fra regolamentazione di mercato e vigilanza dello stesso, consentano di addivenire ad un regime di trasparenza quale risultato di un processo interattivo.

2.2 Le regole di condotta degli intermediari: best execution ed execution only

Vorrei anche soffermarmi su alcuni aspetti specifici della direttiva Mifid che riguardano l'operatività degli intermediari finanziari.

Le regole di comportamento che gli intermediari del mercato mobiliare sono tenuti ad osservare nei rapporti con gli investitori nell'ambito della prestazione di servizi d'investimento si articolano attualmente nelle seguenti macro aree:

Alle regole di condotta si affiancano, inoltre, norme attinenti all'organizzazione interna degli intermediari.

Mentre su quest'ultimo aspetto non si riscontrano significativi interventi da parte della direttiva MIFID, che pare procedere ad una più ampia formulazione di principi in larga parte già presenti nella normativa vigente, novità rilevanti riguardano le regole di condotta.

Alcune di queste, pur in buona sostanza non modificate rispetto alla disciplina attuale, vedono accresciuto il loro "peso specifico" nella nuova cornice delineata dalla direttiva MIFID.

E' questo il caso della regola di best execution. La pluralità di modelli e di sedi di esecuzione degli ordini della clientela attribuisce, infatti, nuova e piena rilevanza al dovere per l'intermediario di garantire la best execution delle disposizioni dell'investitore.

Altre, invece, vengono sostanzialmente ridisegnate e rimodulate. E' questo il caso delle norme che impongono all'intermediario di conoscere i propri clienti (know your customer rule), propedeutiche alla valutazione dell'adeguatezza delle operazioni d'investimento da questi disposte.

La nozione di best execution, non si risolve nella regola del miglior prezzo, ma considera "anche altri fattori che concorrono a configurare le condizioni di un'operazione ottimale per gli investitori".

In questo senso va anche la normativa italiana attualmente vigente, che, peraltro, dà per realizzate le migliori condizioni possibili qualora la negoziazione sia eseguita in un mercato regolamentato. Tale precisazione – nel saldare le regole di condotta degli intermediari con la disciplina sulla obbligatoria concentrazione degli scambi nei mercati regolamentati - finisce, invero, per svalutare fortemente l'operatività della best execution, limitandone l'efficacia, di fatto, ai soli titoli non quotati.

La regola di best execution è però destinata ad acquisire crescente rilevanza, visto che la facoltà consentita agli Stati membri dalla direttiva n. 93/22/CEE di prevedere la concentrazione degli scambi nei mercati regolamentati non è riconosciuta dalla MIFID.

Il nuovo contesto di concorrenza fra le diverse possibili modalità di esecuzione degli ordini disegnato dalla MIFID rafforza, dunque, il ruolo che la regola di best execution è chiamata a giocare, assolvendo anche alla finalità di rendere effettiva ed ordinata la competizione, nel migliore interesse del cliente.

In proposito, la direttiva MIFID impone agli intermediari di "adottare tutte le misure ragionevoli per ottenere … il miglior risultato possibile per i loro clienti" alla luce dei criteri caratterizzanti della disciplina (rilevanza di una pluralità di parametri: prezzo; costi; rapidità e probabilità di esecuzione e di regolamento; diversa rilevanza dei citati parametri in ragione anche della diversa natura del cliente: professionale o meno).

Viene inoltre formalizzato l'obbligo (peraltro già in qualche misura desumibile dalla legislazione previgente), in capo agli intermediari, di predisporre idonee "procedure di esecuzione" (execution policy) finalizzate all'assolvimento del dovere di ottenere il migliore risultato per il cliente. Nuova, peraltro, è la disposizione secondo cui, in sede di avvio del rapporto, gli intermediari devono "ottenere il consenso preliminare dei loro clienti per la strategia di esecuzione degli ordini" predisposta. Come è stato osservato, sarà fattore di concorrenza fra intermediari, presupposto un livello minimo necessario, l'ambito e l'articolazione di luoghi di esecuzione a cui il medesimo ha accesso.

Ulteriori elementi innovativi nella disciplina delle regole di comportamento degli intermediari introdotto dalla direttiva riguardano l'area della cosiddetta know your customer rule.

Come noto, l'ordinamento italiano prevede che gli intermediari del mercato mobiliare sono tenuti, inter alia, non solo ad operare in modo che i clienti "siano sempre adeguatamente informati", ma anche "ad acquisire [dagli stessi] le informazioni necessarie" alla corretta prestazione dei servizi offerti.

La "conoscenza del cliente" è, peraltro, un processo dinamico che non si esaurisce in sede di apertura del rapporto, ma che comporta, alla luce della disciplina regolamentare da tempo vigente, necessari aggiornamenti. Tale fase, c.d. di "profilatura della clientela", è strumentale, prodromica e indispensabile, primariamente, ai fini del c.d. giudizio di adeguatezza (suitability) delle operazioni disposte dalla clientela. L'eventuale rifiuto del cliente di rilasciare le informazioni non libera da responsabilità l'intermediario, il quale è, comunque, tenuto a valutare tutti i dati in suo possesso, in particolare quelli che possono desumersi dalla pregressa operatività dell'investitore e dall'esame della sua situazione finanziaria quale risultante dai propri archivi.

Come è evidente, la valutazione di adeguatezza costituisce attività che non può essere rimessa alla discrezionalità del singolo operatore di sportello o del singolo promotore finanziario, ma "per la complessità che essa riveste, deve essere effettuata dall'intermediario applicando procedure predefinite ed omogenee".

La direttiva MIFID modifica significativamente lo scenario di riferimento quale ora innanzi illustrato.

In primo luogo, la MIFID impone agli intermediari di raccogliere complete informazioni sul profilo del cliente solo per i servizi di gestione su base individuale e di consulenza in materia di investimenti (consulenza i cui confini appaiono, peraltro, diversi da quelli attuali), e non già con riguardo alla totalità dei servizi prestati, come avviene oggi. Fuoriesce, peraltro, dal perimetro delle informazioni da richiedere al cliente quella relativa alla "propensione al rischio".

In secondo luogo, la direttiva MIFID prevede che gli intermediari "quando prestano i servizi di investimento che consistono unicamente nell'esecuzione e/o nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente" (execution only) possono operare "senza che sia necessario":

Ciò, peraltro, è ammissibile solo allorché ricorrano, cumulativamente, le seguenti condizioni:

Si tratta di un cambiamento importante rispetto al nostro quadro normativo e rispetto alle pratiche consolidate dell'industria italiana dei servizi di investimento. E' importante che gli intermediari valutino con attenzione il ventaglio di scelte operative delineate dalla MIFID, con i connessi oneri in termini di estensione del "servizio" da fornire al cliente, i relativi costi (per sé e per il cliente) e le responsabilità.

Se è vero, infatti, che la MIFID consente agli intermediari, date le condizioni sopra indicate, di operare in regime di execution only, è altresì innegabile che tale modalità di esecuzione degli ordini presenti uno scarsissimo valore aggiunto per la clientela. E' quindi del tutto coerente ritenere che i livelli commissionali per tale modalità operativa debbano essere estremamente bassi, richiedendo, di conseguenza, elevati volumi di trattazione.

A maggior valore aggiunto (e sostanzialmente equiparabile a quello oggi sotteso al servizio di negoziazione) si configura, invece, il servizio di esecuzione e/o ricezione e trasmissione di ordini ove prestato in abbinamento con il servizio di consulenza in materia di investimento, ove il ruolo degli intermediari si "riespande" e si valorizza (e il livello commissionale potrà naturalmente, giustificatamene, innalzarsi) dovendo essi procedere ad acquisire informazioni "complete" sul cliente al fine di fornirgli un servizio adeguato e plasmato sulle sue esigenze.

3. L'integrità dei mercati e l'informativa societaria

L'integrità dei mercati costituisce una condizione necessaria ai fini del mantenimento della fiducia degli investitori e del miglioramento della competizione tra i mercati finanziari. Le discipline normative dei mercati sviluppati garantiscono l'integrità dei mercati attraverso la previsione di presidi volti alla prevenzione e alla repressione dell'insider trading e della manipolazione dei mercati.

Per gli emittenti e soggetti ad essi collegati la predisposizione di misure prevenzione si attua attraverso: i) la previsione di strumenti di controllo e gestione confidenziale delle informazioni privilegiate e ii) di un organizzazione competente alla corretta diffusione al pubblico di tali notizie.

Per gli altri partecipanti al mercato le misure attengono a standard di qualità delle condotte da questi poste in essere, con particolare riguardo alla loro correttezza e trasparenza. Sono pertanto in genere previsti per tali soggetti criteri di determinazione di prassi di mercato regolari ovvero di comportanti illegittimi, obblighi di segnalazione alla autorità competente di operazioni che presentano il "fumus" dell'abuso.

Sia per gli emittenti sia per gli intermediari sono inoltre previste specifiche indicazioni circa limiti alle operazioni poste in essere sul mercato che consentono la non applicabilità dei divieti posti.

L'attività di prevenzione degli abusi riguarda gli emittenti e i soggetti a questi collegati (azionisti di controllo o comunque rilevanti, manager e loro consulenti), gli intermediari, i mercati regolamentati e le stesse società di gestione di tali mercati.

L'attività di repressione si caratterizza per la presenza di un sistema di sanzioni che possa svolgere un'effettiva azione deterrente nei confronti dei soggetti obbligati. In tal senso, condizioni essenziali sono la rapidità di intervento e di irrogazione della sanzione nei confronti di chi pone in essere condotte irregolari. Tale standard di qualità presuppone l'esistenza di un adeguato sistema di sanzioni che, oltre alle sanzioni penali, lasci ampio spazio a quelle amministrative.

3.1. I cambiamenti derivanti dal recepimento della direttiva MAD

L'introduzione della recente direttiva sugli abusi di mercato è avvenuta in un contesto in cui i relativi sistemi normativi dei vari paesi comunitari differivano considerevolmente tra loro. In particolare la disciplina della manipolazione era incompleta in taluni paesi e la disciplina sull'insider trading era considerata poco efficace in molti casi.

L'approccio esistente nei vari paesi era molto diverso anche in considerazione dei differenti sistemi in cui le norme si calavano e delle diversità nei poteri attribuiti alle varie autorità di vigilanza, nei criteri utilizzati per definire le infrazioni e per imporre le relative sanzioni. Tali diversità, che non creavano significative criticità fino al momento in cui le attività di negoziazione rimanevano confinate all'interno dei singoli paesi, hanno richiesto un intervento correttivo in considerazione dell'affermarsi di fenomeni a livello comunitario che hanno imposto il bisogno di determinare un comune approccio dei vari paesi per contrastare gli abusi e garantire l'integrità dei sistemi.

In generale, al fine di realizzare un fronte comune contro gli abusi di mercato, la direttiva ha cercato di stabilire un sistema di regole coerente per prevenire, investigare e sanzionare tali abusi prevedendo in particolare: i) misure preventive di elevato livello finalizzate a ridurre la probabilità che possa essere violata l'integrità dei mercati regolamentati; ii) criteri uniformi da utilizzare per definire le violazioni; ii) un preciso ambito di poteri da attribuire alle autorità competenti; e iii) strumenti e procedure di coordinamento tra le autorità dei vari paesi affinché fosse possibile agire a favore dell'integrità dei mercato a prescindere dalla natura domestica o transfrontaliera delle condotte abusive.

Lo scorso 18 aprile il Parlamento ha approvato la legge comunitaria 2004 che contiene, tra l'altro, le disposizioni di attuazione della direttiva sugli abusi di mercato e delle relative direttive di implementazione. In conformità alla richiesta della Commissione europea per un'armonizzazione massima delle disposizioni, l'articolato riprende i principi e le definizioni espressi dalle direttive, rinvia alla regolamentazione Consob per le disposizioni di dettaglio e affronta le importanti scelte che il legislatore comunitario ha lasciato aperte con riguardo al disegno del sistema delle sanzioni e ai rapporti tra i diversi procedimenti sanzionatori.

Il 13 maggio 2005 la Commissione ha disposto la pubblicazione tramite il proprio sito web di un documento di consultazione riguardante le proposte di modifica che intenderebbe apportare al Regolamento Emittenti e al Regolamento Mercati a seguito delle modifiche e integrazioni apportate al Testo unico. Sono pervenute numerose osservazioni da parte di Associazioni di emittenti, di intermediari finanziari e di consumatori, studi legali, Società di gestione dei mercati e altri soggetti interessati. Le osservazioni sono state oggetto di valutazione e, ove condivise, hanno portato alla riformulazione delle relative proposte. Si prevede che a breve, fatte le ultime definitive sistemazioni, i regolamenti saranno approvati dalla Consob e pubblicati sulla gazzetta ufficiale. La Commissione ha intenzione di stabilire, almeno per le materie che impongono l'adozione di misure organizzative, un adeguato periodo di proroga dell'entrata in vigore successivamente alla pubblicazione delle modifiche regolamentari.

3.2 Gli strumenti preventivi per favorire la completezza e la coerenza informativa

Al fine di agevolare il processo di incorporazione delle informazioni nelle quotazioni, la regolamentazione impone agli emittenti quotati comportamenti volti a garantire agli investitori parità di accesso alle informazioni attraverso una tempestiva comunicazione delle notizie sui fatti societari rilevanti. Le autorità di vigilanza sono incaricate di vigilare sulla regolare svolgimento di tale processo.

La nuova disciplina derivante dal recepimento della direttiva MAD stabilisce un articolato ed efficace sistema di prevenzione basato su obblighi relativi alla diffusione di informazioni rilevanti.

Il sistema di obblighi sulle informazioni price sensitive, già presente in Italia, in attuazione della precedente direttiva Trasparency 279 del 1979, ha subito per effetto del recepimento della MAD un significativo miglioramento.

Un aspetto innovativo riguarda la definizione dell'ambito di applicazione. Al riguardo si deve osservare che la nuova direttiva e, conseguentemente, la nuova versione del Testo Unico, utilizzano la medesima definizione di "informazione privilegiata" per indicare le informazioni sulla base delle quali, da un lato, può essere consumato il reato di insider trading e, dall'altro, si manifesta l'esigenza di informare il pubblico. In passato, invece, si parlava di "informazione privilegiata" per gli aspetti sanzionatori e di "fatti" per gli obblighi di comunicazione. Nonostante la diversità terminologica, il sistema si pone comunque in una linea di sostanziale continuità con la precedente normativa. Da ciò deriva che nell'applicazione pratica dei nuovi obblighi di disclosure non dovrebbero evidenziarsi differenze apprezzabili rispetto alla consueta prassi seguita dagli emittenti quotati.

Più rilevanti appaiono altre innovazioni introdotte dalla nuova disciplina:

i) l'applicazione delle disposizioni volte alla prevenzione degli abusi anche ai titoli per i quali sia stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni nei mercati regolamentati e quindi prima dell'ammissione a quotazione;

ii) la previsione di un dovere di ripristinare la simmetria informativa nel caso di intenzionale o non intenzionale diffusione di informazioni a terzi non soggetti ad obblighi di riservatezza in linea con quanto previsto negli USA sulla base della regola della "Fair Disclosure" prevista dalla SEC;

iii) la possibilità per i soggetti obbligati di ritardare sotto la propria responsabilità, e a talune condizioni, la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate senza una preventiva autorizzazione da parte della Consob come, invece previsto nel precedente regime; in tale caso la Consob è comunque autorizzata a intervenire al fine di garantire che il pubblico sia correttamente informato;

iv) la necessità di inserire le informazioni pubblicate nel sito Internet degli emittenti per un adeguato periodo di tempo al fine di agevolarne la ricerca da parte degli investitori.

Un'altra efficace misura di prevenzione degli abusi prevista dalla nuova direttiva riguarda gli obblighi di comunicazione sul c.d. "Internal dealing.

La trasparenza delle operazioni effettuate dai soggetti che con maggiore probabilità dispongono di informazioni privilegiate, tipicamente i manager e i principali azionisti della società, è stata considerata utile ai fini sia dell'efficienza informativa del mercato sia della prevenzione degli abusi di informazioni privilegiate. Inoltre il regime di trasparenza "frenerebbe" eventuali impulsi di abuso.

Il Tuf ha attribuito alla Consob un ampio margine di intervento nella definizione dei regolamenti di attuazioni. E'infatti la Consob che deve stabilire le tipologie di operazioni rilevanti, le modalità e i termini delle comunicazioni, le modalità e i termini di diffusione al pubblico delle informazioni, nonché i casi in cui detti obblighi si applicano anche con riferimento alle società in rapporto di controllo con l'emittente.

Il Tuf ha, anche, definito l'area dei soggetti interessati dagli obblighi in questione indicando quelli previsti dalla direttiva di livello 1 (amministratori, sindaci, top manager, loro familiari e altri soggetti comunque collegati). A tali persone ha, tuttavia aggiunto, cosa non prevista dalle direttive, "chiunque detenga azioni in misura almeno pari al 10 per cento del capitale sociale, nonché ogni altro soggetto che controlla l'emittente quotato". Tale previsione pone questioni di coordinamento con la disciplina della comunicazione delle partecipazioni rilevanti al fine di valorizzare la distinta funzione di due obblighi.

La direttiva MAD, prevede tra le misure di prevenzione specifiche deroghe ai divieti di abuso. Per effetto di tale previsione non sono considerate fattispecie di abuso le operazioni di stabilizzazione di uno strumento finanziario oggetto di sollecitazione e le operazioni di acquisto di azioni proprie effettuate nel rispetto delle condizioni fissate nelle disposizioni comunitarie attuative, adottate dalla Commissione europea con Regolamento. Tale regolamento è direttamente applicabile nei paesi membri ed è in vigore dal 12 ottobre 2004.

In generale, l'applicazione della citata deroga comporta che, qualora i soggetti interessati optino per il rispetto dei limiti operativi e degli adempimenti informativi previsti dalle citate misure di esecuzione sopra indicate, le negoziazioni da essi effettuate sono da considerare non sanzionabili in via presuntiva. Peraltro, si rileva che le operazioni di stabilizzazione o di acquisto di azioni proprie che non beneficiano della citata deroga, in quanto i soggetti interessati ritengano di non rispettare i limiti e gli adempimenti previsti dalle misure di attuazione, non devono di per sé essere considerate come configuranti abusi di mercato e quindi, come tali, vietate; si tratta piuttosto di operazioni che potrebbero costituire oggetto di enforcement da parte dell'autorità di vigilanza.

3.3 Le ricerche

Uno strumento fondamentale per la prevenzione degli abusi è rappresentato dalle regole stabilite per coloro che producono e diffondono ricerche sugli strumenti quotati. L'attività di ricerca è anche in Italia un fenomeno di rilevante significato e in costante crescita. Si consideri che dai dati disponibili per effetto della comunicazione alla Consob degli studi tali documenti sono passati dai 2.288 del 1998 ai 5.326 del 2004.

La disciplina relativa alle ricerche, riprendendo quanto previsto dalla direttiva di livello 2, regola la corretta presentazione e la trasparenza dei conflitti di interesse nella produzione e nella diffusione di raccomandazioni di investimento, ossia ricerche e altre informazioni che raccomandano o propongono strategie di investimento.

Tali norme riguardano l'attività di chiunque elabora o diffonde raccomandazioni nell'esercizio della propria professione o attività (c.d. soggetti pertinenti) e diventano più stringenti quando tali soggetti sono degli "specialisti", cioè analisti finanziari, intermediari o soggetti la cui attività principale consiste nella elaborazione di raccomandazioni. Per i giornalisti è prevista la possibilità di un'autoregolamentazione a condizione che la loro applicazione consenta di conseguire gli stessi effetti delle disposizioni di attuazione del Testo unico.

La Consob ha colto l'occasione per snellire la disciplina di comunicazione al pubblico delle ricerche prodotte dai soggetti abilitati che, peraltro, è al di fuori dell'ambito di applicazione della direttiva. Tale disciplina ha svolto fino ad oggi un ruolo determinante per il raggiungimento di sufficienti livelli di tutela degli investitori Con l'applicazione della nuova direttiva l'obbligo di pubblicazione perde importanza e presta il fianco a critiche per l'effetto di "spiazzamento" che può generare nei produttori di ricerca italiani, sottoposti a norme più onerose di quelle applicabili a soggetti residenti in altri paesi UE. Al riguardo la nuova disciplina prevede, da un lato, l'obbligo di osservare modalità di pubblicazione che garantiscano l'attualità delle raccomandazioni e la loro omogenea distribuzione tra i destinatari e, dall'altro, l'obbligo di pubblicazione sul sito della borsa, ora limitato soltanto a taluni soggetti che, svolgendo specifiche attività in relazione agli emittenti oggetto della ricerca (sponsor, specialist e lead manager nell'ambito di un collocamento), necessitano di un maggiore grado di trasparenza.

3.4 Le regole comportamentali e organizzative degli operatori nella tutela dell'integrità dei mercati

Uno strumento di prevenzione del tutto nuovo previsto dalla MAD è rappresentato dall'obbligo di redigere registri di persone che sono a conoscenza di informazioni privilegiate. Tale adempimento riguarda direttamente l'emittente quotato, ma anche le persone che agiscono in loro nome o per loro conto, tipicamente i consulenti (studi legali, intermediari, commercialisti, ecc.). In effetti l'obbligo per gli emittenti ed i loro consulenti di monitorare la circolazione delle informazioni privilegiate prima della pubblicazione ha carattere innovativo per quasi tutti i Paesi europei, sebbene esistano consolidate esperienze nella best practice, specie presso gli intermediari che operano nel merchant banking. La finalità della disciplina è quella di sviluppare una maggiore attenzione degli operatori sul valore delle informazioni e quindi di stimolare la costituzione di adeguate procedure interne volte a mantenerne la confidenzialità. E' da ritenere che alla luce di tali previsioni si possa attendere una significativa riduzione del fenomeno dei rumour di mercato. Un'ulteriore finalità della disciplina è quella di agevolare l'autorità competente nello svolgimento delle indagini di insider trading.

Riguardo alla gestione dei registri le norme non forniscono particolari indicazioni, né il Cesr ha prodotto una guida di livello 3. Data l'ampia libertà nelle modalità di organizzazione e gestione di essi, appare necessario che chi li gestisce mantenga evidenza dei criteri adottati.

La prevenzione degli abusi fa particolare affidamento sulla capacità dei partecipanti al mercato di contribuire alla dissuasione e alla evidenziazione delle condotte irregolari. E' a tal proposito che la direttiva MAD prevede l'obbligo per quanti effettuano professionalmente operazioni su strumenti finanziari, di segnalare all'autorità competente le c.d. operazioni sospette, cioè le operazioni ragionevolmente riconducibili ad abusi di mercato. Tale disposizione rappresenta, nell'ambito della nuova disciplina, la parte ad un tempo più innovativa e di maggiore diffioltà applicativa. Per un verso, infatti, sussiste il rischio che siano oggetto di comunicazione tutte le operazioni che presentano caratteristiche leggermente fuori norma, con conseguente moltiplicazione delle segnalazioni all'autorità competente, dall'altro, l'eventualità che un cliente ingiustamente oggetto di una segnalazione all'autorità decida di abbandonare l'intermediario potrebbe disincentivare ogni tipo di segnalazione.

La direttiva di livello 2, ripresa peraltro nel regolamento mercati Consob, richiede che gli intermediari decidano "caso per caso" quando è ragionevole sospettare che un'operazione possa configurare un abuso, servendosi nella valutazione di tutte le disposizioni relative di livello 1 e 2. La definizione di operazioni sospette, allo stato significativamente generica, può trovare maggiore dettaglio nell'ambito dei lavori di livello III condotti dal Committee of European Securities Regulators; sulla base di tali orientamenti si dovranno pertanto adattare i comportamenti degli operatori interessati. Data la notevole portata innovativa delle disposizioni e la complessità di alcuni loro profili, la Consob ha già manifestato la volontà di applicare la normativa in modo graduale, in modo da sviluppare con i soggetti vigilati un efficiente funzionamento del sistema, in conformità agli orientamenti e alle prassi che si svilupperanno parallelamente in Europa.

Al riguardo si ritiene necessario che ciascun soggetto ponga in essere un appropriato sistema di identificazione delle operazioni sospette che possa anche consentire alle autorità competenti di valutare adeguatamente se eventuali omissioni nella segnalazione siano dovute a comportamenti dolosi o meno.

3. 5 I nuovi poteri di indagine e sanzionatori delle autorità con il recepimento della MAD e lo sviluppo dei sistemi di detection delle anomalie (SAIVIM)

Perché le misure di prevenzione degli abusi di mercato possano svolgere efficacemente il compito di garanzia dell'integrità dei mercati è necessario che le autorità competenti siano dotate di efficaci poteri di richiesta di informazione, di indagine e sanzionatori. Tali strumenti consentono, da un lato, di individuare e correggere possibili inadempimenti delle regole che sono poste a prevenzione degli abusi e, dall'altro, di sanzionare, i soggetti autori della violazione sia delle citate regole sia dei veri e propri divieti di abuso di mercato.

Al fine di realizzare un fronte comune contro gli abusi di mercato la direttiva ha cercato di stabilire un armonizzato ambito di poteri minimi da attribuire alle autorità competenti. La direttiva conferisce, pertanto, all'autorità competente una serie di poteri di vigilanza e di indagine, reputati essenziali affinché tale autorità possa esercitare le proprie funzioni nelle materie contemplate dalla stessa direttiva, che riguardano sia la disciplina degli obblighi di informazione continua degli emittenti, sia la prevenzione e repressione delle fattispecie di abuso di mercato.

La nuova versione del Tuf disciplina in modo organico il quadro dei poteri di vigilanza e di indagine della Consob al fine di un efficace recepimento della direttiva.

Al riguardo si rileva che è stato modificato anche l'art. 115 Tuf, che definisce i poteri esercitabili dalla Consob nei confronti degli emittenti quotati al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni rese al pubblico. Tale articolo è stato integrato con un richiamo ai poteri di vigilanza e di indagine afferenti la disciplina degli abusi di mercato, che si possono applicare anche ai fini della vigilanza sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico.

La Consob si avvale di tutti gli strumenti descritti per svolgere una quotidiana attività di investigazione sulle condotte abusive. L'attività di controllo è svolta da diversi team di analisti che operano sia in diretta, vigilando il mercato nelle fasi di negoziazione, sia in differita attraverso la raccolta, il campionamento e lo studio tanto dei dati di mercato quanto delle informazioni diffuse al pubblico in merito agli strumenti finanziari quotati e ai loro emittenti. Dal 2003 al fine di supportare tale attività la Consob si avvale del Sistema Automatico Integrato di Vigilanza sui Mercati (S.A.I.Vi.M). Il funzionamento di tale sistema si basa su quattro variabili finanziarie: rendimenti e i volumi giornalieri; la concentrazione statica che analizza la struttura del mercato verificando tra l'altro la presenza di posizioni dominanti degli intermediari; la concentrazione dinamica che esamina l'evoluzione nel tempo dell'operatività dei singoli intermediari evidenziandone variazioni significative. L'analisi dell'andamento di queste variabili consente di individuare possibili anomalie, la cui lettura congiunta fornisce un segnale di potenziali abusi di mercato.

3.6 Le sanzioni

La disciplina sanzionatoria degli abusi di mercato affianca al regime sanzionatorio amministrativo, voluto dalla direttiva per tutte le fattispecie di abuso, un regime di natura penale per le fattispecie di maggiore gravità.

In tal senso, l'art. 184, relativo al reato di abuso di informazioni privilegiate, contempla le sole condotte riconducibili alla figura del c.d. "insider primario"; analogamente, l'art. 185, nel delineare la fattispecie penale di aggiotaggio, riproduce la formulazione dell'attuale art. 2637, c.c., la quale limita la configurazione del reato alle sole ipotesi di diffusione di informazioni false, di effettuazione di operazioni simulate o di altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari. Vengono così depenalizzate le condotte poste in essere da "insider secondari" nonché le strategie manipolative basate sulla diffusione di informazioni fuorvianti e quelle costruite con operazioni effettive poste in essere nei mercati.

Quanto alla definizione dell'ammontare della multa, viene individuato un massimo edittale di tre milioni di euro per l'insider trading e di cinque milioni di euro per la manipolazione, elevabile fino al triplo della sanzione quando, per le circostanze del reato - rilevante offensività del fatto, qualità personali dell'agente, entità del prodotto o del profitto del reato -, la multa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.

Poiché tali importi, non correlati all'entità del prodotto o del profitto del reato, rischiano di rendere la disciplina non coerente con i principi di efficacia, proporzionalità e dissuasività della sanzione richiesti dalla direttiva e di stimolare valutazioni utilitaristiche nel soggetto agente intese a confrontare il profitto conseguibile dall'illecito con i rischi di depauperamento del patrimonio connessi alla sua commissione, viene in aggiunta stabilita la possibilità per il giudice di aumentare la sanzione fino a dieci volte il prodotto o il profitto del reato (secondo una soluzione già operativa nell'ordinamento francese), qualora tale importo risulti superiore al triplo della sanzione.

Gli artt. 186 e 187 del Tuf, infine, completano la disciplina penale, rispettivamente, richiamando le sanzioni accessorie di cui agli artt. 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, e disponendo la misura della confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo.

Le norme relative alle sanzioni amministrative pecuniarie per gli illeciti di abuso delineano, relativamente all'importo delle sanzioni, le medesime soluzioni sopra tratteggiate. Per i casi di particolare gravità, viene altresì previsto il potere della Consob di intimare ai soggetti abilitati, alle società di gestione dei mercati, agli emittenti quotati ed alle società di revisione di non avvalersi, per un periodo di tempo determinato, dell'autore della violazione, così come di richiedere ai competenti ordini professionali la temporanea sospensione del soggetto iscritto all'ordine dall'esercizio dell'attività professionale. Con l'art. 187-quinquies del Tuf sono formulate previsioni relative alla responsabilità dell'ente nel caso in cui gli illeciti siano commessi nel suo interesse o a suo vantaggio. La disciplina è mutuata, con gli opportuni adattamenti, dal decreto legislativo 8 giugno 2003, n. 31, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in caso di reato. L'art. 187-sexies prevede, a garanzia del pagamento della sanzione, lo strumento della confisca del prodotto o del profitto dell'illecito e dei beni utilizzati per commetterlo. La disciplina del regime sanzionatorio amministrativo è completata con l'eliminazione della facoltà di oblazione della sanzione prevista dall'art. 16 della legge n. 689/1981, in quanto tale facoltà azzera le conseguenze reputazionali della sanzione amministrativa connesse alla pubblicità del relativo provvedimento di irrogazione. Questa soluzione viene estesa anche alle altre violazioni previste dal Tuf in materia di informazioni societarie, doveri dei sindaci e delle società di revisione (art. 193).

La possibile coesistenza del procedimento penale e di quello amministrativo richiede una disciplina ad hoc per l'esecuzione della sanzione amministrativa riveniente da violazioni che risulteranno rilevanti anche in sede penale. In tali casi la legge dispone l'esecuzione immediata della sanzione amministrativa applicata dalla Consob, mentre l'esazione delle pene pecuniarie (così come delle sanzioni amministrative pecuniarie applicate dal giudice ai sensi del d.lgs. n. 231/2001) viene limitata alla parte eccedente quella già riscossa dalla Consob a seguito del procedimento amministrativo. Ulteriori disposizioni disciplinano il rapporto tra il procedimento sanzionatorio penale e quello amministrativo, dettando norme di coordinamento dell'attività di accertamento amministrativo con quella dell'autorità giudiziaria, ispirate al principio dell'autonomia reciproca dei procedimenti.

3.7 La MAD e la responsabilità amministrativa ex d.lg.s 231/01

La legge comunitaria per il 2004 ha arricchito il catalogo dei "reati presupposto" ai sensi del decreto n. 231/2001 inserendovi le fattispecie di reato previste dalla stessa legge (art. 25 sexies del decreto 231/2001).

Pertanto, conformemente alle regole generali del d.lgs. n. 231/2001, un comportamento che integra il reato di abuso di informazioni privilegiate ovvero di manipolazione del mercato comporta anche la responsabilità amministrativa dell'ente cui appartiene l'autore del reato.

La medesima legge comunitaria per il 2004 ha, inoltre, costruito una ulteriore figura di responsabilità amministrativa della persona giuridica che parrebbe parzialmente discostarsi dal paradigma della d.lgs. 231/2001 in quanto derivante non già dalla commissione di reati, ma dipendente da illeciti amministrativi, segnatamente quelli di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato contestualmente introdotti .

L'art. 187 quinquies del TUF dispone, infatti, che "l'ente è responsabile del pagamento di una somma pari all'importo della sanzione amministrativa irrogata per gli illeciti di cui al presente capo [id est, gli illeciti amministrativi di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato] commessi nel suo interesse o a suo vantaggio".

Il meccanismo di ascrizione della responsabilità amministrativa all'ente è, in larga parte, quello delineato dal d.lgs. n. 231/2001, in forza del richiamo agli art. 6, 7, 8 e 12 di tale decreto operato dall'art. 187 quinquies, comma 4, del TUF. Le principali peculiarità rispetto alla ordinaria figura di responsabilità amministrativa dipendente da reato paiono risiedere nel fatto che:

Si viene, così, a delineare un sistema sanzionatorio in forza del quale, a fronte del comportamento di una persona fisica che integri la fattispecie di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato, si assiste:

  1. non solo all'irrogazione, in capo alla persona fisica che ha posto in essere il reato, di una sanzione penale per opera del giudice penale e di una sanzione amministrativa da parte della Consob;
  2. ma anche all'irrogazione in capo all'ente cui la persona fisica autore della violazione appartiene:

- da parte del giudice penale, di una sanzione amministrativa ex d.lgs. n. 231/2001 dipendente dal reato di abuso di informazioni privilegiate o di manipolazione del mercato;

- da parte della Consob, di una sanzione amministrativa ex d.lgs. n. 231/2001 dipendente dall'illecito di abuso di informazioni privilegiate o di manipolazione del mercato.

La dottrina, in sede di primo commento della norma in esame, ha sottolineato la peculiarità del sistema sanzionatorio disegnato sub 2) se non addirittura la sua possibile incostituzionalità (Paliero, Struttura e funzione della responsabilità penale delle persone giuridiche per i reati commessi nell'attività d'impresa, relazione al convegno Paradigma del 4 ottobre 2005).

L'art. 187 quinquies del TUF prevede, da ultimo, che il Ministero della giustizia è tenuto a formulare osservazioni sulla idoneità dei modelli organizzativi ex d.lgs n. 231/2001 "sentita la Consob, con riguardo agli illeciti previsti nel presente titolo" (id est, abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato).

La peculiarità della norma risiede nel fatto che la Consob è chiamata ad essere sentita dal Ministero della giustizia circa l'astratta idoneità dei modelli organizzativi de quibus a prevenire gli illeciti (penali e amministrativi) di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato con riguardo alla generalità degli "enti" nei cui confronti il d.lgs. 231/2001 trova applicazione, e non già limitatamente agli intermediari finanziari (e/o comunque ai soggetti sottoposti alla sua vigilanza).

Gli illeciti (penali e amministrativi) in esame sono, infatti, disegnati a soggetto "libero"; possono, cioè, essere realizzati da "chiunque". Ne segue che i modelli organizzativi della generalità degli enti dovranno prevedere misure atte a prevenirli, e su ognuno di essi sarà chiamata a pronunciarsi la Consob, con un evidente aggravio per la sua operatività.

La scelta, operata dal legislatore, di sottoporre al previo parere della Consob anche i modelli organizzativi di enti ulteriori rispetto agli intermediari finanziari (e agli altri soggetti sottoposti alla vigilanza della Consob) conferma, peraltro, come la normativa del d.lgs. n. 231/2001, in coerenza con la sua finalità special-preventiva, sia una disciplina "trasversale" e non per "soggetti", come tale non sovrapponibile alla normativa in materia di intermediazione finanziaria, di guisa che non è pensabile per gli intermediari risolvere, sic et simpliciter, nell'osservanza della disciplina recata dal TUF anche l'osservanza dei principi del decreto n. 231/2001.

4. L'integrità informativa in presenza di "tensioni" nella evoluzione degli assetti proprietari e di controllo delle società quotate

Particolarmente critica si presenta l'attività di tutela dell'integrità dei mercati e della simmetria informativa in presenza di "tensioni" riguardanti gli assetti proprietari di società quotate, originate da esplicite intenzioni o da diffuse aspettative di mutamenti negli equilibri di controllo o da operazioni straordinarie in grado di incidere in misura significativa su di essi.

Il mercato italiano è stato interessato in quest'ultimo anno da alcune vicende, anche parzialmente intrecciate tra loro, in cui si sono confrontati gruppi di interesse contrapposti per il controllo di importanti società quotate e che hanno messo alla luce diverse criticità del mercato del controllo societario.

Si tratta di aspetti in parte comuni a tutti i principali mercati e in parte connessi alle caratteristiche peculiari del mercato italiano, legate queste ultime, da un lato, alla specificità del quadro normativo e istituzionale e, dall'altro, alla particolare configurazione che hanno assunto nel nostro Paese gli assetti proprietari e di controllo delle società quotate.

Comune a tutti i principali mercati è la complessità delle fasi di mutamento non consensuale degli equilibri di controllo, nelle quali aumenta l'incertezza del mercato anche per l'ampia articolazione e complessità delle procedure e degli strumenti legali che sono offerti dal quadro normativo o coinvolti dalle iniziative delle parti interessate. Molto spesso, infatti, le "battaglie" per il controllo assumono la natura di scontri legali che inevitabilmente allungano i tempi di risoluzione delle controversie. Anche l'esito stesso delle scalate viene a dipendere non solo alla competizione tra le condizioni economiche offerte ma anche, e in alcuni casi soprattutto, dalla risoluzione dei contenziosi legali che generalmente si moltiplicano in queste occasioni.

E'evidente che in tali situazioni diventa estremamente difficile assicurare completezza e tempestività dell'informazione al mercato riguardo ad eventi che, per la loro natura e per il loro percorso di formazione, esulano dagli schemi concettuali e di attribuzione di responsabilità propri della disciplina dell'informazione al mercato che è costruita soprattutto per le fasi "ordinarie" di funzionamento del mercato.

Inoltre, quando le società coinvolte sono di natura bancaria, il quadro normativo in cui si articolano le vicende diviene ancora più complesso, in quanto vengono coinvolte diverse normative di settore e diverse Autorità di vigilanza. Per le società "bersaglio" di natura bancaria infatti interviene la necessità di autorizzazioni preventive, da parte dell'Autorità di settore, per il superamento di determinate soglie di capitale e per l'acquisizione del controllo. Anche quando l'offerente è una banca italiana, questa è soggetta alle valutazioni di vigilanza per gli effetti dell'eventuale acquisizione sulla sua stabilità patrimoniale.

Il mercato del controllo societario, in sostanza, si presenta ovunque come un mercato poco "fluido", che vede una presenza strutturale di elementi di "vischiosità" e "opacità" nel realizzarsi delle diverse fasi di riallocazione del controllo. La scarsa fluidità è riscontrabile nei mercati in cui prevalgono assetti proprietari concentrati, dove la contendibilità del controllo dipende soprattutto dal confronto, sia sul piano economico che legale, tra gruppi ristretti di azionisti, attuali e potenziali, rilevanti; ma è presente anche in alcuni mercati dove prevale il modello delle public company, ad esempio negli Stati Uniti, dove è il management che può contrapporsi agli scalatori esterni attraverso una serie di strumenti legali di protezione e di ostacolo.

In queste condizioni, la contrapposizione anche aspra di interessi divergenti e la complessità del "percorso" attraverso il quale si svolge la dialettica tra tali interessi rende particolarmente delicata e spesso difficile la funzione di garanzia dell'integrità del funzionamento dei mercati e della simmetria informativa.

Il quadro normativo stabilisce i confini per i comportamenti dei soggetti coinvolti definendo obblighi informativi e regole di comportamento predeterminati e omogenei. Si tratta di "regole del gioco" che, proprio in quanto predeterminate e omogenee, configurano ex ante le condizioni della competizione degli interessi con il fine di salvaguardare gli obiettivi fondamentali cui rispondono il quadro normativo e l'attività di vigilanza della Consob: la tutela degli investitori e l'efficienza e la trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali.

Ne deriva l'esigenza di contemperare diverse, e talora contrapposte, esigenze: l'offerta delle maggiori informazioni possibili per il mercato, da un lato, come strumento per tutelare gli investitori e la trasparenza del mercato; la salvaguardia degli incentivi di chi intraprende operazioni, anche ostili, volte a mutare il controllo di società quotate, dall'altro, come strumento per tutelare l'efficienza del mercato del controllo.

Nel difficile equilibrio tra queste esigenze, gli obblighi di informare il mercato prevedono espressamente alcune aree di opacità: un esempio significativo, particolarmente rilevante nel caso di scalate, è rappresentato dalla disciplina della trasparenza proprietaria che prevede determinati limiti alla trasparenza. Limiti che derivano dalla previsione di soglie di capitale il cui superamento deve essere comunicato al mercato, lasciando non trasparenti i movimenti all'interno delle soglie; dai tempi di comunicazione, che prevedono un certo ritardo nella diffusione al pubblico dell'informazione; dalla nozione stessa di partecipazione, per la quale assumono rilevanza solo alcune tipologie di operazioni e, ad esempio, non tutte le tipologie di strumenti derivati.

Nel sistema normativo italiano le aree di opacità sono contenute anche rispetto a quanto previsto negli altri principali mercati: la soglia minima del 2 per cento per l'"emersione" delle partecipazioni rilevanti è la più bassa in Europa; gli intervalli del 5 per cento tra le diverse soglie di comunicazione sono in linea con i migliori standard internazionali; i cinque giorni di mercato aperto per la comunicazione sono un termine inferiore a quellio attualmente in vigore nei principali paesi; nella definizione di partecipazione è espressamente prevista anche la componente "potenziale" cioè derivante dalla detenzione di strumenti o dalla stipulazione di contratti che consentono ad un soggetto di acquistare o di vendere di propria iniziativa, azioni di un emittente quotato.

Anche rispetto alla nuova disciplina prevista dalla direttiva sugli obblighi informativi degli emittenti quotati (Direttiva Trasparency), che uniforma a livello europeo gli obblighi sulla trasparenza proprietaria, la normativa italiana attuale conferma la sua validità e la sua rigorosità: la soglia minima prevista dalla direttiva è il 5%; gli intervalli tra le soglie sono del 5% fino al 50% per poi passare al 25%; i tempi di comunicazione sono stabiliti in 4 giorni di negoziazione (quindi il termine italiano andrà ridotto di un giorno); la nozione di partecipazione include le partecipazioni potenziali definite in termini analoghi a quelli della normativa italiana.

Nonostante l'elevata qualità della normativa italiana sulla trasparenza proprietaria, la permanenza dei pur limitati elementi di "opacità" sopra indicati pone comunque problemi di incertezza del mercato, in presenza di operazioni che comportano o che creano aspettative per evoluzioni significative degli assetti proprietari e di controllo di società quotate. In tali situazioni si verificano spesso forti pressioni sui prezzi e sui volumi degli scambi dei titoli interessati che possono essere amplificate dalla incompletezza informativa che in alcune fasi può determinarsi proprio in conseguenza delle aree di opacità previste dalla normativa.

Una caratteristica peculiare degli assetti proprietari delle società quotate italiane che contribuisce a rendere ulteriormente complesso il compito di assicurare la simmetria e tempestività informativa è legata alla estesa presenza di meccanismi coailizionali nella determinazione del controllo degli emittenti.

Tale fenomeno appare particolarmente rilevante in questi ultimi anni, per la concorrenza di diversi fattori: "l'eredità" del processo di privatizzazione, che ha visto, soprattutto per le società privatizzate di maggiore dimensione la cui proprietà è stata ampiamente diffusa sul mercato, un progressivo emergere di coalizioni di azionisti rilevanti; la crisi di alcuni gruppi familiari, che ha portato all'ingresso nella compagine azionaria di altri azionisti rilevanti, tra cui spesso le banche; i processi di espansione societaria attraverso acquisizioni intensamente finanziate con debito, che ha portato all'allargamento degli assetti di controllo a nuovi soci rilevanti, anche qui spesso di natura bancaria.

Il maggiore peso delle coalizioni negli assetti di controllo delle società quotate italiane potrebbero indurre a una maggiore instabilità del controllo e quindi potenzialmente a una maggiore contendibilità.

La formazione di coalizioni, soprattutto informali, ma anche declinate in un patto, pone rilevanti problemi di trasparenza: innanzitutto esse presentano una strutturale opacità sia rispetto ai loro meccanismi di governo societario sia, soprattutto, rispetto ai processi decisionali; inoltre non sempre è agevole assicurare una adeguata informazione al mercato sulla formazione e sull'evoluzione della composizione delle coalizioni, eventi che il mercato sconta in modo rilevante (in genere con un significativo effetto negativo sul valore di mercato delle azioni all'annuncio della formazione/rinnovo del patto e uno positivo all'annuncio di scioglimento).

La disciplina introdotta in Italia dal Testo Unico della Finanza in materia di pattuizioni parasociali relative a società quotate è in realtà una normativa molto avanzata tenendo conto che quasi nessun paese europeo o al di fuori dell'UE prevede un regime di pubblicità così dettagliato.

In particolare, all'estero le norme relative alla pubblicità dei patti hanno per lo più riguardo al fenomeno come strumento per realizzare un'azione di concerto e sono strettamente connesse alla promozione di un'offerta pubblica di acquisto.

Accanto al regime di pubblicità dei patti, che consente agli investitori di conoscere l'effettiva contendibilità delle società quotate, nella normativa italiana è prevista, inoltre, una disciplina che stabilisce un limite massimo alla durata degli accordi parasociali che, insieme alla previsione di un diritto di recesso in caso di promozione di un'offerta pubblica di acquisto, cerca di contemperare l'interesse degli azionisti imprenditori ad organizzarsi in maggioranze stabili con l'esigenza di evitare la cristallizzazione di posizioni di potere nella mani di soci che individualmente non detengono la maggioranza del capitale.

La rilevanza che il fenomeno delle coalizioni sta assumendo come strumento di controllo delle società quotate, anche in contesti dinamici dove più coalizioni si contendono il controllo di una società, enfatizza però le esigenze di trasparenza da parte del mercato che si riflettono in una richiesta di maggiore completezza e tempestività informativa.

I tempi per la diffusione al pubblico delle informazioni (cinque giorni per la comunicazione del patto alla Consob; dieci giorni per la pubblicazione di un estratto dello stesso sulla stampa quotidiana e quindici giorni per il deposito presso il registro delle imprese) possono rivelarsi eccessivamente lunghi, soprattutto in situazioni in cui gli assetti proprietari sono in continua evoluzione. Al riguardo, la Consob, con riferimento a società oggetto di particolare attenzione dal mercato, ha più volte richiesto, in via di "persuasione morale" (moral suasion), agli aderenti ai patti di anticipare la pubblicazione dell'estratto rispetto al termine massimo previsto dalla legge.

Un'area particolarmente critica con riferimento alla trasparenza dei patti parasociali riguarda l'eventuale esistenza di patti occulti, per la cui individuazione i poteri attualmente attribuiti alla Consob appaiono insufficienti. Per dimostrare l'esistenza di patti non scritti e non dichiarati occorre, infatti, disporre di penetranti poteri di accertamento per poter acquisire tutti quegli indizi gravi, precisi e concordanti che servono per desumere l'esistenza di un patto in mancanza di dirette prove documentali.

Attualmente la Consob nei confronti degli aderenti a patti di cui all'art. 122 Tuf, come del resto nei confronti degli azionisti rilevanti ai sensi dell'art. 120 Tuf, dispone esclusivamente del potere di richiedere informazioni e documenti e di assumere notizie mediante audizioni. Non sono previsti poteri ispettivi a meno che gli aderenti al patto parasociale o i presunti aderenti ad un patto occulto non siano anche emittenti quotati.

5. Conclusioni

Lo sviluppo dell'economia mondiale e l'integrazione dei sistemi finanziari che ha caratterizzato gli ultimi decenni ha determinato una maggiore complessità e interrelazione tra i sistemi economici, sia dal punto di vista geografico che settoriale.

La crescente globalizzazione dei mercati pone una sfida di portata più generale alla capacità dei sistemi di regolazione di raggiungere i loro obiettivi.

I mercati finanziari, che nascono legati ad un territorio, hanno progressivamente perso i loro connotati fisici, estendendosi prima alla dimensione di "piazze finanziarie" per orientarsi, grazie anche ai progressi della tecnologia informatica e telematica, verso la totale dematerializzazione e delocalizzazione. In tal modo, essi stanno sempre più assumendo la natura di un mero "spazio finanziari", cioè di una sede per scambi e contratti che trascende i territori. Ne deriva un problema di incongruenza tra la tradizionale territorialità del diritto (che si basa sulla territorialità degli Stati che emanano le norme) e la tendenza alla "spazialità" della finanza.

Lo sforzo di convergenza dei sistemi di regolazione e di enforcement su scala sopranazionale è quindi ostacolato dalla difficoltà di "coprire" uniformemente gli spazi della globalizzazione, anche per la diffusa presenza di Stati poco collaborativi e dalle diversità strutturali che permangono negli assetti istituzionali e giuridici delle diverse aree.

Anche il processo di integrazione europea subisce questa contraddizione quando punta alla creazione di uno "spazio economico senza frontiere interne". E' infatti propria della dimensione dello spazio finanziario la tendenza a perdere le frontiere esterne insieme a quelle interne: quanto più ha successo il processo di costruzione delle spazio finanziario europeo, tanto più cresce la sua integrazione internazionale e quindi le esigenze di governarne la globalizzazione. Inoltre, in assenza di profonde modiche istituzionali, del tipo di quelle che hanno portato alla costituzione della BCE, il processo di uniformazione delle regole e degli standard di vigilanza in ambito europeo resta comunque complesso e faticoso.

Pur nel quadro di queste difficoltà di natura strutturale, notevoli appaiono i progressi compiuti nella costruzione di un mercato unico europeo e di un sistema di regole il più possibile adeguato alla progressiva integrazione delle attività e degli operatori sia su scala continentale che globale. Le modifiche normative introdotte dalle direttive del Piano d'azione europeo per i servizi finanziari, in via di completamento, sembrano rispondere in modo esauriente alle tendenze evolutive dei mercati e, in particolare, alla maggiore competizione tra i sistemi di negoziazione, allo sviluppo di nuove fonti informative e all'allargamento delle possibilità di accesso degli operatori ai mercati.

Le norme contenute nella Direttiva Mifid costituiscono un passo importante verso la costruzione di un mercato azionario europeo integrato: le imprese di investimento godranno effettivamente di un "passaporto unico" e gli investitori beneficeranno del medesimo livello di protezione in ambito comunitario . L'armonizzazione delle regole di condotta a livello sovranazionale rappresenta un presupposto indispensabile per la tutela dell'investitore, superando, o almeno contenendo, le spinte verso una "concorrenza al ribasso" fra ordinamenti.

Anche l'evoluzione della normativa europea sull'informazione societaria riflette i cambiamenti in atto, con lo scopo di fornire una cornice adeguata alle nuove esigenze e alle potenziali criticità.

La Direttiva sul prospetto favorisce la raccolta di capitali sul mercato europeo attraverso la semplificazione delle procedure e la standardizzazione dei contenuti informativi che devono essere forniti agli investitori in caso di offerte al pubblico e di ammissione a negoziazione. La Direttiva transparency definisce un sistema organico di diffusione di tutta l'informazione societaria, periodica e continua, adeguato all'integrazione dei mercati finanziari europei. La Direttiva sugli abusi di mercato rappresenta un passo importante nella definizione di un sistema di regolamentazione adeguato all'evoluzione delle caratteristiche e delle fonti dell'informazione rilevante per il mercato.

Ciò premesso, risulta evidente che il compito delle Autorità di vigilanza, soprattutto nel ruolo di regulator, si prospetta difficoltoso e può essere ostacolato da approcci regolamentari e di sorveglianza che continuano a presentare elementi di diversità fra Stati membri a fronte della progressiva integrazione dei mercati e dei servizi di intermediazione finanziaria.

La loro corretta ed uniforme applicazione da parte dei Securities Regulators ne costituisce elemento imprescindibile. In questo contesto emerge anche la necessità di rafforzare il coordinamento degli interventi di vigilanza e l'esigenza che le Autorità dei diversi paesi siano assolutamente tempestive nel prestare la collaborazione quando richiesta.

Il contributo che potrà apportare il CESR è fondamentale per cercare di ricondurre ad unità le eventuali divergenze tra le diverse Autorità nazionali ed evitare la tendenza a individuare in singole Autorità nazionali il ruolo di Autorità leader fenomeno da cui si potrebbe ritenere che derivi una più limitata protezione dei risparmiatori non residenti nel paese del regolatore leader.

A livello interno, le Autorità di vigilanza e gli operatori, ciascuno nel proprio ambito, dovranno sviluppare le sinergie necessarie a realizzare il sistema di tutela del risparmio che si sta delineando.

Gli operatori di mercato, rispetto alle Autorità di vigilanza, hanno probabilmente una capacità ridotta in termini di coordinamento, ma maggiore in termini di contributo di esperienza operativa. In un quadro in cui risulta più difficile regolamentare ex-ante e dall'alto fenomeni complessi, risulta di fondamentale importanza il contributo degli operatori, attraverso un uso sistematico della consultazione delle forze di mercato e attraverso la valorizzazione delle best practices.

In tale prospettiva anche gli attori sul mercato non possono limitarsi al rispetto passivo delle regole. Ben vengano, quindi, le norme previste per gli intermediari e per gli emittenti che, pur tenendo conto dei vincoli e delle concrete difficoltà operative, accolgono una visione della vigilanza in cui gli stessi svolgono un ruolo attivo nella tutela dell'integrità del mercato, in un clima di concreta collaborazione con l'Autorità di vigilanza.

Per quanto riguarda la Consob, il quadro delineato evidenzia con chiarezza il notevole accrescimento dei compiti dell'Istituto: crescono il numero e le tipologie di soggetti vigilati; dei settori presidiati dall'attività di controllo; delle patologie potenziali su cui intervenire. Aumentano progressivamente anche gli impegni internazionali connessi alla crescente integrazione delle attività di regolamentazione e vigilanza.

Nell'attività di vigilanza, lo sforzo della Consob è diretto in particolare ad aumentare la capacità di cogliere tempestivamente i segnali che si manifestano sul mercato riguardo a situazioni anomale o critiche sotto il profilo della trasparenza, completezza e simmetria informativa e sotto il profilo dell'integrità dei mercati e dell'offerta di servizi di intermediazione.

Per far fronte a tutto ciò occorrono dotazioni di personale e mezzi finanziari adeguati.

Sul piano delle risorse umane, la Legge comunitaria per il 2004 ha notevolmente ampliato la dotazione organica della Consob.

Sul piano delle risorse finanziarie, alla crescita dei compiti e della dotazione organica corrisponde un crescente fabbisogno di mezzi finanziari.

Sotto quest'ultimo profilo suscita forte preoccupazione la previsione contenuta nel disegno di legge finanziaria che azzera, per obiettivi di finanza pubblica, lo stanziamento pubblico a favore della Consob e delinea un sistema di finanziamento che ne riduce l'autonomia e l'indipendenza.

Il sistema proposto prevede infatti l'attribuzione all'Autorità di Governo del potere di stabilire sia l'entità complessiva del finanziamento ritenuta idonea per il funzionamento dell'ente (da porre a intero carico del mercato), sia la misura delle quote di contribuzione dovute da ciascuna categoria di operatori.

Attraverso la predeterminazione – senza alcun intervento della Consob – delle risorse finanziarie disponibili, viene ad essere condizionata l'intera attività dell'Istituto, sotto il duplice profilo della scelta degli obiettivi che è possibile perseguire e dell'efficacia dell'azione da svolgere.

Il previsto trasferimento a carico del mercato dell'intero finanziamento della Consob accrescerebbe inoltre, in misura assai rilevante per gli operatori, i contributi di vigilanza, il cui peso complessivo, in percentuale delle entrate della Consob, è già notevolmente cresciuto negli ultimi anni.

In conclusione, il mutamento del sistema di finanziamento previsto dalla legge finanziaria rischia di compromettere la capacità dell'Istituto di supportare, sotto il profilo finanziario la realizzazione dei propri compiti istituzionali, in un momento nel quale essa è chiamata a uno sforzo eccezionale per far fronte ai nuovi compiti che le sono attribuiti e all'evoluzione delle esigenze di tutela del mercato.

Ma questa preoccupazione è stata espressa più efficacemente di me dal Presidente della Consob in occasione del convegno "Politica economica; dal singolare al plurale" tenutosi a Baveno lo scorso 15 ottobre.