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OPA OBBLIGATORIA A CASCATA: ORIENTAMENTI (in “Consob Informa” n. 10 del 6 marzo 2000)

Si fa seguito al comunicato stampa diffuso in data 23 febbraio 2000 per rendere note le motivazioni della decisione assunta dalla Commissione circa l'eventuale esistenza di un obbligo di offerta su azioni Edison s.p.a. da parte della Compart s.p.a., a seguito del completamento dell'offerta promossa su azioni Montedison s.p.a..

La Commissione è stata chiamata a valutare se l'acquisto di azioni ordinarie di una società quotata, qualificabile come consolidamento della partecipazione ai sensi dell'art. 46 del regolamento Consob n. 11971/99, generi l'obbligo per l'acquirente di promuovere un'offerta pubblica di acquisto anche sulle azioni di altra società quotata della quale la prima detenga una partecipazione superiore al 30%.

Va premesso che si ha consolidamento, ai sensi dell'art. 46 del citato regolamento, quando un socio, che detenga più del 30% ma meno del 50% del capitale ordinario, acquista più del 3% di tale capitale in dodici mesi. La norma, emanata in forza dell'art. 106, co. 3, lett. b), del d.lgs n. 58/98, prevede l'obbligo di offerta solo in relazione ad acquisti di azioni della società quotata in cui l'acquirente già partecipi nella misura indicata.

L'articolo 45 dello stesso regolamento, in attuazione dell'art. 106, co. 3, lett. a), del d.lgs n. 58/98, considera invece il caso in cui il superamento della soglia di partecipazione del trenta per cento in una società quotata, da cui discende l'obbligo di offerta pubblica, non derivi dall'acquisto diretto di azioni di detta società, bensì dall'acquisto di azioni di altra società da cui quella sia partecipata costituendone il principale elemento patrimoniale. L'ipotesi contemplata è, dunque, unicamente quella in cui, a causa di un siffatto acquisto indiretto (o della somma di acquisti diretti ed indiretti), taluno venga a detenere più del trenta per cento delle azioni con diritto di voto della società quotata posta al termine della catena partecipativa. Non è considerato dalla norma il diverso caso in cui chi già detenga una tale partecipazione indiretta superiore al trenta per cento consolidi (indirettamente) la propria posizione mediante acquisti di ulteriori azioni della società controllante.

L'interpretazione letterale delle norme sopra richiamate sembra pertanto univocamente suggerire una risposta negativa all'interrogativo posto. Ad una diversa conclusione non conduce, peraltro, neppure l'analisi della ragione ispiratrice di dette norme (e di quelle del d.lgs. n. 58/98 che ne è alla base). E' vero, infatti, che la descritta operazione può avere l'effetto di ridurre la contendibilità del gruppo nel suo complesso, a cagione del consolidamento della posizione del socio di controllo nella società posta al vertice della catena partecipativa; ed è anche vero che ciò affievolisce le speranze degli azionisti della società partecipata di ottenere benefici conseguenti ad eventuali offerte pubbliche d'acquisto che terzi volessero lanciare sulla società di vertice. Ma è evidente che si tratta della mera aspettativa di un lucro futuro e del tutto eventuale, come tale non tutelata dall'ordinamento.

Le ragioni ispiratrici della normativa in esame possono invece essere ben comprese ove si tenga conto delle diverse finalità tutelate, rispettivamente, dall'obbligo di offerta conseguente al superamento della partecipazione del 30% del capitale ordinario di una società quotata e dall'obbligo di offerta conseguente al semplice consolidamento della partecipazione già detenuta in detta società.

Nel primo caso, la ragione dell'obbligo essenzialmente risiede nella possibilità - che il legislatore ha inteso assicurare agli azionisti di minoranza - di liquidare la propria partecipazione ad un prezzo congruo, e perciò di uscire dalla società in presenza di un socio (o di un gruppo di soci agenti di concerto) che, superando una soglia partecipativa rilevante stabilita dalla legge, assuma ex novo una posizione preminente nella società medesima. Nel secondo caso un socio preminente già esiste e non muta identità. Quel che giustifica l'obbligo di offerta è solo il fatto che diminuisce il potere d'interdizione dei soci minoritari (i quali restano comunque tali), in conseguenza del rafforzamento della posizione del socio di maggioranza.

L'insorgere di un socio preminente o il mutamento della sua identità è, però, un evento che, ove si realizzi nella società posta al vertice di una catena partecipativa, produce naturalmente i propri effetti su tutte le società che da quella siano controllate. E ciò spiega l'obbligo di offerta pubblica "a cascata" sulle società sottostanti, nei termini ed alle condizioni indicati dal citato art. 45 del regolamento.

Al contrario, il mero affievolimento del potere d'interdizione dei soci di minoranza, come conseguenza del consolidarsi della posizione preminente del socio di maggioranza, si manifesta primariamente sul piano dei cosiddetti diritti corporativi e quindi soltanto nell'ambito della singola società partecipata, non dipendendo in alcun modo da eventuali mutamenti che siano intervenuti nella composizione dell'azionariato della partecipante. Se perciò esso giustifica l'obbligo di offerta pubblica in conseguenza del mutamento relativo dei rapporti di forza all'interno di una determinata compagine sociale, nei termini indicati dall'art. 46 del regolamento medesimo, non altrettanto può dirsi quando tale mutamento si produce in una società diversa, posta ad un più alto livello della catena di controllo, senza quindi in alcun modo incidere sulla percentuale di partecipazione dei soci di minoranza nella società controllata.

In conclusione, v'è motivo di tutela dei soci della società posta al livello inferiore della catena partecipativa in presenza di un mutamento dell'azionista di controllo o rilevante della società controllante, ma non in presenza di un semplice consolidamento della posizione di tale azionista nella sola società posta al primo livello della catena.

Nella fattispecie sottoposta all'esame della Commissione il suddetto affievolimento della possibilità, per i soci di minoranza, di esercitare diritti corporativi si realizza nella società di cui vengono acquistate direttamente le azioni, mentre non riguarda la società partecipata dalla prima, nella quale l'assetto azionario rimane immutato. L'imposizione di un obbligo di offerta su tale seconda società apparirebbe pertanto ingiustificato, non essendovi un nuovo socio che abbia superato, sia pure indirettamente, la soglia del 30%, né alcun rafforzamento che determini un affievolimento dei diritti corporativi dei soci di minoranza.