I servizi di investimento

Servizi di investimento

 

1. Cos'è un servizio di investimento

Quando andiamo da un intermediario (banca, SIM) e chiediamo di acquistare un'azione, un'obbligazione o un qualsiasi altro titolo, l'attività che ci viene prestata è un servizio di investimento. Anche se chiediamo di gestire una somma di denaro acquistando e vendendo strumenti finanziari, l'attività che ci viene prestata è un servizio di investimento, così come altre attività fornite dagli intermediari. I servizi di investimento sono dunque attività, prestate da determinati soggetti, attraverso le quali possiamo impiegare, sotto varie forme, i nostri risparmi in attività finanziarie.

Investire i propri risparmi è una cosa troppo complessa e importante per essere considerata come qualsiasi altra attività della vita quotidiana. Per questo, l'ordinamento vi dedica un'attenzione particolare, disciplinando analiticamente i servizi di investimento ed i soggetti che possono prestarli.

servizi e le attività di investimento, puntualmente individuati dalla legge (Testo unico della finanza, la principale legge nazionale in materia di investimenti in conformità a quanto previsto dalla Direttiva Comunitaria 2004/39, cd. MIFID ), sono:

a) esecuzione di ordini per conto dei clienti;

b) negoziazione per conto proprio;

c) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione;

d) ricezione e trasmissione di ordini;

e) sottoscrizione e/o collocamento con o senza assunzione a fermo ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente;

f) gestione di portafogli;

g) consulenza in materia di investimenti.

Tutti i servizi di investimento hanno ad oggetto strumenti finanziari, termine con il quale ci si riferisce ad azioni, obbligazioni, titoli di Stato, quote di fondi, contratti e strumenti derivati ecc., ossia quegli strumenti attraverso i quali è possibile effettuare investimenti di natura finanziaria.

2. Chi può prestare servizi di investimento

I servizi di investimento, appunto perché coinvolgono un tema importante come il risparmio, non possono essere prestati da chiunque, ma solo da soggetti dotati di una specifica autorizzazione rilasciata, per quanto concerne le entità di diritto italiano, a seconda dei casi, dalla Consob o dalla Banca d'Italia.

Non tutti i soggetti possono essere autorizzati. L'autorizzazione può essere rilasciata a:

  • società di intermediazione mobiliare (sim) italiane: possono essere autorizzate dalla Consob ad offrire tutti i servizi di investimento;
  • banche italiane: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad offrire tutti i servizi di investimento;
  • società di gestione del risparmio: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia all'esercizio dell'attività di gestione di portafogli, dell'attività di consulenza e di commercializzazione di fondi comuni o sicav;
  • intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'art. 107 del Testo unico bancario tenuto dalla Banca d'Italia: possono essere autorizzati alla negoziazione per conto proprio e all'esecuzione degli ordini dei clienti (limitatamente agli strumenti finanziari derivati), nonché al servizio di sottoscrizione o collocamento;
  • banche di Paesi comunitari: possono offrire in Italia i servizi per i quali sono state autorizzate dall'autorità di vigilanza del Paese d'origine;
  • imprese di investimento di Paesi comunitari: possono offrire in Italia i servizi per i quali sono state autorizzate dall'autorità di vigilanza del Paese d'origine;
  • imprese di investimento extra-comunitarie: possono essere autorizzate dalla Consob ad offrire in Italia tutti i servizi di investimento;
  • banche extra-comunitarie: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad offrire in Italia tutti i servizi di investimento;
  • agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale tenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze: possono svolgere l'attività di esecuzione di ordini, collocamento, gestione di portafogli, ricezione e trasmissione di ordini e consulenza.

L'autorizzazione non è un'inutile pratica burocratica. Consente di verificare la sussistenza dei requisiti di professionalità, onorabilità e solidità finanziaria e sottopone i soggetti autorizzati ad un regime di vigilanza continua.

E' bene quindi, quando si entra in contatto con un intermediario, verificare che sia autorizzato.

Verificare, poi, non è difficile, anche perché prima di investire l'intermediario deve dichiarare di essere in possesso dell'autorizzazione e indicare l'autorità (e il relativo recapito) che l'ha rilasciata.

La Consob sul proprio sito internet pubblica l'albo delle imprese di investimento italiane (sim), di quelle comunitarie e di quelle extra-comunitarie. Ciascuno può quindi verificare se l'intermediario con cui è entrato in contatto è autorizzato e a quali servizi.

Analoga verifica può essere effettuata presso la Banca d'Italia per i soggetti bancari.

3. I servizi di investimento in Europa

Nel mercato unico europeo le imprese di investimento e le banche dei Paesi comunitari possono svolgere liberamente la propria attività in tutti gli altri Paesi della Comunità europea.

A questo fine occorre che le regole che governano i servizi di investimento siano le stesse in ogni Paese. Per questo motivo, sono le stesse norme comunitarie (direttive e regolamenti) che disciplinano nel dettaglio la materia.

Le normative nazionali, che recepiscono negli ordinamenti dei singoli Paesi le previsioni comunitarie, si limitano, in sostanza, a riprodurre ed eventualmente dettagliare le norme comunitarie: vi sono infatti forti vincoli a che il legislatore nazionale possa inserire regole e previsioni diverse (anche se più tutelanti per i risparmiatori).

E' quindi possibile – anzi, nell'ottica del mercato unico, normale – che una banca ad esempio inglese offra in Italia i servizi di investimento per i quali è stata autorizzata dall'autorità del suo Paese.

L'impresa di investimento o la banca può operare in altri Paesi sia direttamente, in libera prestazione di servizi o con succursale: nel primo caso opera materialmente  dal proprio Paese di origine (tipicamente attraverso strumenti di comunicazione a distanza, quali internet); nel secondo stabilisce nel Paese in cui  offre i propri servizi una succursale.

Per il risparmiatore dovrebbe essere indifferente essere cliente di un soggetto francese piuttosto che inglese o italiano: i livelli di tutela, infatti, sono sempre quelli fissati dalla normativa comunitaria.

Cambiano però alcuni aspetti. L'autorità di vigilanza che controlla l'intermediario, ad esempio, è diversa: se l'intermediario opera in libera prestazione di servizi, l'autorità competente sarà quella del Paese di origine dell'intermediario; se invece opera attraverso una succursale, all'autorità del Paese dove è situata la succursale (Paese ospitante) spetta il compito di vigilare sulle regole di condotta, mentre all'autorità del Paese di origine spetta il compito di vigilare sulla sana e prudente gestione dell'intermediario (cioè sulla sua stabilità patrimoniale).

Occorre poi considerare che, in caso di controversie, il risparmiatore potrebbe dover adire organi giurisdizionali o di risoluzione stragiudiziale delle controversie (sistemi di conciliazione e di arbitrato) stranieri.

Per individuare l'organismo di risoluzione stragiudiziale competente, il risparmiatore può rivolgersi all'organismo del proprio Paese (per l'Italia, attualmente, la Camera di Conciliazione e Arbitrato.

4. Le regole che ci tutelano

L'importanza del risparmio ha portato a definire regole, strumenti e presidi per tutelare gli investitori nella prestazione di servizi di investimento.

Gli intermediari sono così tenuti a rispettare principî e regole di condotta, il cui fine è quello di assicurare la correttezza del loro comportamento e di consentire al cliente scelte di investimento informate, consapevoli e rispondenti alle proprie esigenze.

Il Testo unico della finanza impone ai soggetti abilitati di rispettare alcuni principî generali, e cioè di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti.

Comportarsi con diligenza vuol dire agire in maniera professionalmente adeguata. In altri termini, conoscere e fare bene il proprio mestiere.

Si è corretti se ci si comporta con lealtà, senza secondi fini (oltre quello dell'interesse del cliente) e rispettando tutte le prescrizioni.

La trasparenza, come concetto, è legata all'informazione. Si sostanzia nel rendere al cliente tutte le informazioni necessarie sul servizio prestato.

Tutti questi principî hanno un unico obiettivo: l'interesse del cliente. Attenzione, non sono parole vuote né, tanto meno, inutili: sono parole "pesanti". Teniamole sempre a mente e pretendiamo che l'intermediario operi effettivamente nel nostro interesse.

4.1) L'informazione

Quando si parla di investimenti, l'informazione è sempre importante. Conoscere per investire: è la regola fondamentale. Se non si conosce, è meglio non investire: il corollario.

Per la corretta informazione dell'investitore sono previsti regole, strumenti e presidi che presuppongono specifici obblighi per gli intermediari. Le informazioni devono essere fornite sia prima di investire che dopo.

4.1.1) Prima di investire

Informazioni sul servizio offerto

L'intermediario ci deve informare su se stesso e sul servizio che offre. Alcune informazioni sono molto semplici:

  • i recapiti e la lingua da usare per comunicare;
  • la dichiarazione di essere autorizzato e l'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione.

Altre sono più "sostanziali":

  • i metodi di comunicazione tra cliente e impresa;
  • le modalità di rendicontazione dell'attività svolta;
  • le modalità con cui l'intermediario garantisce la tutela delle somme o dei titoli dei clienti eventualmente detenuti. Informazioni più dettagliate devono essere fornite quando gli strumenti sono detenuti da terzi;
  • il sistema di indennizzo o di garanzia dei depositi dei clienti;
  • una descrizione anche sintetica della politica seguita in materia di conflitti di interessi; se il cliente lo richiede (e perché non farlo?), una descrizione più dettagliata di questa politica.
  • Sono informazioni che possono sembrare inutili: non lo sono!.

Prima o poi capiterà di dover comunicare con l'intermediario e sicuramente è utile sapere se un ordine lo dobbiamo dare per iscritto o possiamo darlo anche per telefono o e-mail.

E di sicuro non sono irrilevanti le modalità con cui l'intermediario custodirà i nostri titoli ed i nostri soldi, gestirà i conflitti di interessi che inevitabilmente si possono creare, soprattutto se l'intermediario appartiene ad un gruppo di società che operano in più settori.

Infine, si spera che non serva, ma se l'intermediario avesse problemi finanziari, tali da determinare l'apertura di procedure concorsuali, sarebbe sicuramente utile sapere a quale sistema di indennizzo rivolgersi.

Informazioni sugli strumenti finanziari

L'intermediario deve descrivere al cliente le caratteristiche ed i rischi del tipo di strumento finanziario (quindi non necessariamente dello specifico strumento finanziario) che si acquisterà con il servizio di investimento.

Quanto ai rischi, devono essere evidenziati, se pertinenti al tipo di strumento finanziario di volta in volta trattato, i seguenti elementi:

  • il rischio di perdita totale e l'incidenza dell'effetto leva;la possibilità di oscillazioni del prezzo dello strumento finanziario ed eventuali limiti alla sua liquidabilità;
  • la possibilità che dall'investimento derivino impegni, obbligazioni, passività potenziali che si aggiungono al costo di acquisizione del titolo. In altri termini: oltre a perdere quanto investito, potremmo essere chiamati a dover versare altro denaro;
  • pratiche di marginatura connesse all'investimento.
  • Qui non abbiamo scuse: sono informazioni importanti cui dobbiamo prestare attenzione: si sta parlando della possibilità di perdite, anche totali, del proprio investimento o, addirittura, che si possa essere obbligati a versare più di quanto investito (e perso).

Informazioni sui costi

L'intermediario non può dar luogo all'investimento se prima non ha informato il cliente dei costi del servizio offerto. In particolare, deve indicare (sempre se pertinenti al servizio concretamente prestato):

  • il prezzo totale (comprensivo quindi di ogni competenza, commissione, onere, spesa e imposta da pagare tramite l'intermediario) a carico del cliente per il servizio o lo strumento finanziario;
  • i singoli elementi che compongono il costo totale;
    le spese e i tassi di cambio per gli investimenti in valuta;
    la possibilità che emergano altri costi e imposte al di fuori di quelli da pagare all'intermediario.

E' inutile sottolineare l'importanza dei costi. Il loro ammontare limita il rendimento dell'investimento, a volte anche in maniera significativa (vedi l'esempio nel box di seguito).

 

Esempio

Immaginiamo di acquistare un BOT annuale (durata=t=1), ad un prezzo (P) di 97 euro, che verrà rimborsato ad un valore nominale (V.N.) di 100 euro. Per conoscere il rendimento percentuale (r) che questo titolo assicura, basta applicare la seguente formula:

 

Ipotizziamo ora di dover pagare, oltre al prezzo del BOT, anche una commissione di negoziazione, a favore dell'intermediario, di 20 centesimi di euro. Il prezzo pagato per l'acquisto del titolo sale quindi a 97,20 euro. Di conseguenza, anche il rendimento dell'investimento finanziario cambierà. Applicando la formula precedente, otteniamo:

 

 

Come si vede, il pagamento delle commissioni riduce il rendimento dell'investimento. Ovviamente, commissioni più elevate determinano rendimenti sempre più bassi.

Tutte queste informazioni devono essere fornite al cliente in tempo utile prima di investire e su "supporto duraturo oppure, se il cliente acconsente, su un sito internet.

Il tipico supporto duraturo è la carta ma, se il cliente accetta, si può usare qualsiasi altro supporto, anche informatico, idoneo a conservare le informazioni.

4.1.2) Dopo aver investito

Non basta "staccare" l'assegno e firmare il modulo. Gli investimenti vanno seguiti anche dopo.

In generale, e per tutti i servizi, l'intermediario deve inviare ai clienti la rendicontazione dell'attività prestata, comprensiva anche dei costi per il cliente. Sono previste specifiche modalità di rendicontazione per ciascun servizio di investimento. Ne tratteremo nell'illustrare i singoli servizi all'interno della Parte II.

4.2 ) Il contratto

Tutti i servizi di investimento, ad eccezione della consulenza in materia di investimenti, devono essere prestati sulla base di un contratto scritto. Perché prevedere la forma scritta per il contratto? Essenzialmente per due ragioni:

  • si vuole enfatizzare l'importanza dell'atto e attrarre l'attenzione di chi lo sta compiendo richiedendogli di firmare un foglio;
  • si vogliono fissare in un documento i contenuti dell'accordo fra le parti, anche per poterli facilmente dimostrare in futuro.
  • Occorre precisare che la forma scritta è richiesta solo per il contratto con cui si conviene la prestazione di un servizio di investimento. Altra cosa sono gli ordini conferiti all'intermediario in esecuzione del contratto che non devono, necessariamente, essere formulati per iscritto.

Il contratto deve contenere i seguenti elementi:

  • del servizio e delle prestazioni dovute;
  • modifica e rinnovo del contratto;
  • modalità con le quali il cliente può impartire ordini e istruzioni;
  • frequenza e contenuto della rendicontazione;
  • per alcuni servizi (esecuzione ordini, ricezione e trasmissione ordini e gestione di portafogli) e nel caso di operazioni che possono determinare perdite superiori al valore dell'investimento, la soglia di perdita oltre la quale avvertire il cliente;
  • la remunerazione dell'intermediario e gli incentivi da esso ricevuti;
  • la possibilità di prestare, in connessione al servizio offerto, la consulenza in materia di investimenti;
  • le eventuali procedure di conciliazione e di arbitrato in caso di controversie.

La raccomandazione è sempre la stessa (e non potrebbe essere altrimenti): leggere prima di firmare.

4.3) Adeguatezza, appropriatezza e mera esecuzione

Mi sta bene questo vestito?

Quante volte lo abbiamo chiesto al commesso e, se il commesso è bravo, con un'occhiata, ci dice se "cade bene"; poi, se è veramente bravo, e magari ci conosce un po', ci fa capire anche se è adeguato alla nostra personalità ed al nostro modo di essere.

Anche l'investimento deve essere "su misura" ed "il commesso", dipendente dell'intermediario o promotore finanziario, ha il dovere (tranne nella mera esecuzione di ordini) di valutare se il prodotto che ci propone, o che gli chiediamo, fa al caso nostro.

Per una valutazione corretta, l'intermediario deve però conoscerci. Non stupiamoci, quindi, se al primo incontro ci chiederà informazioni sulla nostra situazione e diamole, queste informazioni! Chi le chiede sta operando in maniera corretta per meglio svolgere il suo lavoro. Anzi, diffidiamo se l'intermediario inizia il rapporto senza chiederci nulla o invitandoci a non fornire le informazioni su di noi sminuendone l'importanza.

L'assistenza fornita dall'intermediario ha diverse gradazioni, a seconda del servizio prestato, fino ad annullarsi per la mera esecuzione di ordini (execution only).

4.3.1) Adeguatezza

L'assistenza più ampia, consistente nel valutare l'adeguatezza dell'investimento, è prevista per i servizi di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli: sono i servizi più complessi e a più alto valore aggiunto per il cliente che richiede una specifica assistenza da parte dell'intermediario.

L'intermediario può valutare se un investimento è per noi adeguato solo se ci conosce bene dal punto di vista finanziario. Dovrà quindi chiederci informazioni relative a:

  • conoscenza ed esperienza in materia di investimenti – Ci domanderà con quali tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari abbiamo dimestichezza; la natura, la dimensione e la frequenza delle operazioni finanziarie già compiute; il livello di istruzione e la professione svolta;
  • situazione finanziaria – E' utile per l'intermediario conoscere la fonte e la consistenza del nostro reddito e patrimonio complessivo, nonché gli impegni finanziari già assunti (ad esempio la rata del mutuo);
  • obiettivi di investimento – L'intermediario si informerà per quanto tempo vogliamo investire il nostro denaro, sulla nostra propensione al rischio e sulle finalità per cui investiamo.
  • Non è possibile prestare consulenza o gestire portafogli senza queste informazioni. Per cui non abbiamo scelta: o forniamo le informazioni o rinunciamo a questi servizi.

Non si tratta di un'invadenza della nostra sfera privata da parte dell'intermediario, ma di una condizione necessaria affinché quest'ultimo possa svolgere correttamente, nell'interesse del cliente, la propria attività: come si può raccomandare un'operazione (consulenza) se, ad esempio, non si ha la minima idea della propensione al rischio del cliente? E, analogamente, come è possibile gestire del denaro (gestione di portafogli) se non si sa quando occorrerà liquidare l'investimento per restituire il controvalore al cliente?

Acquisite le informazioni, l'intermediario valuta che il servizio di gestione, e le singole operazioni effettuate dal gestore, nonché le operazioni consigliate nell'ambito del servizio di consulenza siano tali da:

  • corrispondere agli obiettivi di investimento del cliente;
  • non porre a carico del cliente rischi da lui non sopportabili;
  • comportare rischi che il cliente, dato il suo livello di esperienze e conoscenza, è in grado di comprendere.

Solo alla fine di questo processo l'operazione potrà considerarsi adeguata. Ciò comporta una forma di tutela realmente efficace per il risparmiatore e, al contempo, un impegno gravoso per l'intermediario che avrà l'onere, e la corrispondente responsabilità (da far valere anche in caso di controversie), di porre in essere o consigliare solo operazioni adeguate.

4.3.2) Appropriatezza

Per tutti i servizi di investimento - tranne la consulenza in materia di investimenti e la gestione di portafogli, nei quali come si è visto l'assistenza che l'intermediario deve fornire è assai ampia - l'intermediario deve valutare che l'investimento proposto o richiesto dal cliente sia appropriato. E' una valutazione di minore portata rispetto all'adeguatezza, perché tiene conto di un minor numero di elementi.

Per valutare l'appropriatezza l'intermediario deve chiedere al cliente informazioni riguardanti, esclusivamente, la sua conoscenza ed esperienza circa il tipo di strumento o servizio proposto o richiesto. Più precisamente, deve chiedergli quali sono i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali ha dimestichezza, la natura, la dimensione e la frequenza delle operazioni finanziarie realizzate in passato, il livello di istruzione e la professione svolta.

Un prodotto è appropriato se il cliente ha conoscenze ed esperienza sufficienti per comprendere i rischi connessi al prodotto stesso.

Se l'intermediario ritiene non appropriato l'investimento deve avvertirci. Se riceviamo questo avvertimento, quindi, prestiamo attenzione: stiamo acquistando un prodotto di cui non siamo in grado di valutare i rischi.

Ovviamente, il meccanismo funziona se forniamo le informazioni richieste. Se decidiamo di non fornirle, l'intermediario ci potrà comunque prestare il servizio ma non sarà nella migliore condizione di valutare (e ci avvertirà di questa circostanza) l'appropriatezza dei nostri investimenti.

Vale la pena di rinunciare a questa tutela per non fornire qualche notizia su di noi e su come, in passato, ci siamo comportati con gli investimenti?

4.3.3) Mera esecuzione di ordini

La mera esecuzione di ordini (execution only) è una modalità di svolgimento dei servizi di esecuzione di ordini e di ricezione e trasmissione di ordini. Questa modalità può essere adottata solamente se i servizi si riferiscono a:

  • azioni quotate in un mercato regolamentato;
  • strumenti del mercato monetario;
  • obbligazioni e altri titoli di debito (come i titoli di Stato);
  • fondi armonizzati (sono i comuni fondi di investimento);
  • altri strumenti finanziari non complessi.

Nella mera esecuzione l'intermediario esegue l'ordine senza dover valutare se l'operazione è appropriata per il cliente e, conseguentemente, non deve chiedergli alcuna informazione.

Restano comunque fermi gli altri obblighi quali, ad esempio, quello di informare i clienti e di rispettare le regole in materia di conflitti di interessi.

L'esclusione dell'obbligo di valutare l'appropriatezza è uno svantaggio per il cliente che viene privato di una tutela. Ne consegue una maggiore responsabilizzazione perché egli stesso dovrà valutare, senza alcun aiuto da parte dell'intermediario, se una certa operazione è appropriata o meno per se stesso.

Il servizio è quindi di norma adatto a chi già ha una buona esperienza e conoscenza in materia di investimenti e pensa quindi di sapere fare da sé. Non a caso la mera esecuzione di ordini può essere fornita solo su richiesta espressa del cliente.

Soprattutto chi non è particolarmente esperto della materia non dovrebbe chiedere la mera esecuzione di ordini: si priverebbe di una tutela derivante da un preciso obbligo posto a carico dell'intermediario, che potrebbe anche avere rilevanza in caso di successive controversie.

Come sempre, però, gli strumenti di per sé non sono né buoni né cattivi: dipende dall'uso. Anche la mera esecuzione potrebbe essere vantaggiosa poiché, verosimilmente, visto il minor impegno e responsabilità dell'intermediario, dovrebbe avere costi inferiori.

Di questo vantaggio possono approfittare i risparmiatori esperti (consapevoli, però, che in caso di investimento sbagliato, nulla potranno recriminare contro l'intermediario) e coloro i quali vogliono investire esclusivamente in impieghi con rischiosità molto bassa (ad esempio i Bot). In entrambi i casi la valutazione di appropriatezza svolta dall'intermediario potrebbe essere meno utile.

4.4) Gli incentivi

Gli incentivi (spesso chiamati con il termine inglese inducements) sono compensi, commissioni o prestazioni non monetarie pagati o ricevuti da un intermediario in connessione alla prestazione di un servizio di investimento. Ad esempio, un gestore di portafogli riceve dall'esecutore di ordini scelto per effettuare le operazioni un compenso per ogni ordine: questo compenso è un incentivo.

La regola è che gli incentivi sono vietati, a meno che:

a. siano ricevuti da (o pagati a) un cliente;

b. siano ricevuti da (o pagati a) un soggetto diverso dal cliente a condizione che:

  • la natura e l'importo (o il metodo di calcolo) siano comunicati chiaramente al cliente prima della prestazione del servizio;
  • siano volti ad accrescere la qualità del servizio prestato;
  • siano compatibili con l'obbligo dell'intermediario di servire al meglio gli interessi del cliente;

c. siano necessari alla prestazione dei servizi.

Le previsioni delle lettere a) e c) sono scontate: che il cliente paghi commissioni all'intermediario è normale e lo è altrettanto che siano consentite le commissioni necessarie per prestare i servizi, quali i costi di custodia, le commissioni di cambio valuta, ecc..

Più problematica è la lettera b). Quand'è che gli incentivi accrescono la qualità del servizio prestato e a quali condizioni sono compatibili con l'obbligo di servire al meglio l'interesse del cliente?

A questo fine, occorre che i pagamenti ricevuti dall'intermediario siano strumentali al miglioramento del contenuto del servizio reso al cliente e, quindi, portatori di vantaggi per il cliente stesso.

Se, ad esempio, una società emittente paga un contributo ad un consulente in materia di investimenti e tale contributo è utilizzato per migliorare gli strumenti di analisi si può affermare che accresce la qualità del servizio prestato. Sempreché, ovviamente, il pagamento non possa distorcere le raccomandazioni del consulente al cliente.

Il cliente deve comunque essere informato dell'esistenza di incentivi, della loro natura e portata. E' un'informazione utile, che potrebbe anche portare a preferire intermediari che non ricevano incentivi o lo facciano in misura limitata.

4.5) I conflitti di interessi

Si ha conflitto di interessi quando l'intermediario nel prestare un servizio di investimento ha un interesse proprio, o è portatore di interessi di terzi, in contrasto con quello del cliente.

Capita spesso che l'intermediario operi, anche tramite altre società del gruppo, in molti settori: offre servizi di investimento, svolge attività bancaria, emette obbligazioni, fa parte di consorzi di collocamento di titoli, ecc..

In questa situazione, la possibilità, almeno teorica, di conflitti di interessi è evidente: se la banca che controlla l'intermediario emette obbligazioni e l'intermediario le inserisce nella gestione di portafogli che presta al cliente è possibile che lo faccia non tanto nell'interesse del cliente ma per agevolare la distribuzione dell'emissione obbligazionaria della banca controllante.

Ovviamente, i conflitti di interessi non devono danneggiare i clienti. A questo fine, gli intermediari devono rispettare delle regole.

In primo luogo, devono individuare tutte le situazioni al loro interno che possono generare conflitti di interessi.

Individuati i conflitti, gli intermediari devono gestirli, con misure organizzative tali da impedire che incidano negativamente sugli interessi dei clienti. Tali misure devono garantire che i soggetti materialmente coinvolti nella prestazione del servizio possano agire con un adeguato livello di indipendenza.

L'individuazione dei conflitti e la loro gestione fanno parte della politica di gestione dei conflitti che deve essere redatta per iscritto e comunicata al cliente prima di prestare il servizio di investimento.

Può anche capitare, in casi eccezionali, che la situazione di conflitto sia tale da non poter essere realisticamente neutralizzata attraverso le misure organizzative. In questo caso l'intermediario deve informare il cliente, in modo chiaro e su supporto duraturo, della natura e delle fonti del conflitto.

Se dunque l'intermediario ci comunica di essere in conflitto di interessi nel prestare il servizio che gli abbiamo chiesto, non leggiamo questa comunicazione distrattamente (o, peggio, non ignoriamola del tutto) e cerchiamo di capire se e come l'interesse dell'intermediario può nuocere al nostro. E se siamo in dubbio, perché non rivolgerci ad un altro intermediario?

In ogni caso, la comunicazione della situazione di conflitto al cliente non esime l'intermediario dall'adottare tutti gli accorgimenti per evitare che questa situazione crei, concretamente, un danno al cliente.