abstract - AREA PUBBLICA
RAPPORTO 2022
Il Rapporto sulla corporate governance delle società quotate italiane fornisce evidenze in merito ad assetti proprietari, organi sociali, assemblee e operazioni con parti correlate, sulla base di dati desunti da segnalazioni statistiche di vigilanza e informazioni pubbliche.
L'edizione 2022 include due approfondimenti sulle politiche di engagement adottate dalle società del Ftse Mib a fine 2022 e sull’interesse espresso dagli azionisti su temi ESG nelle stagioni assembleari 2018 e 2019.
Assetti proprietari La governance delle società italiane a fine 2021 registra alcune novità, sia rispetto all’anno precedente sia rispetto a un orizzonte di lungo periodo. Con riguardo alla concentrazione proprietaria, la quota del primo azionista risulta in lieve aumento, raggiungendo in media il 49% dal 47,6% nel 2020, circa tre punti percentuali in più rispetto al 2011. Nell’ambito dell’azionariato rilevante, diminuisce la presenza degli investitori istituzionali, presenti in 55 società, rispettivamente 10 e 20 in meno rispetto al 2020 e al 2011 (il calo è più marcato per i soggetti esteri). ... leggi di più |
A fine 2021, le società italiane con azioni ordinarie quotate sull’Euronext Milan (EXM) sono 216, con una capitalizzazione complessiva superiore a 583 miliardi di euro. Più della metà delle società quotate appartiene al settore industriale, corrispondente al 36,6% circa del valore totale di mercato, mentre il settore dei servizi e quello finanziario contano rispettivamente per il 23,6% e il 22,2% degli emittenti quotati, pari al 30.8% e 32.6% della capitalizzazione complessiva. La concentrazione proprietaria delle imprese è lievemente cresciuta: la quota del primo azionista a fine 2021 è pari in media al 49% del capitale (47,6% nel 2020), mentre la quota del mercato è pari al 39% del capitale (40% nel 2020). In linea con gli anni precedenti, le famiglie continuano a essere i principali azionisti di riferimento, controllando il 63,4% delle imprese quotate, in prevalenza di minori dimensioni (incluse nell’indice Star o non incluse in alcun indice) e operanti nel settore industriale. Lo Stato e gli altri enti locali rappresentano l’azionista di riferimento nell’11,6% delle società, in prevalenza di maggiori dimensioni e appartenenti al settore dei servizi. Non è possibile individuare un ultimate controlling agent (UCA) per il 19% circa degli emittenti, in prevalenza imprese di maggiori dimensioni che operano nel settore finanziario. La presenza di investitori istituzionali nell’azionariato rilevante delle società quotate italiane a fine 2021 mostra una riduzione rispetto agli anni più recenti, sia nel numero di imprese in cui tali investitori sono titolari di partecipazioni superiori alla soglia di trasparenza proprietaria (55 versus 65 del 2020, a fronte di una quota media oscillante attorno all’8%) sia nel numero complessivo di partecipazioni rilevanti detenute (72, mentre erano 84 nel 2020). Questa contrazione è riferibile soprattutto agli investitori esteri, la cui presenza nel 2021 ha registrato i valori più bassi dal 2013 quanto a numero di società partecipate e dal 2014 quanto a partecipazioni rilevanti. È invece rimasto stabile a 18 il numero di emittenti (in prevalenza di piccole dimensioni) partecipati in misura rilevante da investitori istituzionali italiani, mentre il numero di partecipazioni di questi ultimi è aumentato di una unità (da 19 nel 2020. A fine 2021 il voto maggiorato è previsto nello statuto di 69 emittenti (64 nel 2020), rappresentativi di poco più del 18% del valore totale di mercato. Tale previsione è inoltre più frequente nei settori industriale e dei servizi, nonché tra le società di minori dimensioni. Gli azionisti hanno maturato la maggiorazione dei diritti di voto in 46 società, dove per l’azionista principale si registra una differenza tra diritti di voto e diritti ai flussi di cassa (cosiddetta wedge) pari in media al 12,7%. Rimane marginale il fenomeno del voto plurimo, previsto in 4 società. |
Governo societario e board diversity Con riferimento agli organi sociali, tra le novità più significative emerge la crescente diversità di genere, che a fine 2022 vede attestarsi al 43% la quota degli incarichi di amministratore delle società quotate esercitata da una donna, per effetto dell’applicazione della quota di genere dei due quinti dell’organo prevista dalla Legge n. 160/2019. In linea con gli anni passati, le donne sono in maggioranza consiglieri indipendenti (73%) e raramente ricoprono il ruolo di amministratore delegato o di presidente dell’organo amministrativo (in 17 e 32 casi, rispettivamente). L’interlocking femminile, inoltre, sebbene sia ancora più marcato di quello maschile, continua a ridursi rispetto al massimo raggiunto nel 2019, quando riguardava il 34,9% delle donne, portandosi al 28,6% a fine 2022. ... leggi di più |
Nel triennio 2019-2021, la dimensione media degli organi sociali degli emittenti quotati italiani che hanno adottato il modello di amministrazione e controllo tradizionale (circa il 98% del listino, rappresentativo di circa il 92% della capitalizzazione complessiva) è rimasta sostanzialmente stabile, a fronte di un lieve incremento del peso dei membri indipendenti e di minoranza nei consigli di amministrazione e dei componenti di minoranza nei collegi sindacali. Continua ad attenuarsi il fenomeno dell’interlocking, come mostrato dalla progressiva contrazione sia del numero medio di amministratori titolari di incarichi in consigli di amministrazione di più emittenti quotati (pari a 2, in lieve riduzione rispetto al valore di 2,2 nel 2021) sia del numero e della capitalizzazione delle società in cui è presente almeno un amministratore interlocker (152 a fronte di 167 nel 2021, rappresentative rispettivamente dell’87% e del 97% del valore di mercato complessivo). Il fenomeno, che nella maggior parte dei casi riguarda una minoranza del board, è più rilevante tra le società del Ftse Mib, che presentano in media 3 interlockers, pari a un quarto del board. Nel 2021, rispetto agli anni precedenti, è diminuita la quota di emittenti che effettuano l’autovalutazione dell’organo di amministra-zione nel corso dell’esercizio, a seguito dell’introduzione delle nuove misure di proporzionalità previste dal Codice di Corporate Governance (CGC), che raccomanda alle società di piccole dimensioni e a quelle a proprietà concentrata di condurre la board evaluation almeno su base triennale. È aumentata, invece, la percentuale di imprese che adottano un piano di successione. Le caratteristiche dei componenti degli organi sociali a fine 2021 sono state esaminate con riferimento a 213 società quotate italiane, per un totale di 2.057 incarichi di amministrazione e 664 di controllo. In linea con l’anno precedente, gli amministratori hanno un’età media di 57 anni e sono raramente stranieri (in media il 5,6% del board, che sale all’11% per le imprese del Ftse Mib e al 26% per le società controllate da istituzioni finanziarie), quasi sempre laureati e con profilo manageriale nei due terzi dei casi. Gli amministratori family (azionisti di controllo o a essi collegati da legami familiari) rappresentano in media il 15,5% degli incarichi, che raggiunge quota 26% nelle società a controllo familiare. Rispetto al 2020 anche i membri degli organi di controllo mantengono caratteristiche pressoché invariate: hanno in media 57 anni e sono quasi sempre italiani (soltanto l’1,2% stranieri), laureati e prevalentemente professionisti/consulenti (con una quota che oscilla in media tra l’80% e il 90% dei casi in relazione a settori di attività, dimensioni delle società e identità dell’azionista di controllo). Rispetto al 2011, anche per effetto della crescita della presenza femminile nei board a seguito dell’applicazione della normativa in materia di quote di genere, si osserva un’incidenza maggiore di membri con diploma di laurea e titoli post-lauream e, limitatamente agli organi di amministrazione, una maggiore diversificazione professionale. A fine 2021, i comitati nomine, remunerazione e controllo e rischi sono presenti in quasi tutte le società quotate, rappresentative di più del 90% del listino e della capitalizzazione di mercato. Il comitato sostenibilità è stato istituito da più del 50% degli emittenti (dato in crescita negli ultimi anni che supera il 90% tra le società di maggiori dimensioni e quelle a controllo pubblico). Con riguardo alle caratteristiche dei componenti dei comitati endoconsiliari, si conferma la netta prevalenza degli amministratori indipendenti (oltre l’85%), un’incidenza della presenza femminile superiore al 50% e un background professionale diversificato, con una minore frequenza del profilo manageriale (50%). A fine 2022, per effetto dell’applicazione delle norme che riservano una quota dell’organo sociale al genere meno rappresentato, la presenza femminile ha raggiunto il 43% degli incarichi di amministrazione e il 41% di quelli di componente dell’organo di controllo. Il dettaglio dell’applicazione della Legge n. 160/2019 mostra che la maggior parte delle società (180, pari al 96,8% della capitalizzazione di mercato) ha applicato la quota di genere dei due quinti. In tali società, le donne sono in media 4 e rappresentano il 43,6% del board. La quota di genere di un quinto del board, prevista per il primo rinnovo successivo alla quotazione, è stata applicata da 14 emittenti, con una presenza in media di oltre 3 donne, pari al 37,1% del CdA. La presenza femminile si attesta su livelli simili anche in 13 società di recente quotazione, che non hanno ancora effettuato alcun rinnovo dell’organo di amministrazione secondo le citate norme (in media 3 donne, pari al 36,3% del board). In media nei board siedono 4 donne, con una presenza femminile più elevata tra le società a medio-alta capitalizzazione e nel settore finanziario. In linea con le tendenze osservate negli anni precedenti, a fine 2022, le donne ricoprono il ruolo di amministratore delegato in 17 società di piccole dimensioni (rappresentative del 2,1% della capitalizzazione di mercato) e presiedono l’organo amministrativo di 32 emittenti di più elevate dimensioni (rappresentativi del 27,4% della capitalizzazione complessiva); entrambi i dati mostrano un lieve incremento rispetto all’anno precedente (+1 amministratore delegato, +2 presidenti). Circa tre donne su quattro si qualificano come consiglieri indipendenti e una donna su dieci è stata nominata dai soci di minoranza in applicazione del voto di lista (86 amministratrici, nominate in 68 società ad elevata capitalizzazione, rappresentative del 76% del valore complessivo di mercato). Infine, i dati confermano che le donne sono titolari di più di un incarico di amministrazione con maggior frequenza rispetto agli uomini: tale situazione riguarda il 28,6% delle donne, rispetto al 21% dell’intera popolazione degli amministratori. Il dato dell’interlocking femminile mostra tuttavia una continua flessione negli anni recenti, dopo il massimo pari al 34,9% raggiunto nel 2019. |
Assemblee e politiche di remunerazione La stagione assembleare 2022 delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione ha fatto registrare un’ulteriore crescita della partecipazione degli azionisti: in particolare, è intervenuto in media il 75,4% del capitale sociale, in aumento di circa un punto percentuale rispetto al 2021 e di 5 punti percentuali rispetto al 2012. Gli investitori istituzionali italiani hanno rappresentato il 2,6% del capitale sociale (1,1% del 2012) e hanno preso parte a 94 adunanze (40 nel 2012). In media, nel 2022 è cresciuto rispetto all’anno precedente il consenso assembleare sia sulle politiche di remunerazione (approvate dal 67,9% del capitale sociale) sia sul voto consultivo sui compensi corrisposti per l’esercizio precedente (voti a favore per il 68,8% del capitale sociale). Nell’ambito dei soli voti espressi dagli investitori istituzionali, nell’ultimo anno è aumentato il dissenso sulle politiche di remune-razione (37,1% del totale delle azioni degli istituzionali, dal 34,5% nel 2021), mentre si osserva l’opposto per il voto sui compensi corrisposti (32,3% del totale delle loro azioni rispetto al 36% del 2021). ... leggi di più |
Nel corso del 2022, l’83% delle assemblee si è svolto senza la partecipazione fisica dei soci e tramite l’esclusivo conferimento di deleghe a un Rappresentante Designato, in virtù della proroga fino al 31 luglio 2022 dell’applicazione delle misure provvisorie emanate nel corso dell’emergenza sanitaria causata dal COVID-19 in deroga alla disciplina ordinaria (il dato si attesta al 93% di quelle tenutesi fino al 31 luglio). Meccanismi di voto a distanza sono stati invece utilizzati in un numero di casi molto limitato. Con particolare riguardo alle assemblee delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione svoltesi nel primo semestre del 2022, la partecipazione degli azionisti ha registrato un nuovo aumento rispetto all’anno precedente: è intervenuto in media il 75,4% del capitale sociale, a fronte del 74,6% registrato nel 2021 (con una partecipazione minima del 44,5% e un valore massimo del 95,4%). Gli investitori istituzionali hanno rappresentato in media il 21,9% del capitale sociale (22,8% nel 2021). In particolare, gli investitori istituzionali italiani hanno rappresentato il 2,6% del capitale sociale (2,5% nel 2021) e hanno preso parte a 94 adunanze (95 nell’anno precedente), con una quota media del 3,9% delle azioni rappresentate in assemblea, in leggero aumento rispetto al 3,6% registrato nel 2021. Le politiche di remunerazione soggette a votazione nel corso delle assemblee generali svoltesi nel primo semestre del 2022 sono state approvate nella totalità dei casi. In media, i partecipanti si sono espressi a favore delle politiche di remunerazione in vigore con una percentuale pari al 67,9% del capitale sociale (65,9% nel 2021) e al’89,6% del capitale rappresentato in assemblea (88,6% nel 2021). Il consenso da parte degli investitori istituzionali si è espresso con una percentuale pari al 62,5% dei loro voti (20,6% del capitale presente in assemblea), rispetto al 64,4% del 2021 (21,2% del capitale presente in assemblea nel 2021). Il dissenso, inteso come somma dei voti contrari e delle astensioni, è stato pari al 7,7% del capitale sociale (10,6% dei voti assembleari) ed è riferibile nel 7,2% del capitale agli investitori istituzionali. Questi ultimi hanno fatto registrare rispetto all’anno precedente un dissenso pressoché invariato in termini di voti assembleari, pari al 9,9% dei voti rappresentati in assemblea, ma un aumento rispetto al totale delle azioni complessivamente detenute, pari al 37,1% (rispetto al 34,5% nel 2021). Il dato è più alto tra le società del Mid Cap e del settore industriale. Con riferimento al voto consultivo sulla sezione della relazione sulla remunerazione che illustra i compensi corrisposti per l’esercizio precedente (remuneration report), i voti a favore sono stati quasi il 69% del capitale sociale (in aumento rispetto al 66% dell’anno precedente) e il 90,8% dei voti rappresentati in assemblea (87,7% nel 2021). Gli investitori istituzionali hanno espresso voto favorevole con una percentuale pari al 67,4% dei loro voti (22% del capitale presente in assemblea), in aumento rispetto al 62,9% dell’anno precedente (20,8% del capitale presente in assemblea nel 2021). Le manifestazioni di dissenso degli investitori istituzionali, pari al 32,3% dei voti rappresentati dagli stessi (in riduzione rispetto al 36% nel 2021), sono state più rilevanti, anche in questo caso, tra le società a media capitalizzazione e del settore industriale. Nel complesso, il dissenso è stato più alto con riferimento alla politica di remunerazione rispetto ai compensi corrisposti per 50 società (51, se consideriamo il dissenso degli investitori istituzionali sul totale dei loro voti), mentre per 36 emittenti (34 nel caso degli investitori istituzionali) il dissenso sui compensi corrisposti è stato più alto rispetto a quello sulla politica di remunerazione. |
Operazioni con parti correlate Nel periodo 2011-2022 sono stati pubblicati 704 documenti informativi per operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate (OPC), di cui 34 relativi al 2022 (in riduzione rispetto al dato degli anni precedenti e al dato medio di 59 documenti per anno). ... leggi di più |
Le operazioni sono state classificate secondo la tunneling taxonomy sviluppata da Atanasov et al. (2008) in base alla natura della risorsa trasferita alla/dalla parte correlata, ovverosia attività, flussi di cassa e capitale (per maggiori dettagli si vedano le Note metodologiche). Le OPC hanno riguardato in prevalenza finanziamenti o contratti per la fornitura di beni o la prestazione di servizi (50,9% dei casi complessivamente) e, con minor frequenza, trasferimenti di attività (31,8% dei casi) od operazioni sul capitale che hanno comportato una modifica della partecipazione al capitale detenuta dalla parte correlata rispetto agli altri azionisti (17,3% del totale). Nell'82% dei casi circa la controparte correlata è rappresentata dall'azionista di controllo o principale, mentre in un minor numero di casi l'operazione è compiuta con società controllate o collegate (12,9%) e con amministratori o dirigenti o imprese a essi collegate (4,8%). In applicazione dell’esenzione prevista dal Regolamento CONSOB, nel periodo 2011-2022, sono state comunicate all’Istituto 291 OPC di maggiore rilevanza ordinarie e a condizioni di mercato (27 nel 2022 e in media 24 l’anno). Tali operazioni sono state realizzate in prevalenza da società a elevata capitalizzazione (incluse nel Ftse Mib, 141 OPC ordinarie). Le operazioni esentate rientrano in prevalenza nell’attività operativa core delle società quotate (per il 35,7% fornitura/prestazione di beni/servizi tipici per imprese non finanziarie e per il 26,1% finanziamenti per le banche) e nell’88% dei casi sono state realizzate con azionisti di controllo o di rilievo. |
Addendum: Politiche di engagement delle società del Ftse Mib Con riferimento al primo approfondimento, l’analisi delle politiche di engagement mostra che le società del Ftse Mib hanno ampiamente dato seguito alla Raccomandazione del Codice di Corporate Governance in merito all’adozione di una politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti, pur scegliendo modalità di attuazione eterogenee. In particolare, le poli¬tiche si differenziano rispetto alle possibili modalità di svolgimento del dialogo (che può essere anche di tipo proattivo in 17 casi, svolgersi sia in forma bilaterale sia collettiva in 19 casi e in modalità one-way in 15 casi) e rispetto ai possibili soggetti partecipanti (che possono includere anche altri soggetti interni alla società diversi dall’amministratore responsabile, nonché esterni, ulteriori rispetto alla generalità degli azionisti). ... leggi di più |
Il nuovo Codice di Corporate Governance, entrato in vigore nel gennaio 2020, raccomanda ai consigli di amministrazione delle società quotate di adottare una politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti, formulata su proposta del presidente e d’intesa con il chief executive officer (art. 1, Raccomandazione 3). Il Codice non contiene indicazioni di dettaglio sul contenuto delle politiche; al fine di guidare le società nella predisposizione di tali politiche, sia Assonime sia Assogestioni hanno emanato apposite linee guida. Al 31 dicembre 2022 tutte le società italiane con azioni ordinarie quotate appartenenti al Ftse Mib tranne una (32 società su 33) hanno pubblicato una politica di dialogo con gli azionisti. In 16 casi le politiche contemplano espressamente la possibilità che il dialogo possa svolgersi, oltre che nella classica modalità two-way, anche in modalità one-way, prevedendo quindi che la società possa ascoltare gli azionisti partecipanti al dialogo senza esprimersi; in un caso questa facoltà è riservata ai soli investitori detentori di una partecipazione superiore allo 0,1% del capitale. Inoltre, in 20 politiche viene indicata la possibilità che il dialogo possa svolgersi anche in forma collettiva e non solo bilaterale. Infine, in 18 politiche si prevede che la stessa società possa attivare il dialogo con gli azionisti (dialogo proattivo) oltre che reagire a una richiesta di dialogo da parte di questi (dialogo reattivo). Nella maggioranza dei casi (28) le politiche individuano nella funzione Investor Relations il punto di contatto tra società e azionisti, soggetto a cui gli azionisti che vogliono instaurare un dialogo devono rivolgersi. Spesso si prevede che l’Investor relator sia coadiuvato nello svolgimento dei suoi compiti da un’altra funzione, in prevalenza la funzione Affari Societari. In due casi non è individuato alcun punto di contatto mentre una società fa riferimento alla Direzione Centrale Financial Market Coverage e un’altra dichiara di avere istituito uno specifico presidio, denominato Focal Point S-DE. La maggior parte delle politiche individua l’amministratore responsabile della gestione del dialogo con gli azionisti (AR), che coincide con l’amministratore delegato in 17 casi; in 12 società questo ruolo è assegnato all’amministratore delegato e al presidente insieme (d’intesa, di concerto o in ragione delle relative competenze); in un emittente al solo presidente. I destinatari delle politiche di dialogo includono spesso categorie di soggetti ulteriori rispetto agli azionisti della società. In 16 politiche il dialogo viene esteso anche ai consulenti di voto, in 10 agli analisti finanziari, agenzie di rating e/o alla stampa, in 15 agli azionisti potenziali (in due casi solo se diversi dalle persone fisiche), in 13 ai portatori di altri strumenti finanziari emessi dalla società. Infine, 9 politiche si rivolgono a coloro che sono «portatori di interesse relativamente al rapporto di detenzione di azioni o di altri strumenti finanziari emessi dalla società». Solo una società include tra i destinatari della politica gli stakeholder in generale. Infine, in due casi il dialogo con la società può essere attivato solo dagli investitori istituzionali o con investitori con partecipazioni superiori allo 0,1% del capitale. Le politiche prevedono spesso la possibilità di far partecipare al dialogo anche altri soggetti diversi dall’amministratore responsabile, da individuare in base alle materie oggetto di discussione. In particolare, è prevista la partecipazione di altri consiglieri diversi dall’AR (9 politiche), di altri consiglieri e dirigenti (13 politiche), di altri consiglieri, dirigenti e altri soggetti interni e/o esterni alla società (ad esempio, consulenti; 3 politiche), di altri soggetti interni ed esterni (2 politiche). Infine, in 5 casi non è fornita alcuna informazione su tale aspetto. Il Codice di Corporate Governance raccomanda che «l’organo di amministrazione sia in ogni caso informato, entro la prima riunione utile, sullo sviluppo e sui contenuti significativi del dialogo intervenuto con tutti gli azionisti». L’analisi delle politiche di dialogo evidenzia come tale raccomandazione sia stata seguita dalla maggior parte delle società: 30 politiche prevedono che il CdA sia informato sui contenuti significativi del dialogo tempestivamente o ‘entro la prima riunione utile’. Inoltre, 8 società affiancano all’informativa tempestiva anche doveri di informativa periodica al CdA, in genere annuale o semestrale. In un caso l’informativa all’organo di amministrazione è annuale mentre in un altro caso non è specificata la tempistica. |
ESG engagement degli azionisti nelle assemblee 2018 e 2019 Il secondo approfondimento - curato da Angela Ciavarella, Sara Nocella (CONSOB); Federico Bertacchini, Gianluca Gabrielli, Pier Luigi Marchini (Università degli Studi di Parma); Ennio Lugli (Università degli Studi di Modena - Reggio Emilia); con il supporto di Beatrice Mancini per la raccolta e l’analisi dei dati - esamina l’interesse degli azionisti nei confronti delle tematiche di sostenibilità analizzando gli interventi dei soci in materia ESG nelle assemblee annuali di approvazione dei bilanci tenutesi negli anni 2018 e 2019 sulla base dei relativi verbali. Negli anni considerati, almeno un socio è intervenuto su tali temi in più di 80 società (rispettivamente 85 nel 2018 e 87 nel 2019) rappresentative del 41% del campione. In media, nel 2018, 1,5 soci per assemblea hanno effettuato interventi su almeno un profilo di sostenibilità (1,4 soci nel 2019), per un totale di voci ESG pari a 411 (384 nel 2019), tenuto conto della circostanza che alcuni azionisti hanno svolto interventi su più di un tema. Gli interventi hanno riguardato in prevalenza il profilo Social, seguito da quelli di Governance ed Environmental. Gli interventi ESG sono stati più numerosi nelle società a maggiore capitalizzazione, operanti nei settori energia e utilities e in quelle che redigono la DNF. ... leggi di più |
Nel febbraio 2019, la CONSOB ha costi-tuito uno Steering Committee per dare concreta attuazione ai propri impegni e obiettivi strategici nella valorizzazione degli interventi sul piano della regolazione e della vigilanza relativi allo sviluppo della finanza a supporto della sostenibilità. Gli interventi da allora intrapresi su impulso dello Steering Committee hanno riguardato più ambiti, dalla formazione interna del personale alla promozione del dialogo con gli stakeholder, allo svolgimento di attività di ricerca e analisi d’Istituto per la raccolta di dati e informazioni su diversi profili attinenti alla sostenibilità, anche al fine di supportare un approccio evidence-based alla vigilanza. Tra le attività di ricerca e analisi promosse dallo Steering Committee, sono stati avviati alcuni progetti di ricerca riguardanti il tema dell’engagement degli emittenti e degli investitori, istituzionali e non, sugli obiettivi di sostenibilità. La letteratura economica ha evidenziato, infatti, gli effetti positivi sullo sviluppo della finanza sostenibile dell’adozione da parte degli investitori di forme di impegno (engagement) che vanno dal dialogo con gli emittenti (cosiddetto soft engagement) all’attivismo nell’esercizio dei diritti sociali loro spettanti in qualità di azionisti di minoranza, ad esempio tramite richiesta di convocazione delle assemblee, integrazione dell’ordine del giorno delle assemblee o esercizio del diritto di intervento in assemblea (hard engagement). La presente analisi si colloca in questo filone d’indagine e intende offrire indicazioni in merito al livello di impegno degli azionisti nelle società italiane quotate su materie ESG, sulla base dell’evidenza concernente frequenza, rilevanza e contenuti di una forma di hard engagement, ossia degli interventi svolti dai soci durante le assemblee delle società quotate sul Mercato Telematico Azionario di Borsa Italiana (oggi denominato Euronext Milan – EXM). L’analisi si è basata sull’esame dei verbali delle assemblee annuali di approvazione dei bilanci tenutesi negli anni 2018 e 2019 (approvazione dei bilanci relativi agli esercizi 2017 e 2018), pubblicati da 209 società italiane con azioni quotate nel suddetto mercato regolamentato. L’analisi è stata preceduta dalla raccolta e dalla classificazione dei dati riguardanti il numero complessivo e la tipologia di soggetti che hanno partecipato attivamente al dibattito assembleare svolgendo interventi in assemblea e, in parti-colare, interventi attinenti ai temi ESG (Environmental, Social, Governance). Per ogni verbale/società sono state quindi rilevate le seguenti informazioni: numero totale di soci intervenuti, ossia i soci, tra quelli presenti in assemblea (in proprio o per delega), intervenuti nel corso del dibattito assembleare sui vari punti all’ordine del giorno (non si è tenuto conto delle repliche eventualmente svolte da soci già intervenuti precedentemente sul medesimo punto all’ordine del giorno); numero di soci intervenuti su tematiche ESG, ossia i soci (o loro delegati) che nel corso del loro intervento hanno trattato almeno una tematica ESG; numero totale di temi ESG trattati in ogni assemblea, ossia il numero di interventi che hanno riguardato tematiche ESG. Tale dato è stato ottenuto aggregando per ogni società gli interventi in materia ESG dei singoli soci. Considerando che ogni socio può riferirsi al massimo alle tre aree tematiche ESG (ossia, 1 per Environmental, 1 per Social e 1 per Governance), a ogni singolo intervento è stato associato un valore compreso fra 0 e 3, dove 0 corrisponde al caso in cui non sono state affrontate tematiche ESG, mentre valori maggiori di 0 indicano che almeno un tema ESG è stato trattato. Il punteggio è stato assegnato per aree tematiche e non per argomenti ancorché diversi ma riferibili alla medesima area tematica (ad esempio, se nel corso dell’intervento il socio ha affrontato sia il tema del cambiamento climatico sia quello del trattamento dei rifiuti, all’intervento è stato assegnato il valore di 1 per la tematica Environmental). In questo modo è stato dato peso alla varietà delle aree ESG per le quali i soci mostrano interesse a fare engagement piuttosto che alla profondità di uno dei tre profili ESG. L’analisi è stata sviluppata considerando la distribuzione degli interventi su temi ESG per una serie di caratteristiche delle società: i) struttura proprietaria così come rappresentata dalla tipologia di azionista intervenuto (azionista di controllo e non); ii) capitalizzazione delle singole società (a tal fine, le società analizzate sono state suddivise in quartili, individuando emittenti ad alta, medio-alta, medio-bassa e bassa capitalizzazione); iii) settore di attività della società (secondo la classificazione fornita da Borsa Italiana); iv) qualifica o meno di EIPR (Ente di Interesse Pubblico Rilevante) dell’impresa ai sensi del d.lgs. n. 254/2016 in materia di rendicontazione non finanziaria, distinguendo così tra società tenute o meno alla redazione e pubblicazione di una Dichiarazione non finanziaria (DNF) ai sensi del decreto citato. Nel 2018, è stato svolto almeno un intervento da parte di un azionista nel corso dell’assemblea di bilancio in 167 società; il dato è sceso a 157 l’anno successivo. Con riferimento agli interventi su temi ESG, nel 2018 almeno un socio è intervenuto su tali tematiche in 85 società (40,7% del campione), portatesi a 87 (41,6% del campione) nel 2019. Nel 2018, il numero totale di soci che hanno svolto interventi in assemblea è stato pari a 1.043, cinque in media per ogni assemblea. Fra questi, 318 hanno effettuato interventi almeno su una tematica ESG (in media 1,5 soci per assemblea fino a un massimo pari a 23). Tenendo conto della circostanza che alcuni soci hanno svolto interventi riguardanti più di una tematica ESG, il numero totale di temi ESG trattati nelle assemblee delle società quotate nel 2018 è stato pari a 411, con una media di 2 temi per assemblea. Nel corso del 2019 il numero totale di soci intervenuti in assemblea si è attestato a 868, in lieve riduzione rispetto all’anno precedente, di cui 289 hanno trattato almeno un tema ESG. La media di soci intervenuti in ogni assemblea è stata pari a 4,2, mentre 1,4 è la media di azionisti intervenuti su tematiche ESG fino a un massimo pari a 26. In linea con la riduzione del numero di soci intervenuti, si riduce leggermente anche il numero di temi ESG trattati negli interventi assembleari, portandosi a 384. Nel 2018, il profilo più ricorrente negli interventi degli azionisti aventi ad oggetto tematiche di sostenibilità è quello Social (170 casi), seguito dai profili Governance ed Environmental (rispettivamente, 145 e 96 casi). Tale ranking si conferma anche nel 2019, anche se risultano in calo gli interventi relativi all’ambito Social (148) e Governance (130), mentre aumentano quelli in ambito ambientale (106). Le evidenze raccolte variano significativamente tra società controllate (‘C’; 187 nel 2018 e 190 nel 2019) e non controllate (‘NC’; 22 nel 2018 e 19 nel 2019). Nelle società NC, in media il numero di temi ESG trattati nel corso dell’assemblea è pari a più del doppio del dato relativo alle società C sia nel 2018 sia nel 2019. È tuttavia importante evidenziare che tale circostanza riflette principalmente gli interventi svolti in sole quattro società NC. Gli interventi su tematiche ESG sono più frequenti nelle società ad alta capitalizzazione, alle quali nel 2018 è riferibile il 75,4% del totale degli argomenti ESG trattati e l’87,5% degli interventi in ambito Environmental. Dati simili vengono rilevati anche nel 2019. In generale, nelle assemblee delle società a bassa capitalizza-zione viene trattato un minor numero di temi ESG, soprattutto per quanto riguarda gli ambiti Environmental e Social. A tal proposito, è esemplificativo il dato del 2018: in nessuna delle assemblee di bilancio delle società a bassa capitalizzazione sono stati effettuati interventi su tematiche ambientali. I settori energia e utilities, seguiti da quello finanziario per i temi Social e Governance e soprattutto nel 2018, mostrano il numero più elevato di temi ESG trattati. Guardando agli altri settori, si rileva l’assenza di interventi ESG nel settore salute (8 società) nel 2018 nonché l’assenza di interventi su temi Environmental e Social nel settore immobiliare (8 società) nei due anni analizzati e nel settore informatica (14 società) nel 2019. Dall’analisi effettuata, infine, emerge una differenza marcata in termini di numerosità degli interventi su temi ESG fra le società che redigono la DNF (66% del campione) e quelle che invece non sono obbligate. Nel corso del 2018, nelle assemblee delle società che redigono la DNF risultano essere stati trattati il 97% degli interventi su tematiche Environmental, l’89% di quelli su tematiche Social e l’87% di quelli su tematiche Governance. Nel 2019, il numero di temi Environmental per società risulta essere sette volte maggiore nelle società che redigono la DNF rispetto alle altre. In generale, in entrambi gli anni considerati, gli emittenti che pubblicano una DNF mostrano un maggior numero di temi ESG affrontati dai soci durante le assemblee. |
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Nadia Linciano (coordinatrice) - CONSOB, Responsabile Divisione Studi (n.linciano@consob.it)
Angela Ciavarella - CONSOB, Divisione Corporate Governance (a.ciavarella@consob.it)
Giovanna Di Stefano - CONSOB, Divisione Studi (g.distefano@consob.it)
Rossella Signoretti - CONSOB, Divisione Corporate Governance (r.signoretti@consob.it)
Lucia Pierantoni - CONSOB, Divisione Studi (l.pierantoni@consob.it)
Eugenia Della Libera - CONSOB, Divisione Studi (e.dellalibera@consob.it)
Elena Frasca - CONSOB, Divisione Studi (e.frasca@consob.it)
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ISSN 2281-535X [online]