abstract - AREA PUBBLICA
RAPPORTO 2023
Il Rapporto fornisce evidenze in materia di corporate governance delle società italiane con azioni ordinarie quotate sul principale mercato regolamentato italiano Euronext Milan (EXM) organizzato e gestito da Borsa Italiana Spa, sulla base di dati desunti da segnalazioni statistiche di vigilanza e informazioni pubbliche.
In particolare, nell’edizione 2023 del Rapporto vengono esaminati: gli assetti proprietari delle società quotate e l’evoluzione della presenza femminile nei boards a fine 2023; le caratteristiche degli organi sociali desunte dalle Relazioni sul governo societario e gli assetti proprietari pubblicate dagli emittenti nel 2023 e riferite all’esercizio 2022; gli esiti delle votazioni sulle politiche di remunerazione e i compensi corrisposti nelle assemblee annuali svolte nel primo semestre del 2023 dalle maggiori 100 società quotate per capitalizzazione (pari al 94% del valore complessivo di mercato al 30 giugno 2023); le tipologie di operazioni con parti correlate comunicate dalle società quotate al pubblico e alla CONSOB nel periodo 2011-2023.
Assetti proprietari I dati relativi alla governance delle società italiane a fine 2023 confermano l’elevata concentrazione proprietaria e la scarsa contendibilità del controllo delle società. Con riguardo alla concentrazione proprietaria, la quota del primo azionista risulta in media pari al 49%, in linea con il valore registrato nel 2021 e in lieve aumento rispetto al 2011, quando era pari al 46% circa. Nell’azionariato rilevante, diminuisce la componente degli investitori istituzionali, presenti in 51 società, dato in notevole riduzione rispetto al 2019, quando le società partecipate da almeno un investitore istituzionale erano 67; il calo è più marcato per gli investitori istituzionali esteri (oggi presenti in 40 società quotate, rispetto alle 55 del 2019). La presenza degli investitori istituzionali italiani è invece in lieve e graduale aumento (titolari di partecipazioni rilevanti in 17 emittenti a fine 2023, da 14 nel 2019). ... leggi di più |
A fine 2023, le società italiane oggetto della presente rilevazione (con azioni ordinarie quotate sull’Euronext Milan - EXM) sono 210, con una capitalizzazione di mercato complessiva superiore a 572 miliardi di euro. La rilevazione non comprende le società con azioni quotate diverse da quelle ordinarie (una), le società con azioni ordinarie sospese dalla negoziazione a tempo indeterminato (una) e le società con sede legale diversa dall’Italia, anche nel caso in cui il principale mercato di quotazione sia quello italiano (11). Le società che appartengono al settore finanziario sono 43 e rappresentano il 36,6% della capitalizzazione di mercato. Le società appartenenti all’indice Ftse Mib sono 34, così come quelle appartenenti al Mid Cap; le imprese con la qualifica di Star sono 65. Infine, 77 società non rientrano negli indici citati (per maggiori dettagli sulla classificazione adottata si vedano le Note metodologiche). La concentrazione proprietaria delle imprese è stabile rispetto al 2021: la quota del primo azionista a fine 2023 è pari in media al 49,1% del capitale (49% nel 2020), mentre la quota del mercato è pari al 38,3% del capitale (39% nel 2021). La quota media del primo azionista è maggiore nelle società di minori dimensioni, non appartenenti ad alcun indice, e nelle società del Mid Cap (56,7% in entrambi i casi), mentre è minore nelle società più grandi, appartenenti al Ftse Mib (dove è pari al 29,4%). In linea con gli anni precedenti, le famiglie continuano a essere i principali azionisti di riferimento, controllando il 62,4% delle imprese quotate, in prevalenza di minori dimensioni (incluse nell’indice Star o non incluse in alcun indice). Lo Stato e gli altri enti locali rappresentano l’azionista di riferimento nell’11,9% delle società, in prevalenza di maggiori dimensioni. Non è possibile individuare un ultimate controlling agent (UCA) per il 18,6% circa degli emittenti, in prevalenza imprese di maggiori dimensioni. Le evidenze a fine 2023 confermano il trend delineatosi negli anni più recenti di riduzione nella titolarità di partecipazioni rilevanti da parte di investitori istituzionali, sia in termini di numero di società quotate partecipate (51 rispetto alle 67 nel 2019, con una quota media di circa l’8%), sia nel numero complessivo di partecipazioni rilevanti comunicate da tali investitori ai sensi della disciplina della trasparenza proprietaria (70, 20 in meno rispetto al 2019). A determinare questo trend è, in particolare, la progressiva riduzione nella presenza di investitori istituzionali esteri, che sono nel 2023 azionisti rilevanti in 40 società, soprattutto di grandi dimensioni, in forte riduzione rispetto al valore massimo di 55 società partecipate registrato da ultimo nel 2019 e con una contrazione di 27 partecipazioni rilevanti da allora (da 75 nel 2019 a 48 nel 2023). È invece in lieve e graduale aumento la presenza di investitori istituzionali italiani, a fine 2023 titolari di 22 partecipazioni rilevanti in 17 emittenti. A fine 2023 il voto maggiorato è previsto nello statuto di 74 emittenti (69 nel 2021), rappresentativi del 16,8% del valore totale di mercato. Tale previsione è più frequente tra le società di minori dimensioni. Le società che hanno previsto il voto plurimo sono sette (quattro nel 2021). Le società che hanno introdotto azioni a voto maggiorato e/o plurimo sono in prevalenza controllate da famiglie e in queste società la quota media detenuta dal principale azionista è pari al 57,3%, valore sensibilmente maggiore di quello registrato nelle società che non adottano tali azioni, pari al 44%. |
Governo societario e board diversity Con riferimento agli organi sociali, alla fine del 2023 la quota degli incarichi di amministrazione delle società quotate esercitati da una donna raggiunge il 43%, per effetto dell’applicazione della quota di genere dei due quinti dell’organo prevista dalla legge n. 160/2019. In linea con gli anni passati, le donne sono consiglieri indipendenti in tre casi su quattro (74,9%) e raramente ricoprono il ruolo di amministratore delegato o di presidente dell’organo amministrativo (rispettivamente 20 e 31 casi, pari al 2,3% e 3,6% delle donne con incarichi di consigliere di amministrazione). Inoltre, la titolarità di incarichi di amministrazione in più di un emittente quotato (interlocking) che riguarda il 28,9% delle donne a fine 2023, sebbene risulti più marcata di quella riferita agli amministratori uomini, mostra una flessione negli anni più recenti, dopo il massimo raggiunto nel 2019 (quando tale fenomeno interessava il 34,9% delle donne nei consigli di amministrazione). L’evoluzione nel tempo della diversity degli organi sociali riflette dunque l’aumento della presenza femminile legata alle disposizioni in materia di quote di genere; dal 2011 a fine 2022 si riscontra in particolare un innalzamento del livello di istruzione e una diversificazione del background professionale degli amministratori. I comitati endoconsiliari sono molto diffusi tra le società quotate italiane. Negli ultimi 5 anni, in particolare, il numero di emittenti che istituisce il comitato sostenibilità è notevolmente aumentato, passando da 45 società nel 2017 a 123 a fine 2022 (dal 61,3% al 94,5% della capitalizzazione), data l’accresciuta sensibilità verso le tematiche ESG (environmental, social and governance), richiamate espressamente anche nel Codice di Corporate Governance. ... leggi di più |
Il modello di amministrazione e controllo tradizionale si conferma quello prevalentemente adottato (pari al 98% del totale) dalle società italiane con azioni ordinarie quotate sull’Euronext Milan (EXM) a fine 2022. Rispetto agli anni precedenti, rimangono pressoché invariati, in media, la dimensione e il funzionamento (in termini di numero di riunioni) degli organi sociali; continua a crescere moderatamente il peso dei membri indipendenti e di minoranza. In linea con le evidenze più recenti sul fenomeno dell’interlocking, la titolarità di più incarichi in consigli di amministrazione di emittenti quotati interessa in media 2 amministratori in ciascun emittente, pari a quasi un quinto del board. La presenza di almeno un interlocker riguarda oltre tre società su quattro (163 su 210), rappresentative del 97,5% della capitalizzazione complessiva del mercato. Il fenomeno è più accentuato tra le società a maggior capitalizzazione (Ftse Mib), dove gli interlockers sono in media 3,1 e rappresentano il 26,6% del board. La quota di emittenti che effettua l’autovalutazione annuale dell’organo di amministrazione diminuisce anche nel 2022 per effetto delle misure dettate dal Codice di Corporate Governance (CGC) che consentono alle società di piccole dimensioni e a quelle a proprietà concentrata di effettuare la board evaluation su base triennale. È invece invariato il numero di imprese che adotta un piano di successione; nell’esercizio in esame è pari al 50% del totale del settore finanziario e circa al 30% di quello non finanziario. I componenti degli organi di amministrazione (1.948 incarichi in totale riferibili a 202 imprese quotate italiane a fine 2022) mostrano caratteristiche in linea con gli anni precedenti: hanno un’età media di circa 57 anni, sono stranieri nel 6% dei casi (quota che sale al 12% nelle imprese del Ftse Mib e al 21% in quelle controllate da istituzioni finanziarie) e sono laureati nel 90% circa dei casi; si osserva una modesta riduzione del background professionale di tipo manageriale (64% circa dei casi, che si riduce a meno del 60% nel comparto finanziario). Il profilo dei membri degli organi di controllo (628 incarichi in 202 società quotate italiane a fine 2022), sebbene con variazioni in base al settore di attività e alla dimensione dell’impresa nonché all’identità dell’azionista di controllo, presenta mediamente elementi simili agli anni precedenti: hanno 57 anni di età, sono stranieri nell’1,1% dei casi (quota che sale al 2,7% nel Ftse Mib), laureati in circa il 98% dei casi (quasi esclusivamente in discipline economiche) e sono professionisti/consulenti nell’86% dei casi (con oscillazioni che vanno dall’88% nelle imprese familiari al 76% in quelle controllate da istituzioni finanziarie). A seguito dell’applicazione della normativa in materia di quote di genere, anche per effetto della presenza femminile nei board, si osserva negli anni una crescita del livello di istruzione (quota di membri con diploma di laurea e con studi di specializzazione post-universitari). Per quanto riguarda il background professionale, è aumentata la diversificazione degli organi di amministrazione (in particolare la quota di manager è passata dal 75% nel 2011 al 64% nel 2022), mentre si conferma predominante il ruolo dei professionisti/consulenti negli organi di controllo. Nel 2022 i comitati remunerazione e controllo e rischi risultano presenti in quasi tutte le società (oltre il 90% del listino), seguiti dal comitato nomine (pari al 70% circa del totale) e dal comitato sostenibilità (istituito in media dal 61% circa degli emittenti, con una quota che supera il 90% nelle società a controllo pubblico e in quelle del Ftse Mib). Anche in rapporto alla capitalizzazione totale, l'istituzione dei comitati esaminati nelle società quotate italiane risulta molto diffusa (superiore in media al 90%). Rispetto alle caratteristiche del board e in linea con le rilevazioni precedenti, si evidenzia che i membri dei comitati endoconsiliari sono prevalentemente amministratori indipendenti (87% dei componenti), donne nel 60% dei casi e consiglieri con un background professionale maggiormente diversificato (minor frequenza del profilo manageriale, 50%). Per effetto dell’applicazione delle norme in materia di equilibrio di genere negli organi delle società quotate, la presenza femminile ha toccato i valori massimi del 43,1% degli incarichi di amministratore e del 41,3% di quelli di componente dell’organo di controllo. In 32 consigli di amministrazione (15% del totale) e 51 organi di controllo (24%) il genere femminile è ugualmente o più rappresentato rispetto a quello maschile; questo dato è il risultato di una graduale evoluzione positiva nell’ultimo triennio. I dati mostrano in media una presenza femminile pari a 4,1 donne in ciascun board, con valori più elevati tra le società a medio-alta capitalizzazione e nel settore finanziario. Con un lieve aumento rispetto agli anni precedenti, nel 2023 le donne ricoprono il ruolo di amministratore delegato in 20 società, in prevalenza di piccole dimensioni (rappresentative del 4,6% della capitalizzazione di mercato). In 31 società è affidata a una donna la presidenza del board (rappresentative del 12,8% della capitalizzazione complessiva). In tre casi su quattro (74,9%) le donne sono qualificate come consiglieri indipendenti e in un caso su dieci sono state nominate dai soci di minoranza in applicazione del voto di lista (91 amministratrici, nominate in 71 società a elevata capitalizzazione, rappresentative del 77% del valore complessivo di mercato). Infine, i dati confermano che con maggior frequenza rispetto agli uomini le donne sono interlocker, situazione che riguarda il 28,9% delle donne, rispetto al 20,7% dell’intera popolazione degli amministratori. Dopo il valore massimo del 34,9% raggiunto nel 2019, l’evoluzione dell’interlocking femminile mostra tuttavia una flessione e stabilizzazione negli anni più recenti. |
Assemblee e politiche di remunerazione In relazione alla stagione assembleare 2023 delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione, si conferma il trend crescente relativo alla partecipazione degli azionisti: è intervenuto in media il 77,8% del capitale sociale, a fronte del 75,4% dell’anno precedente, facendo registrare un nuovo massimo a partire dal 2012 (primo anno di rilevazione). Nello stesso tempo si registra un leggero calo della partecipazione degli investitori istituzionali, che hanno rappresentato in media il 21,2% del capitale sociale (21,9% nel 2022 e 22,8% nel 2021). In particolare, la partecipazione degli investitori istituzionali esteri è stata pari al 18,2% del capitale sociale nel 2023 (19,3% nel 2022 e 20,4% nel 2021), mentre la quota degli investitori istituzionali italiani è stata pari al 3% (2,6% del 2022). Questi ultimi hanno preso parte a 99 assemblee, in aumento rispetto alle 94 del 2022. Nel 2023 il consenso assembleare sulle politiche di remunerazione, pari in media al 68,5% del capitale sociale, e sui compensi corrisposti, pari in media al 68,7%, sono rimasti pressoché invariati rispetto all’anno precedente. Peraltro, si registra un calo dei voti favorevoli da parte degli investitori istituzionali, dal momento che, in media, questi ultimi si sono espressi a favore delle politiche di remunerazione e dei compensi corrisposti con percentuali rispettivamente pari al 52,7 (62,5% del 2022) e al 55,7 (67,4% nel 2022) dei loro voti. ... leggi di più |
Nel corso del 2023, il 68% delle assemblee si è svolto ‘a porte chiuse’, ovverosia senza la partecipazione fisica dei soci e tramite il conferimento esclusivo di deleghe a un Rappresentante Designato, in virtù della proroga fino al 31 luglio 2023 dell’applicazione delle misure provvisorie emanate nel corso dell’emergenza sanitaria causata dal COVID-19 in deroga alla disciplina ordinaria. Meccanismi di voto a distanza sono stati invece utilizzati in un numero di casi molto limitato. Con particolare riguardo alle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione, si registra una crescita della partecipazione degli azionisti alle assemblee ordinarie svoltesi nel primo semestre 2023: è intervenuto in media il 77,8% del capitale sociale, a fronte del 75,4% dell’anno precedente, facendo registrare un nuovo massimo dal 2012 (primo anno di rilevazione). Nello stesso tempo si registra un leggero calo relativo alla partecipazione degli investitori istituzionali, che hanno rappresentato in media il 21,2% del capitale sociale, a fronte del 21,9% nel 2022 e del 22,8% nel 2021. In particolare, la partecipazione degli investitori istituzionali esteri è stata pari al 18,2% del capitale sociale nel 2023, a fronte del 19,3% nel 2022 e al 20,4% nel 2021, mentre la quota degli investitori istituzionali italiani è stata pari al 3%, in lieve aumento rispetto al 2,6% dell’anno precedente. Questi ultimi hanno altresì preso parte a un numero maggiore di adunanze, partecipando a 99 delle 100 assemblee, rispetto alle 94 del 2022. A partire dalla stagione assembleare 2020 il voto sulle politiche di remunerazione delle società quotate italiane, diventato vincolante, viene sottoposto allo scrutinio dei soci in assemblea con la cadenza richiesta dalla durata della politica stessa e, comunque, almeno ogni tre anni o in occasione di modifiche della politica medesima. Nel corso delle assemblee 2023, 92 società (sulle 100 a maggiore capitalizzazione) hanno proceduto a una nuova votazione e la politica di remunerazione è stata approvata in tutti i casi tranne uno. Considerando i voti espressi anche nel corso delle assemblee generali degli azionisti negli anni precedenti dagli emittenti che avevano definito in tale occasione una politica su un orizzonte pluriennale e che, pertanto, non hanno proceduto a una nuova votazione sulla politica di remunerazione, in media i partecipanti si sono espressi a favore delle politiche di remunerazione con una percentuale pari al 68,5% del capitale sociale (67,9% nel 2022) e all’87,6% del capitale rappresentato in assemblea (all’89,6% nel 2022). È risultato in calo il consenso da parte degli investitori istituzionali, che si sono espressi a favore della politica di remunerazione con il 52,7% delle azioni da loro complessivamente detenute (pari al 17,1% del capitale presente in assemblea), in calo rispetto al 62,5% del 2022 (20,6% del capitale presente in assemblea nel 2022). Il dissenso, che ai fini di questo report è inteso come somma dei voti contrari e delle astensioni, è stato pari al 9,2% del capitale sociale (in aumento rispetto al 7,7% dell’anno precedente) e al 12,3% dei voti assembleari (10,6% nel 2022). Tale dissenso è principalmente ascrivibile agli investitori istituzionali, essendo pari all’8,5% del capitale sociale (rispetto al 7,2% dell’anno precedente), all’11,2% dei voti rappresentati in assemblea (in aumento rispetto al 9,9% del 2022) e al 47% del totale dei voti esercitati dagli investitori istituzionali (in aumento rispetto al 37,1% dell’anno precedente). Tale percentuale è più bassa tra le società appartenenti all’indice Ftse Mib e al settore finanziario. Con riferimento al voto consultivo sulla sezione della relazione sulla remunerazione che illustra i compensi corrisposti per l’esercizio precedente (remuneration report), i voti a favore sono stati il 68,7% del capitale sociale (percentuale pressoché invariata rispetto all’anno precedente) e l’87,7% dei voti rappresentati in assemblea, in diminuzione rispetto al 90,8% del 2022. Gli investitori istituzionali hanno espresso voto favorevole con una percentuale pari al 55,7% dei loro voti (17,5% del capitale presente in assemblea), mostrando anche in questo caso un calo dei consensi rispetto al 67,4% dell’anno precedente (22% del capitale presente in assemblea nel 2022). Il dissenso è stato pari all’8,2% del capitale sociale, in aumento rispetto al 6,1% del 2022. In particolare, sono aumentate le manifestazioni di dissenso degli investitori istituzionali, pari al 44% dei voti rappresentati dagli stessi, rispetto al 32,3% dell’anno precedente; un maggiore dissenso è riscontrabile tra le società appartenenti all’indice Mid Cap, mentre si registra una percentuale più bassa tra le società finanziarie. Nel complesso, il dissenso è stato più alto con riferimento alla politica di remunerazione rispetto ai compensi corrisposti per 48 società (47, se consideriamo il dissenso degli investitori istituzionali sul totale dei loro voti), mentre per 35 emittenti (34 nel caso degli investitori istituzionali) il dissenso sui compensi corrisposti è stato più alto rispetto a quello sulla politica di remunerazione. |
Operazioni con parti correlate Con riferimento alle operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate (OPC), sulla base delle comunicazioni al pubblico e alla CONSOB ai sensi della disciplina vigente, nel periodo 2011-2023 le società quotate italiane hanno realizzato 746 operazioni (42 nel 2023, dato superiore all’anno precedente, in cui erano 34, ma inferiore al dato medio di 57 documenti per anno), in prevalenza poste in essere da società di piccole dimensioni. Inoltre, dal 2011 al 2023, 307 OPC di maggiore rilevanza ordinarie e a condizioni di mercato sono state esentate dall’applicazione della disciplina prevista dal Regolamento CONSOB e comunicate alla CONSOB (16 nel 2023, a fronte di 27 nel 2022 e di circa 24 operazioni in media per anno); tali operazioni sono in prevalenza realizzate da società a elevata capitalizzazione. ... leggi di più |
Nel periodo 2011-2023 le società quotate italiane hanno realizzato 746 operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate (OPC) che hanno dato luogo alla pubblicazione di un documento informativo ai sensi della disciplina. Nel 2023 i documenti pubblicati sono stati 42, dato superiore all’anno precedente (in cui erano stati 34) ma inferiore al dato medio di 57 documenti per anno). Le operazioni sono state classificate secondo la tunneling taxonomy sviluppata da Atanasov et al. (2008) in base alla natura della risorsa trasferita alla/dalla parte correlata, ovverosia attività, flussi di cassa e capitale (per maggiori dettagli si vedano le Note metodologiche). In prevalenza le OPC oggetto di informativa sono rappresentate da finanziamenti o contratti per la fornitura di beni o la prestazione di servizi (51% dei casi complessivi), mentre con frequenza inferiore le operazioni hanno riguardato un trasferimento di asset (31% dei casi) ovvero operazioni sul capitale che hanno comportato una modifica della partecipazione al capitale detenuta dalla parte correlata rispetto agli altri azionisti (18% del totale). In oltre 4 casi su 5 (82,3%) l’operazione è stata posta in essere con i soci di controllo o di riferimento, mentre con frequenza più bassa la controparte è rappresentata da una società controllata o collegata (13%) o da amministratori o dirigenti o imprese a essi collegate (4,7%). Dal 2011 al 2023 307 OPC di maggiore rilevanza ordinarie e a condizioni di mercato sono state comunicate alla CONSOB (16 nel 2023, dato inferiore alle 27 comunicate nel 2022 e alla media di circa 24 operazioni l’anno). A realizzare tali operazioni sono state in prevalenza società a elevata capitalizzazione (incluse nel Ftse Mib, 144 OPC ordinarie pari al 47% del totale). Si tratta soprattutto di operazioni che rientrano nell’attività operativa core delle società quotate che le hanno realizzate (per il 37,8% fornitura/prestazione di beni/servizi tipici per imprese non finanziarie e per il 25,4% finanziamenti per le banche), realizzate con azionisti di controllo o di rilievo nell’88% dei casi. |
Il Report è stato curato da:
Paola Deriu (coordinatrice) - CONSOB, Responsabile Divisione Studi (p.deriu@consob.it)
Angela Ciavarella - CONSOB, Divisione Corporate Governance (a.ciavarella@consob.it)
Eugenia Della Libera - CONSOB, Divisione Studi (e.dellalibera@consob.it)
Giovanna Di Stefano - CONSOB, Divisione Studi (g.distefano@consob.it)
Lucia Pierantoni - CONSOB, Divisione Studi (l.pierantoni@consob.it)
Rossella Signoretti - CONSOB, Divisione Corporate Governance (r.signoretti@consob.it)
Elena Frasca - CONSOB, Divisione Studi (e.frasca@consob.it)
Si ringrazia Giovanni Mollo per il contributo alla definizione del contesto normativo. Le opinioni espresse nel Report sono personali degli autori e non impegnano in alcun modo la Consob. Nel citare i contenuti del rapporto, non è pertanto corretto attribuirli alla Consob o ai suoi Vertici.
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ISSN 2281-535X [online]