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Il V Rapporto CONSOB sulle scelte finanziarie delle famiglie italiane si articola in più sezioni. La prima sezione illustra i macro-trend di ricchezza e risparmio delle famiglie; la seconda delinea le caratteristiche socio demografiche e attitudini individuali del campione; la terza esplora competenze finanziarie e attitudine verso il rischio dei decisori finanziari; la quarta sezione è dedicata alle abitudini di financial control (pianificazione finanziaria, gestione del budget familiare, indebitamento e risparmio); la quinta indaga le scelte d'investimento più diffuse e la domanda di consulenza finanziaria da parte degli individui intervistati. Il Focus del Rapporto 2019 è dedicato agli investimenti sostenibili e socialmente responsabili.
Nel 2018 la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è diminuita, mentre il tasso di risparmio è lievemente cresciuto. ... leggi di più
Nel corso del 2018, le attività finanziarie lorde delle famiglie italiane hanno registrato una contrazione del 3,1% (-0,5% nell'area euro), a fronte di una crescita delle attività reali del 2,7% e una diminuzione delle passività pari allo 0,7% (rispettivamente, +1,3% e +3,6% nell'area euro). Nel complesso, la ricchezza netta delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile rimane superiore al dato dell'Eurozona (rispettivamente, 8,2 e 7,7 a fine 2018), mentre il tasso di risparmio lordo domestico, pari al 10% circa e in lieve crescita per la prima volta dal 2014, continua a essere inferiore al valore registrato nell'area euro (anch'esso in lieve aumento). Il tradizionale divario nella composizione delle attività finanziarie delle famiglie in Italia e nell'Eurozona continua ad assottigliarsi, anche per effetto della riduzione del peso dei titoli obbligazionari nei portafogli dei risparmiatori italiani e del contestuale aumento delle attività assicurative e previdenziali e della liquidità. Per contro, si conferma la distanza tra il nostro Paese e l'Eurozona con riguardo all'incidenza del debito delle famiglie sul Pil (a fine 2018 pari rispettivamente al 40% e al 60%).
I cambiamenti demografici e la trasformazione digitale vedono l'Italia in una posizione di svantaggio rispetto ai Paesi europei. ... leggi di più
L'Unione Europea (UE-28) sperimenta da tempo un progressivo invecchiamento della popolazione: l'età mediana, infatti, è passata da 40 anni nel 2007 a circa 43 anni nel 2017, mentre si stima che la percentuale di individui di età pari o superiore a 65 anni raggiungerà il 22% nel 2025. L'Italia si caratterizza per una struttura della popolazione relativamente più anziana: nel 2017 l'età mediana si è attestata a circa 46 anni, mentre la quota di persone oltre i 65 anni dovrebbe toccare, nel 2025, il 25% del totale. In linea con queste dinamiche demografiche, a fine 2018 il tasso di dipendenza degli individui di età pari o superiore a 65 anni dalla popolazione in età lavorativa (15 - 64 anni) ha raggiunto il 35%, circa quattro punti percentuali in più del valore nell'Eurozona, mentre il reddito mediano dei più anziani continua a risultare inferiore a quello degli altri Paesi europei.
Nel confronto internazionale, infine, l'Italia continua a registrare un divario negativo anche in termini di competenze digitali della popolazione, connotandosi al contempo per un più contenuto utilizzo di internet e dell'e-commerce.
Secondo l'Osservatorio CONSOB per il 2019, i decisori finanziari condividono le proprie scelte in oltre l'80% dei casi, sono prevalentemente avversi al rischio e alle perdite e si riconoscono capacità elevate nella gestione delle finanze personali in più del 40% dei casi. ... leggi di più
L'Osservatorio CONSOB per il 2019 su ‘L'approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane' raccoglie i dati relativi a un campione di 3.058 individui, rappresentativo dei decisori finanziari italiani, di cui 1.311 intervistati anche nel 2018.
In linea con le rilevazioni precedenti, circa i tre quarti dei decisori finanziari sono uomini. Le scelte economico-finanziarie risultano tuttavia condivise con il partner in oltre il 60% dei casi, mentre il dato sale all'80% se si considerano anche altri membri del nucleo famigliare. Oltre ai consueti profili socio-demografici e alla propensione al rischio, l'indagine censisce alcune attitudini psicologiche che possono orientare la percezione e l'assunzione di rischio finanziario da parte degli individui: la tendenza a rimandare le decisioni (procrastinazione); la capacità di risolvere efficacemente problemi di carattere economico-finanziario (financial self-efficacy); la propensione a provare disagio nella gestione delle finanze personali (ansia finanziaria); l'ottimismo; la fiducia verso gli intermediari finanziari; l'attitudine a organizzare le proprie scelte secondo l'approccio della contabilità mentale (ossia l'attitudine a suddividere gli impieghi delle risorse disponibili in conti mentali diversi, ad esempio in funzione della fonte delle risorse stesse); l'esposizione a errori di ragionamento sulle probabilità (gambler fallacy, ossia l'errata convinzione che il passato condizioni il futuro anche nel caso di una sequenza di eventi casuali). Secondo gli indicatori attitudinali elaborati sulla base dell'auto-valutazione individuale, la maggioranza degli italiani si conferma avversa al rischio e avversa alle perdite: con particolare riferimento a quest'ultimo aspetto, circa due terzi degli intervistati affermano di non essere disposti a investire in un prodotto che presenti una sia pur ridotta possibilità di perdita del capitale, mentre il restante 37% si dichiara tollerante verso piccole perdite (permanenti o recuperabili nel lungo termine). La tendenza alla procrastinazione risulta poco diffusa (vi si dichiara esposto in modo elevato meno del 10% degli individui). Più del 40% si riconosce elevate capacità di gestire le proprie finanze e circa la metà riporta un livello di disagio o ansia finanziaria basso o molto basso. Il 30% degli individui dichiara di essere molto ottimista, mentre la fiducia negli operatori finanziari risulta poco diffusa. La quasi totalità del campione, infine, sembra incline a seguire l'approccio tipico della contabilità mentale nella gestione dei propri investimenti, mentre un quarto degli intervistati sembra esposto a errori riconducibili alla gambler fallacy. L'analisi univariata mostra che avversione al rischio e avversione alle perdite si associano in modo significativo a fattori come età, stato civile, condizione professionale, situazione finanziaria e, tra i tratti individuali, propensione verso l'ansia finanziaria, ottimismo, fiducia nel settore finanziario e attitudine alla contabilità mentale. La tendenza a riconoscersi efficace in ambito finanziario risulta positivamente associata a ottimismo, fiducia negli intermediari e attitudine alla contabilità mentale, mentre è meno frequente tra coloro che sono più propensi alla procrastinazione e all'ansia finanziaria.
Rimangono molto contenute le conoscenze delle nozioni finanziarie più semplici, le abilità di calcolo e... ... leggi di più
In linea con le rilevazioni degli anni precedenti, la cultura finanziaria delle famiglie italiane si conferma molto contenuta. Il 21% degli intervistati non conosce nessuna delle nozioni di base (inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, caratteristiche dei mutui, interesse composto) e delle nozioni avanzate (riferite ai titoli obbligazionari) proposte nella Survey; solo il 12% mostra padronanza di quattro dei sette concetti presentati; solo il 2% definisce correttamente tutte le nozioni. Con riferimento alla consapevolezza del proprio livello di conoscenze finanziarie, in media il 34% del campione mostra un disallineamento (mismatch) fra conoscenze reali e conoscenze percepite ex ante (ossia prima della verifica puntuale delle nozioni prima menzionate), che si traduce in una sovrastima (upward mismatch) nel 14% dei casi e in una sottostima (downward mismatch) nel rimanente 20%. Il divario tra conoscenze reali e valutazione ex post (ossia successiva alla verifica puntuale delle nozioni prima menzionate) mostra invece una sovrastima della propria cultura finanziaria nel 28% dei casi. Gli intervistati si connotano anche per un basso livello di numeracy, come si evince dal fatto che il 54% del campione non è in grado di eseguire un semplice calcolo percentuale.
... le conoscenze dei prodotti finanziari più noti. ... leggi di più
La cultura finanziaria degli italiani è stata valutata anche con riferimento alla conoscenza di alcune attività finanziarie scelte tra le categorie che, sulla base delle rilevazioni degli anni precedenti nonché per grado di diffusione o copertura mediatica, possono considerarsi tra le più note al pubblico indistinto: conto corrente; azioni; obbligazioni; fondi comuni; Bitcoin. Oltre il 30% del campione non conosce nessuno dei prodotti proposti; solo il 20% risponde correttamente a tre domande su cinque; solo il 4% ottiene il punteggio massimo. La conoscenza dei prodotti risulta più elevata tra gli intervistati più abbienti, residenti nelle regioni centro-settentrionali, con un livello maggiore di istruzione e maggiori abilità di calcolo; emerge, inoltre, una correlazione positiva con l'auto-efficacia e la propensione a essere ottimisti e una correlazione negativa con la tendenza alla procrastinazione e all'ansia finanziaria. Con riferimento alla cosiddetta risk literacy, ossia la capacità di riconoscere in astratto il livello di rischio associato ai prodotti finanziari, il 50% degli individui indica le azioni come il prodotto più rischioso, associandovi una maggiore volatilità, un maggior rischio di liquidità e un maggior rischio di perdita del capitale e, nel 70% dei casi circa, la possibilità che tale forma di investimento alimenti disagio e preoccupazione. Con riferimento a un'ipotetica scelta di investimento, le attività immobiliari sono spesso preferite a impieghi di natura finanziaria, a prescindere dall'orizzonte temporale e dagli obiettivi di rendimento; il 40% degli intervistati inoltre non è in grado di individuare un'opzione di investimento adeguata a nessuno degli scenari proposti.
L'educazione finanziaria ricevuta in famiglia si associa a comportamenti economico-finanziari corretti. ... leggi di più
Come evidenziato dalle Survey precedenti, gli intervistati indicano l'educazione famigliare come una delle principali fonti della propria cultura finanziaria, insieme a fattori quali interesse personale ed esperienza. L'Osservatorio 2019 approfondisce questo aspetto indagando se, durante l'adolescenza, i partecipanti alla Survey sono stati stimolati dai propri genitori a tenere comportamenti oculati in tema di risparmio e controllo delle spese. La stragrande maggioranza riferisce di essere stato incoraggiato a risparmiare e a gestire il budget in modo attento, anche se tale incoraggiamento viene qualificato come elevato solo nel 20% dei casi; lo stimolo della famiglia inoltre è più frequente tra gli intervistati che giudicano elevata la cultura finanziaria dei propri genitori. L'educazione famigliare appare significativamente e positivamente correlata con le conoscenze finanziarie degli intervistati e, come dettagliato nelle sezioni successive, con attitudini corrette in tema di pianificazione, budgeting, risparmio, indebitamento e investimento.
La pianificazione finanziaria è ancora poco diffusa: gli obiettivi di spesa vengono identificati in modo sequenziale uno per volta e la motivazione al risparmio prevalente è quella precauzionale. ... leggi di più
Pianificazione e controllo delle scelte finanziarie (cosiddetto financial control) rimangono comportamenti poco diffusi presso le famiglie italiane. Nella gestione delle finanze personali, il 60% non segue una regola precisa mentre la quasi totalità del restante 40% decide definendo in modo sequenziale un obiettivo di spesa alla volta. Solo un terzo degli intervistati ha un piano finanziario e di questi poco meno del 40% ne monitora l'avanzamento in modo dettagliato, annotando le spese. Tra coloro che non pianificano, il 42% ritiene che sia inutile avere un piano, o perché manca la capacità di risparmio o perché è sufficiente controllare le spese, mentre il 20%, pur riconoscendone l'utilità, non è comunque intenzionato a modificare le sue abitudini nell'immediato.
Circa la metà del campione ha un budget famigliare, che rispetta sempre nel 26% dei casi e che controlla in modo accurato nel 30% dei casi. L'attitudine al financial control si associa positivamente a livello di istruzione, conoscenze finanziarie e abilità di calcolo; come anticipato, è altresì significativa la correlazione con l'educazione finanziaria ricevuta dai genitori. I comportamenti virtuosi sono inoltre più frequenti tra coloro che dichiarano livelli più elevati di auto-efficacia e ottimismo, mentre appaiono meno diffusi tra gli individui inclini all'ansia finanziaria e alla procrastinazione.
Gli intervistati risparmiano in modo regolare (soprattutto per motivi precauzionali) nel 31% dei casi (in lieve calo rispetto all'anno precedente quando il dato si attestava al 33%) e in modo occasionale nel 37% dei casi; il 26% non accantona nulla, soprattutto perché le spese assorbono tutte le entrate famigliari. Il 43% delle famiglie ha contratto un prestito, prevalentemente con istituzioni finanziarie, sia per l'acquisto della prima casa (posseduta dal 72% del campione) sia per finanziare le spese correnti. In generale, il risparmio è più frequente tra i soggetti più abbienti, con maggiori conoscenze finanziarie, abituati a pianificare e inclini verso l'auto-efficacia, l'ottimismo e la contabilità mentale; viceversa, esso è correlato negativamente con ansia finanziaria, procrastinazione, avversione alle perdite e al rischio.
Il 30% delle famiglie italiane dichiara di possedere almeno un'attività finanziaria, rappresentata da fondi comuni e titoli di Stato italiani, rispettivamente nel 26% e nel 18% dei casi. ... leggi di più
A fine 2018, il 30% delle famiglie italiane dichiara di possedere almeno un'attività finanziaria, rappresentata da fondi comuni e titoli di Stato italiani, rispettivamente nel 26% e nel 18% dei casi (il dato risulta stabile rispetto al 2018). La percentuale di investitori che risponde correttamente alle domande di cultura finanziaria riferibili ai prodotti posseduti oscilla tra il 15% (relazione prezzo - tasso di interesse di un'obbli-gazione) e l'83% (caratteristiche delle azioni); il dato si colloca tra il 50% e il 70% circa per le nozioni relative alla cosiddetta risk literacy. La mancanza di risparmi rappresenta il maggior deterrente all'investimento, seguito dalla mancanza di fiducia nel sistema finanziario. Queste indicazioni vengono confermate dall'analisi univariata, che evidenzia inoltre una associazione negativa con alcuni tratti personali, quali l'avversione al rischio e alle perdite, la tendenza a procrastinare e la propensione a provare disagio rispetto alla gestione delle questioni economiche. Viceversa, la partecipazione ai mercati finanziari risulta più frequente tra gli individui con maggiori livelli di istruzione, conoscenze finanziarie e abilità di calcolo, nonché tra gli intervistati tolleranti verso perdite di piccola entità o circoscritte al breve termine, propensi all'ottimismo e che si percepiscono efficaci nel perseguimento di obiettivi economico-finanziari.
La maggior parte degli intervistati prende le decisioni di investimento in autonomia o con il supporto di famigliari e conoscenti. ... leggi di più
Un investitore su due utilizza una sola fonte informativa per prendere decisioni di investimento, preferendo di gran lunga il supporto di un esperto (consulente finanziario o funzionario della banca) alla consultazione in autonomia di documenti informativi sui prodotti come il prospetto. Nelle scelte di investimento, il 20% degli individui si affida a un consulente finanziario o a un gestore che consulta anche in fase di monitoraggio del proprio portafoglio: la propensione a domandare consulenza si associa positivamente a età, ricchezza e fiducia negli intermediari finanziari. Il 40% degli investitori ricorre alla cosiddetta consulenza informale, ossia ai consigli di amici e parenti (talvolta attivi nel settore finanziario), e altrettanti decidono in autonomia.
Gli investitori assegnano un ruolo chiave alle competenze del consulente sia nella fase di avvio sia nel corso della relazione. La maggior parte degli investitori tende a seguire sempre il consiglio ricevuto. Nel caso in cui il consiglio non fosse compreso, tuttavia, la maggioranza degli intervistati cercherebbe di approfondire rivolgendosi anzitutto allo stesso consulente. ... leggi di più
Più del 50% degli investitori non è in grado di identificare i tratti distintivi del servizio di consulenza in materia di investimenti. La scelta del consulente è guidata prevalentemente dalle competenze del professionista, seguita dalla fiducia che questi riesce a ispirare nel cliente e dalla segnalazione proveniente da un soggetto ritenuto affidabile (famigliari, amici, istituto bancario di riferimento). La sfiducia, inoltre, è il disincentivo principale alla domanda di consulenza. In linea con i driver che guidano la scelta del professionista, le aspettative degli investitori nei confronti del consulente riguardano soprattutto le sue competenze, l'assenza di conflitto di interessi e il supporto a decisioni informate. La remunerazione della consulenza rimane un elemento poco considerato, sia perché la maggioranza degli individui ritiene che il servizio sia prestato a titolo gratuito sia perché la disponibilità a pagare è molto bassa anche tra gli investitori assistiti da un esperto. La relazione con il consulente è prevalentemente di medio-lungo periodo, come attesta il fatto che il 50% degli investitori assistiti non ha mai cambiato il professionista, mentre il 18% lo ha fatto perché insoddisfatto del servizio ricevuto. Gli intervistati quasi sempre riconoscono l'importanza dello scambio informativo con il consulente, anche se in maniera non omogenea rispetto alla tipologia di informazioni da condividere. Se più dei due terzi dei clienti assistiti ritiene rilevante indicare la propria capacità di rischio, i rendimenti attesi, il fabbisogno di liquidità e l'orizzonte temporale di investimento, gli obiettivi di vita sono segnalati da poco più del 60%, seguiti da conoscenza finanziaria (50%) ed esperienza di investimento (44%). Inoltre, solo il 30% degli investitori dichiara di comunicare al consulente variazioni rilevanti della propria situazione personale. Nell'ambito della relazione con il consulente, prevale la propensione a seguire sempre la raccomandazione ricevuta in circa il 60% dei casi; meno del 20% si documenta sempre, consultando fonti informative alternative; meno del 5% chiede sempre una second opinion. Tuttavia, solo il 17% sarebbe disposto a seguire un consiglio che non ha compreso senza documentarsi, mentre la maggioranza degli intervistati cercherebbe di approfondire rivolgendosi anzitutto allo stesso consulente, consultando i siti delle Autorità di vigilanza, persone vicine e social network. Nel corso della relazione i contatti con il professionista sono saltuari o assenti nel 26% dei casi, mentre nel 70% circa ricorrono con frequenza annuale su iniziativa del cliente o del consulente. Nel caso di turbolenze sui mercati finanziari, il 25% degli investitori assistiti cerca sempre conforto nel consulente e altrettanti vengono contattati dal professionista; nel 30% dei casi, infine, gli intervistati dichiarano di essere raggiunti tramite e-mail o newsletter.
FOCUS: Gli investimenti sostenibili e socialmente responsabili sono ancora poco conosciuti dagli investitori italiani che dichiarano di avere prodotti SRI nel proprio portafoglio solo nel 5% dei casi. ... leggi di più
Gli investimenti sostenibili e socialmente responsabili (SRI) sono ancora poco noti. Se il 40% degli intervistati dichiara di averne almeno sentito parlare, solo il 5% si ritiene bene informato; il dato aumenta, tuttavia, nel sottogruppo degli investitori che riferiscono di averne una conoscenza sia pure approssimativa nel 60% dei casi. Le fonti informative prevalenti sono i media e il web, mentre il ruolo dei consulenti finanziari resta secondario anche nel sottogruppo degli investitori. Nel complesso, solo il 5% degli investitori dichiara di avere prodotti SRI nel proprio portafoglio (18% nel sottocampione di coloro che si dichiarano informati e che sono seguiti da un consulente).
Il potenziale interesse negli SRI dipende anche dalla importanza riconosciuta ai cosiddetti fattori ESG (environmental, social and governance) e, nell'ambito di questi, ai cambiamenti climatici più frequentemente all'attenzione dell'opinione pubblica.
Il 40% degli intervistati non è in grado di esprimere un'opinione sulla rilevanza dei fattori ESG; tra i restanti la tutela dell'ambiente è il tema più sentito, seguito dal supporto alle persone svantaggiate e alle comunità locali. Oltre un terzo degli intervistati inoltre dichiara un'elevata propensione a spendersi per una buona causa senza attendersi nulla in cambio, rivelando così una spiccata sensibilità verso le tematiche che investono la collettività (cosiddette social preferences).
L'interesse potenziale negli SRI sfiora il 40% del campione, nella maggior parte dei casi attento ai profili finanziari dell'investimento. Per contro, la mancanza di interesse viene ricondotta alla carenza di risparmi da investire, al fatto di non aver mai ricevuto proposte d'investimento riferite a prodotti SRI o alla diffidenza nei confronti di questi prodotti. ... leggi di più
L'interesse potenziale negli SRI sfiora il 40% del campione, che nella maggior parte dei casi si dichiara attento ai profili finanziari dell'investimento; un quarto del campione non è interessato in alcun caso, mentre più di un terzo non è in grado di esprimere un'opinione. Il 66% degli intervistati non conosce le performance passate di questa categoria di investimenti; il dato, tuttavia, diminuisce significativamente tra gli investitori informati in materia di finanza sostenibile e coloro che detengono prodotti SRI.
La mancanza di interesse nei prodotti SRI viene ricondotta all'assenza di risparmi da investire nel 47% dei casi (28% per il sottocampione degli investitori, che paiono dunque percepire questa tipologia di prodotti come non fungibile rispetto agli investimenti ‘tradizionali'), seguita dal fatto di non aver mai ricevuto proposte di investimenti in tal senso e dalla mancanza di fiducia.
La domanda potenziale ed effettiva di SRI sembra essere più accentuata tra i soggetti più abbienti e con un livello più elevato di istruzione e di conoscenze finanziarie; tra i tratti individuali rilevano la sensibilità verso le tematiche sociali e un maggior orientamento alle performance di lungo periodo, segnalato da una più alta tolleranza verso le perdite di breve periodo e di piccola entità.
Il Report è stato curato da: Nadia Linciano (coordinatrice) - CONSOB, Divisione Studi, Ufficio Studi Economici (n.linciano@consob.it) Daniela Costa - CONSOB, Divisione Studi, Ufficio Studi Economici (d.costa@consob.it) Monica Gentile - CONSOB, Divisione Studi, Ufficio Studi Economici (m.gentile@consob.it) Paola Soccorso - CONSOB, Divisione Studi, Ufficio Studi Economici (p.soccorso@consob.it)
Le opinioni espresse nel Report sono personali degli autori e non impegnano in alcun modo la Consob. Nel citare i contenuti del rapporto, non è pertanto corretto attribuirli alla Consob o ai suoi Vertici.