La leva finanziaria

La leva finanziaria

  Cos'è la leva finanziaria?

Attraverso l'utilizzo della leva finanziaria (o "leverage") un soggetto ha la possibilità di acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare superiore al capitale posseduto e, conseguentemente, di beneficiare di un rendimento potenziale maggiore rispetto a quello derivante da un investimento diretto nel sottostante e, di converso, di esporsi al rischio di perdite molto significative.

  Come funziona?

Vediamo come funziona il concetto di leva partendo da un caso semplice. Ipotizziamo di avere 100 € a disposizione da investire Leva finanziariain un titolo.  Poniamo che le aspettative di guadagno o perdita siano pari al 30%: se le cose vanno bene, avremo 130 €, in caso contrario, avremo 70 €. Questa è una semplice speculazione in cui scommettiamo su un determinato evento.

Nel caso in cui decidessimo di rischiare di più investendo, oltre ai nostri 100 €, anche altri 900 € presi in prestito, allora l'investimento assumerebbe un'articolazione diversa poiché utilizziamo una leva finanziaria di 10 a 1 (investiamo 1000 € avendo un capitale iniziale unicamente di 100). Se le cose andranno bene e il titolo sale del 30%, riceveremo 1300 €, restituiamo i 900 presi in prestito con un guadagno di 300 € su un capitale iniziale di 100. Otteniamo, quindi, un profitto del 300% con un titolo che in sé dava un 30% di rendimento. Ovviamente sui 900 € presi in prestito dovremo pagare un interesse, ma il principio generale rimane valido: la leva finanziaria permette di aumentare i possibili guadagni.

Considerando l'ulteriore caso dell'investimento in derivati. Ipotizziamo di comprare un derivato che, tra un mese, dà il diritto di comprare 100 grammi di oro a un prezzo fissato oggi di 5.000 €. Potremmo comprare fisicamente l'oro con un esborso di 5000 € e tenerlo aspettando che il prezzo salga per poi rivendermelo. Se decidessimo invece di usare i derivati, non dovremmo avere 5000 €, ma unicamente il capitale necessario per comprare il derivato. Mettiamo che una banca vende per 100 € il derivato che ci consente di comprare tra un mese gli stessi 100 grammi di oro a 5.000 €. Se tra un mese l'oro vale 5.500, lo possiamo comprare e rivendere immediatamente, realizzando un guadagno di 500 €. Tolti i 100 € del prezzo del derivato realizziamo con 100 € un profitto di 400 €, ovvero del 400%.

Senza usare i derivati e la leva finanziaria, gli stessi 500 € li avrei potuti guadagnare solo a fronte di un investimento di 5.000 €, realizzando un profitto del 10%.

  Quali sono le potenzialità del suo utilizzo?

Le potenzialità dell'utilizzo della leva finanziaria sono chiare. Attenzione però: l'effetto moltiplicatore della leva finanziaria, descritto con gli esempi precedenti, funziona anche nel caso in cui l'investimento dovesse andare male. Ad esempio, nel caso in cui decidessimo di investire 100 € in nostro possesso più un'ulteriore somma di 900 € presi in prestito, se il titolo si deprezzasse del 30%, rimarremmo con soli 700 € in mano; dovendo restituire i 900 € presi in prestito più gli interessi e considerando i 100 € del nostro investimento iniziale avremmo una perdita di oltre 300 € su un capitale iniziale di 100 €. In percentuale la perdita sarebbe quindi del 300% a fronte di una diminuzione del valore del titolo del 30%.

Altro elemento da tenere ben presente è che le diverse leve finanziarie si possono cumulare: in questo modo si realizzano operazioni di speculazione utilizzando una "leva finanziaria al quadrato" con evidenti riflessi sulle possibili potenziali.

  Quali sono i rischi?

Quello che può sembrare uno strumento interessante con potenzialità positive per l'investitore presenta, invece, dei rischi che devono quindi essere tenuti nella dovuta considerazione. Infatti, se il sistema finanziario nel suo complesso lavora con una leva molto elevata e gli istituti finanziari si prestano soldi a vicenda per moltiplicare i possibili profitti, la perdita di un singolo investitore può innescare un effetto domino contagiando l'intero mercato finanziario.

Le banche sono tipicamente dei soggetti che operano con un grado più o meno elevato di leva finanziaria: a fronte di un determinato capitale netto, il totale delle attività in cui le risorse sono investite è generalmente molto più elevato. Ad esempio, una banca con capitale proprio pari a 100 € e leverage pari a 20 gestisce attività per 2.000 €. Una perdita dell'1% delle attività comporta la perdita del 20% del capitale proprio.

Lo sviluppo del mercato per il trasferimento del rischio di credito (dagli intermediari finanziari al mercato) ha fatto sì che il modello di banca tradizionale, denominato "originate-and-hold" («crea e detieni»: la banca che ha erogato il prestito lo mantiene in bilancio fino alla scadenza), sia stato sostituito per molti operatori da quello "originate-to-distribute" («crea e distribuisci»: l'intermediario seleziona i debitori, ma poi trasferisce ad altri il prestito, recuperando la liquidità e il capitale regolamentare prima impegnati (cartolarizzazione) o il puro rischio di credito (derivati creditizi), con benefici solo sui requisiti patrimoniali), con l'effetto di un ulteriore incremento della leva finanziaria. La diffusione di questo secondo modello di banca è uno dei fattori che spiegano la crisi innescatasi sul mercato dei mutui subprime.

L'inflazione dei prezzi immobiliari ha sostenuto l'emissione dei prestiti cartolarizzati e lo sviluppo esponenziale del relativo mercato, consentendo alle banche di realizzare enormi profitti e, allo stesso tempo, incrementare la leva finanziaria. Ma "la macchina da soldi" non poteva durare a lungo e alla fine molte banche si sono ritrovate senza capitale sufficiente per assorbire le perdite derivanti dall'inversione di tendenza del mercato immobiliare, risultando di fatto come aziende fallite.

Nel frattempo l'esempio delle banche si è diffuso all'interno del sistema finanziario propagandosi a tutte le altre istituzioni finanziarie: la leva finanziaria aveva preso il sopravvento, soprattutto negli Stati Uniti, generando un enorme volume di investimenti a rischio che poggiava su una frazione infinitesima di capitale azionario. Pensiamo all'emissione dei cosiddetti "credit default swaps" (strumenti derivati utilizzati per coprirsi dal rischio di default del soggetto debitore): alcune compagnie di assicurazione erano fortemente esposte sul mercato immobiliare e quando quest'ultimo è crollato e il valore dei mutui è sceso, hanno cominciato a perdere senza aver capitale sufficiente per assorbire le perdite derivanti dall'emissione di quegli strumenti.

Per non rischiare di fallire e ritornare a livelli di capitale bancario sufficiente si può ricorrere ad aumenti di capitale (operazione non semplice in tempi di crisi), alla riduzione dell'importo dei prestiti alle imprese (concessione di un numero inferiore di nuovi prestiti e non rinnovo di quelli già emessi) e alla dismissione di altre attività liquide (per lo più azioni). Il risultato di tutto ciò, nel periodo di scoppio della crisi dei subprime, è stato un congelamento del credito e un crollo del mercato azionario. Questi sono i principali canali attraverso cui la crisi finanziaria ha colpito l'economia reale. Il razionamento del credito ha colpito gli investimenti e il calo del mercato azionario (che si aggiunge al calo dei prezzi delle abitazioni) ha ridotto il valore della ricchezza delle famiglie e quindi dei consumi.

Sappiamo che un determinato livello di leverage è fisiologico per sostenere la crescita economica, anche se non abbiamo indicazioni di quale ne sia il livello ottimale. La storia però ci insegna come in un sistema economico-finanziario sempre più globalizzato e interdipendente la leva finanziaria possa rappresentare un fattore scatenante delle bolle speculative. Ed è in questi periodi che si genera lo scollamento più forte tra finanza ed economia reale.