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REGOLAMENTO DISCIPLINANTE LA CAMERA DI CONCILIAZIONE E DI ARBITRATO ISTITUITA PRESSO LA CONSOB

DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE

4 agosto 2008

 

Le osservazioni al presente documento di consultazione dovranno pervenire entro il 30 settembre 2008 al seguente indirizzo:

C O N S O B
Divisione Studi Giuridici
Via G. B. Martini, n. 3
00198 ROMA

oppure all'indirizzo di posta elettronica: consob@consob.it.

I commenti pervenuti saranno resi pubblici al termine della consultazione, salvo espressa richiesta di non divulgarli. Il generico avvertimento di confidenzialità del contenuto della e-mail, in calce alla stessa, non sarà considerato una richiesta di non divulgare i commenti inviati.

 

Introduzione

Parte I- ORGANIZZAZIONE E FUNZIONI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO

1. Organizzazione della Camera di Conciliazione e Arbitrato

1.1 Struttura e Composizione della Camera

1.1.1 Requisiti dei componenti

1.1.2 Incompatibilità

1.1.3 Modalità di nomina, durata della carica e compensi dei componenti

1.1.4 Decadenza

1.2 Funzionamento della Camera

1.3 Rapporti tra la Camera e la Consob

1.4 Finanziamento della Camera

2. Funzioni della Camera di Conciliazione e di Arbitrato

2.1 Ambito soggettivo e oggettivo di operatività delle procedure di conciliazione e arbitrato

2.2 Funzioni connesse alla tenuta degli di conciliatori e arbitri.

2.2.1 Requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e imparzialità

2.2.2 Definizione degli obblighi di conciliatori e arbitri

2.2.3 Periodicità di aggiornamento dell’albo

2.3 Funzioni relative all’amministrazione delle procedure di conciliazione e arbitrato (rinvio)

2.4 Altre funzioni attribuite alla Camera

2.5 Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob e azione collettiva risarcitoria ex art. 140-bis del Codice del consumo

Parte II- LA CONCILIAZIONE

Premessa

1. Procedura di conciliazione

1.1 Principi fondamentali in materia di conciliazione

1.2 Domanda di conciliazione

1.3 Adesione alla conciliazione

1.4 Criteri e modalità di nomina del conciliatore e suoi obblighi

1.4.1 Criteri per la nomina di un diverso organismo di conciliazione

1.5 La procedura dinanzi al conciliatore

1.6 Termine per la conclusione della procedura

1.7 Esiti della procedura

1.8 Obblighi di riservatezza

2. Importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio

3 Compenso del conciliatore

Parte III- L’ARBITRATO AMMINISTRATO

Premessa

1. L’arbitrato ordinario

1.1 Ambito di applicazione dell’arbitrato

1.2 Sede dell’arbitrato

1.3 Numero e modalità di nomina degli arbitri

1.4 Sostituzione e ricusazione degli arbitri

1.5 adempimenti preliminari

1.6 accettazione, indipendenza e imparzialità degli arbitri

1.7 Svolgimento del procedimento dinanzi agli arbitri e termini per la decisione

1.8 Costi del procedimento arbitrale

2. L’arbitrato semplificato

Allegati

Allegato n. 1: bozza di articolato

* * *

Introduzione

La Camera di conciliazione e di arbitrato presso la Consob (di seguito anche "Camera") è stata istituita dal decreto legislativo n. 179/2007 con il quale il Governo ha esercitato la delega conferitagli dall’art. 27, comma 1 della legge n. 262/2005 (legge per la tutela del risparmio).

Il legislatore delegante ha fornito con riguardo alla Camera una serie di indicazioni, definendone in primo luogo:

  1. le funzioni primarie (compilazione e tenuta di un elenco di conciliatori e di arbitri; gestione delle procedure);
  1. l’ambito di operatività (risoluzione di controversie insorte tra investitori - esclusi gli investitori professionali - e intermediari che hanno violato gli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali in materia di servizi di investimento); con riguardo a tale ultimo punto va sin d’ora rimarcato che problematici profili interpretativi discendono dalla mancata, espressa, menzione del servizio di gestione collettiva del risparmio. Tuttavia, come si avrà modo di argomentare infra (sub paragrafo 2.1 della Parte I), appare ragionevole la opzione ermeneutica volta a ricondurre anche tale ultimo servizio nello spettro applicativo del d.lgs. n. 179/2007.

Il legislatore ha altresì demandato alla Consob la definizione, con regolamento da adottare entro il 14 novembre 2008, dei seguenti aspetti:

  • organizzazione della Camera;
  • modalità di nomina dei componenti dell’elenco dei conciliatori e degli arbitri;
  • requisiti di imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità dei componenti del suddetto elenco;
  • altre funzioni attribuite alla Camera;
  • norme per i procedimenti di conciliazione e arbitrato;
  • altre norme necessarie all’attuazione dell’organismo camerale.

Gli organismi camerali che amministrano procedure di conciliazione e arbitrato attraverso la tenuta di elenchi di conciliatori e arbitri che provvedono, una volta nominati, alla risoluzione delle singole controversie rappresentano una realtà diffusa anche in altri settori dell’ordinamento.

Oltre agli organismi istituiti dalle singole Camere di commercio, si contano numerosi organismi nazionali quali la Camera arbitrale per i contratti pubblici, la Camera nazionale arbitrale in agricoltura, la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport1 e la Camera di conciliazione e arbitrato dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria. Tra questi, la Camera arbitrale per i contratti pubblici presenta caratteristiche per molti versi simili a quella della istituenda Camera presso la Consob, in quanto anch’essa costituita presso una authority che provvede con proprio personale al suo funzionamento.

Con specifico riguardo al settore societario e ai servizi di investimento, l’istituzione e il funzionamento di organismi di conciliazione è stato già espressamente previsto e disciplinato dal d.lgs. n. 5/20032 e dai relativi regolamenti attuativi adottati dal Ministero della Giustizia con i DM nn. 222/20043 e 223/20044.

Di tali esperienze si è tenuto conto nella predisposizione delle norme regolamentari.

Parte I

ORGANIZZAZIONE E FUNZIONI DELLA CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO

1. Organizzazione della Camera di Conciliazione e Arbitrato

Secondo l’art. 2, comma 5 del d.lgs. n. 179/2007 la " Consob definisce con regolamento, sentita la Banca d’Italia ... l’organizzazione della Camera di conciliazione e arbitrato".

Il tema dell’organizzazione abbraccia numerosi aspetti relativi alla struttura e alla composizione della Camera, alle modalità di funzionamento, ai rapporti tra la Camera e la Consob e alle strutture di supporto alle attività svolte dalla Camera.

1.1 Struttura e composizione della Camera

In assenza di indicazioni legislative puntuali sul tipo di struttura da conferire alla Camera, si è prestata particolare attenzione all’esame di analoghi organismi attivi nel settore della conciliazione e dell’arbitrato. In tale settore convivono attualmente organismi semplici e poco strutturati (come la Camera nazionale arbitrale in agricoltura 5 composta dal suo Direttore e coadiuvata dal personale, dagli uffici, dalle strutture e dalle risorse messe a disposizione del Dipartimento delle politiche di sviluppo sulla base di un piano definito d’intesa con lo stesso Direttore) accanto ad organismi caratterizzati da una articolazione interna piuttosto complessa e spesso dotati di personalità giuridica (si pensi agli organismi istituiti dalle Camere di commercio, per lo più sotto forma di azienda speciale ai sensi della legge n. 580 del 1993, e composti da un Presidente, un Consiglio di Amministrazione, un Consiglio Arbitrale, un Collegio dei Revisori dei Conti e una Segreteria Generale).

La formulazione dettata dal d.lgs. n. 179/2007 (la Camera " è istituita presso la Consob" e "svolge la propria attività avvalendosi di strutture e risorse individuate dalla Consob") sembra escludere la necessità di ricorrere a strutture organizzative particolarmente complesse anche alla luce di quanto è stato previsto per altre Camere istituite per legge6.

Si è ritenuto pertanto di qualificare la Camera come organo collegiale composto da cinque membri, compreso il presidente, e dotata di "strutture e risorse" individuate e fornite dalla Consob.

La scelta dei componenti nel numero di cinque unità è stata ritenuta adeguata a garantire al collegio una piena funzionalità in caso di assenza o impedimento dei suoi componenti e ha permesso di convogliare al suo interno professionalità anche riconducibili al mondo dell’industria finanziaria e delle associazioni dei consumatori (in argomento, si veda il paragrafo 1.1.3 della Parte I).

Relativamente ai componenti della Camera, la Consob ha inoltre definito una serie di questioni riguardanti:

  • i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza necessari per la nomina;
  • le cause di incompatibilità;
  • le modalità di nomina;
  • le modalità di determinazione dei compensi;
  • la durata della carica;
  • le ipotesi di decadenza dalla carica.

1.1.1 Requisiti dei componenti della Camera

Il possesso di adeguati requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza da parte dei componenti degli organismi camerali è di fondamentale importanza al fine di conferire alla Camera, l’autorevolezza, l’autonomia e le capacità necessarie per l’esercizio delle relative funzioni.

Il d.lgs. n. 179/2007, come già ricordato, demanda genericamente alla Consob la potestà di definire "con regolamento, sentita la Banca d’Italia (...) l’organizzazione della Camera di conciliazione e arbitrato" (art. 2, comma 5, lett. a)) nulla prevedendo in tema di criteri per la nomina dei suoi componenti.

Nel qualificare il contenuto di tali requisiti si è fatto riferimento, per quanto possibile, al quadro normativo vigente (in particolare al decreto ministeriale n. 222/2004 (di seguito DM 222/2004) e al Codice dei contratti Pubblici nella parte in cui disciplina la Camera arbitrale.

Per quanto riguarda la professionalità, il suddetto decreto non riferisce tale requisito ai singoli componenti degli organismi di conciliazione né all’organismo in sé costituito, ma, genericamente, soltanto all’ente che ne propone la costituzione 7. La sussistenza del requisito non è legata a specifiche professionalità (professori, avvocati, notai ecc.)

Il Codice dei contratti pubblici (che disciplina la Camera arbitrale per i contratti pubblici) opta, invece, per una soluzione meno generica; l’art. 242, comma 3 stabilisce, infatti, che il consiglio arbitrale (organo collegiale della relativa Camera) " è nominato dall'Autorità [per i contratti pubblici] fra soggetti dotati di particolare competenza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture". La professionalità è quindi riferita ai singoli componenti con riguardo all’esperienza maturata in un determinato settore (i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).

I regolamenti di altri organismi camerali (attivi sia nella conciliazione che nell’arbitrato) assumono, invece, un approccio più puntuale e prescrittivo in quanto, oltre a richiedere requisiti di professionalità riferiti a determinati settori o materie, prevedono che i membri delle camere siano scelti tra determinate figure professionali 8.

La Consob ha sostanzialmente seguito quest’ultimo orientamento nel definire il requisito di professionalità dei componenti della Camera che dovranno essere scelti tra le categorie degli avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio davanti alle magistrature superiori; dei dottori commercialisti iscritti all’albo da almeno dodici anni; dei notai e dei magistrati delle giurisdizioni ordinarie, amministrative e contabili con sei anni di anzianità di servizio o anche in quiescenza; dei professori universitari di ruolo in materie giurico-economiche; dirigenti dello Stato o di Autorità indipendenti, laureati in discipline giuridico/economiche in servizio o in quiescenza, con venti anni di anzianità o in quiescenza (sui requisiti di professionalità si veda il successivo paragrafo 1.1.3 del presente documento).

Anche il requisito di onorabilità, ai sensi dell’art. 4, comma 3 lett. c)del DM 222/2004, viene riferito ai " soci, associati, amministratori o rappresentanti" degli enti che istituiscono organismi di conciliazione e ne promuovono l’iscrizione nel registro. Tali soggetti devono possedere requisiti di onorabilità non inferiori a quelli previsti dall’art. 13 del TUF (concretamente definiti dal Ministro del Tesoro con DM n. 468/1998).

Sul requisito in questione i regolamenti camerali esaminati non si esprimono esplicitamente. Per alcune camere, il mancato riferimento consegue alla prescrizione di effettuare tale scelta tra categorie professionali che non possono prescindere dal requisito stesso (magistrati, avvocati, notai, docenti universitari ecc.)9; una considerazione simile può essere svolta per le camere arbitrali di emanazione di enti pubblici 10, i cui componenti non possono difettare di requisiti di onorabilità genericamente richiesti per chiunque si appresti a ricoprire un incarico pubblico. Per tale motivo si è ritenuto di non prevedere specifiche prescrizioni in materia.

Infine, il requisito dell’indipendenza, diversamente da quanto prescrivono i regolamenti dei singoli organismi camerali esaminati, viene considerato dal DM 222/200411 come caratteristica indefettibile del servizio reso dall’organismo di conciliazione piuttosto che una qualità dei soggetti che compongono tale organismo.

L’importanza di tale requisito appare intuitiva e si è ritenuto di declinare l’indipendenza tanto con riferimento al comportamento cui il componente è tenuto nell’esercizio delle proprie funzioni quanto all’assenza di specifiche situazioni di incompatibilità. Nelle disposizioni regolamentari si è scelto, quindi, di affermare in via di principio la riconosciuta indipendenza del soggetto e la necessità di evitare situazioni di incompatibilità (si veda il paragrafo seguente) che possano compromettere la indipendenza e l’autonomia della Camera.

1.1.2 Incompatibilità

Pur in assenza di indicazioni da parte del legislatore, la previsione di alcune situazioni di incompatibilità per i componenti della Camera appare coerente con la necessità di garantire il regolare svolgimento dell’incarico. A tale proposito, all’art. 2, comma 1 del regolamento attuativo, si è scelto di vietare al componente della Camera di:

- essere membro di altri organismi di conciliazione e di arbitrato, istituiti da enti pubblici o privati e operanti in qualsiasi settore; essere inserito negli elenchi da questi tenuti; svolgere comunque attività di conciliazione o di arbitrato (la previsione di tale forma di incompatibilità è apparsa necessaria per evitare al componente di cumulare un numero di incarichi tale da incidere negativamente sulle funzioni che è chiamato a svolgere);

- svolgere incarichi che possano comunque ledere l’indipendenza del componente e, di conseguenza, l’autonomia della Camera.

1.1.3 Modalità di nomina, durata della carica e compensi dei componenti

La nomina dei componenti della Camera viene deliberata dalla Consob dopo aver accertato il possesso dei requisiti di professionalità e di indipendenza necessari per ricoprire l’incarico 12.

Il potere di designare i componenti è stato, invece, ripartito tra la Consob, da un lato, e il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU) e le maggiori associazioni di categoria degli intermediari, dall’altro, al fine di garantire una composizione della Camera che sia rappresentativa anche del mondo dell’industria finanziaria e delle associazioni dei consumatori (art. 2, comma 1 del regolamento attuativo). Le associazioni di categoria degli intermediari dovranno procedere alla designazione "congiuntamente".

È stato previsto che la Consob proceda alla designazione di tre componenti compreso il presidente della Camera 13 , mentre il CNCU e le associazioni degli intermediari ne designano due (uno ciascuno).

Per evitare che il ritardato o mancato esercizio del potere di designazione attribuito ai suddetti soggetti possa ripercuotersi negativamente sulla costituzione della Camera, è stato previsto che la Consob possa esercitare un potere sostitutivo laddove essi non vi provvedano nel termine previsto dal regolamento (art. 2, comma 2) 14. Resta fermo il compito della Consob di valutare la sussistenza dei requisiti richiesti per la nomina in capo ai soggetti designati dalle associazioni degli intermediari e dal CNCU.

Nelle norme regolamentari, si è provveduto a individuare i gruppi di categorie professionali all’interno delle quali devono essere scelti tutti i componenti della Camera (art. 2, comma 2 del regolamento attuativo). Si tratta:

- degli avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori e dei dottori commercialisti iscritti nella sezione A) dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili da almeno dodici anni;

-notai con almeno sei anni di anzianità di servizio; magistrati ordinari, in servizio da almeno dodici anni o in quiescenza; magistrati amministrativi e contabili con almeno sei anni di anzianità di servizio o in quiescenza;

- dei professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche; dei dirigenti dello Stato o di Autorità indipendenti con almeno venti anni di anzianità di servizio laureati in discipline giuridico/economiche in servizio o in quiescenza.

La scelta delle predette figure professionali trova riscontro nelle norme che disciplinano altri organismi camerali. Inoltre, allo scopo di elevare maggiormente la professionalità e l’autorevolezza della Camera è stato definito un numero minimo di anni che tali soggetti devono aver maturato nello svolgimento della propria attività professionale (art. 2, comma 2 del regolamento attuativo).

È stato altresì previsto che i tre componenti designati dalla Consob siano di norma individuati ciascuno in uno dei suddetti gruppi di categorie allo scopo di arricchire il collegio di differenti tipi di professionalità (art. 2, comma 4 del regolamento attuativo).

***

La durata dell’incarico dei componente è stata fissata in sette anni, non rinnovabili, in linea con quanto disposto dalla legge in relazione alla durata del mandato dei componenti delle autorità amministrative indipendenti (art. 2, comma 1 del regolamento attuativo).

***

Il compenso del Presidente e dei componenti della Camera viene definito nella delibera di nomina adottata dalla Consob (art. 2, comma 7 del regolamento attuativo).

1.1.4 Decadenza

In merito alla decadenza, nelle norme regolamentari sono state riprodotte le principali fattispecie che comportano, in generale, la cessazione da una carica; si tratta del venir meno dei requisiti necessari a ricoprire l’incarico (o l’accertata originaria inesistenza degli stessi) e il grave inadempimento degli obblighi che gravano sui soggetti investiti di un determinato incarico (art. 2, comma 6 del regolamento attuativo).

La decadenza viene pronunciata dalla Camera, nelle ipotesi sopra descritte, entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza della perdita dei requisiti nonché dal grave inadempimento di cui si è reso colpevole il componente. Si è ritenuto opportuno prevedere che in caso di inerzia della Camera la declaratoria di decadenza venga pronunciata direttamente dalla Consob.

1.2 Funzionamento della Camera

Il funzionamento della Camera attiene alla corretta esecuzione dei processi decisionali della stessa (convocazione, formulazione dell’ordine del giorno, determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi).

In sede di regolamentazione (cfr. art. 3, comma 1) si è previsto un quorum costitutivo (presenza di almeno 3 componenti) per l’adozione collegiale delle delibere della Camera. Salvo che non sia previsto diversamente, la Camera delibera a maggioranza dei votanti e, comunque, con non meno di due voti favorevoli. In caso di parità prevale il voto del Presidente.

Si è poi ritenuto di demandarne allo statuto - elaborato dalla stessa Camera e sottoposto all’approvazione della Consob che può chiedere, entro trenta giorni, i chiarimenti e le modifiche reputate necessarie - la disciplina degli altri profili di organizzazione e funzionamento (art. 3, comma 2 del regolamento attuativo).

Il conferimento dell’autonomia statutaria alla Camera consente, inoltre, di rendere più agevoli le modifiche ai meccanismi di funzionamento dell’organismo, laddove queste si rendano necessarie, senza procedere a una conseguente modifica delle disposizioni regolamentari adottate dalla Consob.

1.3 Rapporti tra la Camera e la Consob

Il legislatore non fornisce indicazioni che chiariscano la natura dei rapporti tra la Camera e la Consob. La scelta di istituire un autonomo organismo si è resa necessaria per dare alle parole " dinanzi alla Consob", contenute nell’art. 27 della legge n. 262 del 2005 (cd. legge sul risparmio), un significato che evitasse a quest’ultima un diretto coinvolgimento nelle procedure di conciliazione e arbitrato.

Tuttavia, la Camera è pur sempre un organismo che è emanazione di un soggetto pubblico, non dotato di personalità giuridica 15 e che, per esplicita volontà del legislatore, deve avvalersi di risorse e strutture individuate dalla Consob.

Considerati, quindi, i legami strumentali che intercorrono tra la Consob e la Camera, è apparso opportuno prevedere che quest’ultima debba essere ubicata presso gli uffici delle sedi della Consob e svolgere le proprie attività avvalendosi di strutture e risorse individuate e fornite dalla Consob (art. 3, comma 4 del regolamento attuativo).

Si è, inoltre, ritenuto opportuno sottoporre la Camera a una serie di obblighi - di natura prevalentemente informativa - nei confronti della Consob: tra essi rientrano la presentazione di una relazione annuale sull’attività svolta nell’anno precedente; la comunicazione di informazioni sulle attività e sui compiti istituzionali svolti, laddove la Consob lo richieda (art. 3, commi 5 e 6 del regolamento attuativo).

È stato infine previsto che la Consob possa impartire direttive relative ai controlli che la Camera deve esperire sul possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione negli elenchi di conciliatori e arbitri.

1.4 Finanziamento della Camera

L’art. 9, comma 2 del d.lgs. n. 179/2007 prevede che " [d]all’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica. La Consob provvede alla copertura delle spese di amministrazione delle procedure di conciliazione e di arbitrato di cui al Capo I con le risorse di cui all’articolo 40, comma 3 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni, oltre che con gli importi posti a carico degli utenti delle procedure medesime".

La norma reitera il generale principio, fondante la prescrizione della legge delega, per cui l’istituzione delle procedure di conciliazione e arbitrato deve avvenire " senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica" (art. 27, comma 1, legge n. 262/2005).

La disposizione normativa presuppone che gli importi posti a carico degli utenti delle procedure non necessariamente debbano coprire gli interi costi sopportati per le procedure stesse, essendo previsto l’intervento della Consob con le risorse derivanti dal sistema di contribuzione a carico dei soggetti vigilati.

Gli oneri finanziari connessi all’istituzione e al funzionamento della Camera di conciliazione e arbitrato nonché alla gestione delle procedure di conciliazione e di arbitrato devono, per la parte eccedente le contribuzioni degli utenti, essere coperti dalla Consob (presso cui è istituita la Camera ex art. 1, comma 1) con le risorse di cui all’art. 40, comma 3, della legge n. 724/1994, a valere, cioè, sulla parte del complessivo sistema di finanziamento che grava sui " soggetti sottoposti alla sua vigilanza".

In particolare, la norma da ultimo citata prescrive che entro il limite del proprio fabbisogno finanziario "la CONSOB determina in ciascun anno l’ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Nella determinazione delle predette contribuzioni la CONSOB adotta criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti".

Per tale motivo, nella "rideterminazione" delle contribuzioni dovute dai soggetti abilitati all’espletamento dei servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio (id est dai soggetti chiamati a fruire dei "servizi" di conciliazione ed arbitrato "amministrati" dalla Camera) si dovrà tener conto della nuova "attività svolta" dalla Consob (per il tramite della Camera istituita presso la stessa Consob).

A tale proposito, nelle norme regolamentari si è provveduto a precisare che la copertura delle spese eccedenti gli importi corrisposti dagli utenti debba essere realizzata con contribuzioni a carico delle sole categorie interessate dalle procedure di conciliazione e di arbitrato (art. 3, comma 6 del regolamento attuativo).

2. Funzioni della Camera di Conciliazione e di Arbitrato

2.1. Ambito soggettivo e oggettivo di operatività delle procedure di conciliazione e arbitrato

Sotto il profilo soggettivo il d.lgs. n. 179/2007 ha previsto che rientrano nella competenza della Camera le controversie intercorse fra intermediari e investitori diversi dai clienti professionali. In sede di regolamentazione (cfr. art. 1, lett. b) si è chiarito che non rientrano nel novero di coloro che possono ricorrere alla Camera le controparti qualificate, trattandosi di soggetti che a fortiori non possono reputarsi investitori non professionali cui solo la definizione di cui all’art. 1, comma1 lettera a) del d.lgs. n. 179/2007 può ragionevolmente essere riferita.

Sotto il profilo oggettivo, l’ambito di operatività della Camera presso la Consob non si evince immediatamente dalla lettura del d.lgs. n. 179/2007. La testuale formulazione degli artt. 1 e 2 può ingenerare dubbi circa la concreta applicabilità della disciplina in esame anche a controversie afferenti al servizio di gestione collettiva del risparmio.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b)del predetto decreto, per intermediari si intendono "i soggetti abilitati alla prestazione di servizi e attività di investimento di cui all’articolo 1, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni". Non vi è, quindi, espressa menzione del servizio di gestione collettiva del risparmio, così come nell’art. 27 della legge delega ove si afferma che "Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l’istituzione, in materia di servizi di investimento , di procedure di conciliazione e arbitrato (...)".

Orbene, anche a fronte di tali indici testuali, si è ritenuto maggiormente aderente all’impianto normativo su cui fondano le istituende procedure di conciliazione e di arbitrato (e alla ratio ultima che tale impianto sorregge) preferire l’opzione ermeneutica volta a comprendere anche le controversie in tema di gestione collettiva del risparmio.

E ciò in quanto:

- il richiamato art. 1, comma 1, lett. b)del d.lgs. n. 179/2007 costituisce norma definitoria, afferente al "soggetto" generalmente legittimato a prendere parte alle procedure di conciliazione e di arbitrato. La norma, quindi, assume esclusiva valenza di individuazione dei soggetti che solo potranno essere parti del procedimento conciliativo ovvero di quello arbitrale (investitori e intermediari); e, sotto questo profilo, non v’è dubbio che anche la SGR debba essere presa in considerazione, rientrando nell’alveo dei " soggetti abilitati" enumerati all’art. 1, comma 1, lett. r) del d.lgs. n. 58/1998 (richiamato dalla norma definitoria in esame) ed essendo essa senz’altro abilitata alla prestazione di servizi di investimento (dalla autorizzazione al servizio di gestione collettiva del risparmio discende naturaliter la possibilità per la SGR di prestare professionalmente nei confronti del pubblico il servizio di gestione individuale di portafogli ed il servizio di consulenza in materia di investimenti: cfr., art. 18, comma 2, d.lgs. n. 58/1998);

- l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 179/2007, nel disciplinare l’ambito "oggettivo" di operatività delle procedure, testualmente dispone la "istituzione" della Camera presso la Consob per "l’amministrazione, in conformità al presente decreto, dei procedimenti di conciliazione e di arbitrato promossi per la risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori". Nella concreta perimetrazione del thema decidendum, pertanto, si fa riferimento esclusivamente alla natura degli obblighi asseritamente violati dagli "intermediari" (tra cui rientrano, come detto, anche le SGR) e non anche alla natura dei rapporti contrattuali con gli investitori (gli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza, dunque, ben possono afferire al servizio di gestione collettiva oltre che ai servizi di investimento);

- l’art. 6 del d.lgs. n. 179/2007, nel disciplinare - conformemente ai principi desumibili dal Codice del consumo - l’efficacia della clausola compromissoria (" vincolante solo per l’intermediario") testualmente fa menzione dei "contratti di gestione collettiva del risparmio " ove detta clausola può essere inserita; ebbene, tale disposizione sarebbe priva di senso alcuno - ed anzi patentemente incoerente con il sistema - ove si intendesse escludere il servizio di gestione collettiva dalle procedure di conciliazione ed arbitrato amministrate dalla Camera.

Alla luce delle predette considerazioni si è pertanto ritenuto che anche le liti (come oggettivamente delimitate) all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 179/2007, intercorrenti tra un intermediario e un investitore (come soggettivamente definito all’art. 1 del regolamento) e relative all’espletamento del servizio di gestione collettiva del risparmio, siano suscettibili di composizione in via conciliativa ovvero di devoluzione in arbitri in applicazione delle procedure amministrate dalla Camera istituita presso la Consob. A tale fine, nell’art. 1, lett. c) del regolamento attuativo, nel definire gli intermediari si è eliminato il riferimento " alla prestazione di servizi e attività di investimento" contenuto nell’art. 1, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 179/2007.

2.2. Funzioni connesse alla tenuta degli elenchi di conciliatori e arbitri

L’art. 2, comma 3 del d.lgs. n. 179/2007 dispone che la Camera "istituisce un elenco di conciliatori e arbitri, scelti tra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità".

Alla Consob è affidato il compito di definire con regolamento:

"c) i requisiti di imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità dei componenti dell’elenco dei conciliatori e degli arbitri;

d) la periodicità dell’aggiornamento dell’elenco dei conciliatori e degli arbitri".

Al pari di altri organismi camerali 16, è apparso opportuno prevedere che l’iscrizione negli elenchi di arbitri e conciliatori sia disposta dalla Camera su istanza di parte, previa verifica del possesso dei requisiti soggettivi richiesti e prescindendo da ogni forma di selezione anche di tipo concorsuale (art. 5, comma 1 e 2 e art. 6, comma 1 e 2 del regolamento attuativo). Gli elenchi sarebbero, quindi, "aperti" e non chiusi: soluzione che trova, peraltro, riscontro da quanto previsto da altri organismi camerali 17.

Con riferimento alla formazione degli elenchi si segnala una questione interpretativa relativa all’art. 2, comma 5, lettera b)del d.lgs. n. 179/2007 che attribuisce alla Consob il compito di definire con regolamento "le modalità di nomina dei componenti dell’elenco dei conciliatori e degli arbitri, prevedendo anche forme di consultazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e delle categorie interessate, e perseguendo la presenza paritaria di donne e uomini".

È sembrato che la norma in esame debba riguardare i criteri generali che devono guidare la Camera nella nomina dei conciliatori e degli arbitri incaricati di amministrare la singola controversia e non vada riferita, invece, alla concreta attività di individuazione di coloro che possono o meno essere iscritti negli elenchi tenuti dalla Camera.

Al riguardo, si rileva che già il termine "nomina " mal si addice all’inserimento dei conciliatori e degli arbitri nell’elenco e, soprattutto, la prescrizione di perseguire la presenza paritaria di donne e uomini non può che essere interpretata con riferimento alla concreta individuazione dei soggetti preposti alla gestione della singola procedura di conciliazione o di arbitrato (si veda il paragrafo 1.4 della Parte II).

Tale interpretazione risulta peraltro coerente con la soluzione che qui si prospetta in tema di carattere "aperto" degli elenchi (rispetto alla quale non avrebbe senso, tra l’altro, l’introduzione di "quote rosa") e di modalità di accesso agli stessi elenchi che avverrebbe in base al solo accertamento dei requisiti soggettivi richiesti dalle norme regolamentari.

A tale riguardo, si è ritenuto quindi che:

- la consultazione delle associazioni rappresentative dei consumatori e delle categorie interessate debba riguardare i criteri generali cui la Camera dovrà attenersi nella designazione dei conciliatori e degli arbitri in relazione alle specifiche controversie portate all’attenzione della Camera (ferme restando, ovviamente, le consuete modalità di consultazione pubbliche che la Consob pone in essere nell’adozione dei propri regolamenti);

- il principio delle pari opportunità di donne e uomini costituisca uno dei criteri - già fissato in via legislativa - cui tale attività di designazione della Camera dovrà necessariamente conformarsi.

2.2.1 Requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e imparzialità

Per quanto riguarda la definizione dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza che gli aspiranti conciliatori devono possedere al fine di chiedere l’iscrizione negli elenchi della Camera è apparso utile richiamare espressamente l’art. 4 del DM 222/2004 18(art. 5, comma 1 del regolamento).

Per gli arbitri, invece, considerata la delicatezza della funzione giusdicente che sono chiamati a svolgere, si è preferito adottare requisiti di professionalità più stringenti. In particolare, possono chiedere l’iscrizione nel relativo elenco soltanto i soggetti in possesso degli stessi requisiti di professionalità previsti per i componenti della Camera (art. 6, comma 1 del regolamento).

Anche per gli arbitri si è preferito definire il requisito di onorabilità conformandosi a quanto previsto nel DM 222/2004. Identica formulazione nel definire tale requisito è stata adottata dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici 19 espressamente delegata in tal senso dall’art. 242, comma 8 del Codice dei contratti pubblici.

Diversamente dalla professionalità e dalla onorabilità, si è ritenuto che i requisiti di indipendenzae di imparzialità debbano essere rilevati dalla Camera all’atto della nomina del conciliatore o dell’arbitro rispetto alle parti e all’oggetto della controversia che sono chiamati ad amministrare. In tal senso depongono sia il DM 222/2004 che le norme deontologiche adottate dalla Camera per i contratti pubblici 20. Si tratta, pertanto, di requisiti che vanno verificati caso per caso e per l’attestazione dei quali alcuni organismi (in particolare le camere arbitrali e di conciliazione istituite dalle Camere di commercio) prevedono il rilascio di un’apposita dichiarazione da parte dell’arbitro o del conciliatore nominati per gestire la singola procedura 21.

Nel regolamento attuativo, si è ritenuto opportuno prevedere il rilascio di tale dichiarazione avendo riguardo: i) ai rapporti esistenti con le parti coinvolte nella singola procedura idonei ad incidere sull’imparzialità e l’indipendenza del conciliatore o dell’arbitro; ii) ad ogni personale interesse, diretto o indiretto, relativo all’oggetto della controversia. Si è inoltre previsto che, nel corso della procedura e fino alla sua conclusione, il conciliatore e l’arbitro siano tenuti a comunicare tempestivamente alla Camera e alle parti le eventuali circostanze sopravvenute idonee ad incidere sulla loro indipendenza e imparzialità (artt. 10 e 22 del regolamento).

L’indipendenza e l’imparzialità sono inoltre garantite dall’osservanza di apposite prescrizioni di carattere deontologico adottate dalla Camera (vedi il successivo paragrafo 2.2.2).

Infine, analogamente a quanto previsto per gli organismi di conciliazione iscritti nell’elenco di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 5/2003 si è ritenuto che i conciliatori non possano svolgere attività di conciliazione per più di due organismi di conciliazione (art. 5, comma 4 del regolamento) 22.

Ovviamente, i soggetti iscritti negli elenchi devono mantenere i requisiti richiesti all’atto dell’iscrizione. È apparso quindi opportuno porre in capo agli stessi l’obbligo di comunicare tempestivamente eventuali variazioni intervenute (art. 5, comma 4 del regolamento).

2.2.2 Definizione degli obblighi di arbitri e conciliatori

Lo statuto deontologico dei conciliatori e degli arbitri è definito dalla Camera con le stesse procedure previste per l’adozione del proprio statuto (art. 4, comma 1, lett. b)del regolamento).

Le disposizioni deontologiche sono molto diffuse presso gli organismi camerali presenti nel nostro ordinamento. La Camera arbitrale per i contratti pubblici, ad esempio, ha adottato norme che definiscono puntualmente il comportamento dell’arbitro in relazione all’indipendenza e all’imparzialità richieste nell’esercizio delle proprie funzioni e nei confronti delle parti nel corso del giudizio arbitrale; la correttezza che deve contraddistinguere il suo operato anche al di fuori del ruolo svolto nella singola procedura; i rapporti con la stampa e gli organi di informazione 23. Norme analoghe sono previste per gli organismi camerali istituiti dalle Camere di commercio.

2.2.3 Periodicità di aggiornamento dell’albo

Il legislatore delegante ha previsto che la Consob debba stabilire con quale periodicità la Camera debba procedere all’aggiornamento dell’albo.

La periodicità di aggiornamento dell’elenco potrebbe essere legata, oltre che al dinamico adeguamento della sua composizione riveniente dalle iscrizioni e dalle cancellazioni (su richiesta ovvero a seguito della perdita dei requisiti), a una limitata permanenza temporale del conciliatore o dell’arbitro nell’elenco. In questa logica si pone, ad esempio, l’art. 242, comma 9 del Codice dei contratti pubblici quando, a proposito della relativa Camera arbitrale, stabilisce che " l’appartenenza all’albo degli arbitri ... ha durata triennale e può essere nuovamente conseguita decorsi i due anni dalla scadenza del triennio ...".

L’aggiornamento potrebbe, tuttavia, prescindere da una limitazione temporale della permanenza dei componenti ed essere inteso, unicamente, come continua variazione dell’elenco alla luce di eventi quali la cancellazione, volontaria o d’ufficio, o la richiesta di nuove iscrizioni.

La soluzione proposta a livello regolamentare non prevede limitazioni temporali alla permanenza dell’arbitro o del conciliatore nei rispettivi elenchi, considerando che soggetti con un’esperienza pluriennale nel campo della conciliazione e dell’arbitrato possono contribuire positivamente all’innalzamento qualitativo dell’operato della Camera.

Inoltre, la mancata previsione dei predetti limiti temporali renderebbe presumibilmente più ampia la composizione degli elenchi stessi, in tal modo ampliando il ventaglio delle scelte rimesse alla Camera al momento della designazione dei soggetti da investire delle specifiche controversie. Per rendere maggiormente aderente la soluzione prospettata al testo della norma di legge che contiene un riferimento alla "periodicità" dell’aggiornamento, è stato comunque definito un periodo temporale (sei mesi) entro il quale la Camera deve effettivamente provvedere all’aggiornamento degli elenchi (si vedano gli art. 5, comma 3 e 6, comma 3 del regolamento).

2.3 Funzioni relative all’amministrazione delle procedure di conciliazione e arbitrato (rinvio).

Per quanto riguarda le funzioni relative alle procedure di conciliazione e di arbitrato si rinvia alle parti del presente documento ad esse dedicate (rispettivamente, Parte II e III).

2.4. Altre funzioni attribuite alla Camera

La Consob definisce con regolamento " le altre funzioni attribuite alla Camera di conciliazione".

Si è ritenuto opportuno indicare alcune funzioni strumentali al perseguimento degli scopi istituzionali della Camera, tra cui:

- la diffusione e la promozione dei servizi di arbitrato e conciliazione mediante attività di documentazione, elaborazione dati e studio, anche attraverso la predisposizione di azioni comuni con altre istituzioni ovvero con associazioni economiche e altri organismi pubblici o privati attivi nel settore dei servizi finanziari e delle procedure di conciliazione e arbitrato;

- l’organizzazione di corsi di formazione e aggiornamento per i conciliatori e per gli arbitri.

2.5. Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob e azione collettiva risarcitoria ex art. 140-bis del Codice del consumo

La legge n. 224/2007 ha introdotto nel Codice del consumo l’art. 140- bis relativo all’azione collettiva risarcitoria. Si prevede che le associazioni dei consumatori rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti nonché gli altri soggetti legittimati dalla legge24 possano agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, richiedendo al tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa l’accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettanti ai singoli consumatori o utenti nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ai sensi dell’art. 1342 c.c., ovvero in conseguenza di atti illeciti extracontrattuali, pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali, quando siano stati lesi i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti.

Se la domanda viene accolta, il giudice determina i criteri in base ai quali liquidare la somma da corrispondere o da restituire ai singoli consumatori o utenti che hanno aderito all’azione collettiva o che sono intervenuti nel giudizio. Nei sessanta giorni successivi alla notificazione della sentenza, l’impresa propone il pagamento di una somma, con atto sottoscritto, comunicato a ciascun avente diritto e depositato in cancelleria. La proposta in qualsiasi forma accettata dal consumatore o utente costituisce titolo esecutivo.

Se l’impresa non comunica la proposta entro il termine previsto o non vi è stata accettazione della stessa, il presidente del tribunale competente costituisce un’unica camera di conciliazione per la determinazione delle somme da corrispondere o da restituire ai consumatori o utenti che hanno aderito all’azione collettiva. La camera di conciliazione è composta da tre avvocati (uno indicato da coloro che hanno proposto l’azione; uno dall’impresa convenuta; uno, con funzioni di presidente della camera, nominato dal tribunale). In alternativa, su concorde richiesta delle parti, il presidente del tribunale dispone che la composizione non contenziosa abbia luogo presso uno degli organismi di conciliazione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 5/2003 operante presso il comune in cui ha sede il tribunale.

Dall’esame della disposizione sembra, quindi, emergere che gli unici organismi di conciliazione chiamati ex art. 140-bisdel Codice del consumo a gestire la fase di composizione non contenziosa della controversia a seguito dell’accertamento della responsabilità del convenuto, siano quelli iscritti nel registro istituito con DM 222/2004.

Desta perplessità il mancato richiamo ad organismi di conciliazione contemplati da leggi speciali (quale quello che ci occupa) e, dunque, non soggetti alla iscrizione al registro di cui all’art. 38 d.lgs. n. 5/2003. Potrebbe trattarsi, invero, di una mera dimenticanza del legislatore 25.

Stante l’impossibilità, quindi, per la Camera di iscriversi nel registro di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 5/2003, si è provveduto a prevedere in via regolamentare l’attribuzione alla medesima della gestione della "composizione non contenziosa" della lite collettiva di cui all’art. 140-bis, comma 6 del d.lgs. 206/2005 laddove la lite abbia ad oggetto le materie di competenza della Camera (responsabilità dell’intermediario per violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza nell’espletamento dei servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio).

Si è ritenuto che tale funzione potrebbe rientrare nel novero delle "altre funzioni" della Camera che la Consob è chiamata a individuare in via regolamentare ai sensi dell’art. 2, comma 5, lett. e) del d.lgs. n. 179/2007.

La soluzione sopra prospettata potrebbe consentire di ampliare, in via interpretativa, il novero degli organismi di conciliazione che possono essere chiamati a gestire la fase non contenziosa ai sensi dell’art. 140- bis, comma 6 del Codice del consumo, ivi ricomprendendovi anche la Camera presso la Consob che pure non rientra, a rigore, negli " organismi di conciliazione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5" di cui è testuale menzione nella citata norma del Codice del consumo.

Va, da ultimo, ricordato che l’applicazione dell’azione collettiva risarcitoria è stata sospesa dal decreto legge (successivamente convertito) 25 giugno 2008, n. 112, art. 36, "al fine di individuare e coordinare specifici strumenti di tutela risarcitoria collettiva, anche in forma specifica nei confronti delle pubbliche amministrazioni".

Sarebbe auspicabile che il legislatore, in tale occasione, ponesse rimedio al mancato espresso riferimento agli altri organismi di conciliazione contemplati da leggi speciali.

Parte II

LA CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE

Premessa

L’art. 4 del d.lgs. n. 179/2007 disciplina la conciliazione stragiudiziale, demandando alla Consob la definizione di alcune questioni procedurali.

In particolare la norma prevede quanto segue:

"Gli investitori possono attivare la procedura di conciliazione, presentando, anche personalmente, istanza alla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob.

L'istanza di conciliazione non può essere presentata qualora:

- la controversia sia stata già portata su istanza dell'investitore, ovvero su istanza dell'intermediario a cui l'investitore abbia aderito, all'esame di altro organismo di conciliazione;

- non sia stato presentato reclamo all'intermediario ovvero non siano decorsi più di novanta giorni dalla sua presentazione senza che l' intermediario abbia comunicato all'investitore le proprie determinazioni.

Il regolamento di cui all'articolo 2, comma 5, lettera f), disciplina le norme di procedura nel rispetto dei principi di riservatezza, imparzialità, celerità e di garanzia del contraddittorio, fatta salva la possibilità di sentire le parti separatamente.

In ogni caso il procedimento deve essere concluso nel termine massimo di sessanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza di conciliazione.

Si applicano gli articoli 39, commi 1 e 2, e l'articolo 40, commi 2, 3, 4, 5, 6 e 8, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.

Il conciliatore tiene conto dei criteri di cui all'articolo 3, comma 2 nella proposta conciliativa. Le parti sono in ogni caso libere di assumere autonome determinazioni volontarie.

Le dichiarazioni rese dalle parti nel procedimento di conciliazione non possono essere utilizzate nell'eventuale procedimento sanzionatorio nei confronti dell'intermediario avanti l'Autorità di vigilanza competente per l'irrogazione delle sanzioni amministrative previste per le medesime violazioni.

Con il predetto regolamento sono determinate le modalità di nomina del conciliatore per la singola controversia e il compenso a questi spettante, i criteri in base ai quali la Camera di conciliazione e arbitrato può designare un diverso organismo di conciliazione, nonché l' importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio di conciliazione stragiudiziale nel rispetto dei limiti indicati nel regolamento di cui all'articolo 39, comma 3, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 ".

L’art. 2, comma 5 del d.lgs. n. 179/2007 attribuisce, altresì, alla Consob il compito di definire con regolamento " le modalità di nomina dei componenti dell’elenco dei conciliatori e degli arbitri, prevedendo anche forme di consultazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e delle categorie interessate, e perseguendo la presenza paritaria di donne e uomini".

Alla luce delle norme sopra citate la Consob è chiamata a definire con proprio regolamento le seguenti questioni:

  • norme di procedura per la conciliazione;
  • criteri e modalità di nomina del conciliatore per la singola controversia;
  • criteri per la nomina di altro organismo di conciliazione;
  • compenso spettante al conciliatore;
  • importo a carico degli utenti per la fruizione del servizio.

1. Procedura di conciliazione

La conciliazione è uno strumento di risoluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione ordinaria e a quella arbitrale.

Il panorama normativo in materia è abbastanza articolato e contempla le varie forme di conciliazione disciplinate dal codice di rito (si pensi alla conciliazione che ha luogo prima di un procedimento contenzioso o arbitrale 26o alla conciliazione endoprocessuale che si svolge nel contesto di un procedimento arbitrale o giudiziario), la conciliazione specificamente prevista in materia societaria e di intermediazione finanziaria dal d.lgs. n. 5/2003, nonché altri tipi di conciliazione che si svolgono in diversi e specifici ambiti settoriali 27.

Il DM 222/2004, emanato in attuazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 5/2003, offre una definizione dell’istituto della conciliazione (si tratta del "servizio reso da uno o più soggetti, diversi dal giudice o dall’arbitro, in condizioni di imparzialità rispetto agli interessi in conflitto e avente lo scopo di dirimere una lite già insorta o che può insorgere tra le parti, attraverso modalità che comunque ne favoriscono la composizione autonoma") e delle figure dei conciliatori (ovvero "le persone fisiche che individualmente o collegialmente svolgono la prestazione del servizio di conciliazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo").

È, inoltre, significativa l’esperienza maturata in tema di conciliazione dagli organismi istituiti dalle Camere di commercio 28 nonché da organismi privati come il Conciliatore bancario.

1.1 Principi fondamentali in materia di conciliazione

Il d.lgs. n. 179/2007 dispone che il regolamento deve disciplinare le norme di procedura "nel rispetto dei principi di riservatezza, imparzialità, celerità e di garanzia del contraddittorio, fatta salva la possibilità di sentire le parti separatamente".

Il richiamo a tali principi emerge anche nella disciplina della conciliazione in materia societaria. Ad esempio, l’art. 40, comma 1 del d.lgs n. 5/2003, nel conformare "l’autonomia regolamentare" degli organismi di conciliazione che intendono iscriversi al registro di cui all’art. 38 del medesimo decreto, espressamente prescrive che " [i] regolamenti di procedura debbono prevedere la riservatezza del procedimento e modalità di nomina del conciliatore che ne garantiscano l’imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico". Altri caratteristiche indefettibili della conciliazione - quali l’informalità e la rapidità della procedura - sono previsti dal DM 222/2004.

1.2 Domanda di conciliazione

L’art. 4 del d.lgs. n. 179/2007 disciplina l’accesso alla procedura di conciliazione limitandolo al solo investitore, sottoponendola ad una duplice condizione di ammissibilità:

  • la controversia non deve essere già stata portata, anche su iniziativa dell’intermediario a cui l’investitore abbia aderito, all’esame di un altro organismo di conciliazione;
  • sia stato presentato reclamo all’intermediario ovvero siano decorsi novanta giorni dalla sua presentazione senza che l’intermediario abbia comunicato all’investitore le proprie determinazioni.

Nel riprodurre il contenuto della predetta norma all’interno dell’art. 7 del regolamento attuativo si è ritenuto opportuno specificare, relativamente alla seconda condizione di ammissibilità, che il reclamo previamente inoltrato dall’investitore all’intermediario deve riguardare i medesimi fattiche sono oggetto dell’istanza di conciliazione, colmando così una apparente lacuna del testo normativo primario.

L’attivazione della procedura si concretizza attraverso il deposito presso la Camera di una istanza (il cui contenuto è stato definito all’art. 8, comma 1 del regolamento attuativo) che deve essere stata previamente comunicata all’intermediario con mezzo idoneo a dimostrarne l’avvenuta ricezione (art. 8, comma 2). Tale scelta si giustifica considerando i tempi molto brevi ("sessanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza di conciliazione") entro cui la procedura deve concludersi. Il deposito presso la Camera della istanza deve avvenire nei successivi trenta giorni dall’invio della comunicazione all’intermediario.

In questa fase è stata attribuito alla Camera il compito di valutare l’ammissibilità dell’istanza (entro cinque giorni dal suo deposito) invitando l’investitore a integrarne o correggerne il contenuto entro un congruo termine. La valutazione in termini di ammissibilità serve non solo a verificare le condizioni di cui all’art. 7 del regolamento attuativo, ma anche a valutare che la controversia rientri nell’ambito di applicazione della conciliazione stragiudiziale exart. 4, d.lgs. n. 179/2007 (ovvero le controversie tra investitori non professionali e intermediari che riguardano la violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza in materia di servizi e attività di investimento nonché di gestione collettiva del risparmio).

1.3 Adesione alla conciliazione stragiudiziale

L’intermediario, già destinatario della istanza dell’investitore ai sensi dell’art. 8, comma 2 del regolamento, viene formalmente invitato dalla Camera, entro 5 giorni dal deposito della istanza ovvero delle richieste integrazioni e correzioni, ad aderire al tentativo di conciliazione attraverso il deposito di un " atto di replica" 29 (secondo le modalità disciplinate all’art. 8, comma 4). Al fine di assicurare una piena applicazione del principio del contraddittorio cartolare, l’intermediario deve inviare copia dell’atto di replica anche all’investitore.

È stato previsto nelle norme regolamentari che l’atto di replica venga corredato dei documenti afferenti al rapporto contrattuale (in virtù degli obblighi di corretta tenuta della documentazione che gravano sull’intermediario), del reclamo proposto dall’investitore e delle eventuali determinazioni assunte al riguardo. Tale previsione è stata prevista a tutela dell’investitore (che potrebbe trovarsi nell’impossibilità materiale di esibire il contratto concluso con l’intermediario o altra documentazione) e, più in generale, a garanzia del corretto svolgimento della procedura.

Il regolamento (art. 8, comma 5) prevede espressamente che in caso di mancata adesione dell’intermediario al tentativo di conciliazione la Camera ne dà formale attestazione all’investitore.

1.4 Criteri e modalità di nomina del conciliatore e suoi obblighi

La nomina del conciliatore viene effettuata dalla Camera successivamente al deposito dell’istanza. Si è ritenuto opportuno che la Camera proceda in tal senso senza attendere l’eventuale adesione dell’intermediario, considerata la brevità del termine di conclusione della procedura (art. 9, comma 1 del regolamento).

Il d.lgs. n. 179/2007 stabilisce che la Consob debba individuare le modalità di nomina del conciliatore tra i soggetti che compongono il relativo elenco, all’uopo prevedendo anche forme di consultazione con le associazioni dei consumatori e delle categorie interessate, e perseguendo la "presenza paritaria di donne e uomini" (art. 2, comma 5, lett. b).

Nel regolamento sono stati individuati i criteri (ovvero " le modalità di nomina") scelti per selezionare il conciliatore investito della singola controversia. Essi sono i seguenti:

a) vicinanza territoriale all’investitore;

b) numero di controversie pendenti avanti al conciliatore;

c) esperienza maturata dal conciliatore sulle questioni specifiche oggetto della controversia;

d) equa distribuzione degli incarichi;

e) tendenziale parità di trattamento tra uomini e donne 30.

Non si è ravvisata la necessità di stabilire un ordine di priorità tra i suddetti criteri allo scopo di conferire alla Camera la necessaria discrezionalità nella scelta del conciliatore considerato più adatto.

Il conciliatore così individuato è tenuto a trasmettere alla Camera la dichiarazione di accettazione (si veda il paragrafo 2.2.1, Parte I del presente documento, nonché l’art. 10, commi 1 e 2 del regolamento).

Egli deve altresì rispettare gli obblighi rinvenienti all’interno del codice deontologico o comunque connessi alla funzione del conciliatore (art. 10, comma 3 del regolamento). La Camera provvede tempestivamente alla sostituzione del conciliatore nei modi e nei tempi previsti per la nomina del medesimo e dichiara la sospensione della procedura dal momento in cui essa è venuta a conoscenza dei fatti che possono legittimare tale provvedimento. In tal caso il termine per la conclusione della procedura è di 60 giorni dalla data della sostituzione.

1.4.1 Criteri per la nomina di un diverso organismo di conciliazione

Ai sensi dell’art. 4, comma 8 del d.lgs. n. 179/2007, la Consob deve definire i criteri in base ai quali la Camera può incaricare della controversia un altro organismo di conciliazione iscritto nel registro di cui all’art. 38 del d.lgs. 5/2003.

Il ricorso della Camera a un diverso organismo di conciliazione è stato prospettato come una ipotesi "residuale".

La mancata individuazione del conciliatore che legittima il ricorso ad altro organismo di conciliazione può dipendere dalle seguenti cause:

  • materiale assenza di conciliatori iscritti all’elenco nell’ambito territoriale (la provincia) dove l’investitore ha il domicilio o la sede;
  • impossibilità di onerare ulteriormente i conciliatori che, pure presenti nella provincia, risultano già gravati da eccessivi carichi di lavoro;
  • ogni altro caso in cui non è possibile assicurare un adeguato svolgimento della procedura.

In tali casi, che lasciano comunque alla Camera un certo margine di discrezionalità, la Camera stessa può investire della controversia, con decisione motivata in cui si dia conto della sussistenza delle condizioni sopra enumerate, gli organismi di conciliazione iscritti nel registro previsto all'articolo 38, comma 2, del d.lgs. 5/2003 che hanno manifestato la disponibilità ad essere chiamati dalla Camera a gestire le proprie procedure di conciliazione. Si è ritenuto opportuno altresì che con tali organismi possano essere stipulate delle apposite convenzioni di adesione al fine di garantire maggiore celerità al conferimento dell’incarico e rispettare il termine di conclusione della procedura (art. 9, comma 4).

Il regolamento stabilisce anche i criteri che devono guidare la Camera nel conferire l’incarico nel caso in cui siano individuabili più organismi di conciliazione. In particolare, la Camera nell’effettuare la propria scelta dovrà tenere conto di due dei quattro criteri già individuati per procedere alla nomina del conciliatore iscritto nel proprio elenco (ovvero il criterio di vicinanza territoriale all’investitore e quello dell’esperienza maturata dai conciliatori di tale organismo sulle questioni specifiche oggetto della controversia).

1.5 La procedura dinanzi al conciliatore

Ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 179/2007, la procedura dinanzi al conciliatore è ispirata ai principi di riservatezza, imparzialità, celerità e garanzia del contraddittorio, fatta salva la possibilità di sentire le parti separatamente (art. 12, comma 4 del regolamento attuativo).

La procedura ha inizio con la fissazione della data e della sede della prima riunione che, al fine di rispettare il termine di 60 giorni per la conclusione della conciliazione, deve svolgersi non prima di 5 e non oltre 10 giorni dalla data di accettazione della nomina. Il conciliatore in quanto dominus di questa fase della procedura è tenuto a garantire i principi sopra enunciati e viene, quindi, onerato della tempestiva comunicazione alle parti e alla Camera della propria decisione (art. 12, comma 1 del regolamento).

È stata attribuita al conciliatore la piena libertà di condurre la procedura nel modo che ritiene più opportuno, tenendo conto delle circostanze del caso, della volontà delle parti e della necessità di trovare una rapida soluzione alla lite 31. È stato previsto, altresì, che con l’accordo delle parti e a loro spese, il conciliatore possa disporre l’intervento di terzi (art. 12, comma 3 del regolamento).

1.6 Termine di conclusione della procedura

Nelle norme regolamentari si è provveduto a precisare che il termine per la conclusione della procedura (60 giorni) decorre dal deposito presso la Camera dell’istanza di conciliazione ovvero delle integrazioni e delle correzioni richieste (art. 13, comma 1).

Infine, considerata la brevità del termine di sessanta giorni per concludere la conciliazione, 32si è ritenuto utile prevedere che il conciliatore in prossimità della scadenza del termine possa proporre alle parti una proroga del suddetto termine fino a un massimo di sessanta nei seguenti casi:

a) si siano verificati oggettivi impedimenti del conciliatore o delle parti;

b) sia emersa la necessità di acquisire informazioni e documenti indispensabili ai fini dell’esperimento del tentativo di conciliazione;

c) via sia la ragionevole possibilità di un esito positivo della procedura di conciliazione.

Sul punto va, comunque, segnalato che la formulazione dell’art. art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 179/2007, a tenore della quale "In ogni caso il procedimento deve essere concluso nel termine massimo di sessanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza di conciliazione ", potrebbe militare in senso contrario alla possibilità di sospensione (o proroga) di detto termine, e ciò sempre che detta previsione non possa (e debba) essere interpretata nel senso di disciplinare esclusivamente il corso "ordinario" della procedura e non anche ipotesi - quali quelle prospettate alle lett. a)e b)- in cui si verifichino eventi straordinari che quel corso "ordinario" della procedura alterino in modo significativo 33e, pertanto, giustifichino con il consenso delle parti la proroga del termine. Per quanto riguarda l’ipotesi subc), appare assolutamente ragionevole, per questioni di economia procedurale, consentire alle parti di non sacrificare la possibilità di raggiungere un accordo al mero rispetto formale del termine prescritto.

D’altra parte, il mancato rispetto delle regole della procedura di conciliazione non mai può costituire causa di invalidità dell’accordo conciliativo, ove liberamente concluso dalle parti. L’osservanza delle regole della procedura, invero, agevola o può agevolare la formazione del consenso, ma non incide certo sulla sua validità, governata esclusivamente dalle comuni regole civilistiche.

1.7 Esiti della procedura

Il ruolo svolto dal conciliatore nel corso degli incontri con le parti non è specificamente delineato dal d.lgs. n. 179/2007 che sul punto richiama espressamente quanto previsto dall’art. 40, comma 2 del d.lgs. n. 5/2003. Tale disposizione prevede che "se entrambe le parti lo richiedono, il procedimento di conciliazione, ove non sia raggiunto l' accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni a cui è disposta a conciliare " 34.

Di talché, nella prima fase della procedura, il conciliatore svolge una funzione esclusivamente "facilitativa", volta ad aiutare e assistere le parti nel raggiungimento di un accordo pienamente satisfattivo 35. Nella seconda fase che assume invece carattere eventuale, essendo condizionata alla comune volontà delle parti, il conciliatore assume una funzione "propositiva", elaborando, una proposta rispetto sulla quale saranno chiamate a pronunziarsi le parti stesse.

Questa duplice funzione trova riscontro in tutti i regolamenti camerali degli organismi istituiti dalle Camere di commercio, nonché dagli organismi di conciliazione che sono tenuti a rispettare le norme del d.lgs. n. 5/2003.

Pertanto, se le parti (facilitate dall’attività di mediazione del conciliatore) raggiungono spontaneamente un accordo, il conciliatore provvede a redigere processo verbale che, ai sensi dell’art. 40, comma 8 del d.lgs. n. 5/2003, richiamato dall’art. 4 del d.lgs. n. 179/2007, "previo accertamento della regolarità formale, è omologato con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo di conciliazione, e costituisce titolo esecutivo per l 'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l' iscrizione di ipoteca giudiziale".

Diversamente, sempre in caso di mancato "spontaneo" accordo, - su concorde richiesta della parti - , spetterà al conciliatore formulare una proposta di accordo sulla quale esse saranno chiamate a interloquire. Nel formulare la sua proposta il conciliatore dovrà tener conto di tutti gli elementi fattuali emersi nel corso della procedura (e della loro idoneità a supportare le reciproche rivendicazioni delle parti) nonché del contegno complessivamente tenuto dalle parti, id est dei criteri rilevanti per la determinazione dell’indennizzo contemplato nel procedimento di arbitrato semplificato (cfr., art. 33, comma 2 del regolamento).

In caso di mancata composizione della lite anche a seguito della proposta del conciliatore, è redatto il verbale di fallita conciliazione nel quale ciascuna delle parti indica la propria definitiva posizione (sulla proposta di conciliazione) " ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare" (art. 40, comma 2, d.lgs. n. 5/2003).

Il d.lgs. 5/2003 omette di disciplinare espressamente l’ipotesi in cui le parti non abbiano raggiunto un accordo e non abbiano chiesto al conciliatore di elaborare una sua "proposta" di conciliazione. Nel silenzio del legislatore si è stabilito che il conciliatore sia comunque tenuto a redigere un verbale di chiusura delle operazioni (art. 14, comma 3 del regolamento) .

Al termine della procedura tutta la documentazione, compresi i verbali, deve essere trasmessa dal conciliatore alla Camera che provvederà a rilasciarne copia alle parti che ne facciano richiesta (art. 14, comma 4 del regolamento).

1.8 Obblighi di riservatezza

Una norma apposita è stata dedicata agli obblighi di riservatezza (art. 11 del regolamento attuativo).

Il rispetto di tale principio viene espressamente contemplato sia nel d.lgs. 179/2007 (art. 4, comma 3) che nel d.lgs. 5/2003 (art. 40, comma 1).

Si è ritenuto opportuno sottolineare che la procedura di conciliazione è ispirata ai principi della immediatezza, della concentrazione e dell’oralità e che la Camera deve assicurare adeguate modalità di conservazione e di riservatezza degli atti introduttivi della procedura nonché di ogni documento che prodotto nel corso della procedura o formatosi nel corso di essa.

2. Indennità a carico delle parti

Il legislatore ha delegato la Consob a determinare con regolamento l’importo posto a carico degli utenti del servizio di conciliazione nel rispetto dei limiti indicati dal DM 223/2004 relativo alle indennità spettanti agli organismi di conciliazione.

Visto il riferimento al decreto ministeriale (sia pure circoscritto ai limiti che devono essere fissati rispetto agli importi posti a carico degli utenti) si è ritenuto opportuno non discostarsi in modo sostanziale da quanto in esso stabilito.

In particolare, il decreto prevede che le indennità poste a carico delle parti si compongono di due voci di costo:

  • le spese di avvio del procedimento;
  • le spese di conciliazione ovvero il compenso del conciliatore.

Le prime sono versate da ciascuna parte nella misura di 30 euro al momento della presentazione della domanda di conciliazione dell’istante e dell’atto di adesione da parte dell’intermediario e che nel regolamento attuativo coincidono con l’atto del deposito, rispettivamente, dell’istanza di conciliazione e dell’atto di replica.

L’ammontare del compenso del conciliatore viene determinato sulla base di una tabella allegata al regolamento. L’importo massimo del compenso del conciliatore per ciascuno scaglione di riferimento, come determinato a norma della predetta tabella, può essere aumentato in misura non superiore al 5% tenuto conto della particolare importanza, complessità o difficoltà dell’affare.

Tale previsione risulta in linea con quanto disciplinato dal decreto ministeriale, fatte salve le diverse modalità di liquidazione e di corresponsione del compenso previste nelle norme attuative.

La liquidazione del compenso viene infatti effettuata dalla Camera (eventualmente maggiorata nella misura del 5%) ed è vincolante per le parti (art. 16, comma 4 del regolamento).

Il compenso, infine, viene versato direttamente al conciliatore e non alla Camera come, invece, prevede il decreto ministeriale.

L’individuazione dell’importo posto a carico degli utenti viene determinato in base al valore della controversia a norma del codice di procedura civile (art. 15 del regolamento attuativo).

È stato, inoltre, previsto che il compenso del conciliatore venga corrisposto dalle parti solo in caso di positiva conclusione della procedura. In caso contrario nulla è dovuto dalle parti e i costi del servizio sono sostenuti dalla Consob (art. 16, comma 3). Questa previsione, se da un lato comporta l’onere per la Consob di accollarsi le spese dovute dalle parti, ha tuttavia il vantaggio di incentivare il ricorso dell’investitore all’istituto della conciliazione. Del resto, lo stesso art. 9 comma 2, del d.lgs. n. 179/2007 prevede espressamente la possibilità che i costi delle procedure di conciliazione siano sostenuti oltre che con gli importi posti a carico degli utenti, con le risorse rivenienti alla Consob ai sensi dell’art. 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

 

Parte III

L’ARBITRATO AMMINISTRATO

Premessa

L’art. 2, comma 5 prevede che " la Consob definisce con regolamento, sentita la Banca d'Italia: ... f) le norme per i procedimenti di conciliazione e di arbitrato".

L’art. 5, comma 1 dispone che " Il regolamento di cui all’articolo 2, comma 5, lettera f), disciplina ... la procedura di arbitrato amministrato dalla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob per la risoluzione delle controversie di cui al medesimo articolo 2, tenendo conto degli articoli 34, 35, 36 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, in quanto applicabili, nonché degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile, fermo in ogni caso il rispetto del contraddittorio ".

Inoltre, "la Consob determina ... le modalità di nomina del collegio arbitrale o dell'arbitro unico, i casi di incompatibilità, ricusazione e sostituzione degli arbitri, la responsabilità degli arbitri e gli onorari ad essi dovuti, oltre che le tariffe per il servizio di arbitrato dovute alla Camera di conciliazione e arbitrato" (art. 5, comma 3).

Infine, "l’arbitrato amministrato dalla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob ha natura rituale ed è ispirato a criteri di economicità, rapidità ed efficienza. Il lodo è sempre impugnabile per violazione di norme di diritto " (art. 5, comma 4).

Per espressa previsione legislativa l’arbitrato amministrato dalla Camera presso la Consob ha carattere rituale. L’arbitrato rituale è regolato dal codice di procedura civile ed è assimilabile a un procedimento di tipo giurisdizionale che si conclude con un atto (il lodo) che ha "gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria" (art. 824 c.p.c.).

Le procedure di arbitrato amministrato dovranno, in linea di massima, conformarsi alla disciplina codicistica e in questo senso è stato previsto un generale rinvio agli artt. 806 e seguenti del codice di procedura civile (art. 18, comma 1 del regolamento).

In alcuni casi, il rinvio alla pertinente norma del codice è stato effettuato con la precisazione che le funzioni ivi attribuite al presidente del tribunale si intendono svolte dalla Camera (art. 18, comma 2 del regolamento).

In altri casi, infine, si è ritenuto opportuno formulare all’interno del regolamento apposite norme che, in aderenza ai principi del codice, disciplinano talune fasi della procedura tenendo conto delle peculiarità dell’arbitrato amministrato dalla Camera; si vedano, in proposito, gli artt. 20 (numero e nomina degli arbitri), 23 (ricusazione e sostituzione degli arbitri) e 25 (termine per la decisione).

Le soluzioni delineate, conferendo alla Camera poteri di impulso e di governo della procedura, appaiono funzionalmente preordinate a perseguire quei " criteri di economicità, rapidità ed efficienza" che, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 179/2007, costituiscono i principi informatori dell’arbitrato de quo.

L’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 179/2007, ai fini della definizione della normativa primaria di riferimento per l’esercizio della potestà regolamentare della Consob, ha richiamato anche gli artt. 34, 35 e 36 del d.lgs. n. 5/2003 in tema di cd. "arbitrato societario".

Tali norme, tuttavia, non sono state menzionate nell’art. 18, comma 1, del regolamento in quanto:

  • in parte incompatibili con la particolare struttura del giudizio arbitrale in esame, connotato da tratti affatto peculiari relativamente alle questioni compromettibili ed alla natura delle "necessarie" parti litiganti (intermediario e investitore);
  • in parte "assorbite" dalle generali previsioni confluite nell’impianto codicistico per effetto del d.lgs. n. 40/2006, recante la riforma del diritto arbitrale.

E, invero:

  • l’art. 34, che governa l’oggetto e gli effetti di clausole compromissorie statutarie, si appalesa ictu oculi inapplicabile alla materia in esame, afferente ai rapporti contrattuali tra intermediari ed investitori;
  • le norme di cui all’art. 35, commi 1, 2, 4 e 5 appaiono parimenti inapplicabili in quanto presuppongono l’esistenza di una clausola compromissoria redatta ai sensi dell’art. 34 (id est, contenuta in atti costitutivi di società) ovvero l’esistenza di domande (da rendere note secondo i meccanismi pubblicitari contemplati per le società), di statuizioni arbitrali (vincolanti per la società ancorché intervenute in controversie tra soci) ovvero di potestà cautelari degli arbitri (in relazione alle quali, eccezionalmente attribuiti al fine di sospendere la efficacia di delibere assembleari) affatto estranee a quelle che caratterizzeranno l’arbitrato amministrato dalla Camera;
  • la previsione dell’art. 35, comma 3, primo periodo, può considerarsi "assorbita" dalla nuova formulazione dell’art. 819 c.p.c., a mente della quale gli arbitri, non diversamente dai giudici statuali, risolvono con cognizione incidentale e senza autorità di giudicato, tutte le questioni insorte nel giudizio e rilevanti per la decisione, anche se le stesse non possono costituire oggetto di convenzione di arbitrato. Analogamente, il nuovo tenore letterale dell’art. 829, comma 4, n. 2), riprende il contenuto precettivo del secondo periodo dell’art. 35, comma 3, d.lgs. 5/2003 e dell’art. 36, ammettendo in ogni caso l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto quando tale violazione "concerne la soluzione di questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione di arbitrato"; d’altra parte, dirimente, sul punto, si appalesa lo stesso art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 179/2007, che così recisamente statuisce: " Il lodo è sempre impugnabile per violazione di norme di diritto ".

1. L’arbitrato ordinario

1.1 Ambito di applicazione dell’arbitrato

L’ art. 832 c.p.c., nella dictio riveniente dalla "novella" in tema di giudizio arbitrale (d.lgs. n. 40/2006), espressamente contempla la possibilità per le parti - nel tratteggiare la scansione procedimentale del giudizio arbitrale - di " fare rinvio a un regolamento arbitrale precostituito". In tal caso, la autonomia della parti, estrinsecatasi nelle pattuizioni contenute nella convenzione di arbitrato, assume sempre valore preminente rispetto al "regolamento" cui si rinvia. Di talchè, "nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato e quanto previsto dal regolamento, prevale la convenzione di arbitrato". Naturalmente, tale ipotesi è riferibile esclusivamente ai casi in cui la convenzione si limiti a richiamare le norme contenute in un regolamento arbitrale precostituito, senza che vi sia l’intervento di un soggetto terzo chiamato ad amministrare lo svolgimento del giudizio. Laddove, per contro, vi sia tale soggetto terzo ("istituzione arbitrale") che, pel tramite del regolamento unilateralmente predisposto, abbia "offerto" al pubblico i propri servizi di "amministrazione" dell’arbitrato, alle parti non è consentito la modificazione, unilaterale, delle regole "offerte" da esso soggetto terzo. In tale ipotesi la istituzione arbitrale può rifiutare di amministrare l’arbitrato ove reputi non accettabili le pattuizioni delle parti difformi dalle previsioni del proprio regolamento (art. 832, comma 6 c.p.c.).

Anche in tale ottica va inquadrata la possibilità per la Camera "Quando reputa manifestamente insussistenti le condizioni per lo svolgimento del procedimento arbitrale disciplinato dal presente regolamento " di rifiutarne la amministrazione " informandone senza indugio le parti e gli arbitri che l’arbitrato " (art. 21, comma 3). Il rifiuto della Camera può fondarsi, ad esempio, oltre che sulla manifesta invalidità o inefficacia ex se della convenzione di arbitrato, anche sulla sua inettitudine - per "incompatibilità", a cagione di pattuizioni contrastanti con i principi contenuti nel regolamento - a costituire fonte dell’arbitrato da essa Camera amministrato.

Gli arbitri, se già nominati, valuteranno le questioni sollevate dalla Camera e, nell’ipotesi in cui le parti consensualmente rinuncino alle "difformi pattuizioni" ritenute incompatibili con la natura del giudizio amministrato (ovvero quando gli arbitri non ravvisino condizioni impedienti lo svolgimento del giudizio, legate ad esempio alla invalidità ex se della convenzione di arbitrato), trasmettono le proprie determinazioni, unitamente a quelle delle parti, " alla Camera per l’eventuale seguito di competenza" (art. 21, comma 4). La Camera valuterà, infine, se - sulla scorta della decisione arbitrale ovvero delle modifiche apportate dai paciscenti alla convenzione di arbitrato - sussistano le condizioni per amministrare lo svolgimento del giudizio.

1.2 Sede dell’arbitrato

La scelta della sede dell’arbitrato è oggetto di una specifica disposizione codicistica. L’art. 816 c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 40/2006, prevede che siano le parti a stabilire la sede dell’arbitrato, salvo introdurre una serie di criteri residuali per evitare lo stallo derivante da una mancata decisione in tal senso. Il codice stabilisce, infatti, che, difettando la decisione delle parti, saranno gli arbitri a dover fissare la sede e se nemmeno questi provvedono, si ricorrerà al criterio del luogo dove è stata stipulata la convenzione di arbitrato. Infine, se tale luogo non si trova nel territorio nazionale, la sede è stabilita nel comune di Roma.

I regolamenti arbitrali esaminati preservano la volontà delle parti, almeno in prima battuta, sia nel caso in cui si limitano a rinviare alle norme del codice di procedura civile (Camera arbitrale per i contratti pubblici) sia quando disciplinano la questione con una norma puntuale. Il regolamento della Camera arbitrale di Milano, per esempio, dispone che la sede dell’arbitrato è fissata dalle parti nella convenzione arbitrale e che, difettando tale indicazione, l’arbitrato si svolga sempre nel comune di Milano, salvo che la Camera decida di stabilire la sede in altro luogo tenendo conto delle richieste delle parti e di ogni altra circostanza.

La fissazione della sede è quindi espressione, in via principale, dell’autonomia delle parti e come tale mira essenzialmente a soddisfare esigenze di comodità logistica. Tuttavia, trattandosi di arbitrato amministrato si è ritenuto opportuno adottare una soluzione parzialmente diversa, stabilendo che l’arbitrato in questione abbia sempre sede presso la Camera, salvo la diversa concorde volontà delle parti (art. 19 del regolamento). Tale scelta consentirebbe alla Camera di assistere più efficacemente i collegi arbitrali.

La soluzione prospettata è diversa da quella proposta per le procedure di conciliazione, per le quali non viene privilegiata una sede a priori, ma si tenderà verosimilmente a favorire la vicinanza del conciliatore rispetto al luogo di residenza dell’investitore. Il diverso trattamento si giustifica in ragione della maggiore diffusione che le procedure di conciliazione, in quanto più economiche e rapide, avranno presumibilmente rispetto agli arbitrati, soprattutto per le controversie di minore entità che potrebbero scoraggiare l’investitore se la procedura dovesse svolgersi distante dal suo domicilio.

1.3 Numero e modalità di nomina degli arbitri

L’art. 809 c.p.c. disciplina numero e modo di nomina degli arbitri. La disposizione prevede che gli arbitri possano essere uno o più, purché in numero dispari. La convenzione arbitrale (compromesso o clausola compromissoria) "deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli". Se è stato indicato un numero pari di arbitri oppure se manca l’indicazione sul numero e le parti non hanno diversamente provveduto, interviene il presidente del tribunale.

L’art. 810 c.p.c. dispone a proposito della nomina che, quando a norma della convenzione arbitrale gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato per iscritto, rende noto all’altra l’arbitro nominato, invitando la controparte a procedere alla designazione del proprio. Se questa non vi provvede, la parte che ha rivolto l’invito può chiedere al presidente del tribunale del circondario in cui ha sede l’arbitrato di procedere alla nomina dell’arbitro mancante.

L’art. 829, comma 1 n. 2 c.p.c. sanziona con la nullità il lodo che sia stato pronunciato da arbitri che non sono stati nominati con le forme e i modi prescritti dallo stesso codice.

Nelle disposizioni regolamentari è stata preservata, in linea di principio, la libertà delle parti nella nomina degli arbitri, conferendo alla Camera soltanto un ruolo "suppletivo", analogamente a quanto prevede il codice di procedura civile con riferimento alle funzioni svolte dal presidente del tribunale.

In particolare, laddove la Camera venga chiamata a svolgere tale funzione suppletiva, si è ritenuto opportuno fissare i seguenti criteri che la stressa dovrà osservare nel procedere alla nomina degli arbitri dall’elenco da essa tenuto:

  • la necessità di perseguire, quanto meno in via tendenziale, la parità uomo-donna;
  • l’equa distribuzione degli incarichi;
  • il carico di lavoro pendente dinanzi all’arbitro;
  • l’esperienza maturata dall’arbitro sulle questioni specifiche oggetto della controversia;
  • la vicinanza territoriale dell’arbitro rispetto alla diversa sede dell’arbitrato concordemente scelta dalle parti.

Tali criteri - come già previsto per la nomina del conciliatore - sono utilizzati senza un ordine di priorità (art. 20, comma 4 del regolamento).

Rispetto al principio di libertà delle parti nella scelta del numero degli arbitri e della loro nomina, comunque sancito nelle disposizioni regolamentari, si è ritenuto, tuttavia, opportuno introdurre alcune limitazioni:

- le parti possono scegliere il proprio arbitro soltanto tra coloro che sono iscritti nell’elenco tenuto dalla Camera (art. 20, comma 2);

- le controversie sono decise da un collegio arbitrale composto da tre membri, salvo che le parti non decidano di devolvere la controversia a un arbitro singolo nominato concordemente. In assenza di tale nomina, le parti non potranno che ricorrere a un collegio (art. 20, comma 3). Tale soluzione è tesa a evitare che l’arbitro singolo possa essere nominato dalla Camera prescindendo totalmente da qualsiasi indicazione resa dalle parti.

Per quanto riguarda l’instaurazione del giudizio arbitrale si è ritenuto opportuno non discostarsi da quanto previsto dall’art. 810 c.p.c. che è stato puntualmente richiamato nelle disposizioni regolamentari (art. 20, comma 2).

Tuttavia, la disciplina codicistica è stata integrata nel caso in cui le parti, non essendosi accordate sull’arbitro singolo, devono provvedere alla nomina dei propri arbitri per la composizione del collegio cui sarà devoluta la controversia. A tale fine, le parti dovranno provvedere alla nomina con atti distinti rispetto a quelli contemplati all’art. 810 c.p.c. (cfr., art. 20, comma 3).

1.4 Sostituzione e ricusazione degli arbitri

Nel codice di procedura civile, la sostituzione dell’arbitro si verifica quando vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati (art. 811 c.p.c.), secondo quanto previsto per la nomina degli stessi.

Tranne alcuni regolamenti arbitrali, che rinviano semplicemente alla disciplina codicistica (Camera arbitrale per i contratti pubblici), gli altri regolamenti esaminati indicano puntualmente le fattispecie che renderebbero necessaria una sostituzione (tra queste, la mancata accettazione o la rinuncia all’incarico; la violazione dei suoi doveri; una sopraggiunta situazione di infermità o altro grave motivo; l’accoglimento di un’istanza di ricusazione). Per quanto riguarda, invece, la nomina del sostituto, essi si conformano sostanzialmente alle norme del codice attraverso il consueto rinvio alle disposizioni che disciplinano i meccanismi di nomina.

L’istituto della ricusazione, finalizzato a garantire imparzialità e indipendenza degli arbitri, è disciplinato all’art. 815 c.p.c.. In esso si fa riferimento ai casi di parentela, convivenza, amicizia/inimicizia, interesse nella causa o sussistenza di gravi ragioni di convenienza o di conflitto di interessi, mancanza delle qualifiche convenute dalle parti, esistenza di rapporti di consulenza, prestazione d’opera retribuita o di altri rapporti di natura patrimoniale che siano tali da compromettere l’indipendenza dell’arbitro. La ricusazione avviene attraverso ricorso al presidente del tribunale del circondario in cui ha sede l’arbitrato, entro un termine perentorio.

A tale proposito, non si è ritenuto opportuno discostarsi dalle previsioni codicistiche, fatta salva l’attribuzione alla Camera dei poteri che il codice di rito attribuisce in materia al presidente del tribunale.

Si è, inoltre, stabilito che le parti debbano presentare alla Camera istanza motivata di ricusazione entro dieci giorni dalla nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. La Camera decide nei quindici giorni successivi nel rispetto del principio del contraddittorio (art. 23, comma 1 del regolamento).

Diversamente da quanto previsto nel codice di procedura civile (art. 815, comma 5) la proposizione dell’istanza di ricusazione prevista nel regolamento (art. 23, comma 3) sospende il procedimento. La diversa formulazione della norma appare opportuna tenuto conto della presumibile celerità con la quale la istanza di ricusazione verrà definita dalla Camera. In tal modo si eviterà, altresì, il rischio di veder vanificata l’attività svolta dagli arbitri in caso di accoglimento della istanza di ricusazione.

La manifesta inammissibilità e/o infondatezza della istanza di ricusazione, di poi, costituirà oggetto di necessaria valutazione ad opera degli arbitri in sede di governo delle spese sostenute dai paciscenti per ottenere la decisione (spese di difesa, assistenza tecnica, et similia), salvo il limite inderogabile per cui in ogni caso all’investitore (pur soccombente) non potrà mai addossarsi il carico di dette spese (art. 23, comma 2, che richiama, altresì, l’art. 27, comma 5).

1.5. Adempimenti preliminari

Entro dieci giorni dalle notifiche di cui all’art. 810 c.p.c., le parti sono tenute a depositare presso la Camera gli atti di cui al predetto articolo, gli eventuali atti di nomina notificati ai sensi dell’art. 20, comma 2, la convenzione arbitrale e i documenti attestanti il pagamento della tariffa prevista per l’attivazione del servizio di arbitrato (art. 21, comma 1 del regolamento).

In questa fase, si è ritenuto opportuno conferire alla Camera (analogamente a quanto avviene in altri regolamenti arbitrali) 36, alcuni poteri di verifica riguardanti:

  • la completezza e la regolarità della documentazione depositata;
  • la sussistenza delle condizioni per lo svolgimento dell’arbitrato amministrato; in tal caso, come sopra ricordato, la Camera può rifiutare di prestare la propria opera (art. 21, comma 3); si veda il commento supra, sub1.1.

Si è infine previsto l’obbligo per le parti, a pena di improcedibilità del giudizio, di tempestivamente depositare le somme di danaro sufficienti a coprire tutte le spese del procedimento, analogamente a quanto contemplato in numerosi regolamenti precostituiti (art. 21, comma 5).

1.6. Accettazione, indipendenza e imparzialità degli arbitri

L’accettazione degli arbitri è data per iscritto e viene depositata presso la Camera entro dieci giorni dalla comunicazione della nomina (art. 22, comma 1).

L’indipendenza e l’imparzialità dell’arbitro rispetto alla controversia e alle parti in causa viene assicurata attraverso il rilascio di una dichiarazione analoga a quella prevista per il conciliatore (art. 22, comma 2).

1.7 Svolgimento del procedimento dinanzi agli arbitri e termini per la decisione

In relazione allo svolgimento della procedura, si è ritenuto di rinviare, come già detto, alle "elastiche" disposizioni del codice di procedura civile.

Il termine per la decisione (120 giorni dall’accettazione della nomina) è stato, invece, stabilito diversamente rispetto alle norme codicistiche al fine di una più rapida conclusione della procedura (art. 25, comma 1 del regolamento).

È stata inoltre ripresa la disposizione dell’art. 820, comma 3 c.p.c. relativa alla possibilità di prorogare il suddetto termine per un periodo non superiore a 120 giorni qualora lo richiedano tutte le parti con dichiarazioni scritte indirizzate agli arbitri o venga deciso dalla Camera su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti (art. 25, comma 2).

1.8 Costi del procedimento arbitrale

I costi del procedimento arbitrale comprendono gli onorari per gli arbitri e le tariffe poste a carico degli utenti per il servizio prestato dalla Camera.

La tariffa è stata fissata nella misura di cento euro e deve essere corrisposta alla Camera da ciascuna parte al momento del deposito degli atti notificati ai sensi dell’art. 810 c.p.c.

Nel codice di procedura civile quando la liquidazione degli onorari viene effettuata direttamente dagli arbitri, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non la accettano; in tal caso l’ammontare dei compensi spettanti agli arbitri viene determinato con ordinanza del presidente del tribunale su ricorso degli arbitri sentite le parti.

Su tale punto, la norma del regolamento attuativo ha derogato alla disciplina codicistica utilizzando un meccanismo di liquidazione dei compensi degli arbitri demandato alla Camera - in conformità della tabella allegata al regolamento - analogamente a quanto previsto per le indennità spettanti al conciliatore.

Anche altri regolamenti arbitrali prevedono una siffatta disciplina in materia di liquidazione degli onorari e delle spese. Il regolamento della Camera arbitrale per i contratti pubblici, ad esempio, stabilisce che gli onorari da corrispondere agli arbitri siano determinati dalla Camera, su proposta del collegio arbitrale, entro i minimi e i massimi fissati dal decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 398/2000.

Le tariffe contenute nella tabella allegata al regolamento sono state ricostruite prendendo a modello quelle previste dal suddetto decreto ministeriale, solo procedendo alla individuazione di scaglioni inferiori alla soglia minima ivi prevista pari a centomila euro. Per l’arbitro singolo si è invece provveduto a ridurre di circa un terzo i valori minimi e massimi previsti per le tariffe spettanti al collegio.

Sulla questione del pagamento delle spese sostenute dai litiganti per l’espletamento del giudizio arbitrale e per l’ottenimento della decisione (spese per l’assistenza di un difensore, per l’ausilio di tecnici e consulenti et similia) si è esplorata la possibilità di derogare al principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c. in favore dell’investitore.

A tale proposito, si sottolinea che, secondo l’orientamento giurisprudenziale delineatosi in tema di giudizi arbitrali rituali ove siano richiamabili i principi contenuti nel codice di procedura civile, gli arbitri - relativamente alle spese sostenute dai litiganti per ottenere la decisione arbitrale - appaiono non poter deflettere dal principio secondo cui non può essere condannata alle spese la parte totalmente vittoriosa. Le spettanze degli arbitri, di contro, riguardano un "autonomo rapporto di prestazione d’opera intellettuale" tanto che, nell’arbitrato disciplinato dal codice di procedura civile, la loro liquidazione ad opera degli stessi arbitri costituisce una mera proposta non vincolante per le parti che è rimessa, in ultima analisi, alle determinazioni del presidente del tribunale ex art. 814 c.p.c..

Nel nostro sistema, ove è attribuita alla Camera la potestà di liquidare i compensi degli arbitri (art. 27, comma 2 del regolamento), può essere introdotta una previsione regolamentare che obbliga gli arbitri - nel caso di soccombenza totale o parziale dell’investitore non determinata dalla temerarietà della pretesa azionata - a ripartire comunque in modo equanime (50% ciascuno) tra le parti gli oneri connessi ai compensi degli stessi (cfr., artt. 27, commi 4 e 5, del regolamento).

Analoga previsione potrebbe regolare la distribuzione tra le parti degli oneri connessi alle spese sostenute da ciascuna di esse (assistenza tecnica) per ottenere la decisione, obbligando gli arbitri a compensarle nel caso di soccombenza totale o parziale dell’investitore non determinata dalla temerarietà della pretesa azionata (cfr, ancora, art. 27, comma 5, ultimo periodo).

Si osserva, tuttavia, che tale disciplina potrebbe disincentivare gli intermediari a prevedere il ricorso all’arbitrato amministrato dalla Camera e, quindi, di fatto limitarne fortemente la diffusione. Si rammenta, infatti, che il ricorso all’arbitrato è consentito solo in presenza di convenzione arbitrale che, di norma, sarà contenuta all’interno dei contratti predisposti dagli intermediari.

2. L’arbitrato semplificato

L’art. 5, comma 2, dispone che il regolamento che disciplina l’arbitrato preveda "una procedura semplificata per il riconoscimento dell'indennizzo di cui all'articolo 3, comma 1, anche con lodo non definitivo, ferma restando l'applicazione dei commi 4 e 5 del medesimo articolo3".

L’art. 3 stabilisce che: "nel caso in cui risulti, a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 5, l' inadempimento dell'intermediario agli obblighi di cui all'articolo 2, comma 1, l'arbitro o il collegio arbitrale possono riconoscere un indennizzo a favore dell'investitore per il ristoro delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal predetto inadempimento.

2. La Consob con regolamento, sentita la Banca d'Italia, determina i criteri in base ai quali viene stabilito l'indennizzo di cui al comma 1.

3. E' fatto salvo il diritto dell'investitore di adire l' autorità giudiziaria ordinaria, anche per il riconoscimento del risarcimento del maggior danno subito in conseguenza dell'inadempimento, oltre all'indennizzo già stabilito.

4. Il lodo arbitrale con il quale viene disposto l'indennizzo di cui al comma 1 acquista efficacia a seguito del visto di regolarità formale della Consob, ferma l'applicabilità dell'articolo 825 del codice di procedura civile".

L’arbitrato semplificato è una procedura finalizzata al ristoro del solo danno patrimoniale sofferto dal risparmiatore in conseguenza dell’inadempimento da parte dell’intermediario degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori, anche mediante la corresponsione di un indennizzo.

La qualificazione della natura dell’arbitrato semplificato è apparsa particolarmente difficile da definire.

In linea generale, si è reputato opportuno tratteggiare un procedimento:

  • fondato esclusivamente su prove precostituite;
  • teleologicamente preordinato al soddisfacimento di esigenze di economia processuale, nonché ad impedire l’abuso del diritto di difesa da parte del convenuto;
  • deciso da un arbitro singolo, in tempi assai brevi;
  • in cui l’accoglimento della domanda è limitato alla "questione" introdotta in giudizio dall’investitore siccome emerge, rebus sic stantibus, dalle evidenze documentali tenuto conto del contegno difensivo e delle deduzioni formulate dall’intermediario (avuto riguardo, altresì, alla circostanza per cui l’onus probandi relativo all’adempimento degli obblighi di correttezza, diligenza e trasparenza normativamente conformanti l’agere del soggetto abilitato all’espletamento dei servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio grava immancabilmente su quest’ultimo);
  • in cui, dunque, acclarato l’inadempimento, l’arbitro condanna l’intermediario alla corresponsione di un "indennizzo", volto alla riparazione del solo detrimento patrimoniale cagionato all’investitore, " nei limiti della quantità per cui ritiene raggiunta la prova " (art. 33, comma 2).

L’attivazione della procedura semplificata, che deve essere espressamente legittimata dalla convenzione arbitrale stipulata tra le parti, è stata riservata al solo investitore (art. 29, comma 2 del regolamento).

Si è ritenuto opportuno, inoltre introdurre una ulteriore condizione di ammissibilità, prevedendo che il risparmiatore debba aver già presentato reclamo all’intermediario (analogamente a quanto previsto per la procedura di conciliazione). Tale condizione di ammissibilità è funzionale alla necessità di portare all’esame dell’arbitro, che opera all’interno di un procedimento a cognizione sommaria, questioni sulle quali entrambe le parti hanno già avuto modo di confrontarsi (si veda l’art. 29, comma 3 del regolamento).

L’organizzazione della procedura è stata articolata in modo da realizzare l’indicazione del legislatore volta a delineare una procedura realmente "semplificata", tale da consentire una sensibile riduzione dei tempi e dei costi rispetto all’arbitrato amministrato ordinario.

Più in particolare, si è ritenuto opportuno prevedere che:

a) il giudizio venga deciso da un arbitro singolo nominato dalle parti e, solo in caso di mancato accordo, dalla Camera (art. 31 del regolamento);

b) il procedimento si svolga in un’unica udienza da tenersi non oltre quindici giorni dall’intervenuta accettazione dell’arbitro, in cui viene valorizzata la discussione orale e il contraddittorio tra le parti. L’arbitro può laddove ricorrano determinate circostanze (ovvero per particolari esigenze anche di tipo istruttorio), fissare una nuova udienza in prosieguo di quella già conclusa che deve celebrarsi nei venti giorni successivi (art. 32, comma 3).

La rapidità del procedimento è direttamente correlata alla natura della cognizione demandata agli arbitri, fondata esclusivamente sulle prove precostituite siccome acquisite al giudizio per il tramite degli atti introduttivi (domanda di accesso e atto di risposta).

A tale proposito nelle norme regolamentari è stato previsto quanto segue:

a) le parti sono onerate a indicare nel primo atto, a pena di decadenza, i documenti che offrono in comunicazione (art. 30, comma 1 e 2);

b) l’intermediario deve depositare tutta la documentazione afferente al rapporto controverso (art. 30, comma 2; un obbligo analogo è stato previsto all’interno della procedura di conciliazione).

Queste previsioni limitano la attività istruttoria delle parti, imponendo un rigido regime di preclusioni funzionale alla massima tempestività della procedura.

Il lodo, pronunciato secondo diritto sulla base dei documenti prodotti e tenendo conto degli elementi emersi nel corso dell’udienza deve essere sottoposto al visto di regolarità formale della Consob come espressamente previsto dall’art. 3, comma 4 del d.lgs. n. 179/2007.

Il lodo riconosce al risparmiatore un indennizzo al fine di ristorarlo delle conseguenze pregiudizievoli di matrice esclusivamente patrimoniale derivanti dall’inadempimento dell’intermediario, laddove l’arbitro abbia accertato l’an debeatur (sempre sulla base della delibazione da compiersi sulla base degli atti). Il quantum debeatur, da corrispondere all’investitore a titolo di "indennizzo", sarà costituito dalla somma in relazione alla quale si reputa raggiunta la prova, rebus sic stantibus.

Il lodo che ha riconosciuto l’indennizzo può essere sempre impugnato dal risparmiatore, laddove ne abbia interesse, per i motivi di cui all’art. 829 c.p.c.. Inoltre, è fatta salva la possibilità per il risparmiatore di adire l’autorità giudiziaria ordinaria anche per il riconoscimento del maggior danno subito in conseguenza dell’inadempimento dell’intermediario (art. 3, comma 3 del d.lgs. n. 179/2007). Tale maggior danno deve derivare da elementi non considerati nell’ambito del giudizio arbitrale (in ragione, giustappunto, della sua natura semplificata e "parziaria") e del fatto che si è scelto di circoscrivere il petitum dell’arbitrato semplificato ai soli danni patrimoniali.

Il lodo che non ha riconosciuto l’indennizzo può anch’esso essere impugnato dal risparmiatore nelle ipotesi previste dall’art. 829 c.p.c..

L’intermediario può sempre ricorrere contro il lodo che ha riconosciuto l’indennizzo per i motivi previsti dall’art. 829 c.p.c..

A tale proposito si è ritenuto opportuno prevedere, in sede regolamentare, che la corte di appello, quando accoglie la impugnazione per nullità del lodo semplificato, non può mai decidere la controversia nel merito (art. 34 del regolamento).

Tale soluzione si discosta da quanto previsto dall’art. 830 c.p.c. che attribuisce in taluni casi alla corte d’appello il potere di decidere nel merito la controversia, salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo.

La diversa previsione regolamentare potrebbe giustificarsi tenuto conto del carattere cedevole della disposizione codicistica che, demandando alle parti la possibilità di escludere il suddetto potere, legittima di fatto una diversa soluzione regolamentare in virtù del carattere amministrato dell’arbitrato. E ciò segnatamente nella ipotesi in cui la volontà delle parti di aderire alla previsione regolamentare in esame si presenti in certo modo "rafforzata" per effetto della disposizione di cui all’art. 29, comma 1, del regolamento, in forza della quale "La possibilità di ricorrere all’arbitrato semplificato deve risultare espressamente dal testo della convenzione di arbitrato". In secondo luogo, potrebbe essere opportuno che tale procedimento arbitrale, per la sua stessa natura semplificata, rimanga nell’alveo della decisione demandata agli arbitri e non venga trasferito nell’ambito della giurisdizione statuale.

Il legislatore non ha concesso invece all’intermediario la possibilità di adire il giudice ordinario per ottenere una piena istruzione sui fatti di causa che possa ribaltare la decisione presa in favore del risparmiatore al temine dell’arbitrato semplificato. Tale preclusione troverebbe giustificazione in considerazione del fatto che l’intermediario si trova nella migliore posizione per difendersi e per apportare nell’ambito dell’arbitrato semplificato tutti gli elementi di prova a suo favore.

Infatti, l’intermediario, nel momento in cui partecipa alla procedura arbitrale:

  • è ben a conoscenza dell’esistenza e dei termini della controversia (essendo per di più prevista come condizione di ammissibilità il fatto che il risparmiatore abbia effettuato un reclamo);
  • è in possesso di tutti i documenti e le registrazioni riguardanti il rapporto controverso e ha l’obbligo di produrre gli stessi al momento della costituzione in giudizio.

Tale ultima previsione (obbligo di produzione dei documenti afferenti al rapporto controverso al momento della costituzione in giudizio) è del resto coerente con il principio generale di inversione dell’onere della prova stabilito dall’art. 23, comma 6 del d.lgs. n. 58/1998, e confermato, in termini generali, dalla giurisprudenza della Suprema Corte attraverso l’elaborazione del cd. "principio di vicinanza della prova", per cui grava in capo al soggetto nella cui sfera si è verificato il (presunto) inadempimento provare, per contro, che di tale inadempimento non è a parlarsi. L’onere della prova, quindi, grava in ogni caso sul soggetto tenuto ad un comportamento positivo nella cui sfera si è prodotto l’inadempimento, e che è quindi in possesso degli elementi utili per paralizzare la pretesa del creditore, fornendo la prova del fatto estintivo del diritto azionato. Una volta appurata la sussistenza di un comportamento obbligatorio di fare da parte del debitore, si riversa su quest’ultimo l’onere di dare la prova dell’assolvimento dell’obbligo. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante (investitore) sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sul debitore (intermediario) l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento.


 

REGOLAMENTO DISCIPLINANTE LA CAMERA DI CONCILIAZIONE E DI ARBITRATO ISTITUITA PRESSO LA CONSOB

Titolo I
Definizioni

Art. 1
(Definizioni)

Nel presente regolamento si intendono per:

a) "Camera": la Camera di conciliazione e arbitrato istituita ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179;

b) "investitori": gli investitori diversi dalle controparti qualificate di cui all'articolo 6, comma 2-quater, lettera d) e dai clienti professionali di cui ai successivi commi 2-quinquiese 2 -sexies,del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni;

c) "intermediari": i soggetti abilitati di cui all'articolo 1, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni";

d) "decreto legislativo": il decreto legislativo 8 ottobre 2007 n. 179;

e) "elenchi": l’elenco dei conciliatori e l’elenco degli arbitri tenuti dalla Camera ai sensi dei successivi articoli 5 e 6.

Titolo II
Camera di conciliazione e arbitrato

Art. 2
(Composizione della Camera)

1. La Camera è composta da un presidente e da quattro membri, scelti tra persone dotate di specifica e comprovata esperienza e competenza e di riconosciuta indipendenza, nominati dalla Consob. Essi durano in carica sette anni, senza possibilità di essere confermati, e non possono ricoprire incarichi presso altri organismi di conciliazione e di arbitrato, istituiti da enti pubblici e privati e operanti in qualsiasi settore, né esercitare attività di conciliazione o di arbitrato ovvero ogni altra attività che ne possa compromettere l’indipendenza e l’autonomia di giudizio.

2. Due membri della Camera sono nominati su designazione, l’uno del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti e l’altro, congiuntamente, delle associazioni di categoria degli intermediari maggiormente rappresentative. La designazione è comunicata entro sessanta giorni dalla ricezione di un atto di invito da parte della Consob. In assenza di designazione entro il termine indicato la Consob provvede direttamente alla nomina dei due membri.

3. I componenti della Camera sono individuati tra le seguenti categorie:

a) avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio avanti alle magistrature superiori; dottori commercialisti iscritti nella sezione A) dell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili da almeno dodici anni;

b) notai con almeno sei anni di anzianità di servizio; magistrati ordinari, in servizio da almeno dodici anni o in quiescenza; magistrati amministrativi e contabili con almeno sei anni di anzianità di servizio o in quiescenza;

c) professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche in servizio o in quiescenza; dirigenti dello Stato o di Autorità indipendenti con almeno venti anni di anzianità di servizio laureati in discipline giuridico/economiche, in servizio o in quiescenza.

4. I tre componenti designati dalla Consob, ivi compreso il presidente, sono di norma individuati all’interno di ciascuno dei gruppi di categorie di cui al comma 3.

5. I componenti della Camera sono revocabili solo per giusta causa con provvedimento motivato della Consob.

6. La originaria inesistenza o la sopravvenuta perdita dei requisiti indicati ai commi 1 e 3 importa la decadenza dalla carica. La decadenza è pronunziata dalla Camera entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza della perdita dei requisiti. La decadenza è altresì pronunziata in caso di grave inadempimento degli obblighi gravanti in capo ai componenti della Camera. In caso di inerzia, la decadenza è pronunziata direttamente dalla Consob.

7. Con delibera della Consob sono determinate le indennità spettanti al presidente e ai membri.

Art. 3
(Funzionamento della Camera)

1. Le deliberazioni della Camera sono adottate collegialmente con la presenza di almeno tre componenti. Salvo che non sia prevista una maggioranza diversa, le deliberazioni della Camera sono adottate a maggioranza dei votanti e, comunque, con non meno di due voti favorevoli. In caso di parità prevale il voto del presidente.

2. La Camera delibera il proprio statuto contenente le norme di organizzazione e di funzionamento.

3. Le delibere di cui al comma 2, approvate con la maggioranza di almeno quattro componenti, sono comunicate alla Consob che, entro trenta giorni dal loro ricevimento, può chiedere chiarimenti e modifiche. Decorsi trenta giorni dal ricevimento delle delibere o dei chiarimenti e delle modifiche richiesti, queste si intendono approvate.

4. La Camera ha sede presso gli uffici delle sedi della Consob e svolge la propria attività avvalendosi di strutture e risorse individuate e fornite dalla Consob.

5. La Camera presenta alla Consob, entro il mese di febbraio, una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente.

6. La Consob può chiedere alla Camera informazioni sulle attività e sui compiti istituzionali svolti e può impartire direttive relative ai controlli sui requisiti richiesti per l’iscrizione negli elenchi.

7. La Consob provvede alla copertura delle spese di funzionamento della Camera e di amministrazione delle procedure di conciliazione e di arbitrato con gli importi posti a carico degli utenti delle procedure medesime e con le contribuzioni versate, ai sensi dell’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni, dai soggetti vigilati che appartengono alle categorie interessate dalle procedure di conciliazione e di arbitrato.

Art. 4
(Funzioni della Camera)

1. La Camera amministra i procedimenti di conciliazione e di arbitrato promossi per la risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori. Essa non interviene in alcun modo sulle controversie oggetto della procedura di conciliazione e nella decisione delle controversie deferite ad arbitri.

La Camera, in particolare:

a) cura la tenuta degli elenchi dei conciliatori e degli arbitri e provvede ogni sei mesi al loro aggiornamento;

b) stabilisce e aggiorna lo statuto deontologico dei conciliatori e degli arbitri e lo sottopone all’approvazione della Consob secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 3;

c) organizza i servizi di arbitrato e di conciliazione anche con riferimento alla fase di composizione non contenziosa della lite di cui all’articolo 140-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;

d) promuove i servizi di arbitrato e conciliazione e ne diffonde la conoscenza mediante attività di documentazione, elaborazione dati e studio, anche attraverso la predisposizione di azioni comuni con altre istituzioni ovvero con associazioni economiche e altri organismi pubblici o privati attivi nel settore dei servizi finanziari e delle procedure di conciliazione e arbitrato;

e) organizza corsi di formazione e aggiornamento per i conciliatori e per gli arbitri;

f) esercita le altre funzioni ad essa attribuite dal presente regolamento.

Art. 5
(Elenco dei conciliatori)

1. Possono essere iscritti nell’elenco dei conciliatori i soggetti che ne fanno domanda alla Camera e che sono in possesso dei requisiti di professionalità ed onorabilità indicati all’articolo 4, comma 4, lettere a)e b),del decreto ministeriale 23 luglio 2004, n. 222.

2. La Camera, a seguito della ricezione della domanda, corredata dei documenti attestanti il possesso dei requisiti richiesti, ne verifica la regolarità e delibera l’iscrizione nell’elenco.

3. Ogni sei mesi la Camera dispone l’aggiornamento dell’elenco, procedendo alle nuove iscrizioni e alla cancellazione di coloro che ne hanno fatto domanda, che hanno perso i requisiti di cui al comma 1 o che sono incorsi nelle situazioni di incompatibilità di cui al comma 4. La cancellazione può altresì essere disposta nei casi di grave inadempimento degli obblighi stabiliti dal codice deontologico o, comunque, connessi alla funzione svolta. La cancellazione, tranne nei casi in cui sia disposta su domanda, è pronunciata dalla Camera sentito l’interessato.

4. I conciliatori iscritti nell’elenco non possono svolgere attività di conciliazione per più di due organismi di conciliazione e comunicano senza indugio alla Camera la perdita dei requisiti richiesti per l’iscrizione.

Art. 6
(Elenco degli arbitri)

1. Possono essere iscritti nell’elenco degli arbitri i soggetti che ne fanno domanda alla Camera, appartenenti alle categorie di cui all’articolo 2, comma 3, che:

a) non hanno riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione;

b) non hanno riportato condanne a pena detentiva, applicate su richiesta delle parti, pari o superiore a sei mesi;

c) non sono incorsi nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;

d) non sono stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza;

e) non hanno riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

2. La Camera a seguito della ricezione della domanda, corredata dei documenti attestanti il possesso dei requisiti richiesti, ne verifica la regolarità e delibera l’iscrizione nell’elenco.

3. Ogni sei mesi la Camera dispone l’aggiornamento dell’elenco, procedendo alle nuove iscrizioni e alla cancellazione di coloro che ne hanno fatto domanda o che hanno perso i requisiti di cui al comma 1. La cancellazione può altresì essere disposta nei casi di grave inadempimento degli obblighi stabiliti dal codice deontologico o, comunque, connessi alla funzione svolta. La cancellazione, tranne nei casi in cui sia disposta su domanda dell’interessato, è pronunciata dalla Camera sentito l’interessato.

4. Gli arbitri iscritti nell’elenco comunicano senza indugio alla Camera la perdita dei requisiti richiesti per l’iscrizione.

Titolo III
Conciliazione stragiudiziale

Art. 7
(Condizioni di ammissibilità)

1. L’istanza volta all‘attivazione della procedura di conciliazione può essere presentata esclusivamente dall’investitore. In conformità all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo, l’istanza non può essere esperita quando:

a) la controversia è stata già portata, anche su iniziativa dell’intermediario a cui l’investitore abbia aderito, all’esame di un altro organismo di conciliazione;

b) sui medesimi fatti oggetto dell’istanza non è stato preventivamente presentato reclamo all’intermediario ovvero non sono decorsi più di novanta giorni dalla sua presentazione senza che l’intermediario abbia comunicato all’investitore le proprie determinazioni.

Art. 8
(Avvio del procedimento)

1. L’istanza, sottoscritta dall’investitore e corredata della documentazione attestante le condizioni di ammissibilità di cui all’articolo 7 e il pagamento delle spese di avvio del procedimento, può essere esperita utilizzando l’apposito modulo predisposto dalla Camera e deve comunque contenere:

a) il nome, il cognome, il domicilio dell’istante persona fisica ovvero, per le persone giuridiche, la denominazione, la sede legale e il nome del legale rappresentante; gli indirizzi postali ed elettronici, i numeri telefonici e di telefax da utilizzare nel corso del procedimento; l’eventuale nomina di procuratori;

b) la descrizione della controversia e delle pretese, con indicazione del relativo valore;

c) l’impegno a osservare gli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 11 e le altre norme del presente regolamento.

2. L’istanza deve essere comunicata all’intermediario con mezzo idoneo a dimostrarne l’avvenuta ricezione e depositata nei successivi trenta giorni presso la Camera.

3. La Camera valuta l’ammissibilità dell’istanza entro cinque giorni dal suo deposito, invitando l’istante a procedere entro un congruo termine alle eventuali integrazioni e correzioni. Decorso inutilmente il termine assegnato, la Camera dichiara la inammissibilità dell’istanza dandone tempestiva comunicazione alle parti. Ritenuta ammissibile l’istanza, la Camera entro cinque giorni dal deposito dell’istanza stessa ovvero delle integrazioni e correzioni richieste, invita l’intermediario ad aderire al tentativo di conciliazione.

4. L’intermediario comunica alla Camera e all’investitore, anche a mezzo fax o per via telematica, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione dell’invito della Camera, la propria adesione al tentativo di conciliazione con atto di replica contenente l’impegno a osservare gli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 11 e le altre norme del presente regolamento e corredato:

a) dei documenti attestanti il pagamento delle spese di avvio della procedura;

b) della documentazione afferente al rapporto contrattuale controverso, ivi compreso il reclamo proposto dall’investitore e le eventuali determinazioni assunte al riguardo.

5. La Camera, decorso inutilmente il termine previsto nel comma precedente, attesta la mancata, tempestiva, adesione dell’intermediario al tentativo di conciliazione.

Art. 9
(Nomina del conciliatore)

1. La Camera, successivamente al deposito dell’istanza, procede senza indugio a nominare un conciliatore iscritto nell’elenco tenendo conto dei seguenti criteri:

a) vicinanza territoriale all’investitore;

b) numero di controversie pendenti avanti al conciliatore;

c) esperienza maturata dal conciliatore sulle questioni specifiche oggetto della controversia;

d) equa distribuzione degli incarichi;

e) tendenziale parità di trattamento tra uomini e donne.

2. La Camera, ricevuta la adesione dell’intermediario, comunica senza indugio la nomina allo stesso conciliatore e alle parti. Il conciliatore, ricevuta la comunicazione della nomina e la documentazione prodotta dalle parti, trasmette la dichiarazione di accettazione alla Camera entro cinque giorni. In caso di mancata tempestiva accettazione, la Camera provvede senza indugio a nominare un altro conciliatore.

3. Quando per qualsiasi motivo venga a mancare il conciliatore nominato, la Camera provvede tempestivamente alla sua sostituzione nei modi e nei tempi previsti dal comma 1. Il nuovo conciliatore procede ai sensi dell’art. 12, comma 1. La procedura si conclude entro 60 giorni dalla data della sostituzione.

4. Quando nella provincia dove l’investitore ha il domicilio o la sede non è presente un conciliatore iscritto nell’elenco ovvero i conciliatori presenti sono gravati da eccessivi carichi di lavoro e, comunque, in ogni caso in cui non è possibile assicurare un adeguato e sollecito svolgimento della procedura, la Camera può investire della controversia, con decisione motivata, gli organismi di conciliazione iscritti nel registro previsto all'articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 che hanno manifestato, anche attraverso la stipulazione di apposite convenzioni, la propria disponibilità. La Camera designa l’organismo di conciliazione ritenuto più idoneo tenendo conto dei criteri individuati alle lettere a)e c)del comma 1. L' organismo di conciliazione applica le norme di procedura e le indennità previste dal presente regolamento.

Art. 10
(Obblighi del conciliatore)

1. Con la dichiarazione di accettazione i conciliatori attestano la permanenza dei requisiti per l’iscrizione nell’elenco e l’inesistenza di:

a) rapporti con le parti e con i loro rappresentanti tali da incidere sulla propria imparzialità e indipendenza;

b) ogni personale interesse, diretto o indiretto, relativo all’oggetto della controversia.

2. Nel corso della procedura di conciliazione i conciliatori sono tenuti a comunicare tempestivamente alla Camera e alle parti eventuali circostanze sopravvenute idonee a incidere sulla loro indipendenza e imparzialità.

3. Il conciliatore osserva le norme del codice deontologico ed adempie agli obblighi comunque connessi alla propria funzione.

Art. 11
(Obblighi di riservatezza)

1. La procedura di conciliazione si ispira ai principi dell’immediatezza, della concentrazione e dell’oralità ed è coperta da riservatezza in tutte le sue fasi.

2. La Camera assicura adeguate modalità di conservazione e di riservatezza degli atti introduttivi della procedura di conciliazione nonché di ogni altro documento proveniente dai soggetti che hanno partecipato a qualsiasi titolo alla procedura di conciliazione o formatosi nel corso della procedura stessa.

Art. 12
(Procedura di conciliazione)

1. Il conciliatore fissa la data e la sede per la prima riunione non prima di cinque e non oltre dieci giorni dalla data di accettazione, dandone tempestiva comunicazione alle parti e alla Camera.

2. Il conciliatore conduce gli incontri senza formalità di procedura e senza obbligo di verbalizzazione e nel modo che ritiene più opportuno tenendo conto delle circostanze del caso, della volontà delle parti e della necessità di trovare una rapida soluzione alla lite. Può sentire le parti separatamente e in contraddittorio tra loro con lo scopo di chiarire meglio i termini della controversia e far emergere i punti di accordo. Può disporre con l’accordo delle parti e a loro spese l’intervento di terzi.

3. La procedura di conciliazione si ispira a principi di imparzialità e garanzia del contraddittorio, fatta salva la possibilità per il conciliatore di sentire separatamente le parti.

Art. 13
(Termine per la conclusione della procedura)

1. La procedura si conclude entro sessanta giorni dal deposito dell’istanza di conciliazione ovvero dal successivo deposito delle integrazioni e delle correzioni richieste dalla Camera ai sensi dell’articolo 8, comma 3.

2. In prossimità della scadenza del termine, il conciliatore può proporre alle parti una proroga del termine stesso fino a un massimo di sessanta giorni nei seguenti casi:

a) si siano verificati oggettivi impedimenti del conciliatore o delle parti;

b) sia emersa la necessità di acquisire informazioni e documenti indispensabili ai fini dell’esperimento del tentativo di conciliazione;

c) vi sia la ragionevole possibilità di un esito positivo della procedura di conciliazione.

Raccolto il consenso delle parti, il conciliatore ne dà comunicazione alla Camera.

3. Il decorso del termine di sessanta giorni per la conclusione della procedura di conciliazione è sospeso dal 1° agosto al 15 settembre. Il conciliatore può, con l’accordo delle parti, derogare a tale previsione.

Art. 14
(Esiti della conciliazione)

1. Se la conciliazione riesce, i contenuti dell’accordo sono riportati in apposito processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Se le parti non danno spontanea esecuzione alle previsioni dell’accordo conciliativo, il verbale, previo accertamento della sua regolarità formale, è omologato con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha avuto luogo la conciliazione e costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

2. Se entrambe le parti lo richiedono, la procedura di conciliazione, ove non sia raggiunto l’accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la richiedono.

3. Fuori dei casi previsti dai commi 1 e 2, il conciliatore redige un verbale di chiusura delle operazioni del quale viene rilasciata copia alle parti che ne fanno richiesta.

4. Al termine della procedura il conciliatore trasmette gli atti alla Camera che provvede a rilasciarne copia alle parti che ne fanno richiesta.

Art. 15
(Valore della controversia)

1. Il valore della controversia è determinato ai sensi degli articoli 10 e seguenti del codice di procedura civile e rileva ai fini del calcolo delle indennità da porre a carico delle parti.

Art. 16
(Indennità a carico delle parti)

1. Le indennità per la fruizione del servizio di conciliazione sono costituite dalle spese di avvio della procedura, da corrispondere alla Camera, e dal compenso del conciliatore.

2. Le spese di avvio della procedura sono versate dalle parti all’atto del deposito, rispettivamente, dell’istanza e dell’atto di replica.

3. Il compenso del conciliatore è dovuto dalle parti se la conciliazione riesce. Esse sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa fra loro. In caso contrario nulla è dovuto dalle parti e alla corresponsione del compenso provvede la Camera.

4. L’ammontare delle spese di avvio della procedura e del compenso del conciliatore è determinato sulla base della tabella riportata nell’allegato X al presente regolamento

La Camera, dietro proposta del conciliatore, liquida il compenso ad esso spettante. La liquidazione così effettuata è vincolante per le parti.

Titolo IV
Arbitrato amministrato

Capo I
Arbitrato ordinario

Art. 17
(Ambito di applicazione dell’arbitrato)

1. La Camera amministra lo svolgimento di arbitrati sulla base di una convenzione di arbitrato che richiami espressamente le norme del decreto legislativo e le disposizioni di attuazione della Consob o faccia comunque rinvio all’arbitrato amministrato dalla Camera, ovvero quando di tale arbitrato le parti facciano concorde richiesta scritta.

2. Quando non esiste tra le parti una convenzione di arbitrato che rinvia al giudizio disciplinato dal presente regolamento, ciascuna parte può farne richiesta con gli atti indicati all’articolo 810, primo comma, del codice di procedura civile. L’adesione a tale richiesta deve pervenire alla Camera non oltre il termine stabilito dall’articolo 20, commi 2 e 3, per il deposito dell’atto congiunto di nomina dell’arbitro singolo o del terzo arbitro. In mancanza di tale adesione, la Camera informa senza indugio le parti e gli arbitri di non poter amministrare lo svolgimento dell’arbitrato.

Art. 18
( Norme applicabili al procedimento e alla decisione)

1. L’arbitrato amministrato dalla Camera ha natura rituale ed è regolato dalle disposizioni del presente regolamento e dagli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile.

2. Nei casi previsti dagli articoli 809 e 813-bisdel codice di procedura civile, le funzioni attribuite al presidente del tribunale sono svolte dalla Camera.

3. Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto.

Art. 19
(Sede dell’arbitrato)

1. L’arbitrato ha sede presso la Camera, salvo che le parti dispongano diversamente.

Art. 20
(Numero e nomina degli arbitri)

1. Le controversie sono decise da un collegio composto da tre arbitri. Le parti possono decidere di devolvere la controversia a un arbitro singolo.

2. Gli arbitri, scelti tra i soggetti iscritti nell’elenco tenuto dalla Camera, sono nominati con le seguenti modalità:

a) nel caso di arbitro singolo, con atto congiunto delle parti depositato presso la Camera entro dieci giorni dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 810, primo comma del codice di procedura civile;

b) nel caso di collegio arbitrale, con gli atti indicati all’articolo 810, primo comma del codice di procedura civile; il terzo arbitro, chiamato a svolgere le funzioni di presidente del collegio, è nominato con atto congiunto delle parti depositato presso la Camera entro il termine di cui alla precedente lettera a).

3. Nel caso di mancata nomina dell’arbitro singolo nel termine per il deposito previsto dalla lettera a)del comma 2, la controversia è demandata alla cognizione di un collegio composto da tre arbitri. Ciascuna parte, con atto notificato per iscritto, rende nota all’altra l’arbitro che essa nomina entro venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito previsto dalla lettera a)del comma 2; il terzo arbitro, chiamato a svolgere le funzioni di presidente del collegio, è nominato con atto congiunto delle parti depositato presso la Camera nei successivi dieci giorni

4. Entro quindici giorni dalla scadenza del termine per il deposito dell’atto di nomina del terzo arbitro, quando le parti non abbiano proceduto alla nomina di uno o più arbitri, vi provvede direttamente la Camera, tenendo conto:

a) del numero di controversie pendenti avanti all’arbitro;

b) della esperienza maturata dall’arbitro sulle specifiche questioni oggetto della controversia;

c) della tendenziale parità di trattamento tra uomini e donne;

d) della equa distribuzione degli incarichi;

e) della vicinanza del luogo di domicilio dell’arbitro alla sede dell’arbitrato, quando l’arbitrato non ha sede presso la Camera.

5. Il comma precedente si applica anche quando le parti vincolate dalla stessa convenzione di arbitrato siano più di due e non si sia proceduto alla nomina degli arbitri entro il termine fissato dal comma 3.

6. Il presidente del collegio arbitrale, con il consenso delle parti, può nominare un segretario che assiste il collegio nell’adempimento delle proprie funzioni.

Art. 21
(Adempimenti preliminari)

1. Le parti depositano presso la Camera, entro dieci giorni dalla notifica, gli atti indicati all’articolo 810, primo comma del codice di procedura civile e gli atti eventualmente notificati ai sensi dell’articolo 20, comma 2, unitamente alla convenzione di arbitrato e ai documenti attestanti il pagamento della tariffa di cui all’articolo 26.

2. La Camera verifica il deposito della dichiarazione di cui all’articolo 22, nonché la regolarità formale degli atti e dei documenti indicati nel comma precedente, invitando le parti, quando occorre, a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi entro un congruo termine e procedendo, ove ne ricorrano le condizioni, alla nomina degli arbitri.

3. Quando reputa manifestamente insussistenti le condizioni per l’esperimento del procedimento arbitrale disciplinato dal presente regolamento, la Camera rifiuta di amministrarne lo svolgimento, informandone senza indugio le parti e gli arbitri, se nominati.

4. Gli arbitri, nel corso della prima riunione, valutano la questione sollevata dalla Camera, decidendo su di essa anche ai sensi dell’articolo 817 del codice di procedura civile. La decisione degli arbitri, unitamente alle convenzione di arbitrato come eventualmente modificata dalle parti, è trasmessa alla Camera per l’eventuale seguito di competenza.

5. Nel corso della prima riunione gli arbitri chiedono alle parti una somma, a titolo di deposito, in misura sufficiente a sostenere gli oneri connessi ai diritti loro spettanti nonché alle spese di difesa che le parti sosterranno per ottenere la decisione, stabilendone, altresì, i criteri di ripartizione fra le parti. Il mancato versamento della somma, nella misura in capo a ciascuna delle parti gravante, entro quindici giorni dalla comunicazione della richiesta ovvero entro il diverso termine eventualmente stabilito dagli arbitri, importa la improcedibilità del giudizio.

Art. 22
(Accettazione, indipendenza e imparzialità degli arbitri)

1. L’accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e viene depositata presso la Camera entro dieci giorni dalla comunicazione della nomina.

2. Con la dichiarazione di accettazione gli arbitri attestano la permanenza dei requisiti per l’iscrizione nell’elenco e l’inesistenza di:

a)rapporti con le parti e con i loro difensori tali da incidere sulla propria imparzialità e indipendenza;

b)ogni personale interesse, diretto o indiretto, relativo all’oggetto della controversia.

3. Nel corso del procedimento arbitrale gli arbitri sono tenuti a comunicare tempestivamente alla Camera e alle parti eventuali circostanze sopravvenute idonee a incidere sulla propria indipendenza e imparzialità.

Art. 23
(Ricusazione e sostituzione degli arbitri)

1. Ciascuna parte può ricusare l’arbitro in presenza delle condizioni enumerate nei primi due commi dell’articolo 815 del codice di procedura civile, presentando alla Camera istanza motivata entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. La Camera decide sulla istanza nei quindici giorni successivi alla sua presentazione, sentito l’arbitro ricusato e le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni.

2. La manifesta inammissibilità o infondatezza della istanza è valutata dagli arbitri ai fini della ripartizione tra le parti delle spese sostenute dalle parti per ottenere la decisione, salvo quanto previsto dall’articolo 27, comma 5.

3. La proposizione dell’istanza di ricusazione sospende il procedimento arbitrale.

4. Quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati si provvede tempestivamente alla loro sostituzione nei modi e nei tempi previsti dall’articolo 20.

Art. 24
(Responsabilità degli arbitri)

1. Gli arbitri rispondono del loro operato secondo le previsioni di cui all’articolo 813-ter del codice di procedura civile.

Art. 25
(Termine per la decisione)

1. Gli arbitri pronunciano il lodo nel termine di centoventi giorni dall’accettazione della nomina.

2. Il termine può essere prorogato prima della sua scadenza per un periodo non superiore a centoventi giorni:

a) da tutte le parti mediante dichiarazioni scritte indirizzate agli arbitri;

b) dalla Camera su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti.

3. Il termine è prorogato di centoventi giorni nei casi seguenti e per non più di una volta nell’ambito di ciascuno di essi:

a) se devono essere assunti mezzi di prova;

b) se è disposta consulenza tecnica d’ufficio;

c) se è pronunciato lodo non definitivo o lodo parziale;

d) se è modificata la composizione del collegio arbitrale o è sostituito l’arbitro unico.

4. Il termine per la pronuncia del lodo è sospeso durante la sospensione del procedimento. In ogni caso, dopo la ripresa del procedimento, il termine residuo, se inferiore, è esteso a quarantacinque giorni.

Art. 26
(Tariffa per il servizio di arbitrato)

1. La tariffa per il servizio è corrisposta da ciascuna parte alla Camera, nella misura indicata nell’allegato X al presente regolamento, al momento del deposito di cui all’articolo 21, comma 1.

Art. 27
(Diritti degli arbitri e spese del procedimento)

1. Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese da loro sostenute e all’onorario per l’opera prestata se non vi hanno rinunciato al momento dell’accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa fra loro.

2. La Camera, dietro proposta degli arbitri, provvede alla liquidazione delle spese da loro sostenute e dell’onorario secondo la tabella riportata nell’allegato X al presente regolamento. La liquidazione così effettuata è vincolante per le parti.

3. Gli arbitri provvedono a liquidare nel lodo le spese di difesa sostenute dalle parti per ottenere la decisione.

4. La ripartizione tra le parti degli oneri connessi ai diritti degli arbitri e alle spese di difesa sostenute per ottenere la decisione viene effettuata, rispettivamente dalla Camera e dagli arbitri ai sensi dei commi precedenti, avuto riguardo ai principi contenuti negli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.

5. Tuttavia, in caso di soccombenza totale o parziale dell’investitore non determinata dalla temerarietà della pretesa da questi azionata, la Camera e gli arbitri ripartiscono in egual misura tra le parti gli oneri connessi ai diritti loro spettanti e compensano integralmente tra le parti le spese di difesa sostenute per ottenere la decisione.

6. Ai fini del presente articolo il valore della controversia deferita in arbitrato è dato dalla somma della pretesa azionata con la domanda di accesso alla procedura di arbitrato e di quella contenuta nella eventuale domanda riconvenzionale.

Capo II
Arbitrato semplificato

Art. 28
(Finalità e disciplina dell’arbitrato semplificato)

1. Il procedimento arbitrale semplificato è finalizzato al ristoro del solo danno patrimoniale sofferto dall’investitore in conseguenza dell'inadempimento da parte dell'intermediario degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori mediante la determinazione di un indennizzo, ai sensi dell’articolo 33, comma 2.

2. All’arbitrato semplificato si applicano le norme del Capo I, salvo quanto diversamente disposto nel presente Capo.

3. La decisione arbitrale si fonda esclusivamente sulle prove precostituite introdotte dalle parti con la domanda di accesso e con l’atto di risposta ai sensi dell’articolo 30.

Art. 29
(Condizioni di ammissibilità)

1. La possibilità di ricorrere all’arbitrato semplificato deve risultare espressamente dal testo della convenzione di arbitrato.

2. Il giudizio può essere attivato solo dall’investitore.

3. La domanda non può essere esperita quando sui medesimi fatti non è stato presentato reclamo all’intermediario ovvero non siano decorsi più di novanta giorni dalla sua presentazione senza che l’intermediario abbia comunicato le proprie determinazioni.

Art. 30
(Adempimenti preliminari)

1. La domanda di accesso alla procedura semplificata è corredata oltre che degli atti indicati nell’articolo 21, della documentazione attestante la condizione di ammissibilità di cui all’articolo 29 e contiene la indicazione, a pena di decadenza, dei documenti offerti in comunicazione.

2. L’atto di risposta dell’intermediario è corredato, oltre che degli atti indicati nell’articolo 21, di tutta la documentazione afferente al rapporto contrattuale controverso e contiene la indicazione, a pena di decadenza, di tutti gli altri documenti offerti in comunicazione.

3. La Camera verifica il deposito della dichiarazione di cui all’articolo 22 nonché la regolarità formale degli atti e dei documenti indicati nei commi 1 e 2.

Art. 31
(Arbitro singolo)

1. Il procedimento si svolge dinanzi a un arbitro singolo nominato dalle parti nei modi e nei tempi previsti dall’articolo 20, comma 2, lettera a).

2. In mancanza, la nomina è demandata alla Camera che vi provvede entro quindici giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente, tenendo conto dei criteri enumerati all’articolo 20, comma 4.

Art. 32
(Svolgimento del procedimento)

1. La comparizione personale delle parti davanti all’arbitro avviene non oltre quindici giorni dalla accettazione intervenuta ai sensi dell’articolo 22.

2. Nel corso della udienza l’arbitro verifica la regolarità del contraddittorio, interroga liberamente le parti, richiede ad esse, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.

3. Al termine della trattazione, salvo che ricorrano particolari condizioni che consiglino la fissazione di una nuova udienza da celebrarsi entro i venti giorni successivi, l’arbitro invita le parti a precisare le conclusioni.

Art. 33
(Lodo semplificato)

1. Nei venti giorni successivi alla data di precisazione delle conclusioni, l’arbitro pronuncia il lodo sulla base dei documenti prodotti e tenendo conto degli elementi emersi nel corso dell’udienza.

2. L’arbitro accoglie la domanda quando, tenuto conto delle deduzioni formulate dall’intermediario e dei soli documenti introdotti in giudizio, ne ritiene sussistenti i fatti costitutivi, condannando l’intermediario al pagamento in favore dell’investitore di una somma di danaro a titolo di indennizzo, idonea a ristorare il solo danno patrimoniale da questi ritratto, nei limiti della quantità per cui ritiene raggiunta la prova.

3. Il lodo è depositato dall’arbitro presso la Camera che lo sottopone alla Consob per il visto di regolarità formale ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo.

Art. 34
(Impugnazione del lodo semplificato)

1. La corte di appello, quando accoglie la impugnazione per nullità del lodo semplificato, non può mai decidere la controversia nel merito.


 

Allegato al regolamento

Tariffe della procedura di conciliazione

Spese amministrative per l’avvio della procedura: 30 euro per ciascuna parte.

Compensi per il conciliatore

Valore della controversia (in euro)

Compenso dovuto da ciascuna parte (in euro)

 

Fino a 1.000

40

1001

5.000

100

5.001

10.000

200

10.001

25.000

300

25.001

50.000

500

50.001

250.000

1.000

250.001

500.000

2.000

500.001

2.500.000

4.000

2.500.001

5.000.000

6.000

Oltre 5.000.000

 

10.000

Si considerano compensi minimi quelli dovuti come massimi per il valore della lite ricompreso nello scaglione immediatamente precedente a quello effettivamente applicabile; il compenso minimo relativo al primo scaglione è liberamente determinato.

L'importo massimo del compenso per ciascun scaglione di riferimento può essere aumentato in misura non superiore al 5% tenuto conto della particolare importanza, complessità o difficoltà dell'affare.

Tariffe arbitrato ordinario

Tariffa per il servizio di arbitrato: 100 euro per ciascuna parte.

Onorari per gli arbitri

  Onorari per l’arbitro singolo Onorari per il collegio arbitrale
Valore della controversia Minimo massimo minimo massimo
Fino a 25.000 600 1.640 1.500 4.100
da 25.000 a 50.000 1.240 2.480 3100,00 6200,00
da 50.000 a 100.000 2.000 3.500 5000,00 8750,00
da 100.000 a 250.000 4000 8000 10000,00 20000,00
da 250.000 a 500.000 7200 14400 18000,00 36000,00
da 500.000 a 2.500.000 12000 20400 30000,00 51000,00
da 2.500.000 a 5.000.000 18400 30400 46000,00 76000,00
Oltre 5.000.000 18400 30400 46000,00 76000,00

Per ciascuno scaglione, gli onorari minimi e massimi devono essere aumentati dello 0,5% sull’eccedenza del valore della controversia rispetto all’importo minimo dello scaglione

Gli onorari massimi riportati nella tabella possono essere raddoppiati dalla Camera con decisione motivata in relazione alla particolare importanza, complessità e difficoltà della controversia.

Tariffe arbitrato Semplificato

Tariffa per il servizio di arbitrato: 50 euro per ciascuna parte.

Onorari per gli arbitri

L’onorario per l’arbitro singolo corrisponde all’onorario minimo per l’arbitro singolo nell’arbitrato ordinario. Rimane ferma la possibilità di raddoppiarlo con decisione motivata della Camera in relazione alla particolare complessità e difficoltà della controversia e del procedimento arbitrale.

_____________________________
Note:

1 La Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport è stata formalmente soppressa. Continua comunque a esistere sino alla costituzione dei due organismi (Alta corte di giustizia sportiva e Tribunale nazionale di arbitrato dello sport) che la sostituiscono nelle funzioni.

2 Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

3 Regolamento determinante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione nonché di tenuta del registro degli organismi di conciliazione di cui all’art. 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.

4 Regolamento recante approvazione delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione a norma dell’art. 39 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.

5 Istituita con Decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 20 dicembre 2006

6 Si vada in tal senso l’art. 2 del Decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 20 dicembre 2006 laddove dispone che "la camera arbitrale è struttura costituita presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con particolari autonomie funzionali e organizzative atte a garantirne la necessaria indipendenza nella gestione delle procedure di contenzioso o di conciliazione. (...) 6. Il Dipartimento delle politiche di sviluppo (...) pone a disposizione della camera arbitrale il personale, gli uffici, le strutture e le risorse necessarie per l'assolvimento dei compiti ad essa attribuiti anche sulla base di un piano definito di intesa con il direttore della camera arbitrale"; nonché l’art. 242, commi 2 e 4 del Codice dei Contratti Pubblici nei quali si prevede che " sono organi della camera arbitrale il presidente e il consiglio arbitrale" e che "per l’espletamento delle sue funzioni la camera arbitrale si avvale di una struttura di segreteria con personale fornito dall’Autorità [per i contratti pubblici]".

7 Il requisito di professionalità è poi verificato in relazione ai singoli conciliatori iscritti negli elenchi dell’organismi ed è oggetto di puntuale verifica da parte del responsabile del registro istituito ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. 5/2003 (v. art. 4, comma 4).

8 Gli statuti degli organismi camerali delle Camere di commercio stabiliscono, ad esempio, che i membri dei Consigli Arbitrali oltre ad essere persone di provata esperienza e professionalità nel campo delle procedure arbitrali e conciliative ovvero esperti in materie giuridiche ed economiche connesse all’attività della Camera, siano scelti tra determinate categorie di professionisti quali avvocati; dottori commercialisti; notai; ragionieri; magistrati, avvocati dello Stato e docenti universitari anche a riposo. In modo analogo si esprime il regolamento della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport.

9 Si veda il caso della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport.

10 Come accade per la Camera arbitrale per i contratti pubblici.

11 Il responsabile per l’iscrizione nel registro è tenuto, infatti, solo a verificare che l’organismo dia garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza nello svolgimento del servizio (art. 4, comma 3, lett. e).

12 Tale soluzione trova riscontro nelle disposizioni che disciplinano la Camera arbitrale per i contratti pubblici i cui membri sono "nominati dall’Autorità fra soggetti dotati di particolare competenza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’istituto " (art. 242, comma 3 del Codice dei contratti pubblici).

13 L’attribuzione della nomina del presidente alla Consob trova riscontro in quanto previsto per la Camera arbitrale per i contratti pubblici dall’art. 242, comma 3 del Codice dei contratti pubblici (" al suo interno [del consiglio arbitrale] l’Autorità sceglie il Presidente"); stessa soluzione viene adottata da altri regolamenti camerali.

14 Il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti nonché le associazioni maggiormente rappresentative degli intermediari devono aver omesso di comunicare i propri nominativi entro sessanta giorni dall’invito che la Consob ha rivolto loro.

15 In tal senso si è espresso il TAR Catanzaro, sez. II, 13 febbraio 2007, n. 53 relativamente alla Camera arbitrale per i contratti pubblici anch’essa istituita presso un’autorità indipendente che provvede a nominarne i componenti (stabilendone i compensi) e a fornirle strutture, personale e risorse finanziarie.

16 Camera arbitrale per i contratti pubblici; organismi di conciliazione e di arbitrato istituiti dalle Camere di commercio.

17 Vedi nota precedente.

18 Con riferimento al requisito di professionalità tale decreto dispone che i conciliatori - ove non siano professori universitari in discipline economiche o giuridiche, professionisti iscritti in albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno 15 anni, ovvero magistrati in quiescenza - devono provare la loro qualificazione professionale attraverso il possesso di una specifica preparazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di formazione tenuti da enti pubblici, università o enti privati accreditati presso il Ministero della Giustizia. Il requisito di onorabilità è invece garantito dal fatto di non aver riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione, né condanne a pena detentiva, applicate su richiesta delle parti, non inferiore a sei mesi; di non essere incorso nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; di non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza; di non aver riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

19 Art. 2 del Comunicato della Camera arbitrale per i contratti pubblici del 29 novembre 2000.

20 L’art. 4, comma 3 DM 222/2004 stabilisce che il responsabile del registro deve verificare le garanzie di indipendenza e imparzialità che gli organismi di conciliazione devono assicurare allo svolgimento del servizio attraverso i propri conciliatori. Il Codice deontologico della Camera per i contratti pubblici, adottato con il Comunicato del 29 novembre 2000 in base all’art. 242, comma 1 del Codice dei contratti pubblici, stabilisce che "1. L’arbitro camerale garantisce con la propria coscienza e difende da ogni tipo di pressione, diretta o indiretta, l’indipendente esercizio delle proprie funzioni. 2. Ispira le sue convinzioni alla più assoluta imparzialità e cura di rispecchiarne anche all’esterno la fedele immagine. 3. A tal fine valuta col massimo rigore l’esistenza di situazioni di possibile astensione per gravi ragioni di opportunità. Egli ha il dovere di astenersi quando abbia o abbia avuto rapporti professionali con una delle parti in causa. 4. Esamina i fatti della controversia senza pregiudizi ed interpreta le norme da applicare con serena obiettività."

21 Il regolamento del Conciliatore bancario dispone che "per ciascuna controversia prima di avviare il procedimento di conciliazione, il conciliatore designato deve sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità, conforme al modello allegato al regolamento". Tale dichiarazione è prevista, altresì, in tutte le procedure di conciliazione presso gli organismi istituiti dalle Camere di commercio.

22 In particolare, l’art. 6, comma 2 del DM n. 222/2004 prevede che " Ferme le dichiarazioni di esclusività richieste a norma dell' articolo 4, comma 3, lettera f), nessuno [conciliatore] può dichiararsi disponibile a svolgere le funzioni di conciliazione per più di tre organismi".

23 Art. 1 "Indipendenza e imparzialità" - L’arbitro camerale garantisce con la propria coscienza e difende da ogni tipo di pressione, diretta o indiretta, l’indipendente esercizio delle proprie funzioni. Ispira le sue convinzioni alla più assoluta imparzialità e cura di rispecchiarne anche all’esterno la fedele immagine. A tal fine valuta col massimo rigore l’esistenza di situazioni di possibile astensione per gravi ragioni di opportunità. Egli ha il dovere di astenersi quando abbia o abbia avuto rapporti professionali con una delle parti in causa. 4. Esamina i fatti della controversia senza pregiudizi ed interpreta le norme da applicare con serena obiettività. Art. 2 "Comportamento nel giudizio arbitrale " - L’arbitro camerale si comporta sempre con riserbo, provvede all’ordinato svolgimento del giudizio e garantisce la segretezza delle camere di consiglio, svolgendo il proprio ruolo nel rispetto di quelli altrui. Nel redigere o nel controllare le motivazioni dei provvedimenti collegiali, fa sì che siano esposte fedelmente le ragioni della decisione, esaminati adeguatamente i fatti e gli argomenti prospettati dalle parti, raggiunti esiti di giustizia nella leale osservanza della legge. Nelle motivazioni saranno evitati giudizi irriguardosi su persone estranee all’oggetto della causa, come pure apprezzamenti personali sulle capacità professionali di altri arbitri o dei difensori o dei periti, contenendo in garbata misura le espressioni di dissenso coerenti con la decisione adottata. L’arbitro camerale non sollecita né ricerca notizie informali o informazioni private su fatti riguardanti la controversia sottoposta al suo giudizio. Art. 3 "Correttezza" - L’arbitro camerale non si serve del suo ruolo per ottenere benefici o privilegi. Egli non utilizza indebitamente le notizie di cui dispone per ragioni del suo ufficio o per le funzioni esercitate; non fornisce, né richiede informazioni confidenziali; si astiene da segnalazioni dirette ad influire sullo svolgimento o sull’esito di altri giudizi. Art. 4 " Rapporti con la stampa" - Nei contatti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione l’arbitro camerale non sollecita la pubblicità di notizie sull’esito del giudizio in corso. Fermo il principio della libertà di manifestazione del pensiero, l’arbitro camerale dovrà ispirarsi a criteri di equilibrio e continenza nel rilasciare dichiarazioni o interviste agli organi di informazione.

24 Ai sensi dell’art. 139, comma 2 si tratta degli organismi pubblici indipendenti nazionali e delle organizzazioni riconosciuti in altro Stato dell’Unione europea ed inseriti nell’elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

25 Ciò che potrebbe giustificarsi in virtù del fatto che tutte le proposte di legge confluite nell’emendamento alla legge finanziaria che ha introdotto l’art. 140-bis (d.d.l Bersani, d.d.l. Benvenuto, p.d.l. Maran), presentavano identico riferimento al registro di cui all’art. 38 del d.lgs. 5/2003 anche considerando che tali proposte sono state presentate alle relative camere nell’estate del 2006 quando ancora la Camera di conciliazione presso la Consob non era stata istituita.

26 Si pensi al tentativo di conciliazione nelle controversie di lavoro e in materia di contratti agrari.

27 Si veda la conciliazione monocratica nelle controversie di lavoro ex art. 11 del d.lgs. n. 124 del 2004; la conciliazione nel settore delle telecomunicazioni; la conciliazione nel settore turistico; la conciliazione nella subfornitura industriale.

28 Ai sensi dell’art. 2 della legge n. 580/1993 "le Camere di commercio, singolarmente o in forma associata possono tra l’altro: promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e consumatori ed utenti".

29 Analoga previsione è contenuta nei regolamenti della conciliazione emanati dagli organismi istituiti presso le Camere di commercio e nel regolamento del Conciliatore bancario.

30 Si è già avuto modo di rimarcare sopra che il riferimento alla parità donna - uomo, contenuto nell’art. 2, comma 5, lett. b) del decreto legislativo, potrebbe essere anche interpretato come riferito alla composizione degli elenchi dei conciliatori e degli arbitri e non al momento della nomina del conciliatore per la singola controversia. Interpretato in tal modo, però, non potrebbe trovare concreta applicazione, soprattutto nel caso di elenchi "aperti" (soluzione prescelta in questo documento), in quanto in tale caso la composizione deriva unicamente dalle domande ricevute da parte di chi, uomo o donna, possiede i requisiti per l’iscrizione. Si è pertanto interpretato il riferimento nel senso in cui possa avere una concreta attuazione.

31In modo analogo dispongono i regolamenti di conciliazione degli organismi istituiti dalle Camere di commercio e del Conciliatore bancario. Anche il regolamento della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport prevede che "gli incontri sono condotti senza alcuna formalità procedurale, sentendo le parti separatamente e/o congiuntamente, in modo da favorire la ricerca di una soluzione amichevole della controversia" (art. 3, comma 3).

32 L’inosservanza del termine, in ogni caso, non dovrebbe in alcun modo incidere sulla validità della procedura, potendo costituire, al più, motivo di "richiamo" da parte della Camera nei confronti del conciliatore (incidendo, altresì, in modo negativo, sulla possibilità per esso conciliatore di fruire di ulteriori incarichi).

33 Si sottolinea inoltre che la sospensione dei termini non trova riscontro in altri regolamenti, neanche nell’ipotesi di sostituzione del conciliatore espressamente prevista. Solo il regolamento del Conciliatore bancario (art. 3, comma 7) ha stabilito, con riguardo al decorso dei termini della procedura, che "ogni qual volta l’organismo nomini un nuovo conciliatore per una controversia già instaurata, inizia una nuova procedura".".

34 L’art. 40, comma 2 è stato modificato dal d.lgs. 37/2004 il quale ha sostituito le parole "il procedimento di conciliazione, ove le parti non raggiungano un accordo" con le parole"se entrambe le parti lo richiedono, il procedimento di conciliazione, ove non sia raggiunto l'accordo". Tale modifica si è resa necessaria a seguito delle osservazioni critiche della dottrina in relazione al ruolo del conciliatore che, nel precedente testo normativo, non si discostava da quello svolto dal giudice durante il tentativo di conciliazione esperito ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. 5/2003 ("il presidente interroga le parti e esperisce ... il tentativo di conciliazione, eventualmente proponendo soluzioni di equa composizione della controversia ").

35 Questa interpretazione del ruolo del conciliatore è, peraltro, conforme a quanto previsto per la conciliazione anche a livello comunitario. In particolare, nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio su determinati aspetti della mediazione civile e commerciale presentata il 22 ottobre 2004, si prevede che il termine mediazione è riferibile "a qualunque procedimento, dove due o più parti della controversia sono assistite da un terzo allo scopo di raggiungere un accordo sulla risoluzione della controversia ... esso non comprende i tentativi messi in atto dal giudice al fine di giungere a una soluzione transattiva nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della vertenza". Viene, inoltre, sottolineato il carattere " amichevole" della composizione della vertenza (ottavo considerando della proposta).

36 L’art.13 del Regolamento arbitrale della Camera di Milano dispone che se una parte contesta l'applicabilità del Regolamento, prima della costituzione del Tribunale Arbitrale, il Consiglio Arbitrale - ovvero l’organo decidente della Camera arbitrale - dichiara la procedibilità o l'improcedibilità dell'arbitrato. Se il Consiglio Arbitrale dichiara la procedibilità dell'arbitrato, rimane impregiudicata ogni decisione del Tribunale Arbitrale al riguardo.