Regolamento emittenti - Casi di non applicabilità dell'obbligo di pubblicazione del Prospetto informativo da parte di enti creditizi che effettuino emissioni annue inferiori a 50.000.000 di euro nonché in caso di emissione di certificati di deposito - Documento di consultazione - AREA PUBBLICA
Documenti di consultazione
DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE
Modifica del Regolamento n. 11971/1999 ai fini dell’introduzione nell’articolo 33, comma 1, dei casi di non applicabilità dell’obbligo di pubblicazione del prospetto informativo da parte di enti creditizi che effettuino emissioni annue inferiori a 50.000.000 di euro nonché in caso di emissione di certificati di deposito
21 aprile 2006
Le osservazioni al presente documento di consultazione dovranno pervenire entro il 4 maggio 2006 al seguente indirizzo: C O N S O B oppure all'indirizzo di posta elettronica: consob@consob.it. |
Come noto, l’articolo 11, comma 2, lettera b), della legge n. 262 del 28 dicembre 2005, (di seguito, la "Legge sul Risparmio") ha abrogato la lettera f) dell’articolo 100, comma 1, D.Lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998 (di seguito, "TUF") che prevedeva l’esenzione dall’obbligo di prospetto per le sollecitazioni aventi ad oggetto, tra l’altro, prodotti finanziari emessi da banche diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, lasciando tuttavia inalterato il potere della Consob (previsto dall’articolo 100, comma 2, del TUF) di individuare tipologie di sollecitazioni, ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1 del medesimo articolo, da esentare dalla suddetta disciplina mezzo di apposite previsioni regolamentari.
In forza dell’immutato potere regolamentare concessole dall’ordinamento di settore, la Consob ha previsto due nuove ipotesi di esenzione dall’applicabilità della disciplina della sollecitazione del risparmio. In particolare, tali fattispecie riguardano emissioni bancarie effettuate in modo continuo e ripetuto nei due seguenti casi: i) obbligazioni plain vanilla in relazione ad emittenti la cui operatività annua non ecceda EUR 50.000.000; ii) certificati di deposito.
Poiché è evidente che in nessun caso la Consob potrebbe valersi di tale potere regolamentare per introdurre previsioni che si ponessero in contrasto con quelle recate dalle fonti di diritto comunitario, si sottolinea che le ipotesi di esenzione oggetto della modifica regolamentare riflettono alcuni casi di inapplicabilità contemplati dalla Direttiva 2003/71/CE(1) (cosiddetta "direttiva sul prospetto", di seguito, la "Direttiva") che, per espressa disposizione dell’articolo 1, paragrafo 2, non si applica, tra gli altri:
"f) agli strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale emessi in modo continuo o ripetuto da enti creditizi a condizione che tali valori mobiliari:
i) non siano subordinati, convertibili o scambiabili;
ii) non conferiscano il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non siano collegati ad uno strumento derivato;
iii) diano veste materiale al ricevimento di depositi rimborsabili;
iv) siano coperti da un sistema di garanzia dei depositi a norma della direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi;
[…]
j) agli strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale emessi in modo continuo o ripetuto da enti creditizi qualora il corrispettivo totale dell'offerta sia inferiore a 50.000.000 di EUR, il cui termine è calcolato per un periodo di dodici mesi, a condizione che tali strumenti finanziari:
i) non siano subordinati, convertibili o scambiabili;
ii) non conferiscano il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non siano collegati ad uno strumento derivato(2)".
Si precisa che, trattandosi di casi di inapplicabilità (e non di esenzione) è lasciata da parte del legislatore comunitario all’ordinamento nazionale la scelta se assoggettare o meno le fattispecie previste alla disciplina sulle offerte. Visto il quadro normativo interno di riferimento e, in particolare, la previsione di cui all’articolo 100, comma 2, del TUF, tale scelta può senz’altro essere compiuta nel nostro ordinamento nazionale dalla Consob.
Può essere utile, al fine di comprendere la scelta dell’esercizio da parte della Consob di tale potere regolamentare, fornire alcune indicazioni circa la ratio della previsione comunitaria ora richiamata volta a prevedere casi di inapplicabilità relativi a determinate obbligazioni bancarie. La stessa appare in primo luogo giustificata da considerazioni attinenti il basso livello di rischio degli strumenti finanziari in questione che ha fatto ritenere meno presente un’esigenza concreta di tutela degli investitori (esigenza questa che costituisce uno degli obiettivi principali della Direttiva(3)) per diversi ordini di ragioni.
Un primo ordine di ragioni attiene alla particolare natura dell’emittente tali strumenti. È necessario considerare, infatti, che la raccolta di capitali presso il pubblico attraverso l’emissione di obbligazioni rientra fra le attività istituzionali degli "enti creditizi"(4) che, proprio in ragione del "core business " che li caratterizza, sono soggetti a specifici obblighi di trasparenza nonché ad una incisiva vigilanza da parte di organi pubblici volta a garantirne la stabilità individuale e quella dell’intero sistema.
Un secondo ordine di ragioni è da ricondurre alla natura degli strumenti finanziari oggetto delle ipotesi di non applicabilità previste dalla normativa comunitaria. Per quanto in questa sede interessa, infatti, deve rilevarsi come i titoli oggetto delle ipotesi di inapplicabilità previste dalla Direttiva risultino caratterizzati da una minore rischiosità in ragione, da un lato, della copertura da parte di un sistema di garanzia di depositi oggetto di armonizzazione della stessa normativa comunitaria (quanto all’ipotesi di inapplicabilità prevista dalla lettera f) e, dall’altro, da una struttura estremamente semplice (da cui la denominazione, "plain vanilla"), comprensibile con immediatezza anche da un risparmiatore non particolarmente esperto (quanto all’ipotesi di inapplicabilità prevista dalla lettera j). In relazione alle suddette caratteristiche, la predisposizione di un sofisticato presidio informativo qual è il prospetto è stata evidentemente ritenuta non indispensabile al conseguimento dello scopo ultimo della tutela dell’investitore.
Un terzo ordine di ragioni attiene, infine, alle peculiari modalità di emissione. Le ipotesi di inapplicabilità si riferiscono, infatti, esclusivamente ad offerte poste in essere dalle banche aventi ad oggetto strumenti emessi "in modo continuo o ripetuto" e pertanto nell’ambito della ordinaria attività di raccolta finalizzata all’esercizio del credito.
Quanto invece alla ratio dell’introduzione di un requisito dimensionale/quantitativo (EUR 50.000.000) ai fini della esclusione dall’ambito di applicabilità della Direttiva dell’offerta di "plain vanilla" emessi da enti creditizi, possono individuarsi almeno due ragioni di fondo. La prima attiene ad una valutazione di eccessività del costo che sarebbe stato imposto dalla regolamentazione a fronte di emissioni poco rischiose (per quanto già detto) e di dimensioni relativamente ridotte; la seconda al tentativo di operare una distinzione tra banche di piccole e grandi dimensioni, nella convinzione che le emissioni obbligazionarie delle prime, per il loro maggior radicamento territoriale e vicinanza con il singolo investitore, potevano tollerare un minor grado di trasparenza.
Un problema interpretativo si è posto circa le due modalità di computo della suddetta soglia di EUR 50.000.000. In particolare, ci si è chiesti se in tale computo occorresse prendere in considerazione esclusivamente l’ammontare di quelle obbligazioni (nella specie, le plain vanilla, appunto) a cui, per espressa disposizione, la Direttiva non è applicabile, ovvero l’ammontare della intera offerta obbligazionaria effettuata nell’arco di dodici mesi (comprensiva di tutti gli strumenti finanziari appartenenti ad un’unica categoria) da ciascun ente creditizio.
A favore della prima interpretazione deporrebbe il dato letterale della disposizione normativa prevista dalla lettera j), che sembrerebbe prendere in considerazione esclusivamente l’operatività in titoli obbligazionari aventi tutte le caratteristiche indicate. Alla seconda ricostruzione si arriverebbe, invece, sulla base della citata definizione di strumenti finanziari emessi in modo continuo o ripetuto come "quelli emessi a rubinetto o almeno due distinte emissioni di strumenti finanziari di una categoria e/o classe simile in un periodo di dodici mesi", posto che tutte le obbligazioni (siano esse semplici o strutturate) appartengono ad una medesima categoria pur essendo diverse fra loro "in termini di anzianità, tipi di valori sottostanti o basi su cui determinare l'importo di rimborso o il pagamento di cedole "(5).
Nell’alternativa tra le due proposte interpretazioni, entrambe astrattamente praticabili, la Consob ha ritenuto di elaborare l’esenzione in oggetto prevedendo che tale limite sia calcolato tenendo conto di tutte le offerte di titoli diversi da quelli di capitale effettuate dal medesimo emittente nel corso di dodici mesi, e, quindi, con riferimento all’intera raccolta obbligazionaria posta in essere durante tale arco di tempo. A fondamento di tale scelta, che rientra certamente nell’ambito di manovra riconosciuto agli ordinamenti nazionali, vi è la considerazione che per gli istituti di credito l’emissione di obbligazioni rappresenta uno strumento ordinario di raccolta bancaria che costituisce un fenomeno unitario, programmato su base annuale in sede di "funding" e posto in essere secondo modalità continuative. Si noti, inoltre, che tale interpretazione, restringendo le ipotesi di esenzione dall’obbligo di prospetto ai soli enti creditizi la cui intera offerta obbligazionaria sia inferiore alla predetta soglia, fornisce maggiori garanzie di rispetto dell’ambito di applicabilità della Direttiva.
In merito, infine, all’individuazione del periodo di dodici mesi rilevanti, si ritiene che la norma possa certamente considerarsi rispettata nel caso in cui, nell’arco di dodici mesi storici calcolati a partire da un dato momento in cui sia in corso un’offerta, l’emittente non abbia superato l’importo complessivo di EUR 50.000.000 (in considerazione della garanzia che fornisce l’ancorarsi a dati storici e verificabili, piuttosto che a impegni programmatici nei casi in cui l’emittente abbia programmato le proprie emissioni per un periodo di dodici mesi prospettici, in modo da assicurare che nel corso di tale periodo la citata soglia non sia superata).
Quanto alle motivazioni sottese alla modifica regolamentare in oggetto, occorre, innanzitutto, rammentare che le numerose richieste inoltrate da diversi operatori del mercato e soggetti istituzionali – tra cui la Consob – e volte all’abrogazione della lettera f) dell’articolo 100, comma 1, del TUF (e quindi all’applicabilità degli obblighi di prospetto agli strumenti finanziari non rappresentativi di capitale) erano dettate da ragioni attinenti alla rischiosità della diffusione nel mercato di strumenti finanziari che presentassero componenti derivative e/o costruiti con formule matematiche estremamente complesse; ragioni non presenti in caso di offerte aventi ad oggetto strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale emessi da enti creditizi e coperti da sistemi di garanzia ovvero aventi una struttura particolarmente semplice.
Inoltre, si tenga conto che la normativa attualmente vigente garantisce già una protezione per il risparmiatore tenuto conto della natura bancaria dell’emittente e della scarsa complessità degli strumenti finanziari. In particolare, si osserva che:
i) gli enti creditizi sono istituzionalmente soggetti a) alla vigilanza prudenziale della Banca d’Italia (TUB, in particolare il Titolo III e Istruzioni di Vigilanza) e b) alla disciplina sulla trasparenza bancaria che, tra l’altro, comporta l’elaborazione del Foglio Informativo Analitico (FIA), documento che deve accompagnare ogni strumento finanziario e che illustra in modo sintetico le caratteristiche dello strumento stesso. Certamente in ipotesi di inapplicabilità degli obblighi da prospetto rimarrebbe, in ogni caso, applicabile la normativa sulla trasparenza;
ii) l’attività di "collocamento" e sottoscrizione di prodotti finanziari emessi da banche è soggetta alle regole di correttezza e trasparenza previste dalla disciplina in materia di intermediazione mobiliare (cfr. articolo 25 bis, comma 1, del TUF da ultimo introdotto dalla Legge sul Risparmio) e costituisce attività di intermediazione mobiliare ed in quanto tale è soggetta alle disposizioni del TUF e del Regolamento Intermediari che dettano regole di correttezza e trasparenza a tutela dell’investitore.
Con riferimento, infine, alla rappresentazione dei costi/benefici per il mercato della esenzione prevista dalla modifica regolamentare in oggetto, è di immediata evidenza il vantaggio derivante al sistema bancario in termini organizzativi ed economici.
Considerato quanto sopra, il testo dell’art. 33, comma 1, del Regolamento n. 11971/99, verrebbe emendato con l’aggiunta, dopo la lettera j), delle seguenti due ulteriori lettere l) ed m):
"l) gli strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale emessi in modo continuo o ripetuto da enti creditizi a condizione che tali strumenti finanziari:
i) non siano subordinati, convertibili o scambiabili;
ii) non conferiscano il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non siano collegati ad uno strumento derivato;
iii) diano veste materiale al ricevimento di depositi rimborsabili;
iv) siano coperti da un sistema di garanzia dei depositi a norma della direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi;
m) gli strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale emessi in modo continuo o ripetuto da enti creditizi qualora il corrispettivo totale dell'offerta sia inferiore a 50.000.000 di EUR, il cui termine è calcolato per un periodo di dodici mesi, a condizione che tali strumenti finanziari:
i) non siano subordinati, convertibili o scambiabili;
ii) non conferiscano il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non siano collegati ad uno strumento derivato".
Verrebbe inoltre aggiunto, dopo il comma 1 dell’articolo in questione, un successivo comma 1 bis recante il seguente testo:
"Con riferimento alla esenzione prevista dalla lettera m), il limite di EUR 50.000.000 è da calcolare tenendo conto di tutte le offerte di strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale svolte dal medesimo emittente nel corso di dodici mesi".
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Nota: