Position paper Consob in tema di short selling - AREA PUBBLICA
Documenti di consultazione
POSITION PAPER CONSOB IN TEMA DI SHORT SELLING
27 maggio 2009
Le osservazioni al presente position paper dovranno pervenire entro il 15 luglio 2009 al seguente indirizzo: C O N S O B oppure on line per il tramite del I commenti pervenuti saranno resi pubblici al termine della consultazione, salvo espressa richiesta di non divulgarli. |
A partire dal settembre 2008, a seguito dell'insolvenza di Lehman Brothers, i mercati finanziari hanno sperimentato eccezionali tensioni e volatilità. Temendo che le vendite allo scoperto potessero contribuire ad acuire le tensioni sui mercati, le Autorità di vigilanza dei principali paesi hanno adottato una serie di misure volte a limitare, in diversa misura, la pratica delle vendite allo scoperto. Tali provvedimenti sono stati adottati al fine di limitare brusche correzioni al ribasso delle quotazioni e garantire un ordinato processo di formazione dei prezzi, riducendo al contempo le possibilità di abuso di mercato.
Le misure poste in essere nei diversi paesi si differenziano per contenuti e tempistica. Quasi tutte le Autorità hanno vietato in via temporanea le vendite allo scoperto (SEC, Ontario Securities Commission, AMF, FSA); solo alcuni paesi – come Regno Unito e Francia - hanno imposto obblighi di disclosure agli operatori.
In tale contesto la Consob è intervenuta adottando un primo provvedimento il 22 settembre 2008 (con decorrenza dal giorno successivo) con il quale ha vietato le vendite allo scoperto di azioni di banche e imprese di assicurazione quotate nei mercati regolamentati italiani e ivi negoziate, non assistite dalla disponibilità dei titoli stessi da parte dell'ordinante al momento dell'ordine e fino alla data di regolamento dell'operazione.
Il 1° ottobre 2008 è stato adottato un provvedimento più restrittivo, in base al quale la vendita di azioni di società finanziarie doveva essere assistita, oltre che dalla disponibilità, anche dalla proprietà dei titoli. Questo divieto è stato poi esteso a decorrere dal 10 ottobre a tutti i titoli del listino. Il 30 dicembre 2008 la Consob è nuovamente intervenuta (con un ulteriore provvedimento con decorrenza dal 1° gennaio 2009), confermando la validità del regime precedente per i titoli finanziari e per le azioni di società oggetto di aumenti di capitale e ripristinando per gli altri titoli il divieto di vendite non assistite dalla disponibilità degli stessi. Tale ultimo provvedimento è stato prorogato fino al 31 maggio 2009.
Considerata la successiva evoluzione del mercato, la Consob in data 27 maggio 2009 ha modificato il regime temporaneo di divieto limitandone l'applicazione, per tutti i titoli, alle sole vendite non assistite da disponibilità dei titoli stessi al momento dell'ordine. Per quanto riguarda gli aumenti di capitale, alle azioni emesse da società oggetto di aumenti di capitale alla data di entrata in vigore della delibera continuano ad applicarsi, fino al giorno di consegna delle azioni da esso rivenienti, le disposizioni di cui al punti 2 della Delibera n. 16813 del 26 febbraio 2009, secondo cui la vendita deve essere assistita sia dalla disponibilità che dalla proprietà dei titoli da parte dell'ordinante al momento dell'ordine e fino alla data di regolamento dell'operazione.
Le misure che la Consob ha intrapreso fino ad oggi hanno natura temporanea e rappresentano una risposta alle recenti eccezionali condizioni dei mercati finanziari. Tuttavia, la Consob è consapevole della necessità di definire una linea di policy sulle vendite allo scoperto e, più in generale, sul fenomeno delle posizioni corte (vedi par. 2.1), indipendentemente dalle condizioni di mercato. Tale esigenza è fortemente sentita anche dalle altre Autorità di vigilanza, anch'esse alla ricerca di soluzioni permanenti. In particolare, a livello europeo, emerge la volontà di seguire un approccio armonizzato, che avvicini le regolamentazioni in materia di short selling operanti nei diversi paesi.
Scopo di questo position paper è quello di avviare una discussione con il mercato sul tema dello short selling, al fine di individuare le possibili opzioni regolamentari e di sottoporle ad un'analisi preliminare dei relativi costi e benefici, nell'ambito di un approccio di analisi d'impatto della regolamentazione. L'analisi delle opzioni che si propone e su cui si sollecitano opinioni è di tipo economico. Per la valutazione degli esiti della consultazione si terrà conto di ogni evoluzione del quadro normativo anche in relazione alle iniziative in corso a livello sovranazionale.
Il paper si articola nel modo seguente. Nella sezione 2 si definiscono le vendite allo scoperto e le posizioni corte, si descrivono le principali finalità con cui vengono impiegate, si individuano i relativi effetti positivi e negativi alla luce della principale letteratura empirica sul tema. Nella sezione 3, dopo una breve esposizione dei principali risultati di alcuni lavori in ambito internazionale e delle iniziative in corso in materia di short selling in Inghilterra, in Francia e negli Stati Uniti, si individuano le diverse opzioni regolamentari in materia, e viene condotta un'analisi costi-benefici per ognuna di esse. Infine, in appendice, viene sottoposto agli operatori un questionario attraverso il quale si intende raccogliere le osservazioni sul tema.
Al fine di favorire una più sistematica valutazione delle risposte fornite, si raccomanda vivamente di rispondere alla presente consultazione facendo comunque uso del questionario, integrato con le ulteriori informazioni e valutazioni ritenute utili.
2. Lo short selling: definizioni e analisi dei suoi effetti sul mercato
2.1 Definizioni
-
Le vendite allo scoperto
Per vendita allo scoperto si intende una vendita sul mercato di titoli dei quali non ci si è preventivamente assicurata la provvista.
Le vendite allo scoperto sono di due tipi, covered e naked. Le vendite allo scoperto covered sono quelle assistite dal prestito dei titoli: il venditore prende a prestito un numero di azioni pari a quello che intende vendere allo scoperto in modo da garantirne la consegna al compratore. In un secondo momento acquista lo stesso quantitativo di azioni sul mercato per restituirle al prestatore. Il prestatore può richiedere in garanzia sia cash che strumenti finanziari. Se il collateral è rappresentato da strumenti finanziari, i prestatori ricevono delle commissioni dal venditore, mentre se la garanzia è rappresentata da denaro, i prestatori corrispondono al venditore interessi ad un tasso inferiore a quello di mercato.
Le vendite allo scoperto naked, invece, non sono assistite, al momento dell'ordine, dal prestito dei titoli, per cui il venditore deve ricercare sul mercato le azioni da consegnare al compratore al fine di regolare la propria posizione. La copertura può essere effettuata per il tramite del prestito titoli oppure con un acquisto, fuori mercato o sul mercato. Le vendite allo scoperto naked, dunque, danno luogo ad un elevato rischio di mancata consegna dei titoli il giorno di regolamento contrattualmente previsto. Tale rischio diventa una certezza nel caso in cui i titoli siano acquistati sul mercato nei giorni successivi a quello in cui l'ordine di vendita è stato eseguito.
-
Le posizioni corte
È possibile assumere posizioni corte su un titolo non solo vendendolo allo scoperto ma anche attraverso l'utilizzo di strumenti derivati da cui deriva l'obbligo o la facoltà di consegnare lo strumento sottostante entro/a una certa data.
L'insieme delle posizioni corte che un operatore ha assunto su un titolo, sia tramite l'utilizzo di strumenti derivati che tramite le vendite allo scoperto, definisce la posizione corta lorda sul titolo. La posizione corta netta invece si ottiene sottraendo dalla posizione corta lorda la somma delle posizioni lunghe(1) sullo stesso titolo, assunte anche per mezzo di strumenti derivati.
2.2 Finalità e analisi degli effetti sul mercato
-
Finalità
Gli operatori possono ricorrere alla pratica della vendita allo scoperto per diversi motivi.
Gli short sellers possono ad esempio operare con finalità speculative: gli investitori possono vendere allo scoperto perché ritengono che il titolo sia sopravvalutato e vogliono ottenere un profitto dalla riduzione della sua quotazione. In realtà, gli short sellers, attraverso determinate strategie di investimento, potrebbero realizzare un profitto anche in caso di aumento delle quotazioni del titolo. Ad esempio, un investitore può scommettere sulla performance relativa di un titolo rispetto ad un altro, assumendo una posizione lunga sul titolo che ritiene sottovalutato e vendendo allo scoperto quello che ritiene sopravvalutato; in questo caso, il profitto dell'investitore dipenderà dalla performance relativa dei due titoli e non dal solo rendimento del titolo venduto allo scoperto.
Gli short sellers possono anche operare con finalità di arbitraggio, acquistando e vendendo simultaneamente strumenti finanziari collegati, per esempio azioni e derivati, per sfruttare eventuali disallineamenti dei prezzi relativi.
Ancora, si può vendere allo scoperto con finalità di hedging. Ad esempio, una banca che ha venduto un'opzione put su un titolo o che ha acquistato un'obbligazione convertibile può coprirsi vendendo allo scoperto il titolo sottostante.
-
Effetti positivi dello short selling
Nonostante la pratica delle vendite allo scoperto sia alquanto controversa e oggetto di numerose critiche, la letteratura economica sul tema supporta l'idea che essa normalmente contribuisca all'efficiente funzionamento dei mercati. In particolare, si ritiene che l'attività di vendita allo scoperto apporti sostanziali benefici al mercato, migliorando l'efficienza informativa dei prezzi ed incrementando il livello di liquidità.
Efficienza informativa dei prezzi
L'attività di vendita allo scoperto permette agli investitori in possesso di informazioni negative su un titolo che non è nella loro disponibilità di rivelare tali informazioni attraverso la vendita. In questo modo aumenta la capacità informativa dei prezzi e si velocizza il processo di riduzione delle quotazioni di titoli sopravvalutati, che incorporeranno più velocemente eventuali bad news.
Di conseguenza, eventuali restrizioni sulle vendite allo scoperto possono determinare un effetto di sopravvalutazione temporanea delle quotazioni, in quanto queste incorporeranno solo le aspettative dei rialzisti e non anche quelle dei ribassisti che non posseggono il titolo, riducendo l'efficienza informativa dei prezzi e rallentando il processo di riduzione delle quotazioni dei titoli sopravvalutati.
La presenza o meno di vincoli sulle vendite allo scoperto potrebbe anche incidere sulla distribuzione di probabilità dei rendimenti dei titoli. Da una parte, restrizioni sulle vendite allo scoperto, inducendo gli investitori ribassisti ad uscire dal mercato, potrebbero aumentare la probabilità di rendimenti positivi molto più elevati della media e ridurre la probabilità di rendimenti negativi estremi(2).
D'altro canto, restrizioni sulle vendite allo scoperto potrebbero anche determinare l'effetto opposto, e incrementare la probabilità di rendimenti negativi estremi. Questo perché in presenza di vincoli, quando l'informazione negativa diventa pubblica, ci saranno degli aggiustamenti delle quotazioni molto più forti nel caso di notizie negative piuttosto che positive, dal momento che le notizie negative non sono state precedentemente incorporate nei prezzi(3) .
Liquidità
Le vendite allo scoperto incrementano il livello di liquidità sul mercato, poiché aumentano il numero di potenziali venditori (e futuri acquirenti). Questo si traduce in un incremento dei volumi di vendita e in una riduzione dei costi di transazione, ovvero dello spread denaro/lettera. Eventuali vincoli sulle vendite allo scoperto potrebbero quindi aumentare il livello dei costi di transazione e spingere gli investitori a richiedere maggiori rendimenti, causando una riduzione dei corsi azionari.
-
Effetti negativi dello short selling
All'attività di vendita allo scoperto sono imputati non solo effetti positivi ma anche negativi. In particolare, si ritiene che essa possa avere un effetto negativo sulla stabilità dei mercati, che possa essere utilizzata a fini manipolativi e che incrementi il rischio di regolamento.
Instabilità dei mercati
Le vendite allo scoperto possono essere di portata e velocità tali da determinare una riduzione significativa e repentina dei corsi dei titoli, creando disordine nei mercati e incrementando il livello di volatilità dei prezzi sia nel brevissimo che nel breve periodo. Infatti, vendite allo scoperto "consistenti" e rapide possono creare timori e incertezze sul mercato, scoraggiando l'intervento con ordini di segno opposto da parte di potenziali acquirenti. Tale rischio è ancora più forte in situazioni di particolare tensione dei mercati, dove è più probabile che le vendite allo scoperto generino panico e disorientino gli operatori, creando reazioni a catena e contribuendo quindi ad esasperare il trend ribassista del mercato.
Il rischio di instabilità potrebbe essere più elevato nel caso di vendite non assistite dal prestito titoli, che, in principio, possono essere più rapide e più consistenti delle vendite covered. Infatti, in caso di covered short selling, la richiesta di copertura potrebbe limitare sia la velocità dell'operazione (data la necessità di coprirsi) che la sua consistenza (limitata dalla capacità di prendere a prestito i titoli). Tuttavia, la maggiore "pericolosità" delle naked short sales dipende principalmente dalle "procedure di regolamento" esistenti (ad esempio, intervallo temporale di regolamento, esistenza di eventuali penali, procedure di buy-in), poiché tali procedure possono determinare il giorno ultimo entro il quale i titoli venduti allo scoperto debbono essere consegnati e, all'interno di tale intervallo, le variabili che influenzano la decisione degli operatori di consegnare i titoli venduti(4).
Abuso di mercato
Le vendite allo scoperto possono incentivare strategie manipolative volte ad indurre, in maniera artificiosa, trend ribassisti. Ad esempio, gli short sellers possono operare diffondendo al contempo rumors e segnali fuorvianti sulla giusta valutazione dei titoli oggetto di vendita, al fine di incentivare altri operatori a vendere.
Questo rischio è maggiore quando le operazioni di vendita allo scoperto sono di ammontare elevato e avvengono in tempi brevi, cosa potenzialmente più probabile per le vendite non assistite dal prestito titoli.
Rischio di regolamento
Le vendite allo scoperto amplificano i rischi di integrità del mercato poiché, con l'intensificarsi di tale tipologia di operatività, aumentano le difficoltà degli operatori di procurarsi in tempo utile i titoli venduti allo scoperto e dunque aumenta la probabilità di fail(5) nel processo di liquidazione e la loro durata. Inoltre, aumenta la probabilità di mancata consegna in senso stretto. Ovviamente, tale rischio emerge con riferimento alle vendite allo scoperto non assistite dal prestito titoli.
La presenza di un consistente rischio di regolamento può alterare il corretto funzionamento dei mercati, aumentando i costi di transazione e riducendo i livelli di scambio.
Chiaramente, l'entità del rischio di regolamento dipende principalmente dalle procedure di regolamento vigenti.
2.3 La letteratura empirica sugli effetti delle vendite allo scoperto
Nel complesso, la letteratura empirica sul tema delle vendite allo scoperto conferma, se pur con alcune eccezioni, la presenza di effetti benefici legati alle vendite allo scoperto. In particolare, gli studi empirici evidenziano che le vendite allo scoperto hanno effetti positivi sia sull'efficienza informativa dei prezzi che sulla liquidità dei mercati.
Dai dati empirici non emergono invece indicazioni chiare sugli effetti delle vendite allo scoperto sulla volatilità dei rendimenti dei titoli: mentre alcuni lavori mostrano che le vendite allo scoperto riducono la volatilità dei rendimenti dei titoli azionari, altri evidenziano l'effetto contrario. Tuttavia, gli studi che evidenziano una riduzione della volatilità in circostanze di divieto delle vendite allo scoperto si basano esclusivamente su dati infra giornalieri.
Per quanto riguarda il rischio di abuso di mercato, gli studi empirici analizzati mostrano che tale rischio appare essere particolarmente evidente in corrispondenza di operazioni di aumento di capitale e con riferimento a titoli che sperimentano un forte sbilanciamento, in negativo, tra ordini di acquisto e di vendita.
Infine, vi sono alcuni studi empirici che analizzano gli effetti derivanti dall'imposizione di un regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto(6). In generale, tali studi mostrano che, in presenza di un regime di trasparenza, l'annuncio di vendite allo scoperto su un titolo è interpretato come un segnale negativo da parte del mercato, che reagisce vendendo il titolo e accentuando la riduzione della sua quotazione.
BOX: LA LETTERATURA EMPIRICA SUGLI EFFETTI DELLE VENDITE ALLO SCOPERTO Efficienza informativa dei prezzi Gli studi empirici che analizzano il legame tra short selling ed efficienza informativa dei prezzi confermano l'ipotesi teorica in merito alla relazione tra vendite allo scoperto e processo di "price discovery". Alcune analisi empiriche mostrano che i vincoli sulle vendite allo scoperto determinano una riduzione dell'efficienza informativa in quanto riducono la velocità con cui l'informazione è incorporata nei prezzi (Saffi e Sigurdsson (2008), Boehmer e Wu (2008)). Altre analisi empiriche, inoltre, mostrano che gli short sellers contribuiscono ad incrementare l'efficienza informativa dei prezzi individuando le imprese sopravvalutate e vendendo allo scoperto i titoli relativi (Karpoff e Lou (2008), Boehmer et al. (2008), Bris et al. (2007)). Marsh e Niemer (2008) ottengono dei risultati che si discostano dalla letteratura empirica prevalente. Essi analizzano, nel periodo 1 gennaio - 31 ottobre 2008, l'impatto delle misure sulle vendite allo scoperto adottate nei diversi paesi per fronteggiare la crisi finanziaria e non trovano forti evidenze di riduzione dell'efficienza informativa dei prezzi a seguito dell'adozione dei provvedimenti restrittivi. Per quanto riguarda l'effetto delle restrizioni sulle vendite allo scoperto sulla distribuzione di probabilità dei rendimenti dei titoli, alcuni studi empirici dimostrano che tale effetto non è statisticamente significativo (Charoenrook e Daouk (2005), Marsh e Niemer (2008)). Liquidità Gli studi empirici che analizzano gli effetti delle vendite allo scoperto sulla liquidità dei mercati mostrano che l'attività di short selling aumenta l'offerta di liquidità, contribuendo così a migliorare la qualità dei mercati. Tutti gli studi sul tema infatti trovano che l'imposizione di misure restrittive alla pratica delle vendite allo scoperto determina una riduzione della liquidità e un conseguente aumento dei costi di transazione - misurati tramite lo spread denaro lettera (Charoenrook e Daouk (2005), Bris (2008b), Boehmer et al. (2008), Clifton e Snape (2008)). Volatilità Le analisi empiriche sugli effetti delle vendite allo scoperto sulla volatilità dei rendimenti non offrono indicazioni chiare. Alcuni studi mostrano che l'imposizione di restrizioni sulle vendite allo scoperto determina un aumento della volatilità dei rendimenti dei titoli (Charoenrook e Daouk (2005), Boehmer et al. (2008))(7), mentre altri studi giungono a conclusioni diverse. Ad esempio, Shkilko et al. (2008) trovano che lo short selling esaspera la volatilità infra giornaliera in situazioni di crisi di liquidità; analogamente, Bris (2008b) trova che le misure di divieto delle vendite allo scoperto naked di alcuni titoli finanziari imposte dalla SEC il 15 luglio 2008 hanno determinato una riduzione della volatilità infra giornaliera dei titoli oggetto del provvedimento. Abuso di mercato Pochi sono gli studi empirici volti ad analizzare il comportamento di quella parte degli operatori di mercato che ricorre alla pratica dello short selling al fine di manipolare i prezzi dei titoli ed ottenere consistenti guadagni. A tale proposito, Shkilko et al (2008) trovano che gli short sellers incrementano significativamente la propria attività su quei titoli che sperimentano un forte sbilanciamento, in negativo, tra ordini di acquisto e di vendita assistiti dalla disponibilità dei titoli e affermano che la capacità degli short sellers di influire sui prezzi dei titoli è rafforzata dalla loro abilità nel manipolare le opinioni del mercato e l'offerta di liquidità. Alcuni lavori empirici analizzano invece l'attività di short selling in corrispondenza di operazioni di aumento di capitale, poiché in queste circostanze le vendite allo scoperto potrebbero essere utilizzate a fini manipolativi, per ridurre il prezzo dei titoli e rendere meno conveniente l'adesione all'offerta. A tale proposito, Safieddine e Wilhelm (1996) guardano all'evoluzione dell'attività di short selling in corrispondenza delle seasoned equity offerings(8) negli Stati Uniti e valutano gli effetti dell'introduzione della rule 10b-21(9). Essi trovano che: (i) tra la data dell'annuncio dell'offerta e la sua esecuzione l'attività di short selling aumenta in maniera significativa, raggiungendo livelli di gran lunga superiori a quelli precedenti l'annuncio; (ii) tale attività si riduce a seguito dell'introduzione della rule 10b-21. Indagando sulle finalità che spingono gli short sellers ad intensificare l'attività di vendita allo scoperto in corrispondenza degli aumenti di capitale, gli autori trovano evidenza del fatto che tali finalità siano per lo più manipolative. Anche Henry e Koski (2008) indagano sulle finalità dell'attività di short selling in corrispondenza di seasoned equity offerings, utilizzando dati relativi ad un campione di offerte realizzate negli Stati Uniti nel periodo 2005-2006, e trovano conferma dell'ipotesi della manipolazione di mercato. Effetti di un regime di trasparenza Alcuni lavori empirici valutano gli effetti derivanti dall'imposizione di un regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto. In generale, tali studi evidenziano che, in presenza di un regime di trasparenza, l'annuncio di vendite allo scoperto su un titolo è interpretato come un segnale negativo dal mercato, che reagisce vendendo il titolo e accentuando la riduzione della sua quotazione. Ad esempio, Senchack e Starks (1993), con riferimento alle azioni quotate sul NYSE e sull'ASE, trovano che i prezzi delle azioni che sperimentano un aumento inatteso delle vendite allo scoperto si riducono significativamente a seguito dell'annuncio. Inoltre, gli autori trovano che i rendimenti sono tanto più negativi quanto più è alto il livello di short interest e che il fenomeno della riduzione delle quotazioni è meno forte per le imprese con opzioni quotate, per le quali lo short selling può essere adottato anche con finalità di copertura. Aitken et al. (1998) studiano le conseguenze di una regolamentazione basata sulla trasparenza in Australia, dove le operazioni di vendita allo scoperto sono comunicate poco dopo la loro esecuzione(10). Gli autori mostrano che gli annunci di vendite allo scoperto determinano significative riduzione dei prezzi dei titoli venduti, confermando l'ipotesi che le vendite allo scoperto costituiscono cattive notizie per il mercato. Inoltre, gli autori trovano che le vendite allo scoperto che avvengono con elevata probabilità per finalità di copertura determinano più difficilmente una reazione negativa dei mercati. Desai et al. (2002) analizzano il legame tra il livello di short selling e i rendimenti dei titoli quotati sul Nasdaq dal giugno 1988 al dicembre 1994(11). Gli autori trovano che i titoli oggetto di intensa attività di vendita allo scoperto sperimentano consistenti riduzioni delle quotazioni, a testimonianza del fatto che le vendite allo scoperto rappresentano per il mercato un segnale negativo. Anche Gintschel (2001), utilizzando i dati relativi alle imprese quotate sul Nasdaq nel periodo 1995-1998, trova che i titoli oggetto di consistente ed inattesa attività di vendita allo scoperto sperimentano significative riduzioni dei prezzi a seguito dell'annuncio. |
-
Gli effetti delle misure restrittive sullo short selling in Italia e in Inghilterra
La Consob ha di recente condotto un'analisi statistica volta a valutare gli effetti dei primi provvedimenti di divieto delle vendite allo scoperto adottati per fronteggiare la crisi(12). I risultati dell'analisi evidenziano quanto segue:
l'andamento dei corsi azionari è stato negativo e in ogni caso simile a quello degli altri paesi. Per quanto riguarda la distribuzione di probabilità dei rendimenti, per i titoli industriali si è verificata una riduzione della probabilità di ottenere rendimenti fortemente negativi. Invece, per i titoli bancari, si è rilevato un aumento della probabilità di osservare sia rendimenti estremamente negativi che estremamente positivi, a causa dell'aumento della volatilità conseguente al clima di forte turbolenza sui mercati;
i provvedimenti restrittivi hanno contribuito alla riduzione dell'attività di speculazione dei day traders, operatori che chiudono le posizioni entro la fine della seduta, con l'obiettivo di realizzare guadagni legati alle variazioni infra giornaliere dei prezzi dei titoli;
dopo la prima delibera Consob (decorrenza 23 settembre 2008) l'attività di trading sui titoli bancari si è ridotta significativamente, per poi riportarsi a livelli simili a quelli precedenti. La stessa evidenza emerge con riferimento al periodo successivo alla seconda delibera (decorrenza 1° ottobre 2008). Tuttavia, dopo la terza delibera (decorrenza 10 ottobre) gli scambi sia sui titoli finanziari che sui titoli industriali scendono a livelli sensibilmente inferiori a quelli medi del periodo gennaio-agosto 2008 e del periodo precedente all'insolvenza Lehman Brothers;
a seguito dell'ultima delibera (decorrenza 1° ottobre 2008) si osserva per tutti i titoli un ampliamento significativo dei differenziali tra i prezzi di acquisto e di vendita sul mercato a pronti;
i provvedimenti di divieto hanno contribuito alla riduzione dei fail per mancata consegna dei titoli, soprattutto per ordini riconducibili a intermediari italiani. Non si evidenziano invece variazioni significative dei fail imputabili a intermediari esteri(13);
l'analisi evidenzia uno spostamento dell'operatività dal mercato cash al mercato degli strumenti derivati, anche se tale spostamento non risulta essere di entità notevole.
Complessivamente, i risultati dell'analisi evidenziano che l'imposizione di divieti alla pratica delle short sales ha comportato non solo benefici ma anche costi per il mercato. Infatti, sebbene l'attività speculativa si sia ridotta e i fails ridimensionati, il divieto sembra aver contribuito a ridurre la liquidità nel mercato e ad aumentare i costi di transazione e la volatilità dei rendimenti, senza peraltro riuscire a frenare la discesa dei corsi azionari.
Il 18 settembre 2008 l'FSA ha proibito in via temporanea lo short selling sui titoli del settore finanziario. Nel febbraio 2009 la stessa FSA ha reso noti i risultati di un'analisi statistica realizzata dalla stessa Autorità al fine di testare gli effetti derivanti dall'imposizione del divieto. Dall'analisi condotta emergono alcuni importanti risultati:
le performance dei titoli oggetto del divieto non sono migliorate in maniera significativa. In particolare, i rendimenti medi dei titoli oggetto del divieto appaiono in linea con quelli dei titoli esclusi, sia prima che dopo l'imposizione del provvedimento restrittivo. Solo nei 15 giorni immediatamente successivi al divieto si nota un sostanziale miglioramento nelle performance dei titoli finanziari;
subito dopo l'introduzione del divieto la volatilità è cresciuta significativamente in tutto il mercato per poi ridursi successivamente ai livelli pre-divieto. Per quanto riguarda il cambiamento della volatilità delle azioni del settore finanziario rispetto al mercato, i risultati dell'analisi sono inconcludenti;
i volumi di scambio relativi ai titoli finanziari sono aumentati subito dopo l'introduzione del divieto, per poi ridursi successivamente. I costi di transazione, misurati dallo spread denaro-lettera, sono aumentati dopo il divieto per tutti i titoli, con incrementi maggiori per i titoli finanziari.
Da quanto emerge dall'analisi, l'imposizione del divieto non ha apportato significativi benefici al mercato, né in termini di riduzione della volatilità, né in termini di miglioramento delle performance dei titoli, mentre ha determinato una riduzione della liquidità e una crescita degli spread denaro-lettera.
2.4 Conclusioni
Dall'analisi precedente emergono utili elementi per la definizione di un'efficiente soluzione regolamentare in materia di vendite allo scoperto. Gli studi sul tema fanno ritenere che le vendite allo scoperto migliorino la qualità dei mercati finanziari, incrementando il livello di liquidità e favorendo il processo di price discovery.
Non sono valutabili in modo univoco gli effetti che tale pratica può avere sulla stabilità dei mercati e quindi sulla volatilità infragiornaliera, data la discordanza dei risultati empirici ottenuti. Dubbi permangono anche in merito agli effetti che un regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto potrebbe avere sul comportamento degli operatori di mercato; a tale riguardo, gli studi empirici analizzati mostrano che la disclosure al mercato potrebbe accelerare i processi di riduzione delle quotazioni dei titoli oggetto di consistenti vendite allo scoperto.
Appare invece importante concentrare l'attenzione su altre due problematiche connesse alla pratica dello short selling, il rischio di regolamento e il rischio di abuso di mercato, che possono essere estremamente lesivi del corretto funzionamento dei mercati finanziari e dell'ordinato svolgimento delle negoziazioni.
Un'attenta valutazione di tutti questi elementi è propedeutica all'individuazione delle possibili opzioni regolamentari da vagliare in tema di vendite allo scoperto, con riguardo anche alla definizione degli obiettivi da perseguire, dei possibili destinatari dei provvedimenti e dei relativi ambiti di applicazione.
3. Opzioni regolamentari
Nel corso di questa sezione verranno presentate diverse opzioni regolamentari in materia di short selling allo scopo di avviare un confronto con il mercato e di individuare la soluzione idonea a disciplinare il fenomeno in via permanente. Per ogni opzione verranno indicati e analizzati i costi e i benefici ad essa potenzialmente associati.
Prima di passare in rassegna le diverse soluzioni regolamentari oggetto di consultazione, si espongono le principali indicazioni fornite dallo IOSCO(14) e dall'European Securities Markets Expert Group (ESME)(15) in materia di vendite allo scoperto, e si indicano le misure che le Autorità di vigilanza in altri paesi europei (la Financial Services Authority - FSA - nel Regno Unito, l'Autorité des marchés financiers - AMF - in Francia e la Securities and Exchange Commission – SEC – negli Stati Uniti) intendono adottare in via permanente per regolare il fenomeno dello short selling.
Una valutazione attenta delle scelte che gli altri paesi intendono porre in essere, nonché delle raccomandazioni provenienti da organizzazioni sovranazionali, è essenziale, al fine di individuare una soluzione regolamentare che, nel rispetto delle suddette raccomandazioni, non apra la strada a fenomeni elusivi dovuti a possibili arbitraggi regolamentari, che non crei distorsioni, che non incida sugli assetti competitivi tra mercati regolamentati sottoposti a diversi regimi regolamentari, tra diversi sistemi di contrattazione e tra mercati a pronti e mercati a termine. Effetti di questo tipo sono tanto più probabili quanto più prescrittiva è la disciplina e, in particolare, quanto più la stessa incide sui comportamenti dei singoli o sulle generali condizioni operative e informative dell'attività di negoziazione.
D'altra parte, è evidente come i costi e i benefici associati alle diverse opzioni regolamentari dipendano dalla presenza o meno di un regime armonizzato. In ogni caso, la soluzione regolamentare individuata dovrà sfruttare al massimo i margini di manovra insiti nelle raccomandazioni provenienti da organizzazioni sovranazionali.
3.1 Le analisi in ambito internazionale
-
Documento in consultazione dello IOSCO
Il Comitato Tecnico dello IOSCO ha approvato un documento in materia di vendite allo scoperto. Il documento, in consultazione dal 23 marzo al 23 giugno, raccomanda 4 principi generali ai quali le "Autorità di mercato"(16) dovrebbero ispirarsi nella definizione della regolamentazione in materia di vendite allo scoperto. I principi generali sono i seguenti:
1. l'attività di vendita allo scoperto dovrebbe essere assoggettata ad appropriati controlli al fine di ridurre o minimizzare i possibili rischi per l'ordinato ed efficiente funzionamento dei mercati finanziari, nonché per la loro stabilità;
2. l'attività di vendita allo scoperto dovrebbe essere assoggettata ad un regime di comunicazione che fornisca un'informazione tempestiva al mercato o alle Autorità di mercato;
3. l'attività di vendita allo scoperto dovrebbe essere sottoposta ad un efficace regime di verifica del rispetto delle norme;
4. l'attività di vendita allo scoperto dovrebbe prevedere esenzioni per taluni tipi di transazioni funzionali a un efficiente funzionamento del mercato.
I principi raccomandati nel documento dello IOSCO sono, appunto, dei principi generali. Con riferimento specifico a taluni dei suddetti principi si possono fare le seguenti considerazioni. Per quanto riguarda il principio n. 1, il documento non dà indicazioni precise su quali siano le categorie di controllo dell'attività di vendita allo scoperto ritenute appropriate, limitandosi a riportare sinteticamente quelle che in concreto sono, o sono state, utilizzate dalle Autorità di mercato. L'unica rilevante eccezione riguarda le procedure di regolamento, le quali sono trattate in maniera relativamente approfondita e, caso pressoché unico, sono oggetto di una raccomandazione specifica:
Il Comitato Tecnico ritiene che la predisposizione di procedure di regolamento efficaci rappresenti il primo pilastro di un efficace regime di controllo delle vendite allo scoperto. Il Comitato Tecnico raccomanda che la regolamentazione in materia di vendite allo scoperto imponga, quale requisito minimo, il regolamento forzoso delle transazioni non regolate (per esempio tramite procedure obbligatorie di buy-in).(17)
Per quanto riguarda il principio n. 2, il documento non dà indicazioni precise su quale sia il regime di comunicazione, al mercato o alle Autorità di mercato, ritenuto adeguato. Per quanto riguarda, infine, il principio n. 4, il documento indica, tra le categorie di transazioni per le quali dovrebbe valere il regime di esenzione, le attività di copertura, di market making e di arbitraggio.
-
Il Position Paper dell'ESME
L'ESME, su incarico della Commissione Europea, ha predisposto uno studio sullo short selling, pubblicato in data 19 marzo. L'ESME ha analizzato sia la regolamentazione in materia di vendite allo scoperto vigente nei diversi paesi prima della crisi finanziaria, sia le recenti soluzioni regolamentari poste in essere dalle varie Autorità per fronteggiarla. Rispetto a queste ultime, l'ESME ha esaminato i risultati di recenti studi empirici, volti a valutare l'efficacia delle misure temporanee predisposte in alcuni paesi. I principali risultati dello studio possono essere così sintetizzati:
non vi è evidenza che le misure restrittive poste in essere dai diversi paesi abbiano conseguito gli obiettivi desiderati. Piuttosto, la qualità dei mercati sembra essersi ridotta a seguito dell'adozione di tali misure;
misure restrittive sulle vendite allo scoperto non dovrebbero essere scelte come soluzioni permanenti ma dovrebbero essere adottate solo in circostanze estreme, come risposta di breve periodo a specifici eventi;
opzioni regolamentari volte ad incrementare la trasparenza sulle operazioni di vendita allo scoperto devono essere valutate attraverso un'attenta analisi costi-benefici; in ogni caso, le scelte regolamentari in materia di short selling devono essere coordinate a livello europeo. È importante predisporre soluzioni regolamentari volte a limitare i fail nel processo di liquidazione.
3.2 Iniziative in alcuni dei principali paesi
-
Misure in vigore nel Regno Unito
Il 14 gennaio 2009, dopo aver condotto, tra il 5 ed il 9 gennaio 2009, una consultazione sulla base di un discussion paper, l'FSA ha modificato il regime in materia di vendite allo scoperto, già in vigore dal 18 settembre 2008, nei seguenti termini:
l'FSA ha deciso di non prorogare ulteriormente il divieto di vendere allo scoperto le azioni delle società appartenenti al settore finanziario, rimasto in vigore fino al 16 gennaio 2009, sebbene abbia espressamente specificato di riservarsi il diritto di reintrodurre il suddetto divieto qualora le circostanze lo dovessero richiedere; il divieto valeva sia per le vendite naked che per le vendite covered;
l'FSA ha confermato il regime di trasparenza delle posizioni nette corte superiori alla soglia dello 0,25% del capitale di alcune società, specificate in una apposita lista (attualmente 30 società), fino al 30 giugno 2009.
Successivamente, il 6 febbraio 2009, l'FSA ha pubblicato un discussion paper, in consultazione fino all'8 maggio, con il quale ha proposto di estendere il regime di trasparenza delle posizione nette corte a tutte le azioni quotate incorporate nel Regno Unito, invece che esclusivamente ai titoli finanziari, e conseguentemente ha proposto che l'obbligo scatti al superamento della soglia dello 0,50% del capitale sociale, invece che alla soglia dello 0,25%, per tutte le azioni quotate incorporate nel Regno Unito tranne per le azioni di società oggetto di aumento di capitale, per le quali ha proposto di mantenere la soglia oggi in vigore dello 0,25%.
L'FSA ha introdotto le misure su indicate sulla base dei poteri ad essa attribuiti dal "Financial Services and Market Act 2000"; in particolare, l'FSA ha apportato alcune modifiche al "Market Conduct Sourcebook" in base alle quali nella sezione dedicata agli abusi di mercato(18) ha espressamente previsto che: "Failure by a person who has a disclosable short position in a UK financial sector company to provide adequate ongoing disclosure of their position is behaviour which, in the opinion of the FSA, is market abuse (misleading behaviour)".
-
Misure in vigore in Francia
Il 19 dicembre 2008 l'AMF ha deliberato di estendere temporaneamente le misure in materia di vendite allo scoperto già in vigore dal 19 settembre 2008. In particolare, le misure adottate dall'Autorità francese si applicano alle azioni di società appartenenti al comparto finanziario negoziate sui mercati regolamentati francesi (attualmente 15 società) e prevedono:
l'obbligo di comunicare all'AMF ed al mercato le posizioni nette corte superiori allo 0,25% del capitale delle società;
il divieto di effettuare vendite allo scoperto del tipo naked;
una raccomandazione agli intermediari finanziari di limitare l'attività di prestito titoli.
Successivamente, il 23 febbraio 2009, l'AMF ha posto in consultazione fino al 10 aprile 2009, e sulla base dei risultati raggiunti da un gruppo di lavoro in materia di vendite allo scoperto costituito in data 6 novembre, un documento concernente una serie di misure che s'intenderebbe rendere definitive.
In particolare, il documento in consultazione prevede che, essendo poco realistico proibire definitivamente le vendite allo scoperto, sarebbe necessario:
introdurre maggiori sanzioni per i soggetti che non consegnano i titoli venduti alle date contrattualmente stabilite;
assicurare la pubblicazione delle informazioni inerenti alle posizioni nette corte che eccedono il limite dello 0,25% del capitale di alcune società o, in alternativa, prevedere un'indicazione specifica da parte dei clienti per le vendite poste in essere allo scoperto, in modo da consentire all'AMF di diffondere tali informazioni (in modo aggregato) al mercato;
imporre agli investitori che pongono in essere vendite allo scoperto di comunicare all'AMF il volume ed il prezzo delle operazioni di prestito titoli, al fine di rendere l'Autorità informata circa l'eventuale "pressione" sul mercato dei prestiti azionari.
Le misure attualmente in vigore in Francia sono state introdotte ai sensi del "Règlement Général de l'Autorité des Marchés Financiers" il quale, espressamente prevede, all'art. 516-5, che: "(…) L'AMF peut, en tant que de besoin, fixer, de manière temporaire ou permanente, des règles de couverture plus strictes pour un instrument financier ou un marché déterminé.
In particolare, la previsione normativa su indicata è riferibile esclusivamente al divieto di porre in essere vendite allo scoperto di tipo naked; con riguardo, invece, all'obbligo di comunicare le posizioni nette corte, l'AMF non fa riferimento esplicito ad alcuna norma.
-
Misure in vigore negli Stati Uniti
La SEC ha recentemente avviato una consultazione con il mercato su cinque proposte regolamentari in materia di short selling:
1. imposizione permanente della uptick rule(19);
2. imposizione permanente della "modified" uptick rule(20);
3. divieto di short selling, per l'intera giornata di contrattazione, sui titoli che subiscono violente cadute dei corsi;
4. imposizione della uptick rule, per l'intera giornata di contrattazione, per i titoli che subiscono violente cadute dei corsi;
5. imposizione della "modified" uptick rule, per l'intera giornata di contrattazione, per i titoli che subiscono violente cadute dei corsi.
Le prime due misure proposte dalla SEC hanno quindi natura permanente, mentre le altre sono misure temporanee, volte a limitare il fenomeno dello short selling su quei titoli che sperimentano forti riduzioni delle quotazioni (nella misura del 10%).
La regola è stata operativa negli Stati Uniti dal 1938 al 2007. La SEC ha poi deciso di abolire l'applicazione della tick rule (suscitando non poche polemiche) a seguito dei risultati di uno studio pilota condotto nel periodo maggio 2005 - agosto 2007, periodo in cui la regola è stata temporaneamente sospesa. I risultati dello studio pilota mettevano in discussione la capacità della tick rule di incidere sulle manipolazioni di mercato e sulla volatilità dei rendimenti, mentre evidenziavano che essa riduceva fortemente l'entità dell'attività di short selling e quindi il volume degli scambi sul mercato.
3.3 Le opzioni regolamentari individuate dalla Consob
Le opzioni regolamentari sulle quali si vuole avviare un confronto con il mercato sono suddivise in tre tipologie, in funzione delle relative finalità:
1. opzioni regolamentari di divieto, che mirano ad imporre vincoli, più o meno stringenti, all'attività di short selling;
2. opzioni regolamentari di trasparenza, che impongono agli operatori obblighi di comunicazione sulle operazioni di vendita allo scoperto poste in essere o sulle posizioni nette corte detenute. Tali opzioni si distinguono in:
1.1 opzioni di trasparenza "in senso stretto", che impongono agli operatori obblighi di comunicazione nei confronti del mercato;
1.2 opzioni di reporting, che individuano nell'Autorità di vigilanza il soggetto destinatario delle comunicazioni;
1.3 opzioni miste di reporting e di trasparenza "in senso stretto";
3. opzioni regolamentari in materia di procedure di regolamento delle transazioni in titoli.
In generale, le tre categorie di opzioni regolamentari non necessariamente sono tra loro alternative.
Le opzioni regolamentari di divieto che vengono analizzate sono le seguenti:
1. divieto di tutte le vendite allo scoperto (sia naked che covered);
2. divieto delle sole vendite allo scoperto naked;
3. divieto di vendite allo scoperto in situazioni di mercato eccezionali;
4. divieto di vendite allo scoperto di azioni di società oggetto di aumenti di capitale;
5. tick rule.
La differenza tra queste soluzioni regolamentari risiede nell'ambito oggettivo del divieto. In particolare, mentre la differenza tra le prime due opzioni risiede nell'oggetto del divieto, le successive tre opzioni si differenziano per le circostanze che fanno sorgere il divieto.
Mentre la prima opzione impedisce tutte le operazioni di vendita allo scoperto (sia covered che naked), la seconda vieta solo le naked short sales. Le soluzioni di cui ai punti 3) e 4) stabiliscono l'impossibilità di vendere allo scoperto in corrispondenza di situazioni di mercato eccezionali (opzione 3) o in concomitanza di operazioni di aumento di capitale (opzione 4); infine, la tick rule (opzione 5) prevede che non si possa vendere allo scoperto quando le quotazioni del titolo sono in calo. In astratto, ciascuna delle opzioni 3, 4 e 5 potrebbe distinguere tra il divieto tout court e il divieto delle sole vendite allo scoperto del tipo naked. Infine, mentre l'opzione 3 ha carattere di eccezionalità, tutte le altre opzioni hanno carattere permanente.
Queste soluzioni mirano ad eliminare (la prima) o a ridurre (le altre) i rischi associati alle operazioni di vendita allo scoperto.
Le opzioni regolamentari di trasparenza "in senso stretto" sono finalizzate a mettere a disposizione del mercato informazioni potenzialmente rilevanti. Infatti, le vendite allo scoperto, se non rese pubbliche come tali, non permettono agli investitori di conoscere quanta parte degli ordini di vendita su un titolo è rappresentata da vendite allo scoperto e quanta invece da vendite "ordinarie". Questa informazione potrebbe essere utile all'investitore e incidere sulle sue strategie di trading, incrementando l'efficienza informativa dei prezzi. L'imposizione di doveri di trasparenza sulle vendite allo scoperto / posizioni corte si giustifica quindi sulla base dell'ipotesi che queste rappresentino un segnale per gli investitori, che questi utilizzano per definire le proprie strategie di acquisto/vendita(21).
Le opzioni di trasparenza "in senso stretto" che si considerano nel seguito sono le seguenti:
1. trasparenza sulle vendite allo scoperto aggregate;
2. trasparenza sulle posizioni corte nette individuali significative.
Tali opzioni regolamentari si differenziano per l'oggetto della comunicazione, che può essere rappresentato alternativamente:
dalle vendite allo scoperto aggregate, cioè dall'ammontare di vendite allo scoperto presenti in un determinato momento su un certo titolo;
dalla posizioni corte nette individuali significative, ovvero dalle posizioni corte nette che ogni operatore detiene su ogni titolo, quando superano determinate soglie prestabilite.
Oltre alle opzioni di trasparenza "in senso stretto", vengono poi analizzate un'opzione di reporting alla Consob e alcune opzioni miste di reporting e di trasparenza.
L'opzione di reporting consiste nella comunicazione alla Consob delle posizioni corte nette individuali significative.
Le opzioni miste di reporting e di trasparenza "in senso stretto" che si considerano sono le seguenti:
1. comunicazione alla Consob delle posizioni corte nette significative e comunicazione al mercato da parte della Consob dei dati aggregati;
2. reporting alla Consob e comunicazione al mercato delle posizioni corte nette significative, con previsione di soglie diverse (sistema a due livelli);
3. trasparenza/reporting sull'attività di prestito titoli.
Le prime due opzioni sono di tipo misto in senso proprio, in quanto prevedono obblighi di comunicazione diversi nei confronti della Consob e del mercato. La terza è in effetti un'opzione generica, in quanto include sia delle opzioni di trasparenza "in senso stretto" che delle opzioni di reporting.
Tutte le opzioni di trasparenza, attraverso la definizione di doveri di disclosure, mirano a ridurre i rischi di abuso di mercato e di instabilità connessi alla pratica delle vendite allo scoperto, permettendo comunque al mercato di beneficiare degli effetti positivi associati allo short selling. Inoltre, le opzioni di trasparenza "in senso stretto", come già specificato, attraverso la condivisione dei dati sulle vendite allo scoperto/posizioni corte con il mercato, sono volte a migliorare le informazioni a disposizione del mercato, al fine di incrementare l'efficienza informativa dei prezzi.
Nel caso delle vendite allo scoperto aggregate il soggetto destinatario degli obblighi di comunicazione è l'intermediario, mentre nel caso delle posizioni nette individuali significative è il detentore della posizione. Le informazioni sulle operazioni di prestito titoli dovrebbero invece essere comunicate dagli intermediari che hanno prestato i titoli.
Infine, sono presentate alcune opzioni regolamentari in materia di procedure di regolamento delle transazioni in valori mobiliari che, agendo sulle procedure di regolamento (durata dell'intervallo di regolamento, buy-in, etc.), sono volte a regolare il fenomeno delle mancate consegne nell'ambito del processo di liquidazione e conseguentemente le vendite allo scoperto non assistite dal prestito titoli.
Le opzioni oggetto di analisi si differenziano non solo per i benefici ad esse connessi, ma anche per i relativi costi. L'analisi che segue è volta ad individuare per ogni opzione regolamentare i relativi benefici e costi attesi, che sono valutati in relazione alla cd. "opzione zero", ovvero alla opzione regolamentare di non intervento, che, se implementata, riabiliterebbe di fatto il regime esistente prima dell'adozione da parte della Consob delle misure restrittive temporanee.
3.3.1 Opzioni regolamentari di divieto
1. Divieto di tutte le vendite allo scoperto (naked e covered)
Una possibile soluzione regolamentare consiste nell'imporre in via permanente il divieto su tutte le vendite allo scoperto, anche su quelle assistite dal prestito titoli.
L'adozione di una soluzione simile permetterebbe di annullare di fatto tutti gli effetti, sia positivi che negativi, associati alla pratica delle vendite allo scoperto. In particolare, è possibile individuare i seguenti benefici connessi a tale opzione regolamentare:
annullamento dei rischi di instabilità dei mercati connessi alla pratica delle vendite allo scoperto;
annullamento del rischio di abuso di mercato attraverso lo short selling;
azzeramento dei fail connessi alle vendite allo scoperto.
A fronte di questi benefici, l'opzione di divieto comporterebbe costi significativi, in termini di:
riduzione dell'efficienza informativa dei prezzi;
riduzione della liquidità e conseguente aumento dei costi di transazione;
riduzione dell'operatività sul mercato a pronti con trasferimento della stessa sul mercato dei derivati. Gli operatori di mercato, infatti, potrebbero aggirare il divieto e continuare a speculare sulla riduzione del prezzo dei titoli operando su strumenti derivati (ad esempio acquistando una opzione put o vendendo un future), riducendo quindi la propria operatività sul mercato a pronti e spostandola sul mercato dei derivati;
riduzione dell'operatività a livello domestico a vantaggio di mercati e operatori esteri. Il divieto potrebbe essere aggirato anche operando in mercati esteri dove il divieto non vige. Inoltre, gli operatori potrebbero decidere di utilizzare come broker intermediari finanziari non sottoposti alla vigilanza diretta dell'Autorità che ha imposto il divieto, preferendo intermediari residenti in altri paesi per i quali l'attività di enforcement è più difficile.
Ulteriori costi potrebbero essere quelli di compliance (set-up costs) che le imprese dovrebbero sostenere in una fase iniziale allo scopo di adeguarsi alla nuova regolamentazione (in particolare, costi di consolidamento dei sistemi informatici e delle procedure già esistenti). Infine, vanno considerati i costi opportunità, ovvero i costi in termini di profitti persi a causa della riduzione dell'attività di trading (foregone profits).
Infine, questa opzione comporterebbe anche costi diretti per la Consob, legati all'attività di monitoring e di enforcement.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Alla luce dell'analisi condotta nella prima parte del position paper in relazione agli effetti delle vendite allo scoperto individuati dagli studi empirici esaminati, si ritiene che i benefici derivanti dall'opzione regolamentare di divieto di vendite allo scoperto non siano tali da compensare i relativi costi.
Infatti, la letteratura empirica sul tema conferma l'esistenza di effetti positivi connessi allo short selling, in termini di una migliore efficienza informativa dei prezzi e di maggiore liquidità, mentre è più confusa (o silente) rispetto alla significatività degli effetti negativi associati a tale pratica.
In particolare, per quanto riguarda il rischio di instabilità dei mercati, dai dati empirici non emergono indicazioni chiare sugli effetti delle vendite allo scoperto sulla volatilità dei rendimenti dei titoli: mentre alcuni studi mostrano che le vendite allo scoperto riducono la volatilità dei rendimenti dei titoli azionari, altri evidenziano l'effetto contrario. Tuttavia, gli studi che evidenziano una riduzione della volatilità in circostanze di divieto delle vendite allo scoperto, al contrario degli studi che evidenziano l'effetto contrario, si basano esclusivamente su dati infra giornalieri. Anche per quanto riguarda il rischio di abuso di mercato, la letteratura economica non offre indicazioni precise, se non con riferimento a operazioni "particolari", quali gli aumenti di capitale.
Alla luce di queste considerazioni, sembra che l'imposizione di un divieto si tradurrebbe in una sicura perdita in termini di liquidità e di capacità informativa dei prezzi e nella realizzazione di benefici non chiaramente "accertati". Certamente, un beneficio sostanziale si otterrebbe in relazione all'azzeramento del rischio di regolamento connesso alle vendite allo scoperto. Tuttavia, tale risultato non sembra giustificare l'imposizione di un provvedimento restrittivo come il divieto permanente su tutte le vendite allo scoperto.
Alla luce dei benefici e dei costi potenzialmente associati alla presente opzione regolamentare, si ritiene preferibile non procedere alla sua adozione.
2. Divieto delle sole vendite allo scoperto naked
Questa opzione regolamentare consiste nell'imporre un divieto su tutte le vendite allo scoperto non assistite dal prestito titoli al momento dell'ordine (naked short sales).
L'adozione di questa soluzione permetterebbe di limitare i rischi associati allo short selling senza per questo rinunciare del tutto ai relativi benefici. In particolare, il divieto di vendite allo scoperto naked porterebbe a:
una riduzione del rischio di instabilità dei mercati connesso alla pratica delle vendite allo scoperto;
una riduzione del rischio di abuso di mercato attraverso lo short selling;
l'azzeramento dei fail connessi alle vendite allo scoperto.
Come già evidenziato precedentemente, sia il rischio di instabilità (la cui esistenza è comunque messa in discussione dalla letteratura empirica sul tema) che quello di abuso di mercato potrebbero essere più marcati per le vendite allo scoperto non assistite dal prestito titoli, poiché queste possono essere più rapide e più consistenti delle vendite covered. Infatti, in caso di covered short selling, la richiesta di copertura potrebbe limitare sia la velocità dell'operazione (data la necessità di coprirsi) che la sua consistenza (limitata dalla capacità di prendere a prestito i titoli)(22). Inoltre, solo le vendite non assistite dal prestito dei titoli comportano un rischio di regolamento, assente invece nelle covered short sales. Un divieto sulle naked short sales opererebbe quindi in maniera selettiva, vietando proprio le operazioni di vendita allo scoperto potenzialmente più rischiose.
Questa soluzione regolamentare presenta tuttavia gli stessi svantaggi dell'opzione di divieto su tutte le vendite allo scoperto, anche se in misura più limitata:
riduzione dell'efficienza informativa dei prezzi;
riduzione della liquidità e conseguente aumento dei costi di transazione;
riduzione dell'operatività sul mercato a pronti con trasferimento della stessa sul mercato dei derivati;
riduzione dell'operatività a livello domestico a vantaggio di mercati e operatori esteri.
Anche in questo caso, ulteriori costi potrebbero essere quelli di compliance (set-up costs) che le imprese dovrebbero sostenere in una fase iniziale al fine di consolidare i propri sistemi informatici nel rispetto della nuova regolamentazione; tali costi sono probabilmente superiori rispetto ai costi di compliance associati alla precedente opzione, poiché il rispetto del divieto di effettuare naked short sales richiede l'adozione di sistemi di controllo più complessi, atti a verificare la presenza di un prestito corrispondente ad ogni posizione corta detenuta.
Sono infine presenti costi opportunità (foregone profits), anche se in misura minore rispetto al caso precedente, e i costi che la Consob dovrebbe sostenere per svolgere un'efficace attività di monitoring e di enforcement.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Si ritiene che l'opzione in oggetto presenti, nel complesso, minori costi rispetto alla soluzione di divieto su tutte le short sales, poiché la possibilità di effettuare covered short sales permette comunque al mercato di beneficiare degli effetti positivi connessi alle vendite allo scoperto, in termini di efficienza informativa dei prezzi e di liquidità (anche se in misura minore rispetto ad un regime in cui non vi sono divieti).
Per quanto riguarda i benefici derivanti dall'imposizione di un tale divieto, vale tuttavia quanto già detto con riferimento all'opzione precedente in merito alla loro dubbia esistenza.
Alla luce dei benefici e dei costi potenzialmente associati alla presente opzione regolamentare, si ritiene preferibile non procedere alla sua adozione.
3. Divieto di vendite allo scoperto in situazioni di mercato eccezionali
Un'ulteriore opzione regolamentare che la Consob intende valutare consiste nel riservarsi la facoltà di intervenire con misure di divieto sulle vendite allo scoperto in situazioni di mercato eccezionali. Infatti, in situazioni di mercato eccezionali, come quella verificatasi nel periodo successivo alla dichiarazione di insolvenza di Lehman Brothers, può rendersi necessaria una regolamentazione diversa da quella ordinaria, che potrebbe risultare eccessivamente lasca.
Questa opzione regolamentare ha il pregio di permettere al mercato di avvantaggiarsi, in condizioni normali, dei benefici delle vendite allo scoperto, sia in termini di efficienza informativa dei prezzi che di liquidità. D'altro canto, essa permette di ridurre i rischi associati alle vendite allo scoperto proprio quando essi sono più marcati, ovvero in condizioni di mercato di forte turbolenza e incertezza.
A fronte di questi benefici, i potenziali costi associati a tale opzione sono legati sia alla discrezionalità che l'Autorità di vigilanza ha nell'individuare le situazioni di mercato eccezionali in cui è necessario intervenire, sia ai costi (iniziali e on-going) che gli operatori di mercato devono sostenere per adeguarsi a mutamenti nella regolamentazione non facilmente prevedibili.
Poiché questa opzione regolamentare opera solo in circostanze eccezionali, e non in via continuativa, è chiaro che essa non è alternativa alle altre opzioni regolamentari di divieto, eccezion fatta per l'opzione 1 che postula, come detto, un divieto permanente su tutte le vendite allo scoperto (sia covered che naked).
Ipotesi di lavoro CONSOB:
La rassegna della letteratura sugli effetti positivi e negativi delle vendite allo scoperto ha evidenziato che i benefici connessi a tale pratica sono rilevanti ed empiricamente dimostrabili. Al contrario, incertezze permangono sull'entità delle conseguenze negative associate a tale pratica. Sembra comunque emergere la convinzione che i rischi derivanti dallo short selling siano rilevanti in condizioni di mercato eccezionali: ad esempio, il rischio di instabilità dei mercati è sicuramente maggiore in situazioni di particolare tensione, dove le vendite allo scoperto, generando fenomeni di panico e disorientando gli operatori, possono contribuire ad esasperare il trend ribassista del mercato; anche il rischio di abuso di mercato sembra essere più marcato in corrispondenza di circostanze eccezionali (ad esempio, crisi di liquidità).
Poiché i benefici netti associati a tale opzione appaiono essere strettamente positivi, si ritiene opportuno che la Consob si riservi il potere di intervenire in condizioni di mercato eccezionali.
4. Divieto di vendite allo scoperto di azioni di società oggetto di aumenti di capitale
Un'ulteriore opzione regolamentare che si intende valutare consiste nel limitare il divieto di vendite allo scoperto a determinate operazioni, come quelle di aumento di capitale(23).
Questa opzione regolamentare, come la precedente, ha il pregio di permettere al mercato di avvantaggiarsi dei benefici delle vendite allo scoperto, sia in termini di efficienza informativa dei prezzi che di liquidità, in tutte le circostanze in cui il divieto non si applica. D'altro canto, essa permette di ridurre i rischi associati alle vendite allo scoperto in corrispondenza di operazioni particolarmente esposte a tali rischi. L'analisi degli effetti delle vendite allo scoperto ha infatti evidenziato che imprese che procedono ad aumenti di capitale possono essere particolarmente vulnerabili alle vendite allo scoperto, se queste vengono utilizzate con finalità puramente manipolative.
Tuttavia, si è consapevoli del fatto che le vendite allo scoperto di azioni di società oggetto di aumento di capitale potrebbero, in condizioni normali, consentire una maggiore efficienza nella formazione dei prezzi, sia delle azioni che dei diritti di opzione relativi all'aumento stesso. Infatti, la possibilità di porre in essere operazioni di arbitraggio attraverso la vendita di azioni ed il contestuale acquisto dei diritti corrispondenti, in ipotesi che le azioni siano sopravvalutate o che i diritti di opzione siano sottovalutati, consente il riallineamento dei valori e, quindi, una riduzione delle distorsioni nella dinamica dei prezzi. Alla luce di tali considerazioni, si potrebbe ipotizzare di vietare esclusivamente le vendite naked, lasciando la possibilità di porre in essere vendite covered(24).
Sul fronte dei costi, l'adozione di questa opzione comporta il sostenimento di costi (iniziali e on-going) da parte degli operatori di mercato.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Si ritiene che i benefici associati a tale opzione siano superiori ai relativi costi. Tale soluzione permetterebbe infatti di ridurre il rischio di abuso di mercato connesso alla pratica delle vendite allo scoperto in circostanze in cui lo stesso sembra essere particolarmente rilevante, permettendo comunque al mercato di beneficiare normalmente degli effetti positivi derivanti dallo short selling.
Poiché i benefici netti associati a tale opzione appaiono essere strettamente positivi, si ritiene opportuno procedere all'adozione di un'opzione regolamentare di divieto delle vendite allo scoperto naked in relazione a determinate operazioni, come quelle di aumento di capitale.
5. Tick rule
La tick rule è un meccanismo volto ad evitare che le vendite allo scoperto avvengano in fasi di mercato discendenti. La tick rule stabilisce che un titolo può essere venduto allo scoperto solamente 1) ad un prezzo maggiore del prezzo a cui è avvenuta la vendita immediatamente precedente (plus tick) o; 2) all'ultimo prezzo di vendita, se esso è maggiore dell'ultimo differente prezzo a cui il titolo è stato venduto (zero plus tick)(25). Questa regola evita quindi che le vendite allo scoperto avvengano quando i prezzi dei titoli sono in fase discendente, allo scopo di sfruttare condizioni di mercato negative ed esasperare il processo di riduzione delle quotazioni.
L'implementazione di un sistema in cui vige la tick rule è particolarmente complessa e richiede l'intervento di più tipologie di operatori (vedi sotto). È necessario infatti che gli ordini di vendita allo scoperto siano contrassegnati come tali all'atto della loro immissione (implementazione del cd. flagging regime); in questo modo è possibile individuare gli ordini di vendita da bloccare quando le condizioni di mercato non permettono la loro esecuzione.
L'imposizione della tick rule può evitare che le vendite allo scoperto siano utilizzate per accelerare un processo di crollo delle quotazioni dei titoli in corso, creando maggiore disordine nei mercati, e può contribuire a ridurre i casi di utilizzo delle short sales con finalità manipolative.
D'altro canto, l'adozione della tick rule comporta una riduzione dell'attività di short selling, con effetti negativi sulla liquidità del mercato e sull'efficienza informativa dei prezzi, e con il sostenimento, anche in questo caso, di costi opportunità (foregone profits) da parte degli operatori.
Inoltre l'adozione di questa opzione regolamentare comporta il sostenimento di costi di compliance (set-up costs) molto elevati per:
i venditori, che devono essere in grado di identificare le vendite allo scoperto;
gli intermediari, che devono modificare i propri sistemi informatici per permettere il corretto funzionamento del regime di flagging e per bloccare gli ordini che non possono essere eseguiti in base alla tick rule.
Oltre ai costi di compliance iniziali, bisogna considerare anche quelli che in via continuativa (on-going costs) gli operatori di mercato devono sostenere per monitorare e permettere il corretto funzionamento del sistema.
Inoltre, un costo particolarmente rilevante connesso all'applicazione della tick rule è legato alla possibilità che gli operatori hanno di eludere la sua applicazione, operando in mercati dove la regola non vige. La mancata concentrazione degli scambi potrebbe quindi rendere la regola, di fatto, inefficace.
Oltre ai costi finora evidenziati, vanno anche considerati i costi che la Consob dovrebbe sostenere per svolgere un'efficace attività di monitoring e di enforcement.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Dall'analisi precedente emerge che i benefici principali connessi all'adozione della tick rule sono legati alla possibilità di ridurre i rischi di instabilità e di abuso di mercato connessi alle vendite allo scoperto. Tuttavia, considerando i risultati dello studio pilota realizzato dalla SEC nel periodo 2005-2007, a seguito del quale la regola è stata abolita, permangono dubbi sulla capacità della tick rule di realizzare gli obiettivi che le sono assegnati(26).
Per ciò che concerne i costi, questa soluzione regolamentare sembra essere caratterizzata da costi di implementazione particolarmente elevati.
Considerato che i benefici potenzialmente connessi a tale opzione sono vanificati in un contesto non armonizzato e alla luce degli elevati costi connessi alla sua implementazione, allo stato attuale si ritiene preferibile non procedere all'adozione di tale opzione regolamentare.
3.3.2 Opzioni regolamentari di trasparenza
1. Opzioni di trasparenza "in senso stretto"
a. Trasparenza sulle vendite allo scoperto aggregate
Attraverso questa soluzione regolamentare si rendono pubbliche le informazioni relative all'entità delle vendite allo scoperto aggregate per ogni titolo. Affinché ciò sia possibile è necessaria l'adozione di un regime di flagging, così come per la tick rule, in modo che ogni ordine di vendita corrispondente ad una vendita allo scoperto sia contrassegnato come tale. L'intermediario, a sua volta, comunica le informazioni ad un altro operatore (un soggetto all'uopo predisposto o la stessa Autorità di vigilanza) che svolge le operazioni di aggregazione e rende pubbliche le informazioni.
Il principale beneficio legato a tale soluzione consiste nella riduzione delle asimmetrie informative tra investitori informed e uninformed: pubblicando i dati sulle vendite allo scoperto presenti su ogni titolo, il mercato può comprendere fino a che punto siano le vendite allo scoperto o le vendite ordinarie a determinare la riduzione delle quotazioni di un titolo.
Nell'ipotesi in cui l'aggregazione sia effettuata dall'Autorità di vigilanza, l'informazione sulle vendite allo scoperto potrebbe favorire l'individuazione di casi di manipolazioni di mercato.
A fronte dei benefici menzionati, i costi legati all'adozione di questa opzione regolamentare sono diversi:
gli studi empirici sugli effetti della trasparenza mostrano che l'annuncio di vendite allo scoperto su un titolo è interpretato come un segnale negativo dal mercato, che reagisce vendendo il titolo e accentuando la riduzione della sua quotazione. Tuttavia, l'interpretazione delle vendite allo scoperto come segnale ribassista non sempre è corretta poiché gli operatori possono vendere allo scoperto non solo perché ritengono che il titolo sia sopravvalutato o perché sono in possesso di notizie negative, ma anche per mere finalità di copertura. Pertanto, l'informazione sulle vendite allo scoperto aggregate presenti su un titolo può essere misleading e determinare reazioni da parte del mercato eccessivamente negative, in grado di alterare il corretto funzionamento del processo di price discovery e causare forti riduzioni nelle quotazioni. Inoltre, la presenza di siffatte reazioni da parte del mercato potrebbe incentivare attività di tipo speculativo o di abuso di mercato da parte dei venditori, che potrebbero sfruttare a loro vantaggio le conseguenze in termini di riduzione delle quotazioni derivanti dalle reazioni del mercato agli annunci;
l'adozione di un regime di flagging così configurato, non consentendo di monitorare la fase di chiusura delle posizioni ribassiste, potrebbe determinare una sovrastima in merito alle presunte pressioni ribassiste. Tale criticità potrebbe essere ridotta dalla previsione di un regime di flagging simmetrico per gli acquisti effettuati per "ricoprire" le posizioni scoperte. D'altro canto, anche tali informazioni potrebbero risultare misleading poiché gli operatori potrebbero assicurarsi, in seguito, la copertura delle posizioni scoperte anche non operando sui mercati, ad esempio attraverso strumenti finanziari derivati;
l'adozione di un tale regime di trasparenza richiede il sostenimento di costi notevoli, sia da parte degli operatori di mercato che da parte della Consob:
costi iniziali (set-up costs) per l'implementazione del regime di flagging, da parte dei venditori (che devono individuare le vendite che corrispondono a vendite allo scoperto), degli intermediari (costi di modifica dei sistemi informatici) e da parte del soggetto che procede all'aggregazione finale dei dati e alla loro diffusione al mercato;
costi continuativi (on-going costs) per il monitoraggio e l'aggiornamento del sistema;
costi per la Consob di monitoraggio e di enforcement;
le informazioni che si ottengono attraverso l'adozione di un regime di flagging possono essere imprecise, a causa della complessità del sistema e della difficoltà di monitorare la correttezza dei dati forniti. Pertanto, nel valutare questa opzione regolamentare, vanno considerati anche i costi legati all'imprecisione delle informazioni oggetto di disclosure;
gli operatori potrebbero eludere la regolamentazione di trasparenza, operando su mercati dove non vi sono obblighi di disclosure;
in generale, occorre attentamente valutare gli effetti che la previsione di un regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto aggregate potrebbe avere sul livello complessivo di operazioni di short-selling realizzate sul mercato. La trasparenza potrebbe infatti ridurre gli incentivi degli operatori a realizzare tale attività, con possibili effetti negativi sull'efficienza dei meccanismi di price discovery e di arbitraggio.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Il regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto aggregate presenta costi di compliance rilevanti per gli operatori di mercato e per la Consob. A fronte di tali costi, il suddetto regime presenta il beneficio di dare informazioni al mercato sulle vendite allo scoperto. Tuttavia, per quanto detto in precedenza, gli effetti positivi di un regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto sono probabilmente compensati da possibili eccessi di reazione da parte del mercato.
Alla luce dei costi e dei benefici potenzialmente associati a questa opzione regolamentare, si ritiene preferibile non procedere alla sua adozione.
b. Trasparenza sulle posizioni corte nette individuali significative
Un regime di trasparenza alternativo al precedente consiste nell'introduzione di obblighi di trasparenza sulle posizioni corte nette(27) (o semplicemente, salvo indicazione contraria, posizioni corte) che il singolo operatore detiene su ogni titolo quando superano determinate soglie prestabilite dall'Autorità di vigilanza. Differentemente dalla precedente opzione, l'implementazione di tale soluzione non richiede l'adozione di un regime di flagging. È necessario invece che gli operatori di mercato modifichino i propri sistemi informatici al fine di monitorare costantemente l'entità delle posizioni nette che detengono su ogni titolo e rispettare quindi gli obblighi di comunicazione delle posizioni significative.
L'Autorità di vigilanza stabilisce una soglia iniziale di disclosure ed eventualmente soglie successive a quella iniziale, con obblighi di comunicazione che scattano anche quando l'entità della posizione corta netta ritorna ad essere inferiore ai valori soglia precedentemente superati.
La definizione della soglia di disclosure iniziale è particolarmente rilevante: una soglia troppo bassa potrebbe generare un numero eccessivo di comunicazioni dagli operatori al mercato, molte delle quali prive di valenza segnaletica. Diversamente, una soglia troppo alta potrebbe selezionare pochissime informazioni, e tralasciare informazioni invece rilevanti.
Anche le eventuali soglie successive di comunicazione devono essere scelte in modo tale da individuare significativi cambiamenti della posizione corta di un soggetto.
I benefici connessi a tale opzione sono diversi. Ipotizzando che la presenza di posizioni corte su un titolo sia un segnale di sopravvalutazione e che il mercato agisca coerentemente con tale segnale, allora la condivisione delle informazioni sulle posizioni corte con tutto il mercato potrebbe migliorare l'efficienza informativa dei prezzi. A tale proposito, il principale vantaggio connesso a tale opzione dipende dalla migliore capacità segnaletica della posizione corta netta rispetto alla semplice vendita allo scoperto, dato che la prima non comprende le posizioni corte detenute per finalità di hedging. In questo modo è possibile fornire al mercato un'informazione meno fuorviante, con minori rischi di interpretazioni errate.
La trasparenza sulle posizioni corte significative potrebbe inoltre permettere all'Autorità di vigilanza di individuare più facilmente eventuali strategie manipolative volte ad indurre, in maniera artificiosa, trend ribassisti, da parte di coloro che hanno posizioni nette corte rilevanti su un titolo.
A fronte di tali benefici, l'opzione in esame presenta dei costi rilevanti:
come già evidenziato precedentemente, un regime di trasparenza può generare una reazione eccessiva da parte del mercato, che può manifestarsi attraverso massicci ordini di vendita sul titolo che si ritiene sopravvalutato; a sua volta, questa circostanza può incentivare comportamenti opportunistici da parte dei venditori, che potrebbero avvantaggiarsi della riduzione delle quotazioni conseguente all'annuncio. Inoltre, la comunicazione dei nominativi dei soggetti detentori di posizioni corte può determinare un ulteriore effetto, il cd. "herding effect". In breve, se il nominativo del detentore della posizione corrisponde a quello di un soggetto di rilievo, che si ritiene in possesso di informazioni significative, allora il mercato potrebbe porre in essere comportamenti imitativi generalizzati, vendendo il titolo e contribuendo ad una significativa riduzione delle quotazioni;
la comunicazione dei nominativi al mercato di fatto rende note le strategie di coloro che detengono posizioni corte, esponendoli a comportamenti opportunistici da parte degli operatori concorrenti, ad esempio nel momento in cui devono essere acquistati i titoli necessari a chiudere la posizione corta. Per evitare simili conseguenze gli operatori potrebbero scegliere di detenere posizioni corte solo per valori inferiori al valore della soglia, in modo da sottrarsi agli obblighi di comunicazione. In questa circostanza, la trasparenza si tramuterebbe di fatto in un divieto per tutte quelle operazioni che rendono la soglia di trasparenza binding, con costi significativi sia per il mercato, in termini di efficienza informativa dei prezzi e di liquidità, che per gli operatori stessi, in termini di foregone profits. Cruciale appare quindi la definizione di adeguate soglie di comunicazione. La scelta di una soglia eccessivamente bassa potrebbe rendere lo scenario prospettato molto verosimile, mentre la definizione di una soglia eccessivamente alta potrebbe di fatto rivelarsi inefficace perché troppo selettiva;
anche rispetto a questa opzione regolamentare emerge il rischio che le informazioni fornite dagli operatori siano poco accurate, sia a causa della difficoltà per soggetti di dimensioni elevate di calcolare la posizione netta corta complessiva, sia per le difficoltà da parte dell'Autorità di vigilanza di verificare la correttezza delle informazioni fornite. Si ritiene tuttavia che questo rischio sia inferiore rispetto al regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto aggregate. Infatti, il regime di trasparenza in oggetto non richiede che le informazioni siano fornite in maniera continuativa, ogni qual volta si immette un ordine di vendita, ma solo al superamento di determinate soglie. Ciò dovrebbe rendere più accurato il calcolo della posizione corta;
vanno inoltre considerati i costi di compliance che gli operatori devono sostenere sia in una fase iniziale per predisporre adeguati sistemi informatici capaci di calcolare correttamente la posizione corta netta, sia in via continuativa, per rispettare nel tempo gli obblighi di comunicazione. Si ritiene comunque che tali costi siano inferiori ai costi di compliance associati al regime di trasparenza sulle vendite allo scoperto aggregate;
vi sono i costi di monitoring e di enforcement che la stessa Consob deve sostenere per garantire la corretta applicazione delle regole di trasparenza.
anche per questa opzione, come per quella precedente, occorre attentamente valutare gli effetti sul livello complessivo di operazioni di short-selling realizzate sul mercato. La trasparenza sulle posizioni nette individuali potrebbe infatti rendere ancora più significativa la riduzione degli incentivi degli operatori a realizzare tale attività e, conseguentemente, amplificare i possibili effetti negativi sull'efficienza dei meccanismi di price discovery e di arbitraggio.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
I benefici attesi dalla presente opzione regolamentare sono legati alla condivisione delle informazioni sulle posizioni corte con il mercato e alla possibilità per la Consob di individuare più facilmente eventuali casi di abuso di mercato connessi alla detenzione di posizioni corte.
L'opzione regolamentare in oggetto presenta probabilmente minori costi di compliance, rispetto all'opzione di trasparenza delle vendite allo scoperto aggregate, non richiedendo agli operatori la predisposizione di un regime di flagging. Infatti, essa impone il sostenimento di costi solo ai detentori delle posizioni corte e non anche agli intermediari e al soggetto con funzioni di aggregazione delle informazioni.
Costi incrementali, rispetto all'opzione di trasparenza delle vendite allo scoperto aggregate, derivano invece dall'imposizione di un regime di trasparenza dei nominativi dei detentori di posizioni corte. Infatti, se, come già osservato, la trasparenza può avere conseguenze indesiderate, la disclosure dei nominativi dei detentori di posizioni corte può, da una parte, acuire l'entità di queste reazioni, soprattutto se i nominativi dei detentori di posizioni corte corrispondono a operatori di rilievo, e, dall'altra, può tradursi di fatto in un divieto di short selling per posizioni superiori alla soglia di rilevanza.
In relazione alla presente opzione regolamentare, si rimanda all'ipotesi di lavoro CONSOB relativa alle opzioni di trasparenza complessivamente considerate (p. 30).
2. Opzione di reporting alla Consob delle posizioni corte nette individuali significative
Questa proposta regolamentare si differenzia dall'opzione di trasparenza sulle posizioni corte nette individuali significative per il diverso soggetto destinatario delle comunicazioni, non più il mercato bensì la Consob.
Valgono quindi le considerazioni precedenti in relazione ai costi e ai benefici attesi, con le seguenti eccezioni:
per quanto concerne i benefici, viene meno quello della condivisione con il mercato delle informazioni sulle posizioni corte;
con riferimento ai costi, vengono meno sia quelli della trasparenza in generale (rischio di reazioni eccessive da parte del mercato agli annunci, con possibili comportamenti opportunistici da parte degli operatori consapevoli delle reazioni del mercato), sia i costi della trasparenza dei nominativi dei detentori di posizioni corte (herding effect, costi legati alla riduzione dell'attività di short selling).
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Il reporting all'Autorità delle posizioni corte nette individuali superiori ad una certa soglia può permettere alla Consob di individuare più facilmente eventuali strategie manipolative volte ad indurre, in maniera artificiosa, trend ribassisti, da parte di coloro che hanno posizioni nette corte rilevanti su un titolo.
Il reporting alla sola Autorità di vigilanza e non anche al mercato ha però lo svantaggio di non permettere un'ampia diffusione delle informazioni sulle posizioni corte, con potenziali conseguenze negative in termini di efficienza informativa dei prezzi. Tuttavia, come già osservato, allo stato attuale delle conoscenze, gli effetti positivi di un regime di trasparenza delle posizioni corte nette individuali sono probabilmente inferiori agli effetti negativi.
In relazione alla presente opzione regolamentare, si rimanda all'ipotesi di lavoro CONSOB relativa alle opzioni di trasparenza complessivamente considerate (p. 30).
3. Opzioni miste di reporting e di trasparenza "in senso stretto"
a. Reporting alla Consob delle posizioni corte nette individuali significative e comunicazione al mercato dei dati aggregati
Il regime di reporting delle posizioni corte nette significative potrebbe essere integrato con un regime di trasparenza "in senso stretto", attraverso la previsione di obblighi di comunicazione da parte della Consob al mercato delle informazioni aggregate sulle posizioni corte nette presenti su ogni titolo.
La Consob quindi, ricevuti i dati sulle posizioni corte nette significative di ogni operatore, procederebbe alla loro aggregazione, in modo da comunicare al mercato dati aggregati, senza svelare i nomi di coloro che detengono posizioni corte rilevanti.
Questa opzione presenta benefici e costi in linea con la precedente, con alcune eccezioni:
la comunicazione al mercato dei dati aggregati sulle posizioni corte nette significative consentirebbe agli operatori di ottenere informazioni utili, con potenziali effetti positivi sull'efficienza informativa dei prezzi;
come già evidenziato per gli altri regimi di trasparenza "in senso stretto", la comunicazione delle posizioni corte potrebbe generare reazioni eccessivamente negative da parte del mercato;
questa opzione presenta costi elevati per la Consob, che si configura come il soggetto destinatario degli obblighi di comunicazione al mercato;
particolarmente rilevante è la scelta del momento in cui la Consob deve rendere pubbliche le informazioni aggregate. Informazioni fornite con ritardo potrebbero essere prive di qualsiasi valore segnaletico o perfino misleading.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
In relazione alla presente opzione regolamentare, si rimanda all'ipotesi di lavoro CONSOB relativa alle opzioni di trasparenza complessivamente considerate (p. 30).
b. Reporting alla Consob e comunicazione al mercato delle posizioni corte nette individuali significative, con previsione di soglie diverse
L'opzione in oggetto individua un sistema di disclosure "a due livelli": essa prevede obblighi di comunicazione delle posizioni corte nette individuali significative sia alla Consob che al mercato, stabilendo però che tali obblighi sorgano al superamento di soglie diverse.
In particolare, si prevede una soglia iniziale (ed eventuali soglie successive) più bassa per gli obblighi di reporting alla Consob e una soglia iniziale (ed eventuali soglie successive) più elevata per gli obblighi di trasparenza "in senso stretto".
La previsione di una soglia relativamente bassa per la comunicazione alla Consob permetterebbe all'Autorità di vigilanza di individuare con più facilità eventuali strategie manipolative volte ad indurre, in maniera artificiosa, trend ribassisti, da parte di coloro che hanno posizioni nette corte rilevanti su un titolo. Al contempo, attraverso la definizione di una soglia elevata per gli obblighi di trasparenza, il mercato riceverebbe solo quelle informazioni corrispondenti a posizioni corte nette molto significative, dotate probabilmente di una maggiore valenza segnaletica. Inoltre, limitando il numero di comunicazioni al mercato, relativamente a quelle inviate all'Autorità di vigilanza, si potrebbero contenere i probabili effetti negativi connessi ad un regime di trasparenza e alla disclosure al mercato dei nominativi dei detentori delle posizioni corte.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
In relazione alla presente opzione regolamentare, si rimanda all'ipotesi di lavoro CONSOB relativa alle opzioni di trasparenza complessivamente considerate (p. 30).
c. Trasparenza/Reporting sull'attività di prestito titoli
Un approccio alternativo a quello della trasparenza o del reporting delle vendite allo scoperto o delle posizioni corte consiste nella comunicazione delle operazioni di prestito titoli o delle posizioni in essere relative a titoli presi a prestito. La conoscenza da parte del mercato o dell'Autorità delle operazioni di prestito titoli o delle posizioni in essere relative a titoli presi a prestito potrebbe essere utilizzata quale proxy dell'attività di vendita allo scoperto.
In linea teorica, un regime di trasparenza o di reporting sull'attività di prestito titoli può ricalcare le opzioni regolamentari analizzate in relazione alle vendite allo scoperto o alle posizioni corte. In concreto, si potrebbero dunque immaginare le seguenti opzioni regolamentari:
Trasparenza delle operazioni di prestito titoli aggregate;
Trasparenza delle posizioni individuali significative relative a titoli presi a prestito;
-
Reporting alla Consob delle posizioni individuali relative a titoli presi a prestito;
-
Reporting alla Consob delle posizioni individuali relative a titoli presi a prestito e comunicazione al mercato dei dati aggregati.
Tali opzioni, tuttavia, pur nella loro diversità, potrebbero risultare non pienamente efficaci per i seguenti motivi:
gli operatori accedono al prestito titoli per motivi diversi e non necessariamente al fine di assicurarsi la copertura delle vendite allo scoperto; per tale motivo le informazioni relative all'attività di prestito titoli potrebbero fornire segnali non sempre coerenti con l'effettiva pressione ribassista del mercato;
le informazioni sull'attività di prestito titoli consentono di valutare compiutamente solo le vendite allo scoperto covered, ma non sono efficaci al fine di monitorare gli aspetti patologici potenzialmente connessi alle vendite naked.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Le informazioni sull'attività di prestito titoli rappresentano uno strumento, non sempre efficace, di monitoraggio delle sole vendite allo scoperto covered, e non consentono alcuna valutazione in merito alle vendite allo scoperto naked.
Alla luce dei benefici e dei costi potenzialmente associati alla presente opzione regolamentare, si ritiene preferibile non procedere alla sua adozione.
* * *
Al di là delle considerazioni svolte in relazione a ciascuna opzione regolamentare, si ritiene opportuno presentare un'ipotesi di lavoro CONSOB relativa alle opzioni di trasparenza complessivamente considerate.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Allo stato attuale delle conoscenze, l'opzione di reporting alla Consob delle posizioni corte nette individuali significative appare preferibile rispetto alle opzioni di trasparenza "in senso stretto". Tuttavia, alla luce delle considerazioni finora fatte, si ritiene che tali opzioni regolamentari potranno essere valutate con più precisione nel corso del tempo. Infatti, tenendo conto delle incertezze associate agli effetti di un regime di trasparenza "in senso stretto" sul comportamento degli operatori, una migliore conoscenza del fenomeno dello short selling, attraverso l'analisi dei dati comunicati alla Consob da parte degli operatori, qualora l'opzione di reporting fosse effettivamente implementata, potrà essere essenziale al fine di individuare il set informativo ottimale relativamente alle posizioni corte detenute dagli operatori da rendere eventualmente note al mercato.
Alla luce dei benefici e dei costi potenziali, si ritiene auspicabile l'adozione dell'opzione di reporting alla Consob delle posizioni corte nette individuali significative.
3.3.3 Opzioni regolamentari in materia di procedure di regolamento
Come indicato in precedenza, alcuni dei costi attribuiti alle vendite allo scoperto, in particolare alle vendite non supportate da prestito titoli (naked), dipendono in modo sostanziale dalle procedure di regolamento. Ciò in quanto tali procedure possono determinare il giorno ultimo entro il quale i titoli venduti allo scoperto debbono essere consegnati e, all'interno di tale intervallo, le variabili che influenzano la decisione degli operatori di consegnare i titoli venduti.
Specificatamente, gli elementi che rilevano nell'ambito delle procedure di regolamento sono i seguenti:
la durata dell'intervallo di regolamento;
1. l'esistenza e la natura di procedure di consegna forzosa dei titoli (cosiddetto buy-in);
2. l'esistenza e l'ammontare di penali legate al mancato regolamento delle transazioni;
3. l'ammontare dei margini richiesti dalla controparte centrale in relazione alle transazioni non regolate successivamente alla data di regolamento contrattualmente prevista; e infine
4. il periodo intercorrente tra la data di regolamento contrattualmente prevista e l'attuazione del buy-in.
Relativamente alle transazioni in titoli azionari eseguite sui mercati regolamentati e sui sistemi multilaterali di negoziazione (transazioni di mercato), l'intervallo di regolamento contrattualmente previsto (intervallo di regolamento) è, nella maggior parte dei casi, di tre giorni (le uniche eccezioni rilevanti sono i mercati tedeschi per i quali l'intervallo di regolamento è di due giorni). In considerazione di ciò, ossia stante che l'intervallo di regolamento è già sufficientemente breve, gli elementi indicati ai punti da 2 a 5 meritano relativamente maggiore attenzione. Nel proseguo si da contezza in primo luogo dei punti 2 e 5, relativi alle procedure di buy-in, e a seguire dei punti 3 e 4, relativi alle penali e ai margini applicati ai fail.
Il buy-in essenzialmente consiste nell'acquisto sul mercato, da parte di un soggetto terzo e a spese della controparte in fail, dei titoli oggetto di transazioni non regolate alla data di regolamento contrattualmente prevista e nella relativa consegna alla controparte in bonis. Giova sottolineare che l'acquisto dei titoli è fatto a spese della controparte in fail; ciò è vero con riferimento sia ai costi di gestione della procedura che, soprattutto, all'eventuale differenza positiva tra il prezzo di acquisto e il prezzo originariamente pattuito pagato dalla controparte in bonis.
Al contrario, se dalla procedura si dovesse ricavare un guadagno – ossia, il prezzo originariamente pattuito è superiore al prezzo di acquisto e tale da, considerato il numero di titoli in questione, più che compensare i costi di gestione – questo potrebbe non essere attribuito alla controparte in fail. Qualora, effettivamente, l'eventuale guadagno derivante dalla procedura di buy-in non sia attribuito alla controparte in fail, gli operatori, incluso eventuali soggetti che operano allo scoperto, non avrebbero alcun interesse ad essere assoggettati ad una procedura di buy-in e dunque sarebbero incentivati a soddisfare i propri obblighi di consegna in tempo utile. In sostanza, nel caso in cui il guadagno non sia attribuito alla controparte in fail, l'avvio del buy-in nei confronti di un operatore, e la conseguente chiusura forzata delle sue posizioni al ribasso, implica la possibilità di sostenere delle perdite ma non la possibilità di realizzare dei guadagni.
Un primo elemento discriminante, dunque, è relativo all'esistenza o meno della procedura di buy-in. Infatti, in assenza di una tale procedura non è possibile determinare un termine ultimo entro il quale i titoli venduti debbono essere consegnati in base a procedure normali di mercato. Se una procedura di buy-in esiste, rileva in primo luogo il numero di giorni successivi alla data di regolamento contrattualmente prevista al passare dei quali scatta l'acquisto e la consegna alla controparte in bonis. Un numero di giorni eccessivamente lungo rende possibile la chiusura delle posizioni prima dell'avvio del buy-in. Inoltre, rileva la natura della procedura di buy-in. In tale ambito occorre valutare se la procedura di buy-in sia una procedura obbligatoria e standardizzata o se invece sia a discrezione della controparte in bonis, ma soprattutto occorre verificare se un eventuale guadagno derivante dalla procedura di buy-in sia attribuito o meno alla controparte in fail.
Relativamente ai punti 3 e 4, è evidente come l'applicazione di un livello sostanziale di penali per mancato regolamento delle transazioni, nonché l'applicazione di margini, da parte della controparte centrale, con percentuali sostanzialmente più alte di quelle applicate alle transazioni in attesa di regolamento, siano quantomeno potenzialmente in grado di favorire una riduzione dei fail.
Rispetto ai punti sopra richiamati, il contesto italiano presenta:
a. un intervallo di regolamento di tre giorni (conformemente alla situazione prevalente negli altri paesi);
b. una procedura di buy-in gestita in maniera obbligatoria e standardizzata dalla Cassa di Compensazione e Garanzia nella sua funzione di controparte centrale; l'eventuale guadagno derivante dalla procedura di buy-in non è attribuito alla controparte in fail;
c. un sistema di penalizzazione dei fail di fine giornata (per mancata consegna dei titoli) nell'ambito del sistema di liquidazione Express II gestito da Monte Titoli, in base al quale una penale di €200 è applicata solo nel caso in cui le percentuali di regolamento siano inferiori a livelli minimi di efficienza. Tale sistema non distingue tra transazioni di mercato e transazioni non di mercato;
d. una segregazione, e conseguente marginazione separata, nel sistema a controparte centrale gestito dalla Cassa di Compensazione e Garanzia, delle posizioni in fail rispetto alle posizioni in attesa di regolamento, con applicazione, tuttavia, delle medesime percentuali di marginazione;
e. un'esecuzione della procedura di buy-in l'ottavo giorno successivo alla data di regolamento contrattualmente prevista.
Da quanto su esposto si evince che le opzioni regolamentari, in linea di principio, potrebbero consistere in:
1. un accorciamento dell'intervallo di regolamento;
2. una modifica del sistema di penalizzazione dei fail di fine giornata (per mancata consegna dei titoli), che sia basato, oltre che sull'efficienza complessiva del sistema, anche sui singoli fail (con un livello di penali sufficientemente elevato);
3. un incremento sostanziale delle percentuali di marginazione applicate alle posizioni in fail registrate nel sistema a controparte centrale, a partire da un giorno intermedio tra la data di regolamento contrattualmente prevista e il giorno di esecuzione del buy-in;
4. una riduzione dell'intervallo temporale al termine del quale è data esecuzione al buy-in (intervallo di buy-in).
Le opzioni 1 e 4 possono essere confrontate direttamente. L'opzione 1 è quella che presumibilmente presenta minori benefici, almeno dal punto di vista delle vendite allo scoperto, e maggiori costi. Infatti, dal punto di vista dei benefici, mentre la riduzione massima dell'intervallo di regolamento è stimabile, sulla base del tentativo effettuato agli inizi del decennio nel mercato statunitense, in due giorni, la riduzione dell'intervallo di buy-in è potenzialmente superiore. Dal punto di vista dei costi, la riduzione dell'intervallo di regolamento è decisamente più problematica della riduzione dell'intervallo di buy-in a motivo, tra l'altro:
degli elevati costi di investimento necessari ad evitare che la riduzione dell'intervallo di regolamento abbia come unico effetto un aumento esponenziale dei fail;
del minore numero di parti coinvolte nella procedura di buy-in.
Inoltre, una riduzione dell'intervallo di regolamento non potrebbe che essere effettuata sulla base di un'armonizzazione a livello europeo.
Anche le opzioni 2 e 3 possono essere confrontate direttamente, in quanto entrambe hanno l'obiettivo di rendere più costosi i fail. Dal punto di vista dei benefici le due opzioni sembrano essere sostanzialmente equivalenti. Tuttavia, dal punto di vista dei costi, l'opzione 3 sembra preferibile in quanto permette più facilmente di focalizzarsi sulle transazioni di mercato.
Ipotesi di lavoro CONSOB:
Nonostante che le opzioni 3 e 4 presentino dei benefici, non è chiaro, alla luce della situazione attuale, che si ritiene soddisfacente, e dei relativi costi di implementazione, se i benefici netti ad esse associati siano positivi.
3.4 Esenzioni
In linea con quanto previsto per le misure recentemente adottate dalla Consob al fine di regolare il fenomeno dello short selling in via temporanea, le misure restrittive o di trasparenza sullo short selling proposte nel presente position paper non si applicano all'attività posta in essere dai market maker, limitatamente all'attività posta in essere nello svolgimento della funzione. In particolare, ci si riferisce sia all'attività effettuata sui mercati regolamentati e sui sistemi multilaterali di negoziazione (attività alle quali fa riferimento l'art. 1, comma 5-quater del Testo Unico della Finanza (TUF) nel definire la figura del market maker), sia all'operatività fuori mercato.
Inoltre le misure regolamentari proposte non si applicano agli specialisti, così come definiti nel Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A., e agli intermediari che operano in esecuzione di un contratto di liquidità (liquidity provider), a condizione che l'attività sia posta in essere nello svolgimento della loro funzione nei mercati regolamentati.
La scelta di esentare tali categorie di soggetti nasce dalla constatazione della rilevanza della funzione svolta dagli stessi nel fornire liquidità al mercato su base continuativa, attività vitale per il corretto funzionamento dei mercati
Aitken, M.J., Frino, A., McCorry, M.S., Swan, P.L., (1998), Short Sales are Almost Instantaneously Bad News: Evidence from the Australian Stock Exchange, Journal of Finance 53(6).
Brent, A., Morse, D., Stice, E.K., (1990), Short Interest: Explanations and Test, Journal of Financial and Quantitative Analysis 25.
Boehmer, E., Jones, C.M., Zhang, X., (2008) Shackling Short Sellers: The 2008 Shorting Ban, Working Paper, disponibile su www2.gsb.columbia.edu/faculty/cjones/ShortingBan.pdf.
Boehmer, E., Wu, J., (2008), Short Selling and the Informational Efficiency of Prices, mimeo, disponibile su http://ssrn.com/abstract=972620.
Bris, A., Goetzmann, W. N., Zhu, N., (2007), Efficiency and the Bear: Short Sales and Markets Around the World, Journal of Finance 62 (3).
Bris, A, (2008b), Short Selling Activity in Financial Stocks and the SEC July 15th Emergency Order, disponibile su www.imd.ch/news/upload/Report.pdf.
Charoenrook e Daouk (2005), A Study of Market-Wide Short Selling Restrictions, mimeo, disponibile su http://ssrn.com/abstract=687562.
Clifton, M., Snape, M., (2008), The Effect of Short-selling Restrictions on Liquidity: Evidence from the London Stock Exchange, report realizzato su incarico del London Stock Exchange.
Consob (2008), I Provvedimenti di Divieto di Vendite allo Scoperto: Prime Evidenze degli Effetti sul Mercato Azionario Italiano, mimeo.
Desai, H., Ramesh, K., Thiagarajan, S.R., Balachandran, B.V., (2002), An Investigation of the Informational Role of Short Interest in the Nasdaq Market, Journal of Finance 57(5).
Diamond, D.W., Verrecchia, R.E., (1987), Constraints on Short Selling and Asset Price Adjustment to Private Information, Journal of Financial Economics, 18(2).
Epstein, G., (1995), Short Can Be Sweet, Barron's, October 2.
ESME, (2009), Position on Short Selling, March, disponibile su http://ec.europa.eu/internal_market/securities/docs/esme/report_20090319_en.pdf.
Financial Services Authority, (2009), Short Selling, Discussion Paper 09/1, February, disponibile su http://www.fsa.gov.uk/pubs/discussion/dp09_01.pdf.
Gintschel, A., (2001), Short Interest on Nasdaq, disponibile su http://www.fmpm.org/docs/5th/Gintschel.pdf.
Henry, T.R., Koski, J.L., (2008), Short-selling Around Seasoned Equity Offerings, mimeo, disponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=972076.
Iosco, (2003), Report on Transparency of Short Selling, Technical Committee of International Organization of Securities Commissions, June.
Iosco, (2009), Regulation of Short Selling, Consultation Report, Technical Committee of International Organization of Securities Commissions, March, disponibile su http://www.iosco.org/library/pubdocs/pdf/IOSCOPD289.pdf.
Karpoff, J.M., Lou, X., (2008), Do Short Sellers Detect Overpriced Firms? Evidence from SEC Enforcement Actions, mimeo.
Marsh, I.W., Niemer, N., (2008), The Impact of Short Sales Restrictions, mimeo.
Miller, E., (1977), Risk, Uncertainty, and Divergence of Opinion, Journal of Finance 32.
Saffi, P.A.C., Sigurdsson, K., (2008), Price Efficiency and Short Selling, mimeo, disponibile su http://ssrn.com/abstract=1264939.
Safieddine, A., Wilhelm, W., (1996), An Empirical Investigation of Short-selling Activity prior to Seasoned Equity Offerings, Journal of Finance 51(2).
Senchack, A.J., Starks, L.T., (1993), Short-sale Restrictions and Market Reaction to Short-interest Announcements, Journal of Financial and Quantitative Analysis, vol. 28 (2).
Shkilko, A., Van Ness B., Van Ness R. (2008), Price-destabilizing Short Selling, mimeo, disponibile su http://ssrn.com/abstract=971210.
Questionario
1. Le scelte preliminari
Q1) Ritenete opportuno che vengano introdotte misure regolamentari specifiche sullo short selling?
Q2) Se sì, concordate che le aree di intervento potenziale siano:
a) l'introduzione di divieti alla realizzazione di operazioni di vendite allo scoperto (parziali o totali);
b) la previsione di obblighi di trasparenza nei confronti del mercato (variamente modulabili) e/o obblighi di reporting nei confronti dell'Autorità di vigilanza;
c) opzioni regolamentari in materia di procedure di regolamento, che mirino a regolare i fail associati al naked short selling?
Q3) Quali ulteriori aree di intervento dovrebbero eventualmente essere considerate?
2. L'analisi delle opzioni regolamentari
a) l'introduzione di divieti alla realizzazione di operazioni di vendite allo scoperto (parziali o totali)
Q4) Ritenente opportuno prevedere regole che proibiscano permanentemente tutte le vendite allo scoperto, sia naked che covered?
Q5) Se avete risposto no alla domanda Q4), ritenete opportuno prevedere regole che proibiscano permanentemente le sole vendite allo scoperto naked (non assistite dal prestito titoli)?
Q6) Se avete risposto no alla domanda Q4), ritenete opportuna l'introduzione di forme di divieto delle vendite allo scoperto in situazioni di mercato eccezionali?
Q7) Se avete risposto no alla domanda Q5), ritenete opportuna l'imposizione di un divieto permanente sulle vendite allo scoperto naked di azioni di società oggetto di aumenti di capitale?
Q8) Se avete risposto no alla domanda Q4), ritenete opportuna l'adozione della tick rule?
Q9) Quali ulteriori forme di divieto dovrebbero eventualmente essere considerate?
b) la previsione di obblighi di trasparenza e/o reporting
Q10) Ritenente opportuno prevedere obblighi di trasparenza nei confronti del mercato in materia di short selling?
Q11) Se avete risposto sì alla domanda Q10), ritenete preferibile che la trasparenza riguardi alternativamente:
le vendite allo scoperto aggregate per ogni titolo, attraverso un sistema di flagging degli ordini di negoziazione;
le posizioni corte nette individuali al di sopra di determinate soglie? In tal caso indicate quale dovrebbe essere il sistema di soglie (soglia iniziale e eventuali altre soglie successive).
Q12) Se avete risposto no alla domanda Q10) ritenente opportuno prevedere obblighi di reporting nei confronti dell'Autorità di vigilanza delle posizioni nette individuali al di sopra di determinate soglie? In caso affermativo, specificare quale dovrebbe essere il sistema di soglie (soglia iniziale e eventuali altre soglie successive).
Q13) Se avete risposto sì alla domanda Q12) ritenete che i dati dovrebbero essere aggregati e diffusi al pubblico da parte dell'Autorità di vigilanza?In caso affermativo specificare con quale periodicità.
Q14) Se avete risposto sì alla domanda Q12) ritenete opportuno prevedere obblighi di reporting nei confronti dell'Autorità di vigilanza e di trasparenza nei confronti del mercato delle posizioni corte nette individuali significative, con previsione di una soglia di disclosure minore per gli obblighi di reporting? In caso affermativo specificare quale dovrebbe essere il sistema di soglie (soglia iniziale e eventuali altre soglie successive).
Q15) Se avete risposto no alle domande Q10) e Q12), ritenete opportuno prevedere obblighi di trasparenza e/o di reporting sull'attività di prestito titoli?
Q16) Quali ulteriori forme di trasparenza o reporting dovrebbero eventualmente essere considerate?
Q17) Nel caso dei gruppi, quale soggetto all'interno del gruppo ritenete debba essere il destinatario degli obblighi di comunicazione?
c) opzioni regolamentari in materia di procedure di regolamento delle transazioni in titoli
Q18) Ritenete opportuno prevedere misure in materia di procedure di regolamento?
Q19) Se avete risposto sì alla domanda Q18), ritenete opportuno ridurre l'intervallo temporale di buy-in? In caso affermativo, indicare anche l'intervallo temporale preferito.
Q20) Se avete risposto sì alla domanda Q18), ritenete opportuno un incremento sostanziale delle percentuali di marginazione applicate alle posizioni in fail registrate nel sistema a controparte centrale?
Q21) Quali ulteriori opzioni in materia di procedure di regolamento dovrebbero eventualmente essere considerate?
3. Quantificazione dei costi/benefici
a) l'introduzione di divieti alla realizzazione di operazioni di vendite allo scoperto (parziali o totali)
Q22) Quali sono, a vostro avviso, i costi e i benefici associati all'opzione di divieto di tutte le vendite allo scoperto? Se possibile, si fornisca una stima quantitativa, con particolare riferimento agli eventuali costi di compliance.
Q23) Quali sono, a vostro avviso, i costi e i benefici associati all'opzione di divieto delle vendite allo scoperto naked? Se possibile, si fornisca una stima quantitativa, con particolare riferimento agli eventuali costi di compliance.
Q24) Qual è, a vostro avviso, l'entità dei costi associati all'implementazione di un sistema di flagging? Se possibile, si fornisca una stima quantitativa.
b) la previsione di obblighi di trasparenza o reporting
Q25) Quali sono, a vostro avviso, i costi e i benefici associati all'opzione regolamentare di trasparenza sulle vendite allo scoperto aggregate per ogni titolo? Se possibile, si fornisca una stima quantitativa.
Q26) Quali sono, a vostro avviso, i costi e i benefici associati all'opzione regolamentare di trasparenza sulle posizioni corte nette individuali significative? Se possibile, si fornisca una stima quantitativa.
Q27) Quali sono, a vostro avviso, i costi e i benefici associati alle opzioni regolamentari di reporting? Se possibile, si fornisca una stima quantitativa.
4. Esenzioni
Q28) Concordate con la proposta di prevedere esenzioni per alcune tipologie di operatori?
Q29) Se avete risposto sì alla domanda Q28), ritenete opportuno prevedere ulteriori esenzioni oltre a quelle proposte?
____________________________
Note:
1 Per posizione lunga si intende una posizione che beneficia delle oscillazioni verso l'alto del prezzo del titolo o del sottostante; essa può essere realizzata sia acquistando le azioni stesse che tramite l'utilizzo di derivati che hanno le azioni come sottostante.
2 Cfr. Miller (1977).
3 Cfr. Diamond e Verrecchia (1987).
4 Sulle procedure di regolamento si veda la sezione 3, par. 3.3.3.
5 Per fail si intende la mancata consegna dei titoli alle data di regolamento contrattualmente prevista.
6 Già prima dell'attuale crisi alcuni paesi prevedevano obblighi di disclosure delle operazioni di short selling. Ciò ha permesso ad alcuni studiosi di analizzare empiricamente le conseguenze di tale regime.
7 Charoenrook e Daouk (2005) considerano la volatilità giornaliera e mensile, Boehmer et al. la volatilità infra giornaliera.
8 Le seasoned equity offerings sono aumenti di capitale rivolti al mercato, con o senza diritto di opzione, successivi alle IPOs.
9 Questa regola, introdotta nel 1988, proibiva l'utilizzo di azioni acquistate al prezzo di offerta per coprire posizioni corte create dopo l'annuncio e prima dell'inizio dell'offerta.
10 La regolamentazione australiana prevede che tutti gli ordini di vendita che si configurano come vendite allo scoperto siano identificati come tali all'atto della loro immissione; subito dopo la loro esecuzione, l'ASX comunica i dettagli delle operazioni ai brokers, per via elettronica e in tempo reale.
11 Il Nasdaq riceve mensilmente i dati dai market makers sulle posizioni corte, li aggrega per ogni titolo e li comunica all'esterno (anche tramite il Wall Street Journal e il New York Times), in modo da rendere note con cadenza mensile le informazioni sulle posizioni aggregate corte per ogni azione.
12 Si tratta dei provvedimenti entrati in vigore il 23 settembre, il 1° ottobre e il 10 ottobre.
13 Le statistiche sui fail fanno riferimento al controvalore dei fail di nuova creazione rapportato al controvalore degli scambi.
14 Lo IOSCO ha recentemente pubblicato un documento di consultazione in materia di vendite allo scoperto: Regulation of short selling, consultation report, Technical Committee of International Organization of Securities Commissions, March 2009.
15 Position on Short Selling, March 2009.
16 Per Autorità di mercato si intendono le Autorità di vigilanza sui mercati ed altri attori con poteri analoghi (p.e. le società di gestione dei mercati).
17 Ibidem, p. 8.
18 Sezione 1.9, denominata "Market abuse (misleading behaviour) & market abuse (distortion)".
19 Come sarà chiarito successivamente, l'uptick rule è una regola che stabilisce che un titolo può essere venduto allo scoperto solo ad un prezzo maggiore del prezzo a cui è avvenuta la vendita precedente, o ad un prezzo uguale ad esso, purché l'ultima variazione del prezzo sia stata positiva.
20 La versione modificata della uptick rule stabilisce che si può vendere allo scoperto solo ad un prezzo maggiore del più elevato prezzo bid nazionale o ad un prezzo uguale ad esso, se quest'ultimo è maggiore dell'ultimo differente migliore prezzo bid nazionale.
21 Secondo alcuni, un alto livello di short interest può essere considerato un segnale rialzista, poiché indicativo di domanda latente: "a commonly held idea is that the larger the short interest, the more likely that a stock will go up. That's because shorts eventually will buy back the stock, thereby putting upward pressure on its price"(Epstein (1995)). Alternativamente, la presenza di vendite allo scoperto su un titolo può essere interpretata come un segnale ribassista perché indicativa del possesso da parte degli investitori informati di cattive notizie sul titolo (Diamond e Verrecchia (1987)). Come chiarito nella prima parte del paper (par. 2.3), questa seconda ipotesi è confermata da alcuni studi empirici che analizzano gli effetti di un regime di trasparenza sullo short selling. Va inoltre sottolineato che lo short selling non rappresenta un indicatore del valore dei titoli che ha ad oggetto se avviene, ad esempio, con finalità di copertura (Brent et al. (1990)). In questo caso la conoscenza dell'ammontare delle vendite allo scoperto non dovrebbe incidere sulle scelte degli investitori.
22 I dati empirici a nostra disposizione non ci permettono tuttavia di valutare la validità di tale ipotesi teorica.
23 Sembra opportuno escludere le operazioni di aumento di capitale che non comportano un afflusso monetario (per esempio gli aumenti di capitale con conferimento di beni in natura o di crediti), gli aumenti di capitale al servizio di piani di compensi ad esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori, gli aumenti di capitale sottostanti una emissione di warrant o di obbligazioni convertibili.
24 Tale possibilità sarebbe tuttavia limitata dalla disponibilità di azioni nel mercato del prestito titoli, che sarà tanto minore quanto più elevato è il rapporto di conversione previsto dall'operazione di aumento di capitale.
25 Come già specificato, esiste anche una versione modificata della uptick rule, recentemente posta in consultazione dalla SEC, che considera come valore di riferimento il miglior (più elevato) prezzo bid a livello nazionale.
26 Come già specificato, la SEC, nonostante i risultati dello studio pilota, ha recentemente posto in consultazione una serie di misure che costituiscono varianti diverse della tick rule.
27 La definizione di posizione corta netta è stata fornita nel paragrafo 2.1 del presente position paper.