Regolamento emittenti: equilibrio tra generi nella composizione degli organi sociali dell società quotate - Documento di consultazione - AREA PUBBLICA
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REGOLAMENTO EMITTENTI
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DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE
9 dicembre 2011
Le osservazioni al documento di consultazione dovranno pervenire entro il 10 gennaio 2012 al seguente indirizzo: C O N S O B oppure on line per il tramite del I commenti pervenuti saranno resi pubblici al termine della consultazione, salvo espressa richiesta di non divulgarli. Il generico avvertimento di confidenzialità del contenuto della e-mail, in calce alla stessa, non sarà considerato una richiesta di non divulgare i commenti inviati. |
I. QUADRO DI RIFERIMENTO E OBIETTIVI DELLA NORMATIVA.
II. LA LEGGE 12 LUGLIO 2011, N. 120 E LA DELEGA ALLA REGOLAMENTAZIONE DELLA CONSOB.
III. L’APPARATO SANZIONATORIO.
IV. ARTICOLATO E QUESTIONARIO.
I. Premessa
In data 12 luglio 2011 è stata approvata la legge n.120 con la quale, analogamente a quanto avvenuto in diversi ordinamenti europei, sono state introdotte in Italia le quote di genere per la composizione degli organi sociali delle società quotate (nonché delle società a controllo pubblico).
I nuovi commi 1-ter dell’art. 147-ter e 1-bis dell’art. 148 del D.lgs. 58/98 (TUF) impongono alle società quotate il rispetto di un criterio di composizione di genere degli organi sociali, in base al quale al genere meno rappresentato spetta almeno un terzo degli organi di amministrazione e controllo. Il legislatore ha previsto una gradualità nell’applicazione della quota di genere stabilendo che al primo rinnovo la quota del genere meno rappresentato sia almeno pari a un quinto degli organi sociali. Inoltre, il criterio di riparto stabilito dalla legge trova applicazione per tre mandati.
La legge introduce, infine, un sistema sanzionatorio articolato e progressivo. Laddove la composizione dell’organo risultante dall’elezione non rispetti il criterio di riparto, la Consob diffida la società affinché si adegui alle prescrizioni normative entro il termine massimo di quattro mesi. In caso di inottemperanza, la Consob applica una sanzione amministrativa pecuniaria e stabilisce un nuovo termine di tre mesi entro il quale la società è tenuta ad adeguare la composizione dei propri organi. Qualora entro tale termine il criterio di riparto non sia ancora rispettato, i componenti eletti decadono dalla carica.
La legge attribuisce alla Consob il compito di stabilire con regolamento in ordine alla violazione, all’applicazione e al rispetto delle disposizioni in materia di quota di genere, anche con riferimento alla fase istruttoria e alle procedure da adottare. Il regolamento dovrà essere adottato entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove previsioni, avvenuta il 12 agosto 2011.
Il contenuto della delega regolamentare riveste natura meramente attuativa e di carattere tecnico, non attribuendo alla Consob margini di discrezionalità significativi che rendano realizzabile, tenuto anche conto del principio di proporzionalità, un’analisi specifica dei costi benefici discendenti da diverse opzioni regolamentari. L’analisi di impatto, conseguentemente, si è concentrata su una proiezione numerica volta ad individuare gli effetti della legge n. 120/2011 sulla evoluzione della composizione degli organi sociali delle società ad oggi quotate, nel periodo di vigenza della norma (cfr. sez. I, par. 3).
In attuazione di tali deleghe la Consob sottopone alla consultazione del mercato una proposta di modifica del Regolamento Emittenti (Regolamento adottato con delibera 11971 e successive modificazioni). Si raccomanda di rispondere alla presente consultazione facendo uso del questionario incluso nella parte IV del Documento, integrato con le ulteriori informazioni e valutazioni ritenute utili.
I. QUADRO DI RIFERIMENTO E OBIETTIVI DELLA NORMATIVA.
1. La diversità di genere nella governance delle società quotate.
L’organo di amministrazione è l’organo centrale della corporate governance di un’impresa. A tale organo sono attribuite responsabilità molto articolate e complesse, che vanno dalla determinazione delle linee strategiche di sviluppo delle imprese, alla valutazione del generale andamento della gestione, al conferimento e alla revoca delle deleghe.
Sono due le funzioni chiave che un organo di amministrazione è chiamato a svolgere: una funzione di monitoraggio del comportamento dei managers, allo scopo di verificare che questo sia in linea con gli interessi della società e degli azionisti, e una funzione di advising, ovvero di consulenza e di indirizzo, sempre a favore del management.
La capacità dell’organo di amministrazione di svolgere efficacemente tali funzioni dipende strettamente dalla sua composizione, ovvero dalle caratteristiche personali di coloro che ne fanno parte. È opinione condivisa in letteratura che organi di amministrazione eterogenei, in termini di genere, età, competenze professionali, nazionalità, siano in grado di meglio adempiere ai propri compiti. In particolare, con riferimento alla diversità di genere, si sostiene che organi di amministrazione dove le donne sono ben rappresentate siano in grado di svolgere una più efficace attività di monitoring e di advising, ciò grazie alla diversità di esperienze professionali, prospettive e punti di vista, competenze e connessioni con l’ambiente esterno, che le donne sono in grado di apportare(1).
Diversi studi empirici dimostrano l’esistenza di effetti positivi della diversità di genere sull’adozione di buone pratiche di governance(2). Questi studi mostrano che gli organi di amministrazione dove le donne sono ben rappresentate sono più attenti alla gestione dei conflitti di interesse, più capaci di comunicare al proprio interno e con l’esterno, più attenti agli interessi degli azionisti, più propensi a richiedere il parere di consulenti esterni all’impresa. Sembra inoltre che la presenza delle donne incentivi l’organo di amministrazione a riunirsi più frequentemente e favorisca una maggiore sensitività delle remunerazioni alle perfomance(3).
I potenziali benefici della diversità di genere hanno richiamato negli ultimi anni l’attenzione di attori del mercato e regolatori europei che hanno iniziato a raccomandare o a richiedere un’eterogenea composizione di genere degli organi di governo di imprese quotate.
La diversità di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate è raccomandata dai codici di autodisciplina in materia di governo societario di Regno Unito, Spagna, Francia, Finlandia, Svezia, Germania, Olanda e Belgio. Le suddette raccomandazioni affermano il principio secondo il quale nelle scelte di composizione degli organi di amministrazione le società dovrebbero tener conto della diversità di genere; in alcuni casi, tale principio si rivolge, più in generale, anche a dirigenti(4) e politiche aziendali(5). Il Codice spagnolo stabilisce precisi obblighi di disclosure in caso di scarsa rappresentanza femminile nel board e riconosce un ruolo al Comitato Nomine nell’assicurare che nessuna discriminazione di genere influenzi i processi di nomina degli amministratori. Nel Regno Unito, inoltre, sono state recentemente sottoposte a pubblica consultazione proposte di rafforzamento della raccomandazione già contenuta nel Corporate Governance Code che includono: (i) la descrizione nell’ambito dell’informativa ad hoc sull’attività del Comitato Nomine delle politiche adottate in relazione alla diversity, inclusa quella di genere; (ii) l’inclusione della diversità, anche di genere, tra gli elementi da prendere in considerazione nella procedura di autovalutazione del consiglio. Nell’ottobre scorso il Financial Reporting Council ha reso noti gli esiti della consultazione e confermato l’intenzione di adottare nel corso del 2012 le proposte di modifica del codice inglese sottoposte al mercato.
Ancor più incisiva è la scelta di alcuni legislatori europei che, seguendo l’esempio della Norvegia, hanno imposto per via normativa il rispetto di quote di genere negli organi di amministrazione delle società quotate. Il rispetto di una quota di genere è stato introdotto nelle norme applicabili alle società quotate in Norvegia, in Spagna e, più recentemente, in Francia; in Svezia, invece, un’analoga previsione si applica alle società interamente partecipate dallo Stato. In tutti i casi menzionati, al genere meno rappresentato spetta il 40% dell’organo amministrativo.
Il tema della diversità di genere ha ricevuto infine l’attenzione del legislatore europeo, che lo ha incluso tra le tematiche trattate dal Libro Verde(6) in materia di governo societario, con particolare riferimento a composizione degli organi di amministrazione e trasparenza delle politiche aziendali relative alla diversity.
Nel solco di questi interventi si inserisce la legge n. 120/2011 con la quale, si è già detto, è stato introdotto l’obbligo che la composizione degli organi di amministrazione delle società quotate italiane - e delle società a controllo pubblico - rispetti un criterio di equilibrio in base al quale al genere meno rappresentato spetti almeno un terzo del board. Tale criterio di composizione trova applicazione anche per i membri degli organi di controllo.
2. La composizione degli organi sociali nel mercato italiano.
In Italia la presenza femminile negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate riguarda ancora una quota minoritaria del mercato azionario italiano e un ridotto numero di soggetti. Tuttavia, guardando all’evoluzione della partecipazione femminile negli ultimi anni, si evidenziano segnali positivi. Dal 2008 al 2010 sia il numero di amministratori donne che di imprese in cui almeno una donna è presente sono cresciuti costantemente (cfr. Tabella 1). Al 31 dicembre 2010 le donne rappresentavano circa il 6,8% degli amministratori (contro il 5,9% del 2008) ed erano presenti in quasi la metà delle società quotate (nel 2008 erano presenti nel 43,8% delle società).
Tabella 1: Presenza delle donne negli organi di amministrazione delle società italiane quotate (2008-2010)
2008 |
2009 |
2010 |
||||
# |
% |
|
% |
# |
% |
|
Donne presenti |
170 |
5,9 |
173 |
6,3 |
182 |
6,8 |
Imprese con almeno una donna nell’organo di amministrazione |
126 |
43,8 |
129 |
46,4 |
133 |
49,6 |
Fonte: elaborazioni su dati Consob
Una fotografia più aggiornata mostra che al 31/10/2011 le donne rappresentano il 7,18% dei componenti gli organi di amministrazione (per maggiori dettagli cfr. paragrafo successivo 1.2).
Seppur in crescita, la partecipazione femminile alla vita delle società quotate italiane risulta ancora molto limitata, soprattutto se si guarda a quanto accade in altri Paesi. Negli Stati Uniti, ad esempio, le donne che risiedono negli organi di amministrazione rappresentano il 15,7% del totale, in Svezia e in Finlandia il 24%, in Norvegia ben il 40% (7).
La situazione italiana non risulta confortante anche con riferimento al numero delle donne presenti negli organi di amministrazione. La Tabella 2 mostra come nell’intero triennio osservato (2008-2010) siano pochi i casi di imprese dove più di una donna è presente. Lo scenario più frequente è quello in cui solo una donna siede nell’organo di amministrazione, scenario che si verifica in 93 società nel 2010, in 95 nel 2009 e in 91 società nel 2008.
Tabella 2: Distribuzione delle società italiane quotate per numero di amministratori donne (2008-2010)
N. di donne |
N. di imprese |
||
2008 |
2009 |
2010 |
|
5 |
1 |
1 |
1 |
4 |
2 |
2 |
1 |
3 |
2 |
3 |
4 |
2 |
30 |
28 |
34 |
1 |
91 |
95 |
93 |
0 |
162 |
149 |
135 |
Fonte: elaborazioni su dati Consob
Con riguardo alla funzione svolta dalle donne in carica, la Tabella 3 mostra come nella maggioranza dei casi queste rivestano ruoli non esecutivi: alla fine del 2010 solo una donna su tre svolge funzioni esecutive, dato leggermente in calo rispetto ai due anni precedenti. Inoltre, sempre alla fine del 2010, circa il 25% delle donne che siedono negli organi di amministrazione risulta indipendente(8), contro il 21% del 2009 e il 18% del 2008.
Tabella 3: Distribuzione delle donne che siedono negli organi di amministrazione per ruolo (2008-2010)
Esecutivi |
Indipendenti |
|
||||
# |
% |
# |
% |
|||
2008 |
59 |
36,2 |
29 |
18,2 |
||
2009 |
57 |
33,1 |
35 |
21,0 |
||
2010 |
56 |
31,1 |
44 |
25,6 |
||
Fonte: elaborazioni su dati Consob e Relazioni sul governo societario e gli assetti proprietari.
La presenza femminile appare ancor più ridotta in termini assoluti negli organi di controllo delle società in cui il numero di donne presenti si attesta a circa 60 unità e in appena il 20% delle società entrambi i generi sono rappresentati nell’organo di controllo (Tabella 4). L’evoluzione temporale mostra una lieve riduzione tra il 2008 e il 2010 sia nel numero totale di donne componenti effettive dell’organo di controllo che in quello delle società in cui tale organo mostra una composizione di genere eterogenea.
Tabella 4: Presenza delle donne negli organi di controllo delle società italiane quotate (2008-2010)
2008 |
2009 |
2010 |
||||
# |
% |
# |
% |
# |
% |
|
Donne |
65 |
6,7 |
57 |
6,0 |
58 |
6,2 |
Imprese con almeno una donna nell’organo di controllo |
60 |
20,8 |
54 |
19,3 |
53 |
19,5 |
Fonte: elaborazioni su dati Consob. I dati si riferiscono ai membri effettivi degli organi di controllo.
Una fotografia più aggiornata mostra che al 31/10/2011 le donne rappresentano circa il 6,26% dei componenti gli organi di controllo (per maggiori dettagli cfr. supra par. 2).
3. L’impatto della legge sulla governance delle società quotate italiane.
Al fine di valutare l’impatto che la legge n. 120/2011 avrà sulla governance delle società quotate, si è ritenuto opportuno fare preliminarmente un’analisi dell’attuale composizione degli organi di amministrazione e controllo delle stesse. I dati elaborati fanno riferimento a n. 261(9) società che alla data del 31 ottobre 2011 hanno azioni quotate nei mercati regolamentati. Sono state escluse dall’analisi le società soggette a procedure concorsuali.
Inoltre, è stata formulata una previsione in termini quantitativi circa il numero di donne che complessivamente dovranno essere nominate nelle società quotate, con riferimento sia alla quota stabilita in sede di prima applicazione della legge (un quinto) che a quella definitiva (un terzo). La previsione si basa sull’ipotesi che tali società mantengano l’attuale regime di governo societario e il medesimo numero di componenti gli organi di amministrazione e controllo.
Inoltre, considerato che la norma stabilisce che “il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo” degli amministratori e dei sindaci eletti, “riservando al genere meno rappresentato, per il primo mandato in applicazione della legge, una quota pari almeno a un quinto ”, ove tale ripartizione abbia dato luogo ad un numero non intero, si è proceduto ad effettuare un arrotondamento per eccesso all’unità immediatamente superiore.
Dall’esame dei dati emergono le seguenti considerazioni.
Alla data del 31 ottobre 2011 risultano essere in carica 2.600 componenti gli organi di amministrazione e di questi 2.413 risultano essere uomini. Ne consegue che il 92,81% degli attuali organi di amministrazione è composto da uomini e solo il 7,19% da donne.
Un dato sostanzialmente equivalente emerge con riferimento agli organi di controllo, per i quali risultano essere in carica 895 componenti, di cui 839 uomini. Ne consegue che il 93,74% degli attuali organi di controllo è composto da uomini e solo il 6,26% da donne.
I dati sopra riportati evidenziano, quindi un divario tra il numero dei componenti maschili e femminili attualmente presenti negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate. Inoltre, dai dati analizzati emerge anche una differenza tra i due organi di governance per quanto riguarda il numero delle società che sono già in linea con la previsione normativa in sede di prima applicazione. Infatti, n. 26 società, rappresentanti il 10,04% del totale delle società quotate, hanno il proprio organo di amministrazione composto per un quinto da donne. Con riferimento, invece, alla composizione dell’organo di controllo, tali società sono 48, rappresentanti il 18,39% del totale delle società quotate. Solo n. 8 società, rappresentanti il 3,07% del totale, risultano in linea contemporaneamente sia con l’organo di amministrazione che con l’organo di controllo.
Se, invece, si fosse applicato il criterio classico di arrotondamento matematico per difetto/eccesso, circa il 20% delle società quotate sarebbe risultato già in linea con la previsione normativa in sede di prima applicazione. Infatti, in applicazione di tale criterio, n. 57 società, rappresentanti il 22,01% del totale delle società quotate, avrebbero avuto il proprio organo di amministrazione composto per un quinto da donne, n. 15 società, rappresentanti il 4,98% del totale, sarebbero risultate in linea contemporaneamente sia con l’organo di amministrazione che con l’organo di controllo, mentre per quanto riguarda l’organo di controllo i dati è sostanzialmente ininfluente l’applicazione dell’uno o dell’altro criterio di arrotondamento.
Per adeguarsi a quanto previsto dalla legge n. 120/2011 in fase di I° rinnovo degli organi sociali, le società quotate dovranno avere tra i loro componenti, in totale, 618 donne (attualmente sono 187) per quanto riguarda gli organi di amministrazione, e 276 donne (attualmente sono 56) per quanto riguarda gli organi di controllo.
Diversamente, qualora si fosse applicato il criterio classico di arrotondamento matematico, le donne da nominare nei consigli di amministrazione sarebbero state 512.
Per quanto riguarda il II° e III° rinnovo degli organi di amministrazione e controllo, le società quotate dovranno avere tra i loro componenti, in totale 951 donne, per quanto riguarda gli organi di amministrazione, e 306 donne per quanto riguarda gli organi di controllo. Diversamente, qualora si fosse applicato il predetto criterio di arrotondamento classico matematico, le donne da nominare nei consigli di amministrazione sarebbero state 865, e 303 negli organi di controllo.
Rispetto alla situazione attualmente esistente, quindi, le società quotate dovranno nominare in sede di I° rinnovo degli organi sociali, ulteriori 431 donne gli organi di amministrazione rispetto a quelle attualmente in carica, e ulteriori 333 in sede di II° e III° rinnovo per raggiungere il limite di un terzo dei componenti totali stabiliti dalla legge.
Per quanto riguarda, invece, l’organo di controllo, le società quotate dovranno nominare in sede di I° rinnovo ulteriori 220 donne rispetto a quelle attualmente in carica, e ulteriori 30 donne per raggiungere il limite di un terzo dei componenti totali stabilito dalla legge nel II° e III° rinnovo.
Infine, si riportano di seguito i dati relativi alle società quotate i cui organi di amministrazione e controllo termineranno il mandato triennale successivamente al 12 agosto 2012 (un anno dalla data di entrata in vigore, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 120/2011), e che dovranno procedere al loro rinnovo sulla base delle nuove disposizioni legislative(10).
Le società che nei mesi di aprile/giugno del 2013 procederanno al I° rinnovo degli organi di amministrazione in base alla nuova disciplina saranno 87(11). Entro giugno 2013 dovranno essere nominati, in totale, 849 componenti gli organi di amministrazione, di cui 206 (1/5 dei componenti totali) dovranno essere donne. Entro giugno 2016, in sede di II° rinnovo, il numero dei componenti donne che dovrà far parte degli organi di amministrazione salirà a 312 (1/3 dei componenti totali), con un incremento di 106 unità rispetto al I° rinnovo.
Le società che nei mesi di aprile/giugno del 2013 procederanno al I° rinnovo degli organi di controllo in base alla nuova disciplina saranno 80(12). Entro giugno 2013 dovranno essere nominati, in totale, 284 componenti gli organi di controllo, di cui 87 (1/5 dei componenti totali) dovranno essere donne. Entro giugno 2016, in sede di II° rinnovo, il numero dei componenti donne che dovrà far parte degli organi di controllo salirà a 97 (1/3 dei componenti totali), con un incremento di 10 unità rispetto al I° rinnovo.
II. LA LEGGE 12 LUGLIO 2011, N. 120 E LA DELEGA ALLA REGOLAMENTAZIONE DELLA CONSOB.
La legge n. 120/2011, muovendo dalla scarsa rappresentatività delle donne negli organi di amministrazione e controllo delle società per azioni quotate nei mercati regolamentati, persegue l’obiettivo di garantire, in un’ottica di uguaglianza sostanziale, l’equilibrio tra i generi e favorire, allo stesso tempo, l’accesso alle cariche sociali da parte del c.d. genere meno rappresentato.
1. Ambito applicativo.
Le disposizioni del provvedimento disegnano un sistema normativo a doppio binario:
- per le società quotate nei mercati regolamentati l’art. 1 della predetta legge, nel modificare gli art.147-ter e 148 del TUF, ha introdotto l’obbligo per le stesse di prevedere, mediante apposite modifiche statutarie, che il riparto degli amministratori e dei componenti del collegio sindacale da eleggere venga effettuato in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi, intendendosi un tale equilibrio raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno dell’organo ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti;
- per le società controllate da pubbliche amministrazioni, non quotate nei mercati regolamentati, la determinazione delle modalità di attuazione della legge citata è rimessa ad un regolamento da adottare ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto 1998, n. 400(13).
2. Le modifiche introdotte al Testo Unico Finanziario.
L’art. 1 della legge n. 120/2011 ha modificato l’art. 147-ter del TUF, che disciplina l’elezione e la composizione del consiglio di amministrazione, mediante inserimento del comma 1-ter, ai sensi del quale lo statuto delle società deve prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base ad un criterio in grado di assicurare l’equilibrio tra generi. Tale obiettivo si intende raggiunto, quando il genere meno rappresentato, all’interno dell’organo, consegue almeno un terzo degli amministratori eletti. Il criterio di riparto deve essere applicato per tre mandati consecutivi.
Per le società che adottano il sistema dualistico(14), il comma 2 dell’art. 1 ha aggiunto il comma 1-bis all’art. 147-quater del TUF, che estende anche alla composizione del consiglio di gestione le disposizioni in materia di equilibrio tra i generi, qualora sia costituito da un numero di membri non inferiore a tre.
Il medesimo art. 1, comma 3, lett. a), ha introdotto il comma 1-bis all’art. 148 del TUF, che disciplina la composizione del collegio sindacale secondo un criterio di riparto tra quote di genere analogo a quello previsto per la nomina e composizione del consiglio di amministrazione.
La stessa disciplina, con riferimento alle società che adottano il sistema dualistico, trova applicazione per la nomina del consiglio di sorveglianza, in forza del rinvio disposto dal novellato art. 148, comma 4-bis, del TUF.
L’art. 2 dispone in merito alla decorrenza dell’applicazione delle nuove norme, fissata a partire dal primo rinnovo dei predetti organi successivo ad un anno dall’entrata in vigore della legge stessa. Per il primo mandato in applicazione della legge, al genere meno rappresentato, è riservata una quota pari almeno ad un quinto degli amministratori e dei componenti dell’organo di controllo eletti.
Nella formulazione dei nuovi artt. 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del TUF, si prevede un’articolata procedura per l’ipotesi in cui la composizione degli organi di amministrazione e controllo non rispetti l’equilibrio tra generi.
In siffatta ipotesi, la Consob diffida la società interessata affinché si adegui al rispetto del criterio di riparto entro il termine di quattro mesi. In caso di inottemperanza alla diffida, la Consob applica una sanzione amministrativa pecuniaria prevista tra il minimo e il massimo edittale (da euro 100.000 a 1.000.000, qualora la violazione sia inerente alla composizione del consiglio di amministrazione, ovvero da euro 20.000 a 200.000, nel caso in cui attenga la nomina del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza) e fissa un nuovo termine di tre mesi per adempiere.
Nel caso in cui la società non ottemperi al nuovo termine fissato dalla Consob, i componenti eletti decadono dalla carica.
3. Il contenuto della delega alla potestà regolamentare della Consob.
L’introduzione della delega contenuta nell’ultimo capoverso degli artt. 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del TUF, ai sensi dei quali “La Consob statuisce in ordine alla violazione, all’applicazione ed al rispetto delle disposizioni in materia di quota di genere, anche con riferimento alla fase di istruttoria e alle procedure da adottare”, rinvia alla regolamentazione secondaria il compito di disciplinare il procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative ivi previste, nonché l’individuazione delle regole necessarie affinché sia garantito il rispetto del precetto legale.
3.1 Equilibrio tra generi e meccanismi di nomina: considerazioni sul voto di lista.
Con riferimento all’elezione e nomina dei componenti dell’organo di amministrazione, il Legislatore ha espressamente rimesso all’autonomia statutaria l’onere di disciplinare “le modalità di formazione delle liste e i casi di sostituzione in corso di mandato al fine di garantire il rispetto del criterio di riparto”.
In coerenza con la lettera delle disposizioni legislative, la scelta di fondo che ha orientato la Consob nella proposta di attuazione delle deleghe è stata quella di non porre vincoli all’autonomia statutaria delle società. Tale orientamento riflette anche l’impossibilità di dettare regole procedurali che siano valide per tutte le società, tenuto conto della diversa concentrazione degli assetti proprietari e delle diverse disposizioni, normative o statutarie, che regolano la presenza di amministratori indipendenti.
Per queste ragioni, il sostanziale rinvio all’autonomia statutaria nell’individuazione delle modalità con cui applicare il criterio di riparto, come previsto dalla legge, appare la soluzione più efficace per tenere nell’opportuna considerazione le caratteristiche della società e l’eventuale presenza di ulteriori requisiti di composizione del board. L’orientamento è, inoltre, coerente con il sistema attualmente in vigore per la nomina degli amministratori indipendenti, che non prevede alcuna delega alla Consob (art. 147-ter, comma 4, del TUF): gli statuti delle società hanno infatti disciplinato autonomamente le modalità con cui l’elezione del minimo legale di amministratori indipendenti è assicurata con il sistema del voto di lista.
Per garantire il rispetto della quota, considerata la particolare entità, nella misura edittale, della sanzione pecuniaria ,le società dovrebbero prevedere nel proprio statuto un meccanismo correttivo cui ricorrere qualora, ad esito delle votazioni, non risultasse adempiuto l’obbligo di garantire la presenza del genere meno rappresentato, nel minimo previsto dal Legislatore (per ipotesi, prevedendo una procedura di “scorrimento” della lista che consenta di “ripescare” il candidato appartenente al genere mancante, ecc.), fermo restando che rimangono impregiudicati gli obblighi legali che impongano la sussistenza di ulteriori requisiti soggettivi in capo ai singoli componenti.
Nella soluzione che si sottopone alla consultazione, la Consob ha identificato un’unica limitazione all’autonomia statutaria con riferimento al potenziale impatto delle disposizioni statutarie relative all’equilibrio di genere sul meccanismo di elezione e nomina dei componenti gli organi sociali attraverso il voto di lista, al fine di evitare che esse possano rendere più oneroso il diritto di voice degli azionisti di minoranza nell’ambito del rinnovo degli organi sociali, in un’ottica di maggior tutela per questi ultimi. In tale ottica, è previsto che gli statuti non possano imporre il rispetto del criterio di riparto tra quote di genere alle liste recanti un numero inferiore a tre dei componenti l’organo da eleggere.
Qualora al momento della nomina dei componenti ovvero nel corso del mandato dell’organo dovesse risultare alterato l’equilibrio tra i generi, per effetto della cessazione dall’incarico di taluni componenti, lo statuto dovrebbe inoltre prevedere procedure atte ad assicurare un tempestivo ripristino dell’equilibrio.
Agli stessi principi dovrebbero ispirarsi le società in tutti i casi in cui gli statuti prevedano facoltà di nomina di singoli componenti degli organi di amministrazione e controllo a favore di uno o più soci, ai sensi dell’art. 2449, comma 4, cod. civ.
3.2 Arrotondamenti.
La quota riservata al genere meno rappresentato è fissata dalla legge in un minimo inderogabile.
Da tale premessa consegue che, qualora il numero dei componenti l’organo da eleggere, suddiviso per la frazione riservata dovesse risultare inferiore all’unità intera, deve comunque essere garantito, mediante necessario arrotondamento per eccesso, il superamento del numero minimo.
3.3 Mandato dell’organo amministrativo o di controllo..
La legge statuisce che il criterio di riparto tra generi trova applicazione per tre mandati. Con tale riferimento dovrà quindi intendersi la durata in carica dell’organo di amministrazione o controllo, così come determinata nello statuto ovvero, in conformità con quest’ultimo, dall’assemblea che ha proceduto al rinnovo.
Una considerazione specifica riguarda le società i cui statuti prevedono il rinnovo parziale dell’organo amministrativo. In tali casi, si potrebbe ritenere che, in ragione del fatto che ciascuno dei rinnovi, sia pure parziale, investe i consiglieri eletti di un mandato, il rispetto della disciplina prevista dall’art. 147-ter, comma 1-ter, dovrebbe essere assicurato per ciascuno dei rinnovi parziali della composizione dell’organo amministrativo, fino al terzo anno.
Le medesime considerazioni dovrebbero valere in caso di dimissioni o decadenza dell’intero organo di amministrazione o controllo prima della scadenza naturale del mandato.
L’APPARATO SANZIONATORIO.
1. Le sanzioni introdotte dalla legge.
Nel caso in cui la composizione degli organi di amministrazione e controllo non rispetti l’equilibrio tra generi, la Consob diffida la società affinché si adegui alle prescrizioni normative entro il termine massimo di quattro mesi. In caso di ulteriore inottemperanza, la Consob applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista(15) e fissa un nuovo termine di tre mesi entro il quale la società è tenuta ad adeguare la composizione dei propri organi. Nel caso in cui, entro tale termine, il criterio di riparto non sia ancora rispettato, i componenti eletti decadono dalla carica.
Sul piano oggettivo la condotta rilevante consiste, come rilevato, nell’inottemperanza alla diffida della Consob, indipendentemente dall’individuazione dei singoli soggetti responsabili dell’irregolare composizione dell’organo (ovvero, i soci presentatori della lista, i singoli amministratori, i componenti l’organo di controllo): si tratta, in sostanza, di una responsabilità della società in proprio, per inefficienza del relativo apparato di amministrazione e controllo, analogamente a quanto previsto con riferimento alle violazioni degli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 193, comma 1, del Testo unico.
Eventuali profili soggettivi potranno, semmai, rilevare nell’ambito del sistema della responsabilità degli amministratori, per le violazioni imputabili a costoro, e dei componenti l’organo di controllo, per le omissioni degli obblighi di condotta cui essi sono tenuti, secondo i principi generali, da far valere con le azioni all’uopo previste dall’ordinamento (ad es. artt. 2393, 2393-bis, cod. civ.).
In ordine alla quantificazione della sanzione tra il minimo e il massimo edittale, si osserva che il Legislatore ha espressamente delegato al potere regolamentare della Consob la fissazione dei “criteri e modalità” rilevanti ai fini della determinazione della sanzione conseguente all’inosservanza del riparto nella composizione dell’organo di amministrazione, mentre, altrettanto non è stato disposto con riferimento alla composizione dell’organo di controllo.
Al riguardo, si ritiene che l’anzidetta norma, lungi dal comportare l’attribuzione di un autonomo potere, estraneo al sistema sanzionatorio tracciato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 e ss. modifiche, vada interpretata nel senso che la Consob terrà conto, come avviene nella prassi, dei criteri delineati dall’art. 11 della legge di depenalizzazione, ai sensi del quale “Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”, con gli adattamenti necessari a seconda della fattispecie concreta.
2. L’inottemperanza alla diffida e il procedimento sanzionatorio.
Il Legislatore ha rimesso alla Consob il compito di statuire “in ordine alla violazione, all’applicazione ed al rispetto delle disposizioni in materia di quota di genere, anche con riferimento alla fase istruttoria e alle procedure da adottare”.
L’applicazione della sanzione per l’inottemperanza alla (prima) diffida della Consob, comporta l’emanazione della seconda diffida e la contestazione dell’addebito, che, com’è noto, apre il procedimento sanzionatorio.
Nell’ambito del procedimento sanzionatorio, infatti, vengono valutati tutti gli elementi tipici dell’illecito amministrativo, ivi inclusi quelli relativi alla determinazione tra il minimo e il massimo edittale; elementi, appunto, del tutto estranei ed irrilevanti ai fini della fissazione del nuovo termine ad adempiere, fissato dal Legislatore inderogabilmente in tre mesi.
Nonostante la collocazione delle norme in esame al di fuori della parte V, Titolo II, del Testo Unico, in attesa della revisione della disciplina sanzionatoria prevista dalla legge comunitaria 2010(16), la procedura da adottare nell’applicazione delle sanzioni non può prescindere dai principi generali che disciplinano la potestà sanzionatoria della Consob, appunto, consacrati nell’art. 195 del TUF, e modulata sulla base dei principi sanciti nell’art. 24, comma 1, della l. 28 dicembre 2005, n. 262, avendo riguardo all’esigenza di garantire il contraddittorio e la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, nell’ambito del relativo procedimento.
Pertanto, in ordine alle modalità di contestazione dell’inottemperanza alla prima diffida e alle successive fasi della procedura sanzionatoria, anche in relazione ai diritti di difesa, si rinvia al tradizionale procedimento di irrogazione delle sanzioni.
ARTICOLATO E QUESTIONARIO.
1. Articolato.
Per le considerazioni sopra esposte, si riporta il testo dell’articolo che si propone di inserire nel Regolamento Emittenti.
Art. X (Equilibrio tra generi)
- Le società con azioni quotate prevedono che la nomina degli organi di amministrazione e controllo sia effettuata in base al criterio che garantisce l’equilibrio tra generi di cui agli articoli 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del Testo unico, e che tale criterio sia applicato per tre mandati consecutivi.
- Gli statuti delle società quotate disciplinano:
- le modalità di formazione delle liste in applicazione del criterio di riparto tra generi, prevedendo meccanismi di elezione e di estrazione dei singoli componenti, idonei a garantire il rispetto delle previsioni di legge. Gli statuti non possono prevedere che le liste che presentino un numero di candidati inferiore a tre dei componenti l’organo da eleggere rispettino il criterio di riparto tra generi;
- le modalità di sostituzione dei componenti degli organi venuti a cessare in corso di mandato, tenendo conto del criterio di riparto tra generi;
- c) le modalità affinché l’esercizio di diritti di nomina, ove previsti, non contrastino con quanto sancito dagli articoli 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del Testo unico.
- Qualora dall’applicazione del criterio di riparto tra generi non risulti un numero intero di componenti degli organi di amministrazione o controllo appartenenti al genere meno rappresentato, tale numero è arrotondato per eccesso all’unità superiore.
- In caso di inottemperanza alla diffida, la Consob fissa un nuovo termine di tre mesi ad adempiere e applica le sanzioni di cui agli articoli 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del Testo unico, previa contestazione degli addebiti, ai sensi dell’articolo 195 del Testo unico e tenuto conto dell’articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n.689 e successive modifiche.
2. Questionario.
Q1. Condividete la scelta di mantenere ampia autonomia agli statuti nel disciplinare le modalità con cui il rispetto criterio di riparto previsto dagli artt. 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis, del TUF dovrà essere assicurato?
Q2. Condividete la finalità di non imporre alle liste presentate dalle minoranze il rispetto dell’equilibrio tra generi, qualora presentino un numero limitato di candidati? Ritenete congruo a tal fine il criterio che esclude l’applicabilità delle norme in esame alle liste che presentino un numero di candidati inferiore a tre? Ritenete possibile individuare altri criteri che meglio perseguano tale esigenza?
Q3. Condividete quanto previsto in merito alle modalità di sostituzione dei componenti degli organi venuti a cessare in corso di mandato?
Q4. Condividete la previsione di cui al comma 2, lett. c), anche in relazione alle disposizioni di cui all’art. 2449, comma 4, c.c.?
Q5. Condividete la previsione relativa all’arrotondamento all’unità superiore del numero di componenti appartenenti al genere meno rappresentato?
Q6. Condividete quanto espresso in merito all’applicazione delle previsioni artt. 147-ter, comma 1-ter, e 148, comma 1-bis alle società i cui statuti prevedono il rinnovo parziale dell’organo amministrativo?
Q7. Ritenete che ci possano essere degli elementi di criticità nell’applicazione della disciplina agli organi di controllo, e in particolare al caso di dimissioni prima della scadenza del mandato?
1) Si veda ad esempio Anderson R.C., Reeb, D.M., Upadhyay, A., e W. Zhao, (2009), The Economics of Director Heterogeneity, Working Paper, Temple University; Adams, R., e P. Funk, (2010), Beyond the Glass Ceiling: Does Gender Matter?, ECGI Finance Working Paper No. 273.
2) Cfr. Brown, D., Brown, D. e V. Anastasopoulos, (2002), Women on Boards: Not just the Right Thing… But the “Bright” Thing, Report, 341-02, The Conference Board of Canada, Ottawa; Adams, R., e D. Ferreira, (2009), Women in the Boardroom and Their Impact on Governance and Performance, Journal of Financial Economics, 94:2, 291-309; Adams R., Licht, A.N. e L. Sagiv, (2010), Shareholders and Stakeholders: How Do Directors Decide?, ECGI Finance Working Paper No. 276..
3) La letteratura empirica giunge invece a risultati incerti con riguardo agli effetti della diversità di genere sulle performance delle imprese. Mentre alcuni studi individuano una relazione positiva tra gender diversity e misure di performance, quali la Tobin’s Q e alcune misure contabili (Si veda: Erhardt, N.L., Werbel, J.D., e C.B. Shrader, (2003), Board of Director Diversity and Firm Financial Performance. Corporate Governance: An International Review, 11:2, 102-111; Carter, D.A., B.J. Simkins, e W.G. Simpson, (2003), Corporate Governance, Board Diversity, and Firm Value, Financial Review, 38:3, 33-53), altri non giungono a conclusioni univoche, mostrando ad esempio effetti eterogenei in contesti differenti (Anderson et al., 2009 op. cit.; Adams e Ferreira, 2009 op. cit.).
4) Germania.
5) Belgio.
6) Libro Verde: The EU Corporate governance framework, pubblicato il 5 aprile 2011
7) Cfr. Rapporto Catalyst, (2010), Women on Boards.
8) La nozione di indipendenza cui si fa riferimento è quella contenuta nel Codice di Autodisciplina delle società quotate (articolo 3).
9) Per quanto riguarda gli organi di amministrazione le società analizzate sono state n. 259 perché 2 di esse, che hanno adottato il modello dualistico, hanno il consiglio di gestione composto da soli 2 membri e, pertanto, ad essi non si applica la norma in questione.
10) Poiché, come noto, gli organi sociali scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica, si precisa che a tale riguardo sono state prese in considerazione, oltre alle società che chiudono il bilancio a dicembre (2012), anche società i cui bilanci chiudono ad agosto (2012), settembre (2012) e ottobre (2012).
11) Tale numero è comprensivo di: 1 società che chiude il bilancio ad agosto; 1 società che chiude il bilancio a settembre; 1 società che chiude il bilancio ad ottobre.
12) Tale numero è comprensivo di: 1 società che chiude il bilancio ad agosto; 2 società che chiudono il bilancio a settembre; 1 società che chiude il bilancio ad ottobre.
13) Regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
14) Si tratta di n. 7 società quotate.
15) Nel caso in cui la violazione attenga alla nomina e composizione del consiglio di amministrazione, ai sensi dell’art. 147-ter, comma 1-ter, la sanzione è prevista da euro a 100.000 a 1.000.000; qualora si tratti del collegio sindacale ovvero del consiglio di sorveglianza, essa è fissata da euro 20.000 ad euro 200.000, ai sensi dell’art. 148, comma 1-bis, del TUF.
16) Cfr. Disegno di legge n. 2322-B, approvato in data 30 novembre 2011