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NOTA TECNICA (ex art. 78 D.Lgs. n. 58/98)

Nota tecnica in materia di modalità, termini e condizioni dell'informazione al pubblico sugli scambi organizzati ex art. 78 del d.lgs. n. 58/98.




1. Premessa




L'emanazione della direttiva comunitaria sui servizi di investimento ha messo definitivamente in crisi il monopolio delle borse valori nell'offerta di servizi di negoziazione per i titoli in esse trattati; il d.lgs. n. 415 del 1996, prima, e il Testo Unico, poi, coerentemente con il principio che i mercati si costituiscono e si sviluppano sulla base di iniziative private, ampliano le possibilità di concorrenza tra produttori di servizi di negoziazione.




Ne deriva uno scenario a "cerchi concentrici" in cui la borsa ed i mercati regolamentati costituiscono figure iscritte nel più vasto àmbito dei "mercati organizzati", il quale ricomprende anche quei sistemi che organizzano gli scambi al di fuori dei mercati regolamentati.




Fuori dall'ambito dei "mercati organizzati", com'è intuibile, si pongono gli scambi di strumenti finanziari che avvengono senza il tramite di sistemi che ne organizzano la negoziazione; scambi che ben potrebbero definirsi "occasionali", in quanto avvengono senza l'ausilio di specifici supporti di tipo tecnologico-organizzativo e sono rimessi alla saltuaria iniziativa negoziale degli investitori.




In linea teorica, i sistemi che organizzano gli scambi al di fuori dei mercati regolamentati possono avere per oggetto sia strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, sia strumenti finanziari non quotati.




Nel primo caso gli scambi organizzati entrano direttamente in competizione con i mercati regolamentati nella prestazione del servizio di organizzazione e di gestione delle negoziazioni: tuttavia, nell'ordinamento italiano gli scambi organizzati su strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati non dovrebbero assumere dimensioni di rilievo fino a quando opererà il c.d. "principio di concentrazione" (1).




Le norme che disciplinano la materia dei mercati organizzati sono in grado d'incidere rilevantemente sul piano della concorrenza tra imprese private nella prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari: in tal senso, nel prevedere obblighi di trasparenza a tutela degli investitori è necessario evitare il rischio che vengano introdotti elementi distorsivi di tale competizione che non siano giustificati dalla diversità degli interessi in giuoco.




1.1. Il quadro legislativo




Nel Titolo I della Parte III del Testo Unico la disciplina dei "mercati organizzati" viene trattata in due distinti capi: il primo relativo ai "mercati regolamentati"; il secondo relativo ai "mercati non regolamentati".




Il Testo unico, però, non definisce in astratto i connotati di natura economica dei mercati regolamentati, nè dei sistemi che organizzano gli scambi fuori dai mercati regolamentati.




In luogo della definizione in termini economici della nozione di mercati regolamentati, il testo unico disciplina la procedura per l'acquisizione del relativo "status" da parte dei soggetti indicati dall'art. 61 ed indica gli interessi meritevoli di tutela al riguardo: l'esercizio di un mercato regolamentato, infatti, è subordinato al rilascio della relativa autorizzazione amministrativa, previa verifica dei requisiti di capitale in capo alla società richiedente, dei requisiti di professionalità e onorabilità - rispettivamente - dei suoi esponenti aziendali e degli azionisti qualificati, nonchè dell'idoneità del regolamento di mercato ad assicurare la trasparenza, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.




Al contrario, l'attività consistente nell'organizzazione di scambi su strumenti finanziari fuori dai mercati regolamentati non è soggetta ad autorizzazioni amministrative. Il legislatore ha ritenuto necessario, tuttavia, che un livello minimo di trasparenza fosse garantito ugualmente agli investitori: pertanto, l'articolo 78, comma 2, lett. a), consente alla Consob di stabilire "le modalità i termini e le condizioni dell'informazione del pubblico riguardante gli scambi" (2).




Il terzo comma dello stesso art. 78 stabilisce che i provvedimenti regolamentari e di sospensione o divieto sono adottati dalla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, "quando riguardano scambi all'ingrosso di titoli obbligazionari privati e pubblici, diversi dai titoli di Stato", nonchè scambi di titoli normalmente negoziati sul mercato monetario, oppure "di strumenti finanziari derivati su titoli pubblici, su tassi di interesse e su valute". Rispetto agli scambi all'ingrosso di titoli di Stato, i provvedimenti sono assunti dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentite la Banca d'Italia e la Consob (3).




La previsione dell'art. 78 si coordina col disposto dell'art. 116, comma 1, che estende agli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante gli obblighi d'informazione societaria stabiliti dagli artt. 114 e 115: tra questi obblighi vi è quello di informare il pubblico dei fatti che accadono nella sfera di attività dell'emittente, non di pubblico dominio e idonei, se resi pubblici, a influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari emessi dallo stesso.




Dall'esame congiunto delle due norme sembrerebbe emergere la volontà del legislatore, da un lato, di consentire che forme organizzate di scambi possano svilupparsi fuori dei mercati regolamentati senza eccessivi "oneri regolamentari" e però, dall'altro lato, di evitare che tale sviluppo possa avvenire in condizioni tali da compromettere la tutela degli investitori e da creare spazi eccessivi per "arbitraggi regolamentari" a favore degli scambi organizzati, con conseguente effetto di "spiazzamento" dei mercati regolamentati.




Da qui la necessità di prevedere obblighi di "trasparenza degli scambi organizzati" (articolo 78) e di " disclosure societaria" (articolo 116) che tutelino gli investitori e riducano la distanza tra la regolamentazione applicabile alla prestazione del servizio indicato dall'art. 61 e la prestazione del servizio previsto dall'art. 78; servizio, quest'ultimo, che per molti versi appare simile al primo, pur essendo certamente privo dei rilevanti profili pubblicistici che invece connotano l'esercizio dei mercati regolamentati.




Al fine di attuare l'articolo 78 del testo unico (e, quindi di individuare gli obblighi informativi cui sottoporre i sistemi di scambi organizzati, i loro organizzatori e gli intermediari che vi partecipano) occorre preventivamente definire gli elementi costitutivi del fenomeno sul piano economico, onde stabilire il grado di similitudine con l'organizzazione di mercati regolamentati e il grado di diversità degli interessi sottesi.




Ciò implica innanzitutto l'individuazione dei connotati essenziali dell'attività di organizzazione degli scambi di strumenti finanziari, in guisa da distinguere gli scambi "occasionali" dai mercati "organizzati" ex artt. 61 ss e 78 del testo unico.




Poiché nelle forme di organizzazione degli scambi rientra sia la fattispecie delineata dall'art. 78, sia i mercati che appartengono all'area della regolamentazione disciplinata dagli artt. 61 ss. del testo unico, sembra opportuno pervenire alla definizione degli elementi costitutivi della fattispecie prevista dall'art. 78 a partire dalle caratteristiche economiche di un mercato regolamentato (4).







2. Gli elementi costitutivi di un mercato regolamentato




Nell'ordinamento comunitario la definizione di "mercato regolamentato" non è univoca: definizioni "settoriali" di " regulated market" o di " stock exchange" possono essere rinvenute nella Direttiva 93/22 sui servizi di investimento, nella Direttiva 93/6 sui requisiti patrimoniali, nella Direttiva 89/592 in materia di " insider trading" e nelle Direttive 82/121, 80/390, 79/279 riguardanti l'ammissione a quotazione nelle borse valori.




Analizzando le eterogenee definizioni di principio racchiuse nelle citate direttive, le principali esperienze estere e gli interessi sostanziali indicati dall'art. 63 del testo unico, sembra possibile ricostruire una nozione di mercato regolamentato che tenga conto non solo delle procedure finalizzate all'acquisto del relativo "status", ma anche della realtà economica di tali sistemi.




In questa prospettiva, gli elementi costitutivi di un mercato regolamentato sono:




1. Regole e organizzazione;

2. Trasparenza degli scambi;

3. Vigilanza.







2.1. Regole e organizzazione




La SEC ha recentemente proposto una definizione di " exchange" che si estende all'intera gamma dei "mercati organizzati", siano essi regolamentati o meno: tale nozione ricomprende " qualsiasi organizzazione che (1) raccolga e consolidi ordini su base multilaterale e che (2) offra strumenti tramite i quali, ovvero determini le condizioni materiali affinché, i partecipanti che trasmettono ordini al sistema possano accordarsi sui termini del contratto" (5)

.




Nella definizione proposta dalla SEC gli elementi organizzativi minimi sono costituiti da:




a) la presenza di un sistema di raccolta, diffusione e consolidamento di proposte di acquisto e di vendita;




b) la presenza di un sistema di esecuzione degli ordini ai fini della conclusione dei contratti.




Affinchè vi sia un mercato regolamentato, unitamente a questi elementi organizzativi occorre:




c) la presenza di un sistema che consenta il regolamento delle transazioni concluse, ovvero di un accordo con il gestore di un sistema di regolamento ( security settlement system) finalizzato a consentire il regolamento delle transazioni concluse sul mercato (6);




d) la presenza di un sistema di registrazione o archiviazione dei dati relativi alle contrattazioni concluse.




Indipendentemente dalla tecnologia impiegata nella gestione degli anzidetti sistemi, la componente centrale dell'organizzazione è data dalla presenza di "regole" idonee a disciplinare il funzionamento degli stessi.




La natura delle "regole" - legislativa, regolamentare, ovvero statutaria - può differire in base alle caratteristiche degli ordinamenti in cui si sviluppa il mercato (ordinamenti di civil law; di common law; presenza o meno di forme di autoregolamentazione, a loro volta variamente articolate).




Tuttavia, da un punto di vista generale, si ritiene che la " natura" delle regole che governano il funzionamento di un mercato non assuma particolare rilievo ai fini della classificazione del mercato stesso come "regolamentato"; ciò che conta primariamente, infatti, è che le regole esistano e che siano cogenti e assistite da sanzioni (penali, pecuniarie, disciplinari, interdittive, etc.).




Per ciò che attiene al contenuto, tali regole devono ovviamente essere idonee a perseguire gli interessi sostanziali - dianzi richiamati - cui l'ordinamento subordina l'attribuzione dello statusdi mercato regolamentato. In particolare, un mercato dovrebbe avere:




a) regole di ammissione dei negoziatoritali che possano divenire membri o avere accesso al mercato esclusivamente intermediari autorizzati in base alla normativa vigente, i quali inoltre dispongano di una adeguata organizzazione tecnico amministrativa;




b) regole di ammissione a quotazione degli strumenti finanziari. In proposito è opportuno distinguere tra strumenti finanziari non derivati e strumenti finanziari derivati.




Quanto ai primi, la disciplina dovrebbe imporre requisiti minimi tanto per i soggetti emittenti (possedere un patrimonio non inferiore ad un determinato ammontare; avere l'ultimo o gli ultimi bilanci in utile; avere incaricato un soggetto esterno ed indipendente della certificazione della contabilità aziendale; etc.), quanto per gli strumenti finanziari stessi (libera trasferibilità; idoneità ad essere trattati nell'ambito delle procedure di liquidazione e compensazione dei contratti; sufficiente diffusione tra gli investitori; etc.).




Quanto ai secondi, le regole dovrebbero almeno prevedere che possano essere ammessi alle negoziazioni i soli contratti derivati che abbiano una effettiva finalità economica ed a fronte dei quali esista un mercato del sottostante sufficientemente liquido.




c) regole di contrattazione. In questo ambito rientrano tutte le disposizioni concernenti i meccanismi di formazione dei prezzi e che quindi, in un certo senso, costituiscono gli elementi caratterizzanti la microstruttura del mercato (mercati ad asta, continua e a chiamata, con e senza " specialist"; mercati di dealer/market maker; mercati che adottano sistemi misti; disciplina delle varie fasi di apertura, contrattazione e chiusura del mercato; etc.).




d) regole che assicurino l'integrità del mercato. Oltre all'esistenza di regole che disciplinano la contrattazione, occorrono regole in grado di assicurare che le stesse si svolgano secondo criteri di correttezza: queste ultime si ricollegano direttamente alla nozione di " market integrity" (7); nozione che tra l'altro ricomprende gli obblighi di condotta, anche informativa, a carico di negoziatori ed emittenti. Infatti, la presenza di fenomeni di manipolazione dei prezzi o di insider tradingriduce sostanzialmente il grado di fiducia degli investitori nei confronti della capacità del mercato di funzionare regolarmente e di garantire la parità di accesso degli investitori stessi alle informazioni rilevanti, con effetti negativi misurabili anche in termini di minore liquidità del mercato ed aumento dei costi di transazione.




Un mercato regolamentato, quindi, deve essere tutelato da pratiche negoziali illecite quali il front running, nonchè - in termini generali - l' insider tradinge la manipolazione; allo stesso modo, la normativa dovrebbe contemplare specifici obblighi di disclosure, continua e periodica, in capo agli emittenti gli strumenti finanziari quotati.







2.2. Trasparenza degli scambi




Un mercato, per essere considerato regolamentato, deve poi rispettare degli standard minimi di trasparenza in materia di:




a) informazioni sulle condizioni (prezzi e quantità) alle quali può essere eseguita una negoziazione (" pre trade transparency"). Tali informazioni sono infatti indispensabili agli operatori (investitori privati, investitori istituzionali e gli stessi intermediari che partecipano al mercato) per valutare in ogni momento la convenienza economica delle scelte di investimento o disinvestimento da operare;




b) informazioni sulle condizioni (nuovamente prezzi e quantità) alle quali sono effettivamente avvenuti gli scambi (" post trade transparency"). Si tratta non solo di consentire agli investitori che hanno richiesto l'esecuzione di un particolare ordine di conoscere le condizioni effettive di prezzo alle quali l'ordine è stato eseguito ma, più in generale, di assicurare ai diversi partecipanti al mercato un'informazione precisa, tempestiva e continua del prezzo che il mercato stesso assegna a ciascuno degli strumenti finanziari che vi sono negoziati.







2.3. Vigilanza




Infine, un mercato regolamentato deve essere caratterizzato dalla presenza di una funzione di vigilanza.




L'esperienza mostra che l'articolazione della supervisione può variare notevolmente a seconda della struttura dei controlli adottata dai singoli paesi e della maggiore o minore presenza di forme di autoregolamentazione. Ne risulta che la relativa funzione è stata in taluni casi affidata direttamente al soggetto gestore del mercato, in altri ad una autorità esterna ed indipendente (normalmente pubblica), in altri ancora ad entrambi.




In ogni caso, il supervisore dovrà verificare, da un lato, che il mercato stesso rispetti le regole che ne governano il funzionamento (ad es. in materia di ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni) e, dall'altro, che gli intermediari che vi partecipano rispettino la disciplina prevista per lo svolgimento delle contrattazioni.




3. La realtà economica degli "scambi organizzati": le principali esperienze estere




L'analisi economica e le prospettive di disciplina dei sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati ha avuto luogo inizialmente in quei paesi (USA, Canada, Australia e parzialmente nel Regno Unito) nei quali si sono originariamente sviluppati i c.d. "sistemi di contrattazione proprietari" (PTS - proprietary trading system) o sistemi di contrattazione alternativi (ATS - " alternative trading system" (8)).




Sul significato economico degli ATS e sui lineamenti della loro specifica regolamentazione si è dibattuto anche in sede IOSCO (9).




L'impiego sempre più massiccio degli strumenti telematici ha determinato profondi cambiamenti nelle caratteristiche e nelle modalità di offerta di prodotti e servizi finanziari, nei sistemi di contrattazione e nella struttura dei mercati.




Al di là del semplice aspetto quantitativo, gli effetti positivi di tale processo di innovazione sono stati identificati nella riduzione dei costi di contrattazione, nella maggiore facilità di accesso alle informazioni e nell'incremento della quantità di informazione disponibile (10), nell'ampliamento della gamma di prodotti e servizi offerti e della platea di potenziali investitori, nell'aumento della competizione e della specializzazione dei mercati e degli intermediari.

L'emergere di nuove figure di fornitori di servizi di negoziazione (in particolare gli ATS), se, da un lato, non modifica i principi generali sui cui e' fondata la regolamentazione dei mercati secondari (11), dall'altro, determina la necessità di ripensare le modalità con cui tali principi debbano essere applicati a fenomeni che possono sfuggire alle tradizionali forme di legislazione e di regolamentazione, generalmente basate su una distinzione netta tra mercati ed intermediari e tra partecipanti alle contrattazioni (gli intermediari) e i committenti e strettamente ancorate al concetto di "territorialità".




La necessità di non mortificare l'innovazione finanziaria, di non limitare la competizione nell'offerta di servizi e prodotti finanziari e di dare certezza giuridica a chi opera, nonché l'esigenza di prevedere regole che garantiscano l'integrità del mercato e la tutela dell'interesse pubblico costituiscono i confini entro i quali deve svolgersi, anche in questa materia, l'azione delle Autorità di regolamentazione e controllo.




Secondo alcuni, il migliore approccio alla regolamentazione delle nuove forme organizzative assunte dai mercati secondari e' quello di disciplinare le singole funzioni di negoziazione, indipendentemente dall'istituzione che le svolge (c.d. modello di " regolamentazione funzionale"). In tale modello, il principio base e' che a parità di funzioni da chiunque svolte debbono applicarsi le medesime regole (12).




Questo principio di semplice enunciazione risulta tuttavia di scarsa utilità pratica; esso, infatti, produce tendenzialmente risultati non dissimili da quelli derivanti dall'adozione del modello di regolamentazione " per istituzioni", secondo cui l'assegnazione di un soggetto ad una categoria (intermediario o "mercato") e' determinata unicamente in funzione delle attività esercitate.




L'approccio " funzionale", inoltre, potrebbe portare la regolamentazione a sottostimare o a trascurare le implicazioni derivanti dal contemporaneo svolgimento di più funzioni da parte dello stesso soggetto; in altri termini, tale approccio non tiene in debito conto la circostanza che la realtà di un soggetto che svolge una pluralità di attività e' più complessa rispetto alla mera somma delle singole attività svolte.




Un secondo approccio vorrebbe una totale separazione tra la regolamentazione dei sistemi di contrattazione e la regolamentazione di tutti gli altri aspetti rilevanti per la tutela degli investitori e dei partecipanti alle negoziazioni. Tale approccio viene giustificato per il fatto che lo sviluppo di sistemi di contrattazione di tipo proprietario e la progressiva trasformazione delle borse da "organizzazioni di tipo mutualistico" a imprese commerciali (13) ha reso il settore dei produttori di servizi di negoziazione simile a qualsiasi altro settore industriale. Pertanto, la concorrenza tra produttori di servizi di negoziazione e tra i relativi sistemi di contrattazione non dovrebbe essere alterata da una regolamentazione che si differenzia in relazione alla dimensione o alla natura del produttore del servizio (14). Come per ogni altro settore industriale, la competizione tra sistemi di contrattazione dovrebbe dunque essere soggetta esclusivamente alla vigilanza delle Autorità competenti in materia di antitrust.




Questo approccio non tiene conto, peraltro, della circostanza che la protezione degli investitori e dei partecipanti ad un mercato e' anche funzione della struttura del mercato e delle modalità con cui i servizi di contrattazione vengono forniti e che la sola competizione tra sistemi non appare in grado di garantire la tutela di tali interessi.




Il terzo ed ultimo approccio, infine, si basa sull'introduzione di una definizione di mercato regolamentato articolata in più livelli:




- il primo livello di "mercato regolamentato" sarebbe costituito da ATS, caratterizzati da un basso livello di scambi e da un meccanismo di formazione dei prezzi "passivo" (che accetta cioè le condizioni di prezzo che si formano su un mercato principale di riferimento). A questo livello può ricondursi la suindicata ipotesi degli intermediari che svolgono l'attività di brokerpuro, ovvero di broker-dealer, per il tramite di supporti tecnico-organizzativi che facilitano l'incrocio fuori mercato degli ordini ricevuti dai propri clienti;




- il secondo livello sarebbe rappresentato da ATS che sono simili ai "mercati regolamentati" tradizionali, per gli elevati volumi di scambi e per la presenza di un autonomo processo di formazione dei prezzi;




- il terzo livello rimarrebbe quello delle "borse" tradizionali.




A ciascun livello corrisponderebbero obblighi regolamentari differenziati e via via più intensi; in altri termini i requisiti relativi alla organizzazione, alle regole adottate e alla trasparenza sarebbero più o meno stringenti a seconda della appartenenza del mercato regolamentato alla prima, alla seconda o alla terza classe (15).




Per altro verso, potrebbe essere preferibile non creare classificazioni tra mercati regolamentati, in quanto la definizione di requisiti differenziati riproporrebbe il problema dei minori costi (e quindi dei vantaggi competitivi) di alcuni sistemi rispetto ad altri. Si dovrebbero poi definire i criteri in base ai quali gestire il passaggio da un "segmento" all'altro e si porrebbe l'ulteriore problema se sia possibile consentire il passaggio da un livello più regolamentato ad un livello con requisiti regolamentari inferiori.







3.1 La realtà economica degli "scambi organizzati" in Italia




Con riguardo alla situazione italiana, occorre, in primo luogo, segnalare che la previsione legislativa di consentire lo sviluppo di forme di scambio alternative ai mercati regolamentati trova un vincolo nella vigente disciplina sulla concentrazionedegli scambi di strumenti finanziari quotati (cfr. delibera Consob n. 10358 del 10.12.96 e successive modificazioni). Allo stato attuale, infatti, strumenti finanziari quotati potrebbero essere negoziati in un sistema di scambi organizzatisolo per quantitativi superiori a quelli stabiliti per i blocchi o, indipendentemente dalla dimensione dell'ordine, nel caso in cui i prezzi dei contratti fossero compresi, in ciascun istante, tra quello della migliore proposta in acquisto e quello della miglior proposta in vendita (cosiddetta regola della "best execution"). Tali condizioni limitano notevolmente la possibilità che per gli strumenti finanziari quotati si sviluppino forme di scambio alternative ai mercati regolamentati.




Conseguentemente, l'analisi della realtà italiana si è concentrata sulle negoziazioni di strumenti finanziari non quotati.




Rispetto al contesto internazionale la situazione italiana evidenzia due peculiarità:




a) da un lato, esistono forme di scambio organizzate alle quali partecipano esclusivamente istituzioni finanziarie e che pertanto sono precluse al pubblico dei risparmiatori: è qusto il caso del MID (16) e del mercato dell' over-night interest swap;




b) dall'altro, esistono scambi che coinvolgono gli investitori privati e che spesso sono organizzati dallo stesso soggetto emittente gli strumenti finanziari oggetto di negoziazione. E' il caso, ad esempio, degli scambi di azioni e obbligazioni emesse da banche.




Con riferimento a questi ultimi, vanno segnalate le risultanze di una indagine conoscitiva recentemente svolta dalla scrivente su un gruppo di 32 banche che hanno effettuato una OPV sui propri titoli azionari. Dopo una prima analisi, si è provveduto a selezionare un campione di 5 banche che hanno dichiarato di effettuare scambi giornalieri di controvalore complessivamente superiore a lire 500 milioni e si è provveduto ad incontrare i relativi esponenti al fine di acquisire elementi informativi di maggior dettaglio concernenti, in particolare, il processo di formazione del prezzo, il grado di informazione disponibile per il pubblico e le strutture tecnico-organizzative utilizzate.




Nel corso degli incontri (17) è emerso che:




- esistono unità organizzative dedicate alla negoziazione degli ordini aventi ad oggetto le azioni di propria emissione che si avvalgono, per la gestione del flusso degli ordini anche di supporti informatici;




- esistono procedure interne che definiscono modalità e termini di trattazione degli ordini e criteri di determinazione dei prezzi;




- la determinazione del prezzo di esecuzione è risultata esogena alla domanda e all'offerta in 3 casi su 5; in tali casi il prezzo viene stabilito dal Consiglio di amministrazione o dal Comitato esecutivo della banca emittente sulla base dei valori di patrimonio;




- l'informativa al pubblico è effettuata attraverso la pubblicazione giornaliera o periodica dei prezzi nelle agenzie e in taluni casi con informativa diretta agli interessati.




Tutte le banche incontrate hanno inoltre evidenziato la presenza di ulteriori scambi sui propri titoli sul c.d. "terzo mercato".




Per ciò che attiene, invece, agli scambi di titoli obbligazionari, occorre segnalare che il fenomeno è notevolmente cresciuto negli ultimi due anni in conseguenza della penalizzazione fiscale introdotta per i certificati di deposito (sui cui interessi grava un'aliquota del 27%, a fronte di un'aliquota del 12.5% applicabile agli interessi pagati dai titoli obbligazionari); lo stock di obbligazioni emesse da banche al 31 marzo 1998 era di 396.467 (18) miliardi di valore nominale (+5% rispetto allo stock di fine '97 e+41% rispetto allo stock di fine 1996) di cui solo il 23% ammesso a quotazione in borsa (nel segmento MOT).




All'interno della categoria dei titoli obbligazionari, stanno assumendo sempre maggiore importanza le c.d. obbligazioni "strutturate" il cui rendimento è legato all'andamento dell'indice di borsa o ad altri parametri finanziari (si stima che il loro stock complessivo oggi sia compreso tra i 12 e 15 mila miliardi, pari al 3% circa del totale dello stock). Anche per esse si può ragionevolmente supporre che gli scambi sul mercato secondario siano per lo più organizzati dallo stesso emittente che fissa le relative condizioni di prezzo.







4. Elementi costitutivi dei sistemi di scambi organizzati




Partendo dai 3 elementi costitutivi di un mercato regolamentato (Regole e organizzazione, trasparenza e vigilanza) si è cercato di individuare gli elementi che debbono essere presenti nel caso dei sistemi di scambi organizzati; e ciò anche al fine di distinguere tali sistemi dagli scambi "occasionali".







4.1 Regole e organizzazione




In primo luogo, sembrano rilevanti sia l'aspetto normativo che quello organizzativo. Per quanto riguarda l'aspetto normativo, esso dovrebbe consistere in un nucleo essenziale di regole che consentano un minimo di standardizzazione dei comportamenti e che diano certezza alle modalità di conclusione dei contratti.




Allo stesso modo gli elementi di organizzazione dovrebbero essere quelli minimi necessari a consentire la raccolta e la diffusione di proposte di negoziazione e l'esecuzione delle stesse (in questa ipotesi si ritiene che sia necessario che la conclusione del contratto avvenga all'interno e per il tramite del sistema; conseguentemente, un mero "bulettin board" non configurerebbe un SSO, in quanto la conclusione del contratto avviene telefonicamente e, quindi, al di fuori del sistema stesso).




La presenza di accordi o sistemi che garantiscano il regolamento delle transazioni concluse nel sistema, non sembra, invece essere rilevante ai fini della definizione di un SSO.




Conseguentemente una definizione di sistema di scambi organizzati (SSO) potrebbe essere la seguente:




- un insieme di norme standardizzate e di strutture anche automatizzate che consentono di:




i) raccogliere da e diffondere ai partecipanti al sistema o ad una generalità indistinta di soggetti proposte di negoziazione aventi ad oggetto strumenti finanziari;




ii) dare esecuzione a dette proposte, incrociandole tra loro o eseguendole in proprio in modo che il contratto si concluda per il tramite del sistema medesimo.




Il sistema dovrebbe svolgere tali attività in via continuativa, di guisa che i suoi partecipanti possano considerare probabile l'esecuzione degli ordini immessi a condizioni di prezzo in linea con quelli espressi dal sistema.




La definizione è in grado di includere anche fattispecie che, pur non essendo ancora concretamente operanti in Italia, potrebbero realizzarsi alla stregua dei possibili sviluppi futuri della tecnologia: ad esempio, si tratta di sistemi di scambi organizzati tramite "internet" o tramite networktelematici aventi struttura centralizzata.




Inoltre, la definizione è idonea ad includere fenomeni quali lo scambio di titoli bancari "allo sportello", qualora tali scambi posseggano caratteristiche di continuità e elementi minimi di organizzazione (19).






4.2 Trasparenza degli scambi




Gli obblighi di trasparenza degli scambi da imporre agli SSO potrebbero essere modulati in funzione dell'accessibilità del pubblico al sistema e ai prodotti in esso trattati; ed invero, i sistemi di negoziazione ai quali abbia accesso il pubblico dei risparmiatoridevono rispettare standard informativi che tengano conto delle peculiari esigenze di discosureconnesse a tale circostanza.




In materia di scambi organizzati, il fatto che le negoziazioni avvengano all'ingrosso non è certamente privo di significato: in presenza di transazioni dall'entità minima particolarmente elevata, infatti, è difficile che il sistema consenta l'accesso diretto agli investitori non professionali.




Ne consegue che la dimensione minima delle transazioni potrebbe tracciare il confine tra due diverse categorie di sistemi di negoziazione non regolamentati, cui corrispondono differenti esigenze di tutela a favore dei rispettivi partecipanti.




E' possibile distinguere, in particolare, tra la categoria degli SSO che prevedono un controvalore minimo per ogni singola transazione pari o superiore a 300 milioni di lire (20) e la categoria di SSO che prevedono la possibilità di effettuare transazioni anche per importi inferiori, onde applicare alla prima categoria obblighi di trasparenza sugli scambi di entità ridotta in confronto agli obblighi che potrebbero trovare applicazione nei riguardi della seconda categoria (21).







4.3. (Segue): le regole che assicurano l'integrità degli scambi




Nei confronti degli scambi organizzati che trattino strumenti finanziari non quotati non trovano applicazione, per espressa volontà del legislatore, le disposizioni in materia di insider tradinge di manipolazione. L'articolo 183, comma 2, del Testo Unico stabilisce, infatti, che le relative disposizioni "si applicano ai fatti concernenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea".




Quanto agli obblighi di disclosure cui gli emittenti strumenti finanziari trattati dagli SSO, si rileva preliminarmente che l'art. 78 si riferisce esclusivamente alla trasparenza sugli scambi. Tuttavia, gli emittenti azioni o obbligazioni diffuse in misura rilevante tra il pubblico sono obbligati al rispetto delle disposizioni dell'articolo 114 del Testo Unico (Comunicazioni al pubblico) ed alle relative disposizioni di attuazione recentemente adottate dalla Consob con regolamento n. 11520 del 1° luglio 1998.




E' improbabile che su strumenti finanziari non diffusi tra il pubblico ai sensi dell'art. 116 si possano sviluppare scambi organizzati fuori dai mercati regolamentati. Di conseguenza, gli obblighi di disclosureintrodotti dal citato regolamento Consob n. 11520 del 1° luglio 1998 risulta soddisfacente anche ai fini che qui interessano e non si ritiene necessario formulare alcuna specifica proposta in materia di SSO (22).







5. Modalità di rilevazione degli SSO




E' necessario che gli obblighi di trasparenza sugli scambi organizzati exart. 78 del testo unico siano assistiti da disposizioni riguardanti la rilevazione dei relativi sistemi. Conformemente al criterio adottato in materia di strumenti finanziari rilevantemente diffusi tra il pubblico, a tale scopo sembra opportuno innanzitutto prevedere che gli organizzatori di SSO dichiarino alla Consob l'esistenza dei sistemi e le norme che li caratterizzano, incluse le informazioni circa le regole di formazione del prezzo e le caratteristiche degli strumenti finanziari trattati.




E' inoltre opportuno che la Consob vigili sull'adempimento di questo preliminare obbligo di comunicazione: a tal fine, potrebbe essere introdotto, ai sensi dell'art. 8 del testo unico, l'obbligo per i "soggetti abilitati" di comunicare trimestralmente alla Consob informazioni aventi ad oggetto gli scambi effettuati su strumenti finanziari non quotati (controvalore, quantità e frequenza delle negoziazioni).




Ulteriori verifiche potrebbero essere condotte dalla Consob con riferimento alla movimentazione dei conti relativi a strumenti finanziari non quotati eventualmente accesi presso la società di gestione accentrata, nonchè attraverso la rilevazione di dati presso il sistema di RRG.




6. Conclusioni




Le linee guida d'intervento della Consob nella materia degli scambi organizzati potrebbero pertanto essere le seguenti:




Definizione di sistema di scambi organizzati:




Un SSO potrebbe essere definito come un insieme di norme standardizzate e di strutture anche automatizzate che consente di raccogliere da e diffondere ai partecipanti al sistema o al pubblico proposte di negoziazione aventi ad oggetto strumenti finanziari e di dare esecuzione a dette proposte, incrociandole tra loro o eseguendole in proprio in modo che il contratto si concluda per il tramite del sistema medesimo. Tali attività devono essere svolte dal sistema con continuità tale che i partecipanti possano ragionevolmente considerare probabile l'esecuzione dei loro ordini immessi a condizioni di prezzo in linea con quelli espressi dal sistema.







Obbligo di comunicare alla Consob lo svolgimento di SSO:




Analogamente alle disposizioni racchiuse nell'art. 58 del citato Regolamento Consob n. 11520/98 si potrebbe prevedere che l'organizzatore di un SSO, come definito in precedenza, trasmetta senza indugio alla Consob apposita comunicazione in cui dichiara di esercitare una attività rilevante ai sensi dell'art. 78 del testo unico. Contestualmente andrebbero comunicate alla Consob informazioni circa le regole di formazione del prezzo e le caratteristiche degli strumenti finanziari trattati. Potrebbe inoltre essere stabilito che la Consob pubblichi periodicamente l'elenco degli SSO organizzati in Italia. Resterebbe ferma l'opportunità di introdurre adeguati strumenti di verifica delle descritte comunicazioni, secondo le linee di intervento indicate nel precedente paragrafo.







Obblighi di registrazione:




Gli SSO dovrebbero essere assoggettati ad obblighi di registrazione in forma elettronica delle proposte e dei contratti conclusi: al riguardo, sembra opportuno stabilire il contenuto minimo delle registrazioni e la possibilità per la Consob di effettuare su di esse estrazioni e ricerche in base a "chiavi" definite (23).







Obblighi di "reporting" nei confronti della Consob:




Come già evidenziato, gli SSO dovrebbero comunicare alla Consob informazioni circa le regole di formazione del prezzo e le caratteristiche degli strumenti finanziari trattati: qualora l'SSO sia accessibile anche agli investitori non professionali (quando cioè l'importo minimo della transazione sia inferiore a lire 300 milioni) tali informazioni dovrebbero essere messe a disposizione anche del pubblico. Nel medesimo caso l'SSO dovrebbe inoltre comunicare alla Consob con frequenza quotidiana per ciascuno strumento finanziario trattato, il numero dei contratti conclusi, le quantità complessivamente scambiate ed il relativo controvalore, l'ultimo prezzo fatto, il prezzo minimo e quello massimo.







Obblighi di trasparenza "pre trade":




Non sembra necessario prevedere particolari obblighi in materia (24).










Obblighi di trasparenza "post trade":




Quando l'SSO sia accessibile anche agli investitori non professionali l'SSO stesso dovrebbe pubblicare quotidianamente (anche solo attraverso la mera comunicazione ad un "information vendor") per ciascuno strumento finanziario trattato, il numero dei contratti conclusi, le quantità complessivamente scambiate ed il relativo controvalore, l'ultimo prezzo fatto, il prezzo minimo e quello massimo.







Obblighi di disclosure societaria:




Non dovrebbero essere previsti obblighi specifici al riguardo, fermo restando che, all'occorrenza, si applicano quelli previsti per gli emittenti con azioni o obbligazioni diffuse tra il pubblico ai sensi del Regolamento n. 11520 del 1 luglio 1998.

[ANTICIPATA VIA FAX]







DIVISIONE MERCATI

Ufficio Organizzazione Mercati




Procedimento n. 1998009494

Protocollo:

Destinatari:

(80962)

(77182) ALL'ASSOCIAZIONE BANCARIA (154625) ITALIANA

(94244) ROMA

(157577)

(123470) ALL'ASSOGESTIONI

(157270) ROMA

(41579)

(109174) ALLA BORSA ITALIANA S.P.A.

MILANO




ALL'ASSOSIM

MILANO




ALL'MTS S.P.A.

ROMA




ALL'UNIONSIM

ROMA




ALL'ASSONIME

ROMA




ALLA MONTE TITOLI S.P.A.

MILANO




AL CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI ORDINI DEGLI AGENTI DI CAMBIO

ROMA







OGGETTO: Art. 78 del Testo Unico della Finanza - Nota tecnica in materia di modalità, termini e condizioni dell'informazione al pubblico sugli scambi organizzati.
















In relazione all'argomento in oggetto si trasmette l'allegata nota tecnica e si prega di far conoscere eventuali osservazioni entro e non oltre il 18 settembre p.v..




Si ringrazia per la collaborazione e si porgono distinti saluti.
















IL PRESIDENTE













Allegati: c.s.







B988038K.let

GFT

1. Sul punto, v. più diffusamente, infra, §. 3.

2.2Tale previsione non era presente nelle analoghe disposizioni del d.lgs. n. 415 del 1996 (cfr. articolo 55).

3. Sotto altro profilo, l'art. 79 del testo unico esclude che le predette disposizioni si applichino agli scambi organizzati di fondi interbancari, sui quali vigila esclusivamente la Banca d'Italia.

4. Ciò anche allo scopo di evidenziare le circostanze di natura economica in grado di determinare il passaggio dalla sfera dell'organizzazione alla sfera della regolamentazione ( id est: il passaggio dall'organizzazione e gestione di un sistema non regolamentato di scambiall'organizzazione e gestione di un mercato regolamentato).

5.5Cfr. SEC, SECURITIES AND EXCHANGE COMMISSION, 17 CFR Part 240, Release No. 34-38672; International Series Release No. IS-1085; File No. S7-16-97 Regulation of Exchanges., pagg. 13-14 " ...The Commission could reinterpret the term "exchange" to include any organisation that both: (1) consolidates orders of multiple parties and (2) provides a facility through which, or sets material conditions under which, participants entering such orders may agree to the terms of trade.".

6.6I sistemi di regolamento (SSS) e le clearing house di cui si avvalgono i mercati regolamentati dovrebbero anch'essi essere sottoposti ad uno specifico regime di autorizzazione e vigilanza da parte dell'Autorità - Cfr. IOSCO, Objectives and Principles of Securities Regulation - Apr. 1998, pag. 41.

7. In questo ambito si pongono quei criteri di determinazione del prezzo di " settlement" degli strumenti derivati idonei a impedire la manipolazione, anche perchè tengono conto dell'impatto sul funzionamento del mercato del sottostante.

8.8La definizione di ATS comprende essenzialmente cinque possibili configurazioni:

- i " bullettin boards", mere "pagine elettroniche" su cui vengono esposte proposte di acquisto o vendita di titoli che non consentono la conclusione automatica del contratto;

- i sistemi "proprietari", sviluppati da uno " sponsor" che ne concede l'uso ad un insieme di utenti-sottoscrittori;

- i sistemi di interconnessionetra intermediari e loro clientela (c.d " broker-run" ATS);

- i sistemi "non proprietari", sviluppati da un mercato regolamentato e da questo controllati attraverso un legame proprietario o un legame gerarchico, in questo caso l'ATS può essere considerato come un segmento del mercato regolamentato (c.d. exchange-runATS);

- Internet e altre reti telematiche.

9. Cfr. IOSCO Technical Committe Report on Issues in the Regulation of Cross-Border Proprietory Screen Based trading Systems (Ott. 1994)

10.10Peraltro, si nota che l'incremento della quantità di informazione inizia a porre consistenti problemi in ordine alla capacità dei destinatari delle informazioni stesse di discernere quelle realmente rilevanti tra la messe di dati disponibili. Cfr. V. Houlder "Intelligent reading" - F.T. 11 giungo 1997.

11.11Cfr. IOSCO Technical Committe Report on Issues in the Regulation of Cross-Border Proprietory Screen Based trading Systems, cit., nota 2, a) pag.4:

" In summary, the regulatory provisions relating to the conduct of trading systems are primarily concerned to ensure:

- fair, orderly, competitive, efficient and informed markets;

- the prevention of fraud, dishonesty, and manipulative behaviour in relation to systems designed to facilitate the buying, selling or exchange of securities;

- the prudential soundness of markets and their participants;

- the appropriate monitoring, surveillance and enforcement of national securities laws in relation to organised transactions in securities.".

12.12Cfr. OCSE, "Structural Changes in Securities Markets", Daffe/CMF (96)20 pp 23/26.

13.13E' il caso, ad es., della borsa italiana, della borsa olandese, di quella svedese e di quella australiana.

14.14L'imposizione di particolari obblighi regolamentari, quali ad esempio quello di fornire in tempo reale informazioni circa i contratti conclusi, ha impatti immediati in termini di costi di produzione del servizio, che si riflettono poi sulle tariffe di ammissione al sistema e di contrattazione e allo stesso tempo determinerebbe svantaggi competitivi. Infatti, un ATS passivo utilizzerebbe gratuitamente il processo di " price discovery" che si realizza sul mercato regolamentato per offrire il suo servizio di incrocio degli ordini.

15.15E' il tipo di approccio proposto dalla SEC, SECURITIES AND EXCHANGE COMMISSION, nel documento 17 CFR Part 240, Release No. 34-38672; International Series Release No. IS-1085; File No. S7-16-97 Regulation of Exchanges. In seguito, nel proprio documento Regulation of Exchanges and Alternative Trading Systems (Release No 34-39884, File No S7-12-98), la stessa SEC ha proposto che gli ATS siano liberi di scegliere se assoggettarsi alla disciplina dei mercati regolamentati tradizionali o a quella degli intermediari. In questo caso, essi dovrebbero altresì rispettare particolari obblighi di registrazione delle operazioni eseguite, di collegamento con i mercati regolamentati al fine di garantire il soddisfacimento delle condizioni di best execution, di priorità nell'esecuzione degli ordini, etc..

16.16Su tale mercato "non regolamentato" vengono scambiati fondi interbancari che, a rigore, non rientrano nella nozione di strumento finanziario. Anche per tale motivo, sul MID le competenze di vigilanza sono assegnate alla sola Banca d'Italia e non anche alla Consob (cfr. articolo 79 del Testo Unico).

17.17Cfr. per un maggiore dettaglio le schede allegate.

18. Fonte: Banca d'Italia - Bollettino statistico maggio 1998.

19.19In questi casi, infatti, come emerge dalle indagini svolte (cfr. par. 3), è possibile, oltre che registrare nei fatti la continuità delle negoziazioni, individuare i seguenti elementi organizzativi: esistenza di unità organizzative dedicate alla negoziazione degli ordini aventi ad oggetto strumenti finanziari di propria emissione (talvolta esistono veri e propri "uffici soci" che si occupano delle relative operazioni); esistenza di procedure interne che definiscono modalità e termini di trattazione degli ordini e i criteri di determinazione del prezzo; esistenza di procedure di settlement autogestite.

20.20L'importo corrisponde alla definizione minima di "blocco" contenuta nel regolamento sulla concentrazione di cui alla delibera n. 10358 del 10 dicembre 1996 e successive modificazioni.

21. Per ciò che attiene agli strumenti finanziari derivati, tuttavia, tale criterio di distinzione appare particolarmente problematico, tenuto conto della circostanza che la leva finanziaria consente negoziazioni di importo nominale particolarmente elevato con l'impiego di margini ridotti.

22. In teoria non può escludersi che emittenti non diffusi tra il pubblico abbiano strumenti finanziari trattati da un SSO: ove la fattispecie si realizzasse, si potrebbe adeguare la definizione dell'articolo 19 del citato Regolamento n. 10520 del 1998

23.23Si tratta, in sintesi, di introdurre una disciplina non dissimile nei contenuti da quella applicabile agli intermediari con riferimento agli obblighi di registrazione degli ordini e delle operazioni (cfr. art. 63 del Regolamento n. 11522 del 1 luglio 1998 e le norme regolamentari in via di adozione che attuano l'art. 65 del testo unico).

24.24Limitatamente agli SSO accessibili anche agli investitori non professionali andrebbe approfondita l'ipotesi di introdurre obblighi di trasparenza sulle condizioni di prezzo alle quali è possibile effettuare una transazione.