Regolamento mercati - Nota tecnica in materia di obblighi di esecuzione nei mercati regolamentati delle operazioni aventi ad oggetto titoli quotati (art. 25, d.lgs. n. 58/98) - AREA PUBBLICA
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NOTA TECNICA Art. 25 T.U. - obblighi di esecuzione nei mercati regolamentati delle operazioni aventi ad oggetto titoli quotati. |
1. Premessa
L'art. 25, comma 2 del D.Lgs 58/1998 stabilisce che la Consob possa disciplinare con regolamento le ipotesi in cui la negoziazione degli strumenti finanziari trattati nei mercati regolamentati italiani debba essere eseguita nei mercati regolamentati individuando anche, conformemente alla normativa comunitaria, le condizioni in presenza delle quali l'obbligo non sussiste. Il citato art. 25 replica sostanzialmente il contenuto dell'art. 21, comma 2 del previgente D.Lgs 415/1996 al quale la Consob aveva dato attuazione con la delibera 10358 del 10 dicembre 1996 ( all.1). Poiché il citato provvedimento della Consob aveva una durata limitata ad un anno e in considerazione del fatto che all'approssimarsi della scadenza dell'efficacia del provvedimento non erano emersi elementi nuovi che suggerissero di modificarne i contenuti, gli effetti del provvedimento in questione erano stati prorogati per un ulteriore anno, fino al dicembre 1998, con la delibera 11134 del 22 dicembre 1997 ( all.2). Nella presente nota tecnica verranno presentati elementi di valutazione in merito all'adozione di un nuovo provvedimento contenente disposizioni in materia di obbligo di esecuzione delle negoziazioni nei mercati regolamentati. Nel paragrafo due verranno brevemente illustrate le caratteristiche qualitative di un mercato secondario di strumenti finanziari, distinguendo tra mercati ad asta (cd. order driven) e mercati di dealers(cd. quote driven), anche mettendole in relazione alle diverse esigenze dei partecipanti al mercato e alle finalità generali che la legge assegna alla regolamentazione dei mercati mobiliari; nel paragrafo tre verrà fornita una definizione di "frammentazione" distinguendo in particolare tra "frammentazione esterna" e "frammentazione interna", saranno poi elencate le possibili cause della frammentazione dei mercati cui seguirà una breve trattazione sugli effetti che derivano dalla frammentazione. Nel paragrafo quattro si riporteranno sinteticamente le soluzioni adottate in materia nei principali paesi europei. Nel paragrafo cinque si riepilogheranno i risultati di una analisi della liquidità del mercato di borsa italiano effettuata, alla fine del 1997, dall’allora Consiglio di Borsa. Nel paragrafo sei, infine, si avanzeranno delle proposte in merito al nuovo provvedimento che la Consob potrebbe adottare.
2. Obiettivi della regolamentazione e attributi del mercato
L'art. 64 del D.Lgs. 58/1998 attribuisce alla Consob il potere-dovere di garantire la trasparenza e l’ordinato svolgimento delle negoziazioni nei mercati regolamentati ai fini di raggiungere il più generale obiettivo della tutela degli investitori. Tali obiettivi debbono essere perseguiti dalla Consob sia attraverso la sua attività regolamentare, sia attraverso lo svolgimento delle sue funzioni di vigilanza sulle società di gestione e sui mercati. Mentre il concetto di trasparenza non richiede interpretazioni, il concetto di ordinato svolgimento delle negoziazioni richiede una maggiore specificazione. In via generale, poiché la funzione di un mercato e’ quella di consentire la formazione di un prezzo del bene oggetto delle negoziazioni, il concetto di ordinato svolgimento delle negoziazioni deve essere riferito al processo di formazione del prezzo e, quindi, alle condizioni che garantiscono che tale processo si svolga in maniera efficiente, non manipolabile e trasparente. E’ quindi necessario individuare dei parametri in base ai quali misurare la "qualità" di un mercato. Gli attributi rispetto ai quali si può misurare l'efficienza e l'efficacia di un mercato secondario di strumenti finanziari sono: - liquidità, - immediatezza, - trasparenza, - processo di formazione dei prezzi (cd. price discovery) - costi di transazione, - fairness.
a) Liquidità
Il concetto di liquidità ha a che fare con la facilità e la certezza con la quale una attività non monetaria può essere convertita in contante. Nei mercati azionari la liquidità può essere definita come la capacità del mercato di assorbire ordini di acquisto o vendita allo stesso prezzo dell'ultimo contratto concluso o nelle sue immediate vicinanze (cioè, senza che i nuovi ordini modifichino sostanzialmente le correnti condizioni di mercato). Quanto maggiore e' il numero di ordini ed il volume di titoli che può essere scambiato senza movimenti di prezzo tanto maggiore e' la liquidità del mercato. La liquidità del mercato dipende pertanto da:
Occorre inoltre tenere presente che "liquidità genera liquidità"; infatti, a parità di altre condizioni, gli investitori tenderanno ad indirizzare i loro flussi di ordini verso i mercati più liquidi contribuendone a migliorare le caratteristiche di profondità, ampiezza e resilienza. Da ciò deriva che un mercato deve raggiungere una "massa critica" per sopravvivere come tale. Nei mercati ad asta la liquidità " visibile" e' fornita dagli ordini a prezzo limitato esposti nel registro degli ordini (cd. " market order book"); il processo di negoziazione ha luogo attraverso il confronto degli ordini consolidati nel booke il loro incrocio in base a criteri di priorità di prezzo e di tempo. Maggiore e' il numero degli ordini presenti sul book, maggiore la liquidità del mercato e, quindi, l'efficienza del processo di formazione dei prezzi, l'attrattività del mercato per i potenziali investitori, la possibilità per gli investitori di ottenere il miglior prezzo possibile date le condizioni generali del mercato. Nei mercati di dealersla liquidità e' fornita dalle quotazioni esposte dai dealerso dai market makerse la conclusione dei contratti ha luogo ogni qualvolta un brokero un investitore e' disposto ad accettare le condizioni di prezzo quotate dal dealer. In molti mercati di dealersi prezzi effettivi ai quali i dealersconcludono i contratti possono differire dai prezzi esposti ; per converso, i prezzi esposti possono non riflettere le migliori condizioni alle quali il dealere' disposto a negoziare. Infatti, gli scambi possono anche avvenire ad un prezzo contrattato privatamente tra il dealere il broker,diverso da quello esposto pubblicamente. Questa prassi, definita in gergo " preferencing", comporta che, sulla base delle relazioni commerciali tra un brokere un dealer,il brokerpreferisca contattare il "suo" dealeranche se questi, in quel momento, non sta offrendo le migliori quotazioni di mercato, ciò in quanto il brokersa che il dealersarà disposto a concludere con lui il contratto anche ad un prezzo migliore di quello quotato pubblicamente. La qualità dei prezzi espressa da un mercato di dealersdipende dalla competizione tra i dealersper attrarre il maggior flusso di ordini esponendo le migliori quotazioni. Tutavia la pratica del " preferencing" comporta che non sempre un dealerriesca ad aumentare il flusso di ordini migliorando le quotazioni esposte pubblicamente.
b) Immediatezza
Il concetto di immediatezza si riferisce alla tempestività con la quale un ordine può essere eseguito senza sopportare un sacrificio di prezzo: l'immediatezza misura il lasso di tempo che deve trascorrere per eseguire un ordine al prezzo desiderato. All'aumentare della liquidità i tempi di attesa diminuiscono. Le necessità di immediatezza non sono uguali per tutti gli investitori e dipendono dalle strategie di investimento adottate. Nei mercati " quote driven" i dealersrispondono all'esigenza di immediatezza degli investitori, in questo rispondendo meglio dei mercati order driven.Questi ultimi, recentemente, hanno cercato di migliorare la capacità di fornire immediatezza prevedendo, all'interno dell'asta, la possibilità di intervento di market makers(cd. modelli di mercato "ibridi").
c) Trasparenza
Il grado di trasparenza di un mercato e' misurato dal ritardo con cui un mercato diffonde le informazioni di mercato (prezzi e quantità) rispetto allo standard della diffusione "in tempo reale". La trasparenza riguarda sia le informazioni " pre-trade" (migliori quotazioni in acquisto e vendita e relativi volumi negoziabili) sia le informazioni " post trade" (prezzo e quantità degli ultimi contratti conclusi). La necessità di trasparenza varia in funzione delle differenti forme organizzative dei mercati e delle diverse tipologie di investitori. Per un mercato ad asta e’ fondamentale la visibilità della profondità e dell’ampiezza del " book" degli ordini nonché i prezzi e le quantità degli ultimi contratti conclusi; diversamente, in un mercato di dealerssaranno diffuse solo informazioni concernenti le quotazioni in acquisto e in vendita proposte dai dealerspreferendo una maggiore opacità nelle informazioni sui contratti conclusi (i dealers, infatti, cercheranno di dilazionare l’informazione sui contratti da loro conclusi per non rivelare agli altri partecipanti la loro posizione ed avere più tempo per chiuderla).
d) Processo di formazione dei prezzi
Intuitivamente, il processo di formazione dei prezzi e’ quel processo di confronto interattivo tra domanda ed offerta che porta alla determinazione di un prezzo al quale un contratto e’ concluso. Un processo di formazione dei prezzi è efficiente quando consente di determinare il prezzo di un titolo in maniera da non discostarsi dal suo valore "fondamentale" e di minimizzare il tempo e le risorse necessarie ai contraenti per concludere il contratto. Mentre nel lungo periodo i prezzi dei titoli tendono "naturalmente" verso il loro valore "fondamentale", nel breve periodo il processo di formazione dei prezzi gioca un ruolo decisivo nel determinare le fluttuazioni dei prezzi intorno a tale valore "fondamentale": quanto più efficiente e’ il processo di formazione dei prezzi tanto meno ampie e frequenti saranno le oscillazioni dei prezzi stessi. Le principali cause di inefficienza di un meccanismo di formazione dei prezzi sono riconducibili, in via generale, a:
L’inefficienza del meccanismo di formazione dei prezzi e la conseguente incapacità degli investitori di poter stimare con ragionevole certezza le condizioni alle quali possono negoziare determinano una perdita di fiducia nei confronti del mercato e il loro progressivo allontanamento verso altri sistemi di negoziazione o verso altri strumenti finanziari, con la conseguenza di ridurre ulteriormente la qualità del mercato e di innestare un circolo vizioso.
e) costi di transazione
I costi di transazione misurano complessivamente quanto costa ad un investitore l’esecuzione di un ordine. Tenuto conto che tali costi incidono direttamente sul rendimento atteso dalla strategia di investimento, essi rappresentano uno dei principali fattori in base ai quali gli investitori scelgono i mercati sui quali operare. Il costo totale di una transazione può essere scomposto in:
Il " market impact" è potenzialmente la voce di costo più rilevante e sulla quale pesa maggiormente il disegno della microstruttura del mercato.
f) Fairness
Il concetto di fairnesssi riferisce alla capacità di un mercato di garantire parità di condizioni a tutti i partecipanti (cd. " plain level field"). Quanto più i partecipanti al mercato si fidano della capacità di un mercato di garantire parità di condizioni tanto maggiore sarà la loro disponibilità e propensione ad operare su quel mercato.
3. Frammentazione
Il fenomeno della frammentazione si verifica quando il flusso di ordini per un dato titolo non viene diretto verso un unico sistema di contrattazione ma gli ordini vengono diretti verso più mercati o sistemi di contrattazione. In un mercato frammentato i differenti sistemi di negoziazione possono non essere collegati tra loro nemmeno a livello informativo e, conseguentemente, non possono essere implementate regole che impongono il rispetto della priorità temporale degli ordini; ciò comporta che nello stesso momento ordini uguali diano luogo a contratti eseguiti a prezzi differenti o che, a parità di prezzo di esecuzione, i tempi di attesa siano diversi. La principale causa della frammentazione risiede, da un lato, nella diversità delle esigenze degli investitori: il bisogno di immediatezza nell’esecuzione di un ordine, la necessità di trasparenza, l’anonimato, etc. variano in funzione delle differenti tipologie di investitori e delle strategie di investimento. Un singolo sistema di negoziazione non può ovviamente rispondere alle esigenze di tutti. Dall’altro, nella ricerca della massimizzazione del profitto che spinge gli intermediari ad offrire alla clientela tutti i servizi di intermediazione (inclusi quelli relativi alla esecuzione degli ordini) senza ricorrere alle strutture di mercato (l’uso delle quali implica il pagamento delle relative tariffe). A questa esigenza primaria di modalità di negoziazione tagliate su misura ha risposto innanzitutto l’innovazione tecnologica: lo sviluppo della telematica ha reso disponibili sistemi di raccolta, gestione ed esecuzione degli ordini che hanno fatto venire meno il monopolio di fatto delle borse tradizionali. I principali intermediari hanno cominciato ad offrire ai propri clienti sistemi di raccolta e gestione degli ordini che si configurano sempre più come veri e propri mercati che semplici supporti all’attività di intermediazione; allo stesso modo information vendors, software housee via dicendo hanno cominciato ad offrire servizi di negoziazione in competizione con intermediari e borse. In secondo luogo, per effetto della globalizzazione, e’ aumentata la competizione tra borse (anch’essa favorita ovviamente dallo sviluppo della telematica). Nella EEA tale competizione e’ resa ancor più accanita per effetto della introduzione della direttiva sui servizi di investimento e della prossima adozione della moneta unica europea. Infine, il processo di istituzionalizzazione del risparmio, determinando un incremento delle dimensioni delle transazioni, comporta una spinta maggiore ad operare fuori borsa (mercato dei blocchi o cd. " upstairs trading") per minimizzare il " market impact" e godere dell’anonimato.
3.1 Frammentazione "esterna" e frammentazione "interna"
A seconda di quale sia l’origine della frammentazione del flusso di ordini si può distinguere tra frammentazione interna e frammentazione esterna. La prima si verifica quando gli intermediari, sebbene siano "membri" del mercato, eseguono "internamente" le proposte della clientela :
Di norma queste transazioni vengono eseguite utilizzando quale prezzo di conclusione del contratto il prezzo che si forma sul mercato in cui il titolo oggetto della transazione e’ quotato. A seconda delle regole del mercato tali transazioni possono essere dichiarate al mercato e considerate come se fossero eseguite nel mercato. E’, ad esempio, il caso del "cross order" previsto dal regolamento della Borsa Italiana. In questo caso l’intermediario, facendo uso di una specifca funzione del sistema, può incrociare ordini di segno opposto della clientela purché il "cross" avvenga ad un prezzo compreso all’interno dello spreaddenaro-lettera quotato dal mercato. Le regole della Borsa, attualmente non consentono che la funzione di cross sia utilizzabile dall’intermediario per eseguire in proprio gli ordini della clientela, limitandone quindi l’operatività. Gli scambi eseguiti attraverso la funzione di cross sono considerati come effettuati in borsa e vengono quindi computati ai fini del volume complessivo scambiato in borsa. La frammentazione esterna invece e’ determinata dall’esistenza di una pluralità di sistemi di negoziazione, in competizione tra loro, che trattano il medesimo strumento finanziario con modalità differenti: il SEAQ International del London Stock Exchange e’ forse il più famoso esempio di causa esterna di frammentazione del flusso di ordini per i titoli europei.
3.2 Conseguenze della frammentazione:
Le principali conseguenze negative della frammentazione del flusso di ordini possono essere così sintetizzate:
Per contro la frammentazione può avere anche effetti positivi. In particolare, dalla frammentazione può derivare:
4.Principali esperienze estere Nel corso del 1998, la Consob, in qualità di presidente del comitato regionale europeo dello IOSCO ha promosso, nell’ambito di tale comitato, una ricognizione dei mercati regolamentati e degli altri sistemi di negoziazione presenti in ciascuna giurisdizione. A tal fine era stato fatto circolare un questionario che, tra le altre, conteneva una specifica domanda circa l’esistenza di obblighi di concentrazione delle negoziazioni nei mercati regolamentati. Dalle risposte al questionario è risultato che dei principali paesi europei Italia, Francia e Belgio hanno optato per esercitare la facoltà prevista dal citato art. 14, comma 3 della Direttiva 93/22/CEE, imponendo obblighi di esecuzione delle negoziazioni aventi ad oggetto titoli trattati nei mercati regolamentati in detti mercati. Con riferimento al mercato francese, si sintetizza di seguito la normativa predisposta dal Conseil des Marches Financiers che introduce regole per la concentrazione degli scambi molto stringenti, in particolare: a) viene posto un obbligo di concentrazione generalizzato per tutte le negoziazioni; b) a tale principio sono previste deroghe solo in presenza delle seguenti condizioni:
1. la negoziazioni devono avere ad oggetto azioni o altri titoli di partecipazione al capitale o obbligazioni; 2. il controvalore dell'operazione deve essere equivalente o maggiore a quello previsto per i blocchi, pari a 50 milioni di franchi (circa 15 mld di lire) o superiore al 2% della capitalizzazione di borsa per le società con capitalizzazione superiore a 1 miliardo di franchi (circa 300 mld di lire) o superiore al 5% della capitalizzazione di borsa per le società con capitalizzazione inferiore a 1 miliardo di franchi. 3. la negoziazione fuori borsa deve essere autorizzata per scritto e per singola operazione. Tale ultima disposizione non si applica ai partecipanti al mercato e agli investitori professionali.
La disciplina francese, pertanto, si differenzia da quella a suo tempo emanata dalla Consob in quanto non prevede deroghe per l'esecuzione fuori mercato di quantitativi inferiori ai blocchi e introduce un differente regime autorizzativo delle negoziazioni fuori mercato per le persone fisiche e gli operatori qualificati. Da ultimo si deve osservare che il problema delle conseguenze negative derivanti dalla frammentazione del flusso degli ordini e’ comunque sentito anche nei paesi che non prevedono obblighi di concentrazione; pertanto da un lato si cercano soluzioni "indirette" (ad esempio attraverso esenzioni fiscali per le transazioni eseguite nei mercati regolamentati) volte a favorire l’indirizzamento degli ordini sui mercati regolamentati; dall’altro sono le stesse borse che nelle loro regole di mercato prevedono norme volte a disincentivare la dispersione del flusso di ordini relativo ai titoli da esse quotati. 5. L’analisi dei dati prodotti dal Consiglio di Borsa alla fine del 1997
In questo paragrafo si riferisce brevemente dei dati elaborati dalla borsa italiana alla fine del 1997, relativi ad una analisi storica dell’andamento dei volumi scambiati sul cosiddetto mercato dei blocchi e ad una rilevazione effettuata ogni 15 minuti sugli " spreads" quotati dal mercato azionario nel periodo 14 ottobre – 19 novembre 1997 ( all.3). Per quanto riguarda l’andamento della serie storica degli scambi di blocchi, si osserva dal 1992 alla fine di ottobre ’98 un progressivo ridursi del peso dei controvalori scambiati sui blocchi rispetto al controvalore totale scambiato: la percentuale passa dal 22,2% nel 1992, a circa il 4% dei primi dieci mesi del 1998 (nel 93 la percentuale scende all’ 11%, nel 94 al 5,2%, nel 1995 5,9%, 3,8% nel 1996 e 3,7% nel 1997). L’andamento di tale percentuale, all’interno di ciascun singolo anno, evidenzia una certa concentrazione di tali operazioni nei mesi di maggio, giugno e luglio in coincidenza con i periodi nei quali le società quotate pagano i dividendi. Tale concentrazione in questi periodi farebbe quindi propendere per l’ipotesi che tali operazioni siano effettuate al fine di eludere l’imposizione fiscale sui dividendi. Dal punto di vista dell’analisi delle caratteristiche delle transazioni sui blocchi, nel periodo 1992-1997, si rileva che tali operazioni hanno controvalori abbastanza contenuti: circa il 43% delle operazioni ha un controvalore inferiore al miliardo che sale al 60% se si pone il limite a 1,5 mld.. Complessivamente, però, tali operazioni pesano sul controvalore complessivo scambiato sui blocchi per il 6,8% nel primo caso e nell’11,7% nel secondo. Portando il livello della soglia a 3 miliardi (ovvero il valore oltre il quale una transazione e’ considerata "blocco" indipendentemente dal livello di attività del titolo sottostante) oltre il 77% dei blocchi ricade in questa classe, sebbene il loro controvalore sul totale del controvalore negoziato sui blocchi rimanga ancora contenuto, poco più del 21%. Gli scambi il cui controvalore e’ superiore a Lit. 60 mld. infine, rappresentano solo lo 0,64% del totale delle operazioni sui blocchi ma, in termini di controvalore, rappresentano oltre il 24%. Per quanto riguarda i prezzi, l’analisi del Consiglio di Borsa evidenzia che circa il 44% delle operazioni e’ eseguita a condizioni di prezzo che non si discostano dal prezzo di mercato per più dello 0,5% e che oltre il 90% delle transazioni è effettuato in un intorno del 5% rispetto al prezzo di mercato. Si può quindi ipotizzare che il prezzo di mercato sia di norma assunto a base di riferimento per le operazioni sui blocchi; è, quindi, essenziale mantenere elevata la qualità e l’integrità del processo di formazione dei prezzi che si svolge sul mercato regolamentato. L’analisi dell’ampiezza dello spreadtra le quotazioni danaro lettera e’ volta a fornire indicazioni sulla liquidità del mercato: quanto minore risulta essere il valore, espresso in termini percentuali, di tale indicatore tanto maggiore è la liquidità. L’ampiezza dello spreade’ stata misurata per tre diversi gruppi di titoli (titoli compresi nell’indice MIB30, titoli a media liquidità e titoli a bassa liquidità) e per differenti importi dello scambio eseguibile in base alla presenza di ordini sui relativi " book". L’ampiezza dello spreadper i titoli del MIB30 risulta inferiore allo 0,5% in circa l’86% dei casi per transazioni di controvalore fino a Lit. 200 ml. e rimane inferiore a tale valore anche per transazioni di controvalore superiore, sebbene con minore frequenza (per transazioni pari a Lit. 400 ml. lo spreadrimane inferiore allo 0,5% nel 52% dei casi, mentre scende al 25% dei casi e al 18% per le transazioni di importo rispettivamente pari a Lit. 750 ml. e a Lit.1 md.). Anche per i titoli a media liquidità l’ampiezza dello spreadsi mantiene contenuta, inferiore allo 0,9%. Specificamente, per tale categoria di titoli l’ampiezza dello spreade’ pari allo 0,67% nel 99% dei casi per transazioni di importo pari a Lit. 50 ml. e rimane inferiore allo 0,9% anche per transazioni di importo pari a Lit. 400 ml. sebbene con una scarsa frequenza (16% dei casi). Per i titoli sottili, invece, lo spreadè pari a 4,8% nel 54% dei casi per transazioni di importo pari a Lit. 50 ml. e rimane su tale livello anche per transazioni di importo pari a Lit. 100 ml. sebbene con una frequenza pari al 24% dei casi. I dati sopra riportati, seppure riferiti ad un intervallo di tempo non più recentissimo, confermano l’elevato grado di liquidità raggiunto dal mercato italiano cui certamente hanno contribuito l’adozione di modalità di contrattazione telematiche e l’imposizione di rigorosi obblighi di concentrazione.
6. Conclusioni
I vantaggi legati al mantenimento di un obbligo di concentrazione possono essere riassunti nel modo seguente:
Gli svantaggi derivanti dall’imposizione di un obbligo di concentrazione devono essere valutati distinguendo l’ambito nazionale rispetto a quello internazionale (europeo); a livello nazionale il mantenimento di un obbligo di concentrazione:
Da un punto di vista internazionale, nonostante la competizione all’interno dell’area economica europea non sia del tutto priva di "frizioni", specie per mercati " cash", gli svantaggi sopra elencati sono mitigati dal fatto che le regole sulla concentrazione sono rispettate anche se la transazione, avente ad oggetto uno strumento finanziario quotato in un mercato regolamentato italiano, è effettuata su un altro mercato regolamentato dell’unione europea e dal fatto che per i mercati regolamentati europei le barriere all’entrata nell’offerta di servizi di negoziazione su titoli italiani sono relativamente basse; conseguentemente gli obblighi di concentrazione non distorcono la competizione tra mercati regolamentati europei. In conclusione si può sostenere che, sebbene a livello teorico l’imposizione di obblighi di concentrazione non appaia del tutto coerente con la filosofia sottostante il processo di privatizzazione dei mercati, i vantaggi derivanti dal mantenere la concentrazione appaiono superiori ai potenziali svantaggi. Conseguentemente si riterrebbe opportuno riproporre, questa volta a titolo definitivo, le previsioni del regolamento adottato con la citata delibera 10358 del 10 dicembre 1996. Nel riconfermare la vigente disciplina, tuttavia, si potrebbe verificare l’adeguatezza:
Da ultimo si deve sottolineare che ove non si ritenesse opportuno mantenere gli obblighi di concentrazione dovrebbe essere completamente ripensata la disciplina delle informazioni relative alle operazioni eseguite fuori mercato al fine di garantire comunque, almeno a livello informativo, il consolidamento delle informazioni relative alle condizioni del mercato per ciascuno strumento finanziario.
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