Report corporate governance 2019 - AREA PUBBLICA
Rapporto 2019 sulla corporate governance delle società quotate italiane
RAPPORTO 2019
Assetti proprietari A fine 2018 la maggioranza delle società quotate italiane mostra, come di consueto, assetti proprietari concentrati, ... leggi di più |
A fine 2018 la maggioranza delle società quotate italiane mostra, come di consueto, assetti proprietari concentrati, essendo controllate di diritto in 123 casi, da un azionista che detiene una quota di capitale inferiore al 50% in 57 casi e attraverso patti parasociali di controllo in 23 casi. Possono essere definiti a proprietà dispersa solo 13 emittenti, prevalentemente di grandi dimensioni e con una capitalizzazione complessiva pari a poco più di un quinto di quella di mercato. Gli investitori istituzionali sono presenti nell'azionariato rilevante di 62 società quotate italiane (60 nel 2017), pari a circa il 27% del mercato. Gli investitori istituzionali italiani sono azionisti rilevanti in 13 imprese, soprattutto di piccole dimensioni, mentre gli esteri detengono partecipazioni rilevanti in 51 emittenti, incluse società a medio-alta capitalizzazione. L'evoluzione temporale delle quote detenute dagli istituzionali rilevanti, complessivamente pari a 79 a fine 2018, conferma, da un lato, la contrazione della presenza di banche e assicurazioni (soprattutto quelle italiane che registrano nel 2018 il valore minimo di otto partecipazioni) e, dall'altro, l'aumento delle quote di capitale riferibili agli investitori cosiddetti attivi (soprattutto esteri), quali private equity, venture capital e fondi sovrani, per i quali si registrano complessivamente 27 partecipazioni rilevanti, in crescita rispetto alle 19 a fine 2017. Continua a ridursi la percentuale di società italiane quotate appartenenti a gruppi piramidali o alla parte verticale di un gruppo misto, risultando pari a fine 2018 al 15,5% del listino. In queste imprese la differenza tra diritti di voto e diritti ai flussi cassa è in media pari a 12,7%, dato sostanzialmente stabile rispetto all'anno precedente. Con riferimento alla deviazione dal principio ‘un'azione, un voto', si conferma in calo il numero di società che emettono azioni di risparmio, pari a 14 a fine 2018, mentre aumenta il numero di emittenti che hanno introdotto il voto maggiorato. In particolare, tre imprese hanno emesso azioni a voto multiplo e 47 hanno previsto in statuto le loyalty shares; tra queste ultime, a fine 2018 gli azionisti hanno maturato la maggiorazione dei diritti di voto in 28 casi. |
Governo societario e board diversity In linea con gli anni precedenti, nel 2018 il modello tradizionale risulta il più adottato ... leggi di più |
In linea con gli anni precedenti, nel 2018 il modello tradizionale risulta il più adottato dalle società quotate italiane (227 emittenti corrispondenti al 92% della capitalizzazione di mercato). Nei board siedono in media 10 membri, metà dei quali indipendenti ai sensi del Codice di Autodisciplina e/o del Testo Unico della Finanza (Tuf). A fine 2018 gli amministratori di minoranza sono presenti nel 50% delle società quotate italiane (43,5% nel 2017); tale percentuale raggiunge l'86% nel caso delle Mid Cap. Nella maggior parte degli organi di amministrazione delle società quotate siede almeno un consigliere cosiddetto interlocker, ossia titolare di incarichi di amministrazione in altri emittenti quotati (180 casi corrispondenti al 97% della capitalizzazione totale del mercato). Gli interlockers sono in prevalenza una minoranza del board (in 89 emittenti rappresentano meno del 25% del totale dei membri e in ulteriori 67 casi hanno un peso compreso tra il 25% e il 50%). Il fenomeno riguarda, in particolare, le imprese di medio-alta capitalizzazione, nei cui consigli siedono in media almeno 3 interlockers rappresentanti circa il 30% dell'organo. Nel 2018 è aumentata la percentuale di società che hanno istituito il comitato nomine, con un corrispondente aumento del relativo peso in termini di capitalizzazione di mercato all'88% da circa l'81% nel 2017. Nello stesso periodo, è passato da 45 a 54 il numero di società che affidano a un comitato la supervisione delle questioni di sostenibilità, attraverso sia l'istituzione di un comitato ad hoc, sia il raggruppamento di diversi comitati, sia l'assegnazione di funzioni a un comitato preesistente. Gli emittenti che hanno adottato un piano di successione raggiungono circa il 23% del listino dal 20% nel 2017, mentre rimane stabile all'86% la quota delle società che hanno effettuato l'autovalutazione annuale. Al termine dell'ultima stagione assembleare (giugno 2019), la presenza femminile negli organi sociali delle imprese quotate italiane ha registrato nuovi massimi, superando rispettivamente il 36% e il 39% degli incarichi di amministrazione e di controllo. Tale dinamica è riferibile in larga misura alla Legge 120/2011 che, come noto, ha imposto un criterio di genere per la composizione degli organi sociali per i tre rinnovi successivi all'agosto 2012 (riservando un quinto dei posti al genere meno rappresentato per il primo rinnovo e un terzo dei posti per il secondo e il terzo rinnovo). Gli emittenti che hanno compiuto il secondo e il terzo rinnovo dell'organo amministrativo successivamente all'entrata in vigore della Legge, rispettivamente 113 e 62, registrano una presenza femminile nei board pari al 37%. Un dato simile si rileva in media sia nelle 26 società che hanno compiuto solo il primo rinnovo (con una quota femminile pari al 35%) sia nei 26 emittenti che non sono soggetti alla disciplina poiché sono neo-quotati ovvero hanno completato i tre rinnovi previsti dalla Legge 120/2011 (con una quota femminile pari a circa il 33% del board). Le donne ricoprono la carica di amministratore delegato in 15 società, rappresentanti il 2,5% del mercato in termini di capitalizzazione, mentre presiedono il board in 25 emittenti, rappresentanti circa un terzo della capitalizzazione di mercato. Oltre il 72% delle donne sono amministratori indipendenti, percentuale in continua crescita dal 2013. Il numero di donne nominate dalle minoranze attraverso il sistema del voto di lista ha raggiunto nel 2019 il valore massimo di 68 amministratrici, presenti nel board di 56 società di grande dimensione (quasi tre quarti della capitalizzazione complessiva del mercato). In linea con l'anno precedente, nel 2019 il 34% delle amministratrici è titolare di incarichi nel board di altre società quotate; il dato mostra per la prima volta un arresto dell'aumento dell'interlocking femminile registrato dal 2013 (quando le donne interlockers erano circa il 19% del totale). A seguito dell'entrata in vigore della Legge 120/2011 si sono modificate anche altre caratteristiche dei board, quali ad esempio il livello medio di istruzione e la diversificazione dei profili professionali degli amministratori, entrambi aumentati, e la presenza di membri legati all'azionista di controllo da rapporti di parentela (cosiddetti family), diminuita costantemente negli anni. Le caratteristiche degli amministratori mostrano in media alcune differenze a seconda delle dimensioni e del settore di appartenenza delle società. In particolare, gli amministratori delle società del Ftse Mib sono mediamente più anziani (l'età media è 58 anni) e più frequentemente stranieri (10% dei casi), in possesso di un diploma di laurea (94% dei casi) e connotati da un profilo professionale manageriale (74% dei casi). Alcune differenze emergono anche a seconda del controllo. Ad esempio, i consiglieri delle società controllate da istituti finanziari risultano mediamente più giovani (53,7 anni), sono in prevalenza uomini (circa il 70% dei casi) e più frequentemente stranieri (23% dei casi). |
Assemblee e politiche di remunerazione La partecipazione degli azionisti, soprattutto istituzionali, alle assemblee delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione si è confermata alta anche nel 2019 ... leggi di più |
La partecipazione degli azionisti, soprattutto istituzionali, alle assemblee delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione si è confermata alta anche nel 2019. In particolare, a fronte di una partecipazione assembleare degli azionisti pari in media al 72% del capitale sociale, la presenza degli investitori istituzionali si è attestata, in linea con l'anno precedente, al 21% del capitale (circa 2% per gli investitori istituzionali italiani e 19% per quelli esteri). Il voto espresso sulla politica in materia di remunerazione costituisce un utile strumento di analisi dell'attivismo degli investitori istituzionali. Il 2019 ha registrato il più elevato dissenso nel cosiddetto say-on-pay, essendo i voti contrari e le astensioni (considerate nel presente Rapporto equivalenti a una manifestazione di dissenso) pari al 44% delle azioni detenute dagli istituzionali, 12 punti percentuali in più rispetto al 2012. Il dissenso è marcatamente cresciuto tra le società appartenenti all'indice Ftse Mib, segnando un'inversione di tendenza rispetto alla riduzione osservata nel periodo 2012-16. In particolare, nel biennio 2018-19 il dissenso ha raggiunto il 37% dei voti istituzionali e il 12% dell'assemblea (27% e 9%, rispettivamente, nel 2016). Il dato è in aumento anche tra le società dell'indice Mid Cap, per le quali l'incidenza dei voti contrari e delle astensioni degli investitori istituzionali si è portata in media al 49% delle azioni detenute. Benché si confermi inferiore rispetto agli altri settori, il dissenso degli investitori istituzionali è altresì cresciuto tra le imprese finanziarie, raggiungendo il 10% dell'assemblea e il 39% delle azioni complessivamente detenute, in netto aumento rispetto ai valori registrati nel biennio 2017-18, quando il disaccordo con la politica di remunerazione era stato espresso, rispettivamente, per il 33% e il 26% circa delle azioni detenute. |
Operazioni con parti correlate A partire dal 2011 sono stati pubblicati, ai sensi della regolamentazione adottata nel 2010 dalla Consob, 547 documenti informativi per operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate ... leggi di più |
A partire dal 2011 sono stati pubblicati, ai sensi della regolamentazione adottata nel 2010 dalla Consob, 547 documenti informativi per operazioni di maggiore rilevanza con parti correlate (30 nel primo semestre del 2019). La maggior parte delle operazioni (52%) è rappresentata da finanziamenti o altri contratti aventi ad oggetto la fornitura di beni e servizi; oltre il 30% delle operazioni ha comportato il trasferimento di asset di lungo termine idonei a influire sulla capacità produttiva delle imprese mentre il restante 17% delle operazioni è rappresentato da fusioni, aumenti di capitale riservati e altre operazioni che hanno modificato la partecipazione relativa della parte correlata rispetto agli altri azionisti. Nell'82% dei casi, la controparte correlata dell'operazione è rappresentata da azionisti di controllo o in grado di esercitare un'influenza significativa. Infine, dal 2011, la Consob ha ricevuto comunicazione di 216 operazioni di maggiore rilevanza che hanno beneficiato dell'esenzione dagli obblighi di pubblicazione del documento informativo in quanto ordinarie e a condizioni di mercato. La maggior parte di tali operazioni è posta in essere da società a elevata capitalizzazione e afferisce al core business dell'impresa che le ha comunicate (fornitura beni/servizi tipici per imprese non finanziarie e finanziamenti per banche, rispettivamente pari al 35% e al 31% delle operazioni ordinarie complessivamente comunicate). |
Focus: politiche retributive e sostenibilità L'approfondimento del presente Rapporto è dedicato alla relazione tra sostenibilità e politiche retributive di amministratori e dirigenti con responsabilità strategiche ... leggi di più |
L'approfondimento del presente Rapporto è dedicato alla relazione tra sostenibilità e politiche retributive di amministratori e dirigenti con responsabilità strategiche delle società italiane quotate. A fine 2018, 33 società italiane con azioni quotate collegano le remunerazioni variabili (di breve e/o di lungo termine) degli amministratori delegati ai cosiddetti parametri ESG (Environment, Social, Governance). Il collegamento si riferisce alle remunerazioni di breve termine in 32 casi e alla componente di lungo termine in nove casi. Le società che prevedono compensi legati a fattori ESG appartengono prevalentemente al Ftse Mib (22 emittenti, pari al 65% dell'indice), seguite dalle imprese Mid Cap (nove casi) e del segmento Star (due casi). Con riferimento alla tipologia di attività, 10 imprese appartengono al settore finanziario (di cui rappresentano il 20,4%), 15 al settore industriale (di cui rappresentano il 12%) e otto al settore dei servizi (sul quale pesano per il 14,5%). L'integrazione di fattori di sostenibilità nelle remunerazioni è più diffusa nelle aziende a partecipazione statale (essendo presente in 14 società controllate dallo Stato e/o da autorità locali, pari al 61% delle imprese pubbliche), mentre registra il valore minimo tra le società a controllo familiare (nove casi, corrispondenti al 6% del segmento considerato). Nelle 32 società che correlano la remunerazione variabile di breve termine degli amministratori delegati a fattori ESG, la componente retributiva dipendente dalla sostenibilità si attesta mediamente al 14%. I parametri presi in considerazione riguardano rispettivamente tematiche a sfondo sociale in 11 casi, sia sociale sia ambientale in otto casi ed esclusivamente ambientale in due casi. I fattori sociali sono in prevalenza relativi alla sicurezza sul lavoro (nove casi) e al capitale umano (sei casi), mentre quelli ambientali sono generici (quattro casi) o collegati alle emissioni di CO2 (tre casi). Due società vincolano la remunerazione variabile all'inclusione dell'emittente in un indice di sostenibilità specifico oppure all'acquisizione di un rating di sostenibilità. Nelle nove società che prevedono per gli amministratori delegati remunerazioni di lungo termine collegate alla sostenibilità, la quota riferibile a fattori ESG rappresenta in media il 18% del totale. Solo in cinque casi è possibile riferire tali compensi a specifiche tematiche riconducibili, rispettivamente, a fattori ambientali (due casi), sociali (due casi), ovvero a entrambi (un caso). Due aziende, infine, associano il livello di remunerazione al posizionamento dell'emittente rispetto a uno specifico indice di sostenibilità. Alcune società quotate italiane prevedono remunerazioni collegate a fattori ESG anche per gli altri amministratori esecutivi. In particolare, i temi correlati alla sostenibilità sono tenuti in considerazione ai fini delle remunerazioni di breve e di lungo periodo rispettivamente in sei imprese e in una società e per entrambe le tipologie di compensi in un emittente. Trenta società correlano le remunerazioni dei dirigenti con responsabilità strategiche a fattori ESG; tra queste, 27 prevedono remunerazioni 'sostenibili' anche per l'amministratore delegato. La remunerazione di breve termine dei dirigenti con responsabilità strategiche è legata a parametri di sostenibilità in 28 aziende, rappresentando, in media, il 14% di tale tipologia di compenso. Le tematiche più frequentemente prese in considerazione sono quelle sociali, ossia sicurezza sul lavoro, capitale umano e soddisfazione della clientela. Come nel caso dei compensi degli amministratori delegati, la tematica ambientale più ricorrente è connessa alle emissioni di CO2. La remunerazione di lungo termine dei dirigenti con responsabilità strategiche dipende da parametri di sostenibilità in sette società, attestandosi, in media, al 13% dei compensi di lungo periodo. |
Il Report è stato curato da:
Nadia Linciano (coordinatrice) - CONSOB, Divisione Studi (n.linciano@consob.it)
Angela Ciavarella - CONSOB, Divisione Studi (a.ciavarella@consob.it)
Rossella Signoretti - CONSOB, Divisione Corporate Governance (r.signoretti@consob.it)
Lucia Pierantoni - CONSOB, Divisione Studi (l.pierantoni@consob.it)
Eugenia Della Libera - CONSOB, Divisione Studi (e.dellalibera@consob.it)
Elena Frasca - CONSOB, Divisione Studi (e.frasca@consob.it)
Le opinioni espresse nel Report sono personali degli autori e non impegnano in alcun modo la Consob. Nel citare i contenuti del rapporto, non è pertanto corretto attribuirli alla Consob o ai suoi Vertici.
ISSN 2281-535X [online]