Bollettino - AREA PUBBLICA
Bollettino
Richiamo di attenzione n. 1/24 del 25 luglio 2024
L’adeguamento agli obblighi in materia di “finanza sostenibile” nella prestazione dei servizi di investimento
1. Il contesto normativo di riferimento
La disciplina della prestazione dei servizi d’investimento è stata oggetto di recenti significativi interventi del legislatore unionale afferenti alla c.d. “finanza sostenibile”, che rientrano nel novero delle iniziative dell’UE volte a indirizzare i mercati e i capitali verso una crescita inclusiva e sostenibile[1].
Le novità principali riguardano i seguenti ambiti della normativa di investor protection della Direttiva (UE) 2014/65 (c.d. “MiFID II”):
- l’introduzione, tra gli obblighi d’informativa alla clientela, di nuove e specifiche misure di trasparenza sulla sostenibilità, ai sensi del Regolamento (UE) 2019/2088, c.d. “Regolamento Disclosure” o “SFDR” (come modificato dal Regolamento (UE) 2020/852 o “Regolamento Tassonomia”)[2];
- l’integrazione delle “preferenze di sostenibilità” dei clienti nella valutazione di adeguatezza delle operazioni d’investimento, attraverso modifiche mirate al Regolamento delegato (UE) 2017/565[3];
- la considerazione degli obiettivi legati alla sostenibilità nei processi di product governance, mediante innesti ad hoc nell’ambito degli obblighi della Direttiva delegata (UE) 2017/593 in capo agli intermediari produttori e distributori[4].
L’attuazione delle citate discipline è avvenuta progressivamente in un esteso arco temporale, con tempistiche differenziate e consecutive nelle tre aree d’interesse.
Peraltro, il framework normativo dell’UE sulla finanza sostenibile risulta già in fase evolutiva, rilevando in particolare:
a) i lavori di revisione del Regolamento delegato (UE) 2022/1288 di attuazione dell’SFDR, di cui si attende l’adozione da parte della Commissione Europea (CE), alla luce del Final Report del Joint Committee delle tre Autorità europee (“ESA”) pubblicato in data 4 dicembre 2023 riguardante alcune specifiche proposte di emendamento dell’atto delegato, anche in ottica di semplificazione di taluni aspetti;
b) l’avvio di un processo di complessiva rivalutazione del funzionamento del Regolamento Disclosure, volto a individuare possibili aree di modifica e miglioramento della disciplina, anche con riguardo alle interazioni con altri plessi normativi (tra cui, ad esempio, il Regolamento Tassonomia, la “Corporate Sustainability Reporting Directive” o “CSRD” e la MiFID II)[5];
c) il mandato della CE alle tre ESA per approfondire il c.d. “greenwashing” e i rischi ad esso connessi lungo l’intera “catena del valore dell’investimento sostenibile”, inclusa la fase dell’interazione diretta con i clienti attraverso la prestazione dei servizi d’investimento, allo scopo di delineare possibili interventi normativi ulteriori, nonché individuare approcci di vigilanza e di enforcement idonei a prevenire e fronteggiare tale fenomeno in modo efficace[6];
d) la proposta di un nuovo Regolamento in materia di trasparenza e integrità delle attività di rating ESG[7] e l’entrata in applicazione degli obblighi di rendicontazione societaria di sostenibilità degli emittenti di cui alla CSRD[8], normative rilevanti ai fini della mappatura degli strumenti finanziari per l’applicazione della disciplina ESG nei servizi d’investimento.
2. L’azione di vigilanza della Consob
La cornice normativa di riferimento sopra delineata, in parte ancora in fieri, risulta nell’insieme caratterizzata da rilevanti profili di novità e complessità.
In tale contesto, la Consob ha avviato una specifica azione di vigilanza finalizzata a monitorare le modalità d’implementazione delle previsioni unionali in materia di finanza sostenibile nella prestazione dei servizi d’investimento da parte degli intermediari[9].
Le complessive evidenze derivanti da tale attività mostrano che è in atto un processo di progressivo adeguamento dell’industria nazionale alle “nuove” disposizioni sulla sostenibilità, come testimoniato anche dalle numerose attività progettuali, talvolta ancora in essere, che delineano un percorso evolutivo verso l’adozione di soluzioni operative più sofisticate e maggiormente coerenti con la normativa, a sua volta in divenire.
Ciò posto, e ferma restando la necessità di assicurare il rispetto di tutta la normativa applicabile in materia di “finanza sostenibile” nella prestazione dei servizi d’investimento, con il presente documento si richiama l’attenzione degli operatori su taluni elementi chiave della disciplina che, alla luce dell’attività di monitoraggio condotta e degli approcci operativi rilevati, si ritiene siano meritevoli di attenta considerazione nell’attuale stadio di attuazione del quadro normativo di riferimento. Tale richiamo è accompagnato in Allegato da un elenco di prime prassi operative positive e negative emerse in concreto, che possono risultare utili a supportare gli intermediari nell’adozione di modalità applicative maggiormente coerenti ed evolute, ai fini di una migliore conformità alla disciplina.
I principi e le prassi qui richiamati non esauriscono i profili degni di attenzione che, data la complessità e l’evoluzione della materia, potranno emergere nel prosieguo dell’azione di vigilanza.
3. Il richiamo ai principali elementi della disciplina di riferimento
3.1 La trasparenza di sostenibilità ai sensi della SFDR
Il Regolamento Disclosure (SFDR) nasce quale disciplina “trasversale” che si innesta in diverse normative settoriali, inclusa la MiFID II, con la finalità di addivenire ad una rappresentazione armonizzata e standardizzata delle informazioni di sostenibilità (o “ESG”) in ambito finanziario, per facilitarne la comparabilità e supportare gli investitori nell’effettuazione di scelte consapevoli.
Gli obblighi di trasparenza dell’SFDR riguardano sia l’intermediario (“entity”) e i suoi processi, sia i “prodotti” e servizi resi e le relative caratteristiche di sostenibilità, prevedendo l’integrazione di diverse tipologie d’informativa (sul web, precontrattuale, periodica).
Sotto il profilo soggettivo, la disciplina SFDR incide sugli intermediari che prestano la consulenza in materia d’investimenti (in qualità di “Financial Advisors” o “FA”) o la gestione di portafoglio (nel ruolo di “Financial Market Participants” o “FMP”), con oneri maggiori e più dettagliati in capo a questi ultimi, essendo il servizio di gestione di portafogli assimilato a un “prodotto finanziario”[10]. Nell’impianto del Regolamento Disclosure non sono invece previsti elementi di proporzionalità in ragione della natura dell’investitore finale destinatario dell’informativa (cliente retail vs professionale).
Nell’ottica di favorire la comprensibilità e fruibilità delle informazioni di sostenibilità anche da parte della clientela meno sofisticata, si richiama l’attenzione degli intermediari sulla necessità di assicurare un’informativa chiara, corretta e non fuorviante secondo i canoni della MiFID II e delle relative disposizioni di attuazione. Rilevano altresì i principi generali di cui all’art. 2 del Regolamento delegato (UE) 2022/1288 di attuazione dell’SFDR, sulle modalità di rappresentazione dell’informativa soggetta agli obblighi del regolamento medesimo “in maniera facilmente accessibile, non discriminatoria, ben visibile, semplice, concisa, comprensibile, equa, chiara e non fuorviante”. Parimenti importante è l’aggiornamento dell’informativa, in considerazione delle evoluzioni normative sulla materia e delle eventuali correlate modifiche dei processi interni.
In tale cornice, si rileva ad esempio, per quanto riguarda la disclosure sul web, che occorre dotarsi di soluzioni idonee a rendere pronta ed immediata l’individuazione e l’accesso attraverso il sito internet dell’intermediario alla complessiva informativa di sostenibilità a livello di entity (ai sensi degli artt. 3, 4 e 5 SFDR) e, ove applicabile, a quella relativa alle gestioni sostenibili.
Inoltre, si evidenzia l’importanza di evitare di ingenerare confusione nella spiegazione dei due concetti chiave di “rischio di sostenibilità” e di “potenziali effetti negativi sulla sostenibilità” (“PAI”). Si rammenta infatti che si tratta di due nozioni che, sebbene distinte, sono interconnesse nel definire il principio della c.d. “doppia materialità”, che permea la disciplina dell’SFDR e più in generale il framework della finanza sostenibile dell’UE. Se gli investimenti, da un lato, sono soggetti al rischio di sostenibilità, inteso quale “un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale o di governance che, se si verifica, potrebbe provocare un significativo impatto negativo effettivo o potenziale sul valore dell’investimento”[11], dall’altro, a seconda della specifica tipologia, gli investimenti medesimi possono recare ripercussioni negative sull’ambiente e sulla società[12].
Entrambe le citate variabili devono essere considerate nelle modalità di selezione dei prodotti d’investimento per conto dei clienti da parte degli intermediari. Queste modalità devono trovare riflesso sia nell’informativa ex art. 3 SFDR sull’integrazione del rischio di sostenibilità nella consulenza o nella gestione, sia nella dichiarazione ex art. 4 SFDR sulla considerazione dei PAI (ove prevista), ma poiché le logiche sottese possono essere diverse, in quanto le finalità sono distinte[13], occorre una cura particolare da parte degli intermediari nell’illustrare le relative policy con la necessaria chiarezza.
Un’altra nozione spesso menzionata nell’ambito della disclosure sul web ex art. 3 SFDR, o anche nell’informativa precontrattuale ex art. 6 SFDR, è quella riguardante le “preferenze di sostenibilità” dei clienti, di cui gli intermediari devono tenere conto nel processo di consulenza o di gestione di portafogli, ai fini della valutazione di adeguatezza degli investimenti[14]. In tali casi, si evidenzia che, sempre in ottica di chiarezza e correttezza, occorre fornire una spiegazione semplice dell’eventuale correlazione, nei processi dell’intermediario, tra la selezione dei prodotti ESG sulla base del rischio di sostenibilità e la capacità di soddisfare le preferenze di sostenibilità dei clienti[15].
Con riferimento agli obblighi di disclosure della SFDR per i quali la disciplina prevede appositi template e specifiche indicazioni di dettaglio, ai sensi del regolamento di livello 2, come ad esempio, per la dichiarazione di considerazione dei PAI da parte degli FMP e per l’informativa precontrattuale e periodica delle gestioni patrimoniali ex art. 8 e 9 SFDR, si evidenzia l’importanza di attenersi agli schemi e alle relative istruzioni di compilazione, nonché alle tempistiche di pubblicazione, in quanto la conformità a tali format contribuisce a migliorare la qualità e l’efficacia dell’informativa stessa[16].
Infine, tra gli obblighi espressamente a carico degli intermediari in qualità di FMP riguardanti le proprie gestioni patrimoniali ex art. 8 e 9 SFDR, si rammenta la necessità di assicurare la pubblicazione sul web ai sensi dell’art. 10 SFDR, in apposita sezione intitolata “Informativa sulla sostenibilità”, delle informazioni sulle caratteristiche di tali gestioni patrimoniali e di quelle periodiche ex art. 11 SFDR.
3.2 La valutazione delle preferenze di sostenibilità dei clienti nell’ambito del test di adeguatezza
Il legislatore unionale ha introdotto un’articolata e complessa definizione di “preferenze di sostenibilità” del cliente[17], che s’innesta tra gli obiettivi d’investimento del medesimo, imponendo agli intermediari che prestano i servizi di consulenza in materia d’investimenti o di gestione di portafogli di tenerne conto nell’ambito della valutazione di adeguatezza.
Già in fase di acquisizione delle preferenze di sostenibilità, per consentire al cliente di esprimersi con consapevolezza, gli intermediari devono illustrare il significato di tale nuova nozione, nelle sue diverse componenti, e i concetti chiave ad essa sottesi, utilizzando un linguaggio chiaro ed evitando il ricorso a tecnicismi[18].
Gli intermediari sono, inoltre, tenuti ad assicurare un adeguato livello di granularità nella raccolta delle informazioni sulle preferenze di sostenibilità dei clienti, prendendo in considerazione le diverse variabili che caratterizzano la richiamata nozione normativa, oltre agli eventuali ulteriori elementi ritenuti necessari, in base all’impianto adottato per il controllo di adeguatezza (quali, ad esempio, la percentuale d’investimenti sostenibili a livello di portafoglio desiderata dal cliente)[19].
Pertanto, un’impostazione estremamente semplificata della rilevazione delle preferenze di sostenibilità, che si limitasse ad indagare, ad esempio, soltanto l’interesse verso gli investimenti sostenibili in generale, e/o verso i singoli pillar della sostenibilità (E, S, G) e/o la percentuale di portafoglio da destinare agli investimenti ESG, non permetterebbe ai clienti di esprimere le proprie preferenze con un sufficiente grado di analiticità.
Con riferimento alla fase del test di adeguatezza riguardante la mappatura dei prodotti, risulta parimenti importante che gli intermediari approfondiscano le caratteristiche di sostenibilità con un idoneo livello di dettaglio, al fine di consentire un confronto efficace con le ridette preferenze dei clienti[20].
In proposito, si nota che la progressiva diffusione dei dati e delle altre informazioni utili per la qualificazione dei prodotti in termini di sostenibilità, rende ora possibile l’implementazione di processi di mappatura più sofisticati e granulari che superino un approccio meramente volto a distinguere i prodotti tra “ESG” e “non ESG” (secondo una logica c.d. logica “on/off”), senza prevedere una graduazione anche in termini di livello di “ambizione” di sostenibilità[21].
I modelli di “incrocio” tra le preferenze di sostenibilità del cliente e le connotazioni ESG dei prodotti rilevati in concreto risultano articolati secondo diverse modalità. In particolare, risultano approcci di “puro” portafoglio, “misti” (ossia, con una componente del test fondata su una logica di portafoglio accompagnata da un controllo a livello di prodotto), o basati su una “verifica per singolo prodotto”.
In tale contesto, pur nell’autonomia degli intermediari di dotarsi dei modelli operativi ritenuti più idonei, in ragione anche delle caratteristiche della clientela servita, dei contenuti del servizio reso e della gamma d’offerta, si evidenzia che soluzioni operative eccessivamente semplificate possono risultare non idonee ad assicurare che gli investimenti raccomandati, o effettuati per conto del cliente, siano effettivamente adeguati rispetto alle preferenze di sostenibilità del medesimo, in linea con le finalità della normativa, volte anche mitigare i rischi di greenwashing e mis-selling[22].
Si rammenta inoltre che gli intermediari sono tenuti ad assicurare che, nell’ambito dei meccanismi adottati per il controllo delle preferenze di sostenibilità, sia sempre consentito al cliente di potere “adattare” le proprie preferenze di sostenibilità, qualora nessun prodotto risulti in grado di soddisfare le stesse, tenendo opportunamente traccia della scelta effettuata, ma senza determinare una modifica permanente delle preferenze di sostenibilità del cliente acquisite mediante il questionario[23]. Si tratta, infatti, di una misura appositamente introdotta per mitigare il rischio di greenwashing, in presenza di prodotti caratterizzati da diversi livelli di sostenibilità, consentendo il “superamento” dell’inadeguatezza rispetto alle preferenze di sostenibilità, a condizione che il cliente sia debitamente informato (e sempre che il prodotto risulti adeguato con riferimento alle altre variabili dell’adeguatezza)[24].
In tale contesto, il monitoraggio dei casi di adattamento risulta particolarmente importante quale sistema di verifica della corretta impostazione del controllo delle preferenze di sostenibilità, nelle sue diverse fasi (ad esempio, la registrazione di un numero estremamente ridotto di casistiche potrebbe essere indicativa di approcci poco stringenti in termini di mappatura o di soglie di controllo, di contro, la presenza di un numero di casi molto elevati di adattamento potrebbe essere un segnale di comportamenti opportunistici dell’intermediario o di una gamma di prodotti ESG in offerta non coerente con le preferenze della clientela servita).
Nella prestazione del servizio di consulenza ai clienti retail, occorre altresì che, attraverso la consegna della “dichiarazione di adeguatezza”, venga fornita opportuna evidenza dell’esito positivo del test anche in termini di valutazione delle preferenze di sostenibilità, così come dell’eventuale scelta del cliente di adattare le proprie preferenze.
3.3 La considerazione degli obiettivi di sostenibilità nei processi di product governance
Nel perseguimento della strategia dell’UE sulla finanza sostenibile, i requisiti di product governance sono stati integrati con la finalità di assicurare che i fattori di sostenibilità[25] e gli obiettivi legati alla sostenibilità della clientela target siano incorporati nei processi degli intermediari preordinati alla definizione della gamma di prodotti da realizzare e distribuire, in quanto ciò “favorisce la domanda di investimenti sostenibili da parte degli investitori”[26].
Gli intermediari, nella veste di produttori e distributori, sono pertanto chiamati, in sede di definizione del target market dei prodotti che s’intendono realizzare e distribuire e della relativa strategia distributiva, a specificare tra gli obiettivi dei clienti, in aggiunta a quelli di natura tipicamente finanziaria, anche gli “eventuali obiettivi legati alla sostenibilità”.
Come chiarito dall’ESMA nell’ultimo aggiornamento dei citati Orientamenti in materia di product governance, gli obiettivi legati alla sostenibilità dovrebbero essere enucleati, con un idoneo livello di granularità, nell’ambito della categoria del target market riferita in senso ampio agli “obiettivi e bisogni del cliente”[27]. Ad esempio, ad integrazione della distinzione tra i prodotti che considerano la sostenibilità e quelli che non la considerano, si potrebbe tenere conto anche degli elementi che connotano la definizione di “preferenze di sostenibilità” di cui alle lett. a), b) e c) dell’art. 2, par. 7 del Regolamento Delegato (UE) 2017/565, in linea con le indicazioni dell’ESMA[28].
In coerenza con lo scopo generale di favorire la diffusione dei c.d. “prodotti sostenibili”, ossia dei prodotti che considerano i fattori di sostenibilità, si rammenta inoltre che gli intermediari non sono tenuti a identificare il target market c.d. “negativo”[29], limitatamente al solo driver degli obiettivi legati alla sostenibilità, ferma restando l’applicazione di tale obbligo in relazione alle altre categorie del target market[30].
In proposito, si richiama l’attenzione degli operatori sulla circostanza che, per i prodotti che non considerano i fattori di sostenibilità (prodotti c.d. “non sostenibili”), come chiarito dalla CE, occorre invece valutare “caso per caso”, in ragione delle specifiche caratteristiche dei prodotti medesimi, l’opportunità di individuare un target market negativo in termini di obiettivi di sostenibilità dei clienti[31].
Per quanto riguarda, in particolare, gli intermediari distributori, si evidenzia che gli obiettivi legati alla sostenibilità, rientrando tra i parametri che contribuiscono all’identificazione “a monte” dell’offerta di prodotti e servizi d’investimento, in coerenza con le esigenze, le caratteristiche e gli obiettivi della clientela target, dovrebbero influenzare anche i processi legati alla definizione delle politiche commerciali, dei budget e dei sistemi di remunerazione del personale[32].
Infine, è importante rammentare che agli intermediari produttori e distributori è richiesto di tenere conto degli eventuali obiettivi legati alla sostenibilità anche in sede di revisione periodica dei prodotti realizzati e distribuiti. Più in concreto, gli intermediari dovrebbero individuare le connotazioni di sostenibilità dei prodotti che risultano suscettibili di modifica e monitorarli, al fine di verificare la necessità di un eventuale cambiamento del target market in termini di obiettivi di sostenibilità, ovvero (per i distributori) di modifiche della gamma prodotti.
4. Conclusioni
La Consob, alla luce anche del presente richiamo, proseguirà la propria azione di vigilanza sulle modalità di attuazione delle disposizioni in materia di “finanza sostenibile” nella prestazione dei servizi d’investimento da parte degli intermediari.
Tale attività sarà svolta anche in coordinamento con l’ESMA, in particolare nell’ambito dell’esercizio di vigilanza comune già annunciato per l’anno 2024, che è incentrato sui requisiti di sostenibilità della MiFID II riguardanti la valutazione di adeguatezza e la product governance[33].
Inoltre, la Consob continuerà ad interagire presso le opportune sedi al fine di assicurare un’applicazione uniforme della disciplina a livello UE, nonché per contribuire al dibattito in corso in merito ai profili di revisione e semplificazione della normativa sopra delineati.
IL PRESIDENTE
Paolo Savona
Allegato
Primi esempi di prassi operative positive e negative[34]
INFORMATIVA DI SOSTENIBILITÀ (SFDR)[35]
I) Prassi riferibili agli “FA” e agli “FMP”
INFORMATIVA WEB A LIVELLO DI ENTITY (EX ARTT. 3, 4 e 5 SFDR) | Tipo prassi | |
ACCESSIBILITÀ E PROMINENZA O VISIBILITÀ |
Nella HOMEPAGE del sito internet dell’intermediario è presente un rinvio (link) ad una sezione dedicata alla sostenibilità, con una denominazione chiara e semplice, nettamente distinguibile e individuabile (ad esempio, “Sostenibilità”, “Informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari”, “Investimenti sostenibili”, “ESG”), attraverso cui si accede direttamente a tutta l’informativa web SFDR sull’entity. | + |
Nella HOMEPAGE del sito internet dell’intermediario, pur essendo previsto il link ad una sezione dedicata alla sostenibilità, con una denominazione esplicita (ad esempio, “Sostenibilità”, “Investimenti sostenibili”, “ESG”), l’informativa web SFDR non è facilmente individuabile all’interno della stessa. In particolare, viene data maggiore evidenza ad altre informazioni di natura ESG (ad es. la dichiarazione non finanziaria dell’intermediario, ovvero il riferimento alle politiche sostenibili del soggetto) e/o materiale di marketing in tema di sostenibilità, senza prevedere un titolo/intestazione/grafica esplicitamente riferibili all’informativa web SFDR sull’entity. | - | |
Nella HOMEPAGE dell’intermediario è presente il link ad una sezione dedicata alla sostenibilità, con una denominazione esplicita (ad esempio, “Sostenibilità”, “Investimenti sostenibili”, “ESG”), all’interno della quale non è tuttavia presente l’informativa web SFDR sull’entity, che invece risulta accessibile solo tramite un percorso diverso, spesso ostico da individuare (anche per l’utilizzo di una grafica poco visibile, ad esempio, con caratteri e colori che non risaltano rispetto allo sfondo). | - | |
Nella HOMEPAGE non è presente una sezione ad hoc dedicata alla sostenibilità e l’informativa web SFDR sull’entity risulta accessibile seguendo un percorso particolarmente tortuoso, oppure soltanto utilizzando parole chiave dal motore di ricerca (in quanto la stessa è contenuta in file pdf non direttamente reperibili dal sito). | - | |
Integrazione del rischio sostenibilità nella consulenza o nella gestione di portafogli | Tipo prassi | |
CHIAREZZA E CORRETTEZZA |
L’informativa è principalmente focalizzata su un’astratta illustrazione della disciplina di riferimento, con numerosi richiami a fonti normative che il cliente potrebbe non conoscere (ad esempio, Regolamento (UE) 2020/852 sulla Tassonomia, Regolamento (UE) 2019/2088 sulla disclosure di sostenibilità), dedicando pochissimo spazio alle politiche effettivamente adottate dall’intermediario per l’integrazione del rischio di sostenibilità nella consulenza o nella gestione di portafogli. | - |
L’informativa risulta sovrabbondante rendendo difficile individuare gli elementi essenziali e sostanziali della policy adottata per l’integrazione del rischio di sostenibilità nella consulenza o nella gestione di portafogli. | - | |
L’informativa non fornisce, in modo semplice ed efficace, una spiegazione del perché la politica adottata consenta di “integrare” nelle decisioni d’investimento e nelle consulenze il rischio di sostenibilità (così come definito dalla SFDR). Ad esempio:
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Nell’informativa, i concetti normativi chiave legati alla sostenibilità (in particolare le nozioni di “rischio di sostenibilità” e “PAI”, nonché i “fattori di sostenibilità”) risultano rappresentati in modo confuso, rendendo poco comprensibile il contenuto e la finalità della policy di integrazione del rischio di sostenibilità nei processi di consulenza o gestione di portafogli. | - | |
L’informativa, dopo una breve e chiara introduzione sugli obblighi normativi SFDR contiene una spiegazione semplice e concisa dell'approccio adottato dall’intermediario per integrare i rischi di sostenibilità nella consulenza o nelle decisioni d’investimento (nell’ambito della gestione patrimoniale). | + | |
Nell’informativa sono inclusi alcuni esempi pratici di eventi concreti che rappresentano “rischi di sostenibilità” spiegando perché questi possono influire sul valore dell’investimento (ad esempio, facendo riferimento ai “fenomeni metereologici avversi” e sui conseguenti effetti sulle entità che li subiscono). | + | |
Ai fini di una migliore comprensibilità dell’informativa, è incluso un glossario con la definizione di alcuni termini “chiave” legati al tema della sostenibilità, tipicamente di natura normativa (per es. rischio di sostenibilità, fattori di sostenibilità, investimento sostenibile ed ecosostenibile, PAI, ecc.). | + | |
Coerenza tra le policy di remunerazione e l’integrazione del rischio di sostenibilità | Tipo prassi | |
CHIAREZZA E CORRETTEZZA |
È fornita una rappresentazione sintetica dell’informativa richiesta da SFDR con eventuale rinvio a documenti societari riconducibili ad obblighi derivanti da altra disciplina (per es. Relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi) oppure al “framework ESG” presente sul sito web della capogruppo. | + |
L’informativa relativa alle modalità d’integrazione dei rischi ESG nelle politiche remunerazione, pur contenuta all’interno di documenti più ampi riconducibili ad obblighi derivanti da altra disciplina (per es. Relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi), viene individuata in modo chiaro ed evidente, anche graficamente. | + | |
È fatto un mero rinvio ai documenti societari riconducibili ad obblighi derivanti da altra disciplina (per esempio, la Relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi), senza che sia agevole rinvenire l’informativa SFDR all’interno di tali documenti più ampi, né siano indicati i criteri per individuarla. In particolare, le informazioni sono sparse all’interno del documento senza che, nel complesso, risulti facilmente intellegibile come i rischi di sostenibilità sono integrati nelle policy di remunerazione. | - | |
Nel caso in cui la disclosure richiesta rispettivamente dagli artt. 3 e 5 SFDR venga resa attraverso un documento unico (il cui tiolo fa esplicitamente riferimento a entrambi gli obblighi), è prevista una separazione delle relative informative attraverso l'individuazione di paragrafi/sezioni distinte, evidenziate con caratteri di dimensioni/formati differenziati ai fini di un pronto reperimento delle relative aree. | + | |
INFORMATIVA PRECONTRATTUALE (EX ART. 6 SFDR) integrazione dei rischi di sostenibilità nella consulenza e probabili impatti dei rischi di sostenibilità sul rendimento |
Tipo prassi | |
PROMINENZA/FACILITÀ DI INDIVIDUAZIONE DELL’INFORMATIVA |
L’informativa è contenuta in apposita sezione/paragrafo, contrassegnata con chiara evidenza grafica (ad esempio, utilizzando caratteri in grassetto, maiuscolo e/o dimensioni maggiori). | + |
L’informativa è contenuta in un paragrafo dedicato nell'ambito degli altri rischi (finanziari) dei prodotti, con chiara evidenza grafica (ad esempio, utilizzando caratteri in grassetto, maiuscolo e/o dimensioni maggiori). | + | |
L’informativa è inglobata all'interno della documentazione precontrattuale, senza alcuna evidenza grafica che ne agevoli l’individuazione. | - | |
CHIAREZZA E CORRETTEZZA |
I concetti chiave sono esposti in modo non organico e poco efficace. A titolo esemplificativo:
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II) Prassi riferibili agli intermediari in qualità di “FA”
INFORMATIVA WEB A LIVELLO DI ENTITY (EX ART. 4 SFDR) dichiarazione sulla considerazione o meno dei PAI |
Tipo prassi | |
ACCESSIBILITÀ E PROMINENZA O VISIBILITÀ | La dichiarazione di considerare o meno i PAI è resa insieme all’informativa sull’integrazione dei rischi di sostenibilità (ex art. 3 SFDR) e, talvolta, anche insieme all’informativa sulla remunerazione (ex art. 5 SFDR), invece di essere fornita attraverso una sezione ad hoc del sito intitolata, rispettivamente, “Dichiarazione sui principali effetti negativi delle consulenze in materia di investimenti/assicurazioni sui fattori di sostenibilità”, oppure “Mancata presa in considerazione degli effetti negativi delle consulenze in materia di investimenti/assicurazioni sui fattori di sostenibilità”. | - |
CHIAREZZA E CORRETTEZZA | In caso di considerazione dei PAI, le modalità di valutazione e selezione dei prodotti finanziari da inserire nella gamma d’offerta vengono rappresentate in modo molto generico, senza precisare se sia previsto l’utilizzo di criteri di ranking, o l’individuazione di threshold, sulla base dei PAI di cui alla tabella 1, Allegato I del Regolamento delegato (UE) 2022/1288, descrivendone nel caso la relativa metodologia. | - |
Le motivazioni della mancata considerazione dei PAI sono poco significative, risultando ad esempio legate alla scarsa chiarezza del quadro normativo, alla generica insufficienza dei dati a disposizione o ad imprecisate implementazioni future. | - |
III) Prassi riferibili agli intermediari in qualità di “FMP”
INFORMATIVA WEB A LIVELLO DI ENTITY (EX ART. 4 SFDR) dichiarazione sulla considerazione o meno dei PAI |
Tipo prassi | |
ACCESSIBILITÀ E PROMINENZA O VISIBILITÀ |
La dichiarazione di considerazione dei PAI (con il titolo “Dichiarazione sui principali effetti negativi delle decisioni d'investimento sui fattori di sostenibilità”) è accessibile sia dalla sezione ad hoc del sito internet dell’intermediario in cui si trovano le informazioni sulle linee di gestione, denominata “Informativa sulla sostenibilità”, sia dalla sezione della HOMEPAGE che rinvia a tutta l’informativa web SFDR (ad esempio, mediante apposito link). | + |
CHIAREZZA E CORRETTEZZA |
Le parti descrittive della “Dichiarazione sulla presa in considerazione dei PAI” sono illustrate in modo eccessivamente generico. Ad esempio:
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Le motivazioni della mancata considerazione dei PAI sono poco significative, risultando ad esempio legate alla poca chiarezza del quadro normativo, all’insufficienza dei dati a disposizione o soltanto ad imprecisate implementazioni future. | - |
VALUTAZIONE DELLE PREFERENZE DI SOSTENIBILITÀ NEL TEST DI ADEGUATEZZA
SPIEGAZIONI SULLA NOZIONE DI “PREFERENZE DI SOSTENIBILITÀ” E I CONCETTI CHIAVE SOTTESI |
Tipo prassi | |
MODALITÀ DI RAPPRESENTAZIONE |
Le informazioni sui profili afferenti alla sostenibilità sono fornite con un linguaggio tecnico non immediatamente comprensibile, che replica pedissequamente la normativa di riferimento, facendo anche ricorso a numerosi e dettagliati richiami a fonti normative (ad esempio, Regolamento (UE) 2020/852 sulla Tassonomia, Regolamento (UE) 2019/2088 sulla disclosure di sostenibilità, Regolamento Delegato (UE) 2017/565). | - |
Le spiegazioni sono incluse nell’ambito di una documentazione dai contenuti molto più ampi, tipicamente nel quadro dell’informativa precontrattuale riguardante il servizio di consulenza o di gestione di portafogli (anche con rinvii al sito web), risultando difficilmente individuabile. | - | |
Le spiegazioni sono espresse con un linguaggio semplice e chiaro e vengono solitamente inserite in una sezione introduttiva del questionario (o della sezione afferente all’acquisizione delle preferenze di sostenibilità) di facile consultazione. | + | |
CONTENUTI | Non è prevista una spiegazione dei diversi elementi della definizione di preferenze di sostenibilità, di cui alle lettere a), b) e c) dell’articolo 2, paragrafo 7 Regolamento Delegato (UE) 2017/565, oppure tale spiegazione non è completa. | - |
È prevista una spiegazione sulla distinzione tra prodotti con caratteristiche di sostenibilità e prodotti privi di tali caratteristiche. | + | |
Sono previsti chiarimenti preliminari in merito ai controlli aggiuntivi previsti per valutare le informazioni rese dal cliente in merito alle proprie preferenze di sostenibilità. | + | |
Al cliente vengono illustrate le finalità delle domande del questionario dedicate alle preferenze di sostenibilità, con un linguaggio semplice, fornendo elementi utili a consentire una compilazione più consapevole. | + | |
ACQUISIZIONE DELLE PREFERENZE DI SOSTENIBILITÀ DEI CLIENTI | Tipo prassi | |
CHIAREZZA DEL QUESTIONARIO |
Nell’impostazione delle domande (e relative risposte) dedicate alla raccolta delle preferenze di sostenibilità del cliente viene utilizzato un linguaggio tecnico che ricalca la normativa di riferimento, talvolta richiamando fonti normative che il cliente potrebbe non conoscere (Regolamento (UE) 2020/852 sulla Tassonomia, Regolamento (UE) 2019/2088 sulla disclosure di sostenibilità, Regolamento Delegato (UE) 2017/565). | - |
È prevista la possibilità di rispondere esplicitamente in modo “neutrale” (del tipo, “non ho una preferenza” o “no”), ad esempio con riferimento alla richiesta di esprimere l’interesse verso gli investimenti di tipo ESG, o con riguardo all’eventuale preferenza per i singoli pillar ESG e/o per gli investimenti ecosostenibili, sostenibili e che considerano i PAI (ex art. 2, comma 7, lettera a), b) e c) Regolamento Delegato (UE) 2017/565). | + | |
Nell’impostazione delle risposte, è previsto l’utilizzo di fasce qualitative (del tipo, “bassa”, “media” e “alta”) senza che al cliente venga fornita chiara evidenza delle corrispondenti percentuali numeriche (nemmeno attraverso altri documenti separati dal questionario a disposizione dello stesso), per esprimere la preferenza, ad
esempio, in merito a:
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La formulazione delle risposte alla domanda che indaga l’interesse verso gli investimenti sostenibili incorpora elementi che riguardano il profilo di rendimento di tali investimenti (ad esempio, qualificandoli come meno redditizi o esclusivamente per il lungo periodo), che possono “condizionare/indirizzare” la scelta del cliente[36]. | - | |
GRANULARITÀ DEL QUESTIONARIO | Sono previste domande volte ad acquisire informazioni circa l’interesse del cliente verso gli investimenti ecosostenibili, sostenibili e/o che considerano i PAI (ossia, le diverse componenti della nozione di preferenze di sostenibilità ex art. 2, comma 7, lettera a), b) e c) Regolamento Delegato (UE) 2017/565). | + |
L’interesse del cliente verso gli investimenti ecosostenibili e sostenibili (ex art. 2, comma 7, lettera a), b) e c) Regolamento Delegato (UE) 2017/565) è raccolto attraverso un’unica domanda, non potendo pertanto cogliersi preferenze maggiormente articolate. | - | |
Sono presenti domande volte ad acquisire informazioni sulle preferenze del cliente in termini di “minimum proportion” degli investimenti sostenibili/ecosostenibili (ex art. 2, comma 7, lettera a) e b) Regolamento Delegato (UE) 2017/565). | + | |
I valori di “minimum proportion” tra cui scegliere per esprimere le preferenze sugli investimenti sostenibili/ecosostenibili (ex art. 2, comma 7, lettera a) e b) Regolamento Delegato (UE) 2017/565) in cui il cliente desidera investire sono molto contenuti (in alcuni casi anche inferiori al 5%). | - | |
Le preferenze del cliente rispetto ai prodotti finanziari che considerano i PAI sono raccolte utilizzando i raggruppamenti degli indicatori obbligatori previsti dal Regolamento delegato (UE) 2022/1288 di attuazione dell’SFDR (emissioni di gas a effetto serra, biodiversità, acqua, rifiuti, problematiche sociali e concernenti il personale). | + | |
Le preferenze del cliente rispetto ai prodotti finanziari che considerano i PAI sono raccolte in maniera generica, senza specificare alcuna tipologia di possibili impatti avversi di potenziale interesse per il cliente. A titolo d’esempio, si fa riferimento agli approcci che prevedono:
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MAPPATURA DEI PROFILI DI SOSTENIBILITÀ DEI PRODOTTI | Tipo prassi | |
ALCUNI ASPETTI DEI MECCANISMI IN USO | Per la mappatura ESG dei fondi, non risultano specifici controlli di coerenza tra le informazioni complessivamente acquisite dai provider terzi (tipicamente rating/scoring di sostenibilità) e quelle dei produttori che categorizzano i prodotti ai sensi dell’art. 8 o art. 9 SFDR, né la previsione di conseguenti criteri di coordinamento. | - |
Per la mappatura ESG dei fondi, è previsto anche un questionario quali-quantitativo sui gestori (ad esempio tramite domande relative alle policy ESG adottate, alle performance della gestione rispetto ad alcuni indicatori di sostenibilità ambientali e sociali, alla presenza di personale dedicato agli investimenti ESG, ecc.). | + | |
Il modello di mappatura ESG è soggetto a periodici controlli/revisioni per assicurare che rimanga efficace e funzionale nel tempo. | + | |
“INCROCIO” TRA PREFERENZE DI SOSTENIBILITÀ E CONNOTAZIONI ESG DEI PRODOTTI | Tipo prassi | |
ASSENZA DI PREFERENZE DI SOSTENIBILITÀ DI DETTAGLIO |
Le logiche adottate per la valutazione delle preferenze di sostenibilità in caso di manifestazione d’interesse per l’ESG da parte del cliente, senza che siano state fornite le informazioni di dettaglio richieste, risultano poco stringenti. Ad esempio:
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RAPPORTI COINTESTATI | In caso di rapporti cointestati, qualora il modello dell'intermediario preveda la raccolta di informazioni dai singoli cointestatati e le preferenze di sostenibilità risultino molto diverse, il controllo viene svolto prendendo a riferimento le preferenze del cliente che ha espresso l’interesse “più basso” verso i prodotti ESG[38]. | - |
DICHIARAZIONE DI ADEGUATEZZA | Tipo prassi | |
CHIAREZZA E CORRETTEZZA | L’informativa è molto generica e non specifica in alcun modo le motivazioni che hanno condotto alla scelta del cliente di “adattare” le proprie preferenze di sostenibilità. | - |
Le informazioni vengono fornite in maniera schematica, anche attraverso rappresentazioni tabellari, talvolta arricchite da un glossario esplicativo della terminologia utilizzata. | + |
[1] A seguito all’adozione nel 2015 della c.d. “Agenda 2030” delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e del correlato “Accordo di Parigi” sul clima nel 2016, l’UE ha definito la propria strategia per il conseguimento degli obiettivi ivi contenuti, che è dettagliata nel c.d. “Action Plan: Financing Sustainable Growth” del marzo 2018, successivamente rinnovato mediante il c.d. “European Green Deal” annunciato nel dicembre 2019.
[2] Alle citate misure di livello 1, applicabili dal 10 marzo 2021, si aggiungono le disposizioni del Regolamento delegato (UE) 2022/1288, applicabili dal 1° gennaio 2023, che dettagliano alcuni aspetti specifici (quali il contenuto e la presentazione delle informazioni sul c.d. “do no significant harm” o “DNSH”, gli indicatori di sostenibilità e di adverse sustainability impact, nonché le informazioni sulla promozione delle caratteristiche ambientali o sociali e sugli obiettivi di sostenibilità nella documentazione pre-contrattuale, sul web e nella reportistica periodica), unitamente ai chiarimenti di livello 3 forniti tempo per tempo dalla Commissione Europea e dalle tre Autorità europee (cfr. “Consolidated Q&A on the SFDR”).
[3] Cfr. Regolamento delegato (UE) 2021/1253 di modifica del citato Regolamento di attuazione della MiFID II, applicabile dal 2 agosto 2022. In aggiunta, rilevano le indicazioni operative fornite dall’ESMA attraverso l’ultima revisione dei propri Orientamenti su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della MiFID II, applicabili dal 3 ottobre 2023 (cfr. Avviso Consob del 25 maggio 2023).
[4] Cfr. Direttiva delegata (UE) 2021/1269 di modifica della citata Direttiva di attuazione della MiFID II, applicabile dal 22 novembre 2022 (trasposta a livello domestico nel Regolamento Intermediari della Consob, con delibera n. 22430 del 28 luglio 2022). Alle disposizioni citate si accompagnano gli Orientamenti dell’ESMA sugli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MiFID II, nella versione da ultimo aggiornata, applicabile dal 3 ottobre 2023 (cfr. Avviso Consob del 27 settembre 2023).
[5] Cfr. “Public consultation on the implementation of SFDR” del 14 settembre 2023, a cui è connessa la pubblicazione in data 18 giugno 2024 della Joint Opinion delle ESA “on the assessment of the Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR)”.
[6] Cfr. il “Progress Report” e il Final Report” dell’ESMA sull’argomento, pubblicati rispettivamente il 31 maggio 2023 e il 4 giugno 2024.
[7] Si fa riferimento alla proposta di regolamento pubblicata il 13 giugno 2023, in relazione alla quale nel febbraio 2024 è stato raggiunto l’accordo politico su di un testo di compromesso in sede di trilogo, di cui si è in attesa della pubblicazione sulla GU dell’UE.
[8] La normativa stabilisce un regime di applicazione differenziato in ragione della tipologia di impresa, cominciando da quelle già soggette alla disciplina della dichiarazione non finanziaria ai sensi della NFRD a partire dall’esercizio finanziario 2024 (con pubblicazione della nuova rendicontazione nel 2025).
[9] Cfr. Piano Strategico 2022-2024 della Consob (aggiornamento dicembre 2023).
[10] Ai sensi dell’art. 2 (12) SFDR, rientrano nella definizione di prodotto finanziario, oltre alle gestioni patrimoniali ex art.4, par.1, punto 8 della MiFID II, anche gli OICVM e i fondi di investimento alternativo (FIA), gli IBIP, i prodotti e gli schemi pensionistici e i PEPP.
[11] Cfr. art. 2 (22) SFDR.
[12] Secondo il Considerando 20 SFDR, per “principali effetti negativi” s’intendono “gli effetti delle decisioni di investimento e delle consulenze in materia di investimenti che determinano incidenze negative sui fattori di sostenibilità”.
[13] Infatti, attraverso l’integrazione del rischio di sostenibilità nella consulenza o nel servizio di gestione di portafogli si tende a mitigare il rischio di una riduzione del valore/rendimento dei prodotti per effetto di questioni ESG, mentre la considerazione dei PAI dovrebbe indirizzare le scelte d’investimento verso quei prodotti che presentano minori esternalità negative sui fattori ESG. Resta fermo che, indirizzare gli investimenti verso prodotti con minori impatti avversi in termini di sostenibilità dovrebbe, a tendere, comportare effetti positivi anche in termini di riduzione del rischio di sostenibilità.
[14] Cfr. infra par. 3.2.
[15] Sul punto, occorre tenere presente che, da un lato, l’integrazione del rischio di sostenibilità nel processo di selezione dei prodotti rileva anche per i clienti che non esprimano preferenze di sostenibilità, dall’altro, il soddisfacimento delle preferenze di sostenibilità non dovrebbe esaurirsi con la mitigazione del rischio di sostenibilità, bensì dovrebbe tenere in considerazione anche altri fattori “positivi” degli investimenti ESG. Cfr. anche il Considerando 15 SFDR secondo cui “i consulenti finanziari dovrebbero comunicare in che modo tengono conto dei rischi di sostenibilità nella procedura di selezione del prodotto finanziario che è presentato agli investitori finali, prima di fornire la consulenza, a prescindere dalle preferenze di questi ultimi in materia di sostenibilità”.
[16] Rilevano altresì i chiarimenti interpretativi della CE e le indicazioni delle ESA resi tempo per tempo (cfr. “Consolidated Q&A on the SFDR”, JC 2023 18).
[17] Ai sensi del nuovo punto 7) dell’art. 2 del Regolamento delegato (UE) 2017/565, per “preferenze di sostenibilità” s’intende “la scelta, da parte di un cliente o potenziale cliente, di integrare o meno, e se sì in che misura, nel suo investimento uno o più dei seguenti strumenti finanziari: a) uno strumento finanziario per il quale il cliente o potenziale cliente determina che una quota minima deve essere investita in investimenti ecosostenibili ai sensi dell’articolo 2, punto 1, del regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio [Regolamento Tassonomia]; b) uno strumento finanziario per il quale il cliente o il potenziale cliente determina che una quota minima deve essere investita in investimenti sostenibili ai sensi dell’articolo 2, punto 17, del regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio [Regolamento SFDR]; c) uno strumento finanziario che considera i principali effetti negativi sui fattori di sostenibilità laddove elementi qualitativi o quantitativi comprovanti tale presa in considerazione sono determinati dal cliente o potenziale cliente”.
[18] Su tale aspetto, si soffermano anche gli Orientamenti dell’ESMA in materia di adeguatezza (cfr. par. 16).
[19] Cfr. in particolare i parr. 26-27 dei citati Orientamenti in materia di adeguatezza.
[20] Cfr. in particolare i parr. 72-73 dei citati Orientamenti in materia di adeguatezza.
[21] Ad esempio, facendo riferimento alle categorie ex art. 2, comma 7, lett. a), b) e c) del Regolamento delegato (UE) 2017/565.
[22] Il Considerando 7 del Regolamento delegato (UE) 2021/1253 evidenzia infatti che “è necessario affrontare le preoccupazioni in merito al «greenwashing», vale a dire in particolare la pratica di ottenere un vantaggio competitivo sleale raccomandando uno strumento finanziario come rispettoso dell’ambiente o sostenibile, mentre di fatto esso non soddisfa le norme ambientali di base o altre norme in materia di sostenibilità. Al fine di prevenire [il mis-selling] e il greenwashing, le imprese di investimento non dovrebbero raccomandare o decidere di negoziare strumenti finanziari come rispondenti alle preferenze di sostenibilità individuali se essi non soddisfano tali preferenze. Le imprese di investimento dovrebbero spiegare ai loro clienti o potenziali clienti le ragioni per cui non lo fanno e conservare la relativa documentazione” (sottolineato aggiunto).
[23] Tale fattispecie, secondo i chiarimenti dell’ESMA, è infatti da considerarsi di tipo “transaction-based”, ossia legata alle singole scelte d’investimento, ed è circoscritta alla sola valutazione delle preferenze di sostenibilità, non trovando quindi applicazione alla valutazione degli altri parametri “ordinari” dell’adeguatezza. Cfr. parr. 82-83 degli Orientamenti dell’ESMA in materia di adeguatezza.
[24] Cfr. il Considerando 8 del citato Regolamento delegato (UE) 2021/1253, secondo cui “quando gli strumenti finanziari non soddisfano le preferenze di sostenibilità del cliente o potenziale cliente, quest’ultimo dovrebbe avere la possibilità di adattare le informazioni sulle sue preferenze, in modo da rendere possibile la presentazione di ulteriori raccomandazioni. Al fine di prevenire [il mis-selling] e il greenwashing, le imprese di investimento dovrebbero tenere traccia della decisione di adattare tali informazioni e della relativa spiegazione”.
[25] Per “fattori di sostenibilità”, ai sensi dell’art. 2, punto 24 dell’SFDR, s’intendono “le problematiche ambientali, sociali e concernenti il personale, il rispetto dei diritti umani e le questioni relative alla lotta alla corruzione attiva e passiva”. Tale definizione è stata espressamente inse art. 1, par. 5 della Direttiva delegata (UE) 2017/593.
[26] Cfr. i Considerando 4 e 5 della citata Direttiva delegata (UE) 2021/1269 di modifica della Direttiva delegata (UE) 2017/593 di attuazione della MiFID II.
[27] Si fa riferimento più in generale alle seguenti cinque “categorie” identificate dagli Orientamenti dell’ESMA ai fini della definizione del target market dei prodotti (sia “potenziale”, ossia del produttore, sia “effettivo”, da parte del distributore): tipo di investitore, conoscenza ed esperienza, capacità del cliente di sopportare le perdite, risk tolerance, obiettivi e bisogni del cliente.
[28] Cfr. in particolare, il par. 20 degli Orientamenti dell’ESMA, afferenti al produttore, espressamente richiamati al par. 42 relativo al distributore.
[29] Secondo il considerando 7 della Direttiva delegata (UE) 2021/1269, infatti, “per garantire che gli strumenti finanziari con fattori di sostenibilità restino facilmente disponibili anche per i clienti che non hanno preferenze di sostenibilità, le imprese di investimento non dovrebbero essere tenute a identificare gruppi di clienti le cui esigenze, caratteristiche e obiettivi non sono compatibili con lo strumento finanziario con fattori di sostenibilità”.
[30] Sul punto, rilevano anche i chiarimenti forniti nell’ambito degli Orientamenti dell’ESMA sulla materia (cfr. par. 81).
[31] Si veda la Q&A trasmessa dall’ESMA alla CE in data 2 ottobre 2023 e pubblicata a marzo 2024 (ESMA_QA_1966 to the European Commission), di seguito riportata: “When conducting the negative target market assessment for a product that does not consider sustainability factors, should a firm also consider any clients’ sustainability-related objectives the product is not compatible with? Yes. According to Article 9(9) and 10(2) of Commission Delegated Directive 2017/593, any clients’ sustainability-related objectives shall be considered when specifying the type(s) of clients whose needs, characteristics and objectives the product is compatible with (‘positive target market assessment’). This also applies to the identification of any group(s) of clients whose needs, characteristics and objectives the product is not compatible with (‘negative target market assessment’). In practical terms, whether, and if so, which sustainability-related objectives may be relevant for the identification of the negative target market for a particular product that does not consider sustainability factors, will depend on the characteristics of the product. Indeed, firms are required to consider whether the product would be incompatible with some sustainable related objectives but this evaluation might conclude, in some specific situations, that there is no incompatibility with those objectives, so no negative target market would be determined in those specific situations for the criterion “sustainability related objective”. Reversely, in other situations the consideration should lead to the identification of a negative target market in relation to the product’s sustainabilityrelated objectives” (sottolineato aggiunto). Cfr. https://www.esma.europa.eu/publications-data/questions-answers/1966.
[32] Cfr. in particolare, i parr. 34-36 degli Orientamenti dell’ESMA.
[33] CfrESMA to launch Common Supervisory Action on MiFID II sustainability requirements (europa.eu).
[34] Si fa presente che le prassi positive sono contrassegnate dal segno “+” e quelle negative dal segno “-”. Inoltre, tali esemplificazioni pratiche sono circoscritte alle modalità di attuazione degli obblighi in materia di trasparenza di sostenibilità e di valutazione delle preferenze di sostenibilità nell’ambito dell’adeguatezza, in quanto le evidenze sui requisiti di product governance legati alla sostenibilità sono allo stato più limitate, in ragione anche della successiva data di applicazione delle relative modifiche normative.
[35] La sezione è articolata in tre parti, per distinguere dalle prassi rilevanti comuni a FA e FMP, quelle specificamente riferite alla disclosure degli FA o degli FMP.
[36] Sul punto, gli Orientamenti dell’ESMA in materia di adeguatezza precisano che “nel corso dell’intero processo [di acquisizione delle preferenze di sostenibilità], le imprese dovrebbero adottare un approccio neutro e obiettivo, in modo da non influire sulle risposte del cliente” (cfr. par. 26).
[37] Secondo gli Orientamenti dell’ESMA (cfr. par. 85), la possibilità di trattare un cliente come “neutrale” rispetto alle preferenze di sostenibilità (potendo quindi ricevere raccomandazioni sia di prodotti con caratteristiche connesse alla sostenibilità, sia prodotti che ne sono privi) si applica al caso in cui tale cliente abbia espresso di non avere preferenze di sostenibilità. Diversamente, nel caso di assenza di preferenze di dettaglio (anche con riferimento agli aspetti di cui alle lett. a) b) e c) dell’art. 2, comma 7, Regolamento Delegato (UE) 2017/565), rileva il par. 28 dei medesimi Orientamenti, secondo cui l’intermediario dovrebbe adottare procedure specifiche ed “informare il cliente in merito alle caratteristiche di sostenibilità del prodotto o dei prodotti d’investimento raccomandati o di quelli in cui l’impresa investirà per conto del cliente”.
[38] In assenza di indicazioni specifiche rinvenibili nel plesso normativo della sostenibilità circa le modalità di valutazione delle preferenze di sostenibilità in caso di cointestazioni, gli Orientamenti generali dell’ESMA sulla materia (cfr. par. 70), invitano a seguire un approccio “prudente”, prendendo in considerazione gli obiettivi “più conservativi”. Traslando tale impostazione alle preferenze di sostenibilità, il profilo più conservativo appare essere quello del cliente con ambizioni di sostenibilità più elevate, ossia con preferenze di sostenibilità più “ambiziose”.