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Bollettino


Comunicazione n. DAL/99039392 del 18-5-1999

inviata alle società ...

Oggetto: Nozione di atti o operazione che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta

Con riferimento alla nota di pari oggetto, trasmessa da codesta società ... in data ..., si unisce alla presente una nota tecnica contenente considerazioni in ordine all'eventuale applicabilità dell'art. 104, del d.lgs. n. 58/98 all'ipotesi di integrazione tra [... le società ...].

[... omissis ...]

IL PRESIDENTE
Luigi Spaventa

* * *

Rilevanza di un'ipotesi di integrazione tra [... le società ...] alla luce dell'art. 104 del d.lgs n. 58/98

La questione richiede di verificare preliminarmente quali siano gli atti od operazioni compiuti dalle "società italiane con azioni quotate" rilevanti ai sensi dell'art. 104, comma 1, del TUF.

In particolare occorre verificare:

- l'esatto significato giuridico da attribuire all'espressione atti o operazioni;

- la loro idoneità a "contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta".

1. "Atti od operazioni"

Posto che è la società e non i suoi amministratori in quanto persone fisiche il soggetto preso in considerazione dall'art. 104 del T.U., gli "atti od operazioni" rilevanti devono in primo luogo essere ad essa attribuibili: dovrà pertanto trattarsi di comportamenti posti in essere nell'ambito del rapporto organico che lega alla persona giuridica gli amministratori, uno di essi o altri soggetti in grado di rappresentarne la "volontà".

Non sembra inoltre che possano essere presi in considerazione comportamenti che l'ordinamento non qualifichi già di per sé come "fatti giuridici" e pertanto dovrà trattarsi di comportamenti (quali fra l'altro normalmente sono quelli posti in essere nell'ambito di un rapporto organico) a cui l'ordinamento fa conseguire effetti legalmente rilevanti, siano essi costitutivi, modificativi o estintivi di situazioni giuridiche o ancora immediati ovvero sottoposti ad una condizione, ad un termine, ad un modo.

Non rientrano pertanto, ad esempio, nell'ambito disciplinato dalla norma dichiarazioni di scienza, atti di accertamento o espressioni di giudizi che di per sé non siano produttivi di effetti giuridici.

In tal senso depone in primo luogo l'uso del termine "atti" che, in mancanza di indici contrari, non può che ritenersi conforme alla definizione che la dottrina generale del diritto dà degli "atti giuridici" che sono quei fatti caratterizzati dalla presenza di un comportamento umano a cui l'ordinamento ricollega effetti giuridici# (1)

Il secondo termine usato dalla norma, "operazioni", può a sua volta considerarsi una specificazione del primo idonea a comprendere nel divieto anche serie di atti fra loro collegati per la realizzazione di un determinato obiettivo che potrebbe non emergere dalla considerazione distinta dei singoli atti.

Inoltre, ritenere che con l'art. 104 la legge abbia inteso assegnare rilievo, tramite una clausola generale, ad atti che non costituiscono o modificano situazioni giuridicamente rilevanti, condurrebbe ad una incertezza applicativa difficilmente superabile e ad un rischio di completo immobilismo dei soggetti che si trovano in rapporto organico con la società.

2. "Atti od operazioni che possono contrastare gli obiettivi dell'offerta"

2.1. Gli "atti od operazioni" così definiti sono rilevanti ai fini dell'art. 104 soltanto se "possono contrastare gli obiettivi dell'offerta".

Obiettivo dell'offerta è in primo luogo l'acquisto di una determinata percentuale del capitale dell'emittente ad un determinato prezzo unitario e con un determinato esborso finanziario complessivo; obiettivo può essere inoltre l'intenzione dichiarata nel documento di acquistare il controllo della società e pertanto anche la possibilità materiale di esercitare tale controllo, ad esempio cambiando gli amministratori; ancora obiettivo dell'offerta è da considerarsi l'insieme dei beni materiali e immateriali, compreso l'avviamento nell'esercizio di una determinata impresa, che costituiscono il patrimonio della società.

Semplificando, un'offerta è normalmente volta ad acquistare con un certo esborso finanziario il controllo di una società che ha determinate caratteristiche strutturali e patrimoniali.

Rispetto a tali obiettivi possono individuarsi diverse categorie di atti od operazioni che possono contrastarli.

Una prima categoria sono gli atti che puntano ad incrementare il costo necessario per raggiungere il quantitativo di adesioni che l'offerente intende raggiungere. In tale ambito rientrano le operazioni di aumento di capitale o di conversione in azioni con diritto di voto di altri strumenti finanziari, che riducono il valore percentuale del quantitativo di azioni oggetto dell'offerta salvo che l'offerente non opti per un esborso complessivo maggiore. Possono rientravi anche l'acquisto di azioni proprie da parte dell'emittente, che riducono la platea dei potenziali aderenti all'operazione, rafforzano la posizione dell'attuale controllante e possono incidere sul prezzo di mercato dei titoli.

Una seconda categoria è quella dei comportamenti volti a mutare, anche con effetto differito, le caratteristiche patrimoniali ed aziendali della società oggetto di acquisto. Mutano le caratteristiche patrimoniali atti come le cessioni di beni e altre componenti dell'attivo, le operazioni di fusione o scissione, atti che incrementino il peso dell'indebitamento finanziario sul bilancio della società o l'avvio di una politica di acquisizioni; possono mutare la caratteristiche aziendali l'imprevisto abbandono di attività d'impresa o l'improvvisa modifica di politiche industriali o commerciali.

In una terza categoria possono farsi rientrare comportamenti di disturbo volti a rendere difficile la possibilità che l'offerente raggiunga realmente l'obiettivo perseguito. In tale area rientra, ad esempio la promozione di un'offerta contraria sulle azioni dell'offerente o di una sua controllata o l'acquisto di nuovi "business" che rendono più difficile il superamento dei problemi connessi alla normativa antitrust. Possono ugualmente considerarsi comportamenti di disturbo le operazioni che rendono estremamente costoso per il nuovo controllante esercitare, dopo il buon esito dell'offerta, atti tipici del socio di controllo, come il riconoscimento agli amministratori in carica di diritti particolari in caso di loro sostituzione.

L'esemplificazione compiuta corrisponde sia all'ampia esperienza statunitense sulle tecniche di difesa (2) sia alle indicazioni, di natura esemplificativa, compiuta nella rule 21 del City Code inglese e nelle notes ad essa seguenti (3).

2.2. Come è noto, mentre nell'esperienza statunitense le "poison pills" sono, sebbene entro certi limiti, ammesse, la prevalente normativa europea (specialmente in Regno Unito e Francia) riduce la possibilità di adottarle, tendenzialmente subordinandole, come fa l'art. 104 del T.U., all'approvazione di un'assemblea di azionisti.

Rispetto al tipo di operazioni indicate il loro passaggio in assemblea è talvolta comunque necessario in base alla normativa societaria: con riferimento a tal genere di operazioni la norma italiana ha essenzialmente l'effetto di prevedere un quorum deliberativo speciale (30% del capitale con diritto di voto nell'assemblea volta per volta competente).

Altri atti potrebbero invece essere realizzati direttamente dagli amministratori, o per la loro naturale appartenenza all'attività gestoria di competenza dell'organo esecutivo o perché esiste già una delega, rilasciata dall'assemblea prima dell'inizio dell'offerta, ad avviare le operazioni.

Rispetto a tali situazioni il principio che impone un passaggio in assemblea svolge essenzialmente la funzione di rimettere agli azionisti la decisione sulla creazione di ostacoli nel cammino dell'offerente verso l'effettivo raggiungimento dell'obiettivo perseguito con l'offerta; solo dopo aver ottenuto il consenso assembleare gli amministratori potranno compiere quell'atto o avviare quell'operazione che può determinare, secondo l'analisi sopra operata, un incremento dei costi dell'offerta, la modifica sostanziale della società a cui l'offerente è interessato o un disturbo alla possibilità che l'offerente raggiunga materialmente l'obiettivo.

L'assemblea riacquista, in presenza di un'operazione che è essenzialmente rivolta agli azionisti, un potere gestionale ed è solo essa a poter decidere atti di gestione che possono ostacolare il raggiungimento degli obiettivi dell'offerta come sopra definiti.

2.3. Rispetto a tale quadro sia le principali normative europee sia la parte prevalente della dottrina americana favorevole alla "passivity rule", sia l'ultima versione della proposta di direttiva comunitaria in corso di discussione presso l'Unione Europea ritengono estranee all'area dei comportamenti vietati le attività volte a individuare la fattibilità di una proposta alternativa ritenuta maggiormente favorevole per gli azionisti.

Tali comportamenti sono consentiti dal City Code, dal momento che la rule 20.2 si limita a disciplinare l'ipotesi in cui gli amministratori dell'emittente forniscano informazioni a un offerente amichevole, imponendo loro di rendere disponibili tali informazioni anche per un offerente meno gradito; ugualmente implicitamente sottintesa (oltre che ammessa nella prassi) è tale possibilità dall'art. 3, comma 3, del regolamento COB n. 89/03 che auspica che la competizione si svolga "tramite il libero gioco delle offerte e dei loro rilanci".

Ancora più esplicitamente la ricerca di nuove offerte è consentita agli amministratori senza l'autorizzazione dell'assemblea dall'art. 8 dell'ultimo testo (frutto dell'accordo dei rappresentanti di tutti i paesi) della proposta di direttiva.

Tale orientamento è conseguenza in primo luogo della convinzione che rientri fra i doveri degli amministratori la ricerca delle ipotesi di combinazione aziendale ritenute migliori nell'interesse degli azionisti ed in secondo luogo della difficoltà di individuare la ragione di un'autorizzazione assembleare.

In sostanza, la promozione dell'offerta, se interrompe parzialmente lo spazio di movimento degli amministratori, non recide il rapporto di fiducia fra essi e gli azionisti e pertanto lascia agli amministratori anche il compito di tutelarne gli interessi, ad esempio attraverso la ricerca o l'individuazione di alternative all'offerta; quello che gli amministratori non potrebbero fare è compiere atti di gestione finalizzati a mettere in difficoltà l'offerta esistente, la decisione sul cui esito deve restare nelle mani degli azionisti, mentre la ricerca di alternative non danneggia direttamente le possibilità di riuscita dell'offerta ma si limita ad ampliare le possibilità decisionali degli azionisti.

Non sembra inoltre che sia possibile limitare l'attività consentita agli amministratori alla semplice ricerca di offerenti concorrenti o di altre alternative escludendo ogni ipotesi di collaborazione alla definizione: il confine sarebbe inevitabilmente incerto e facilmente aggirabile.

Sembra al contrario da ritenere che rimanga fuori dalla "passivity rule" ogni attività degli amministratori che non comporti modifiche alla situazione societaria (patrimoniale, di politica aziendale, nella struttura del capitale) tali da contrastare gli obiettivi dell'offerente.

Rimane fermo che tale eventuale attività degli amministratori è soggetta al rispetto delle regole generali sul loro operato sia dal punto di vista della responsabilità verso gli azionisti e la società (nel nostro ordinamento per mancato rispetto dell'art. 2392 c.c.) sia dal punto di vista della necessità che siano garantiti tutti gli standard di correttezza e trasparenza tipici della regolamentazione del mercato finanziario.

Le argomentazioni finora riportate devono ritenersi applicabili anche all'art. 104 del T.U., che del resto è norma che ha inteso adeguare la normativa italiana a quella dei principali paesi europei.

3. Valutazione del caso di specie

3.1. Sulla base delle informazioni rese disponibili con riguardo al progetto di integrazione tra [... le società A e B ...], risulta che l'amministratore delegato della [... società A ...] ha contribuito a definire un progetto di combinazione aziendale con un'altra primaria società fornitrice di servizi ... europei, successivamente fatto proprio dall'intero consiglio di amministrazione.

Tale progetto non sembra di per sé contrastante con gli obiettivi dell'offerta presentata dalla [... società C ...]: non è infatti escluso (la valutazione spetterà essenzialmente al nuovo socio di controllo e ai nuovi amministratori) che esso possa proseguire anche dopo il buon esito dell'offerta.

L'elemento di alternatività del progetto è rappresentato dalla presenza al suo interno, come primo vero atto di esecuzione dello stesso, di un'offerta di scambio rivolta ai titoli della [... società A ...] sulla base di un rapporto di concambio con titoli di una società di nuova costituzione che dovrà avere il controllo di entrambe le società .... Nel solo comunicato dell'emittente si indica fra l'altro intorno ai 12 euro il valore ipotetico che le azioni offerte in scambio potrebbero avere, pur se con molte cautele.

La conoscenza da parte degli azionisti di tale progetto potrebbe pertanto indurli a non aderire all'offerta in corso per poter partecipare alla (peraltro non certa, viste le varie condizioni presenti nel progetto e rese note dalle parti) nuova offerta di scambio.

L'informazione fornita al mercato, che può essere in qualunque momento integrata anche su richiesta delle Consob, dovrebbe d'altra parte mettere gli azionisti in condizione di valutare il differente grado di concretezza delle due operazioni, la diversa composizione del corrispettivo proposto (in un caso parte in denaro parte in titoli nell'altro solo in titoli), la presenza di rilevanti condizioni (ad esempio un quantitativo minimo richiesto del 90%) per l'efficacia della futura offerta di scambio e gli altri elementi che possono motivare le loro scelte.

Così qualificata l'operazione, sulla base degli elementi informativi disponibili, sembra da ritenere che:

- gli amministratori della [... società A ...] hanno individuato e contribuito a delineare proposte alternative;

- il tipo di operazione proposta, in quanto lascia agli azionisti la possibilità di scegliere tra modalità di vendita delle proprie azioni diverse, non contrasta direttamente gli obiettivi dell'offerta ma si limita a configurare un'alternativa alla stessa

- l'accordo concluso con la [... società B ...], in quanto inidoneo ad alterare nel corso dell'offerta la struttura e il patrimonio della [... società A ...] o a rendere più gravoso l'esborso dell'offerente, non sembra configurare un atto capace di frustrare gli obiettivi dell'offerta né comporta costi per la società o altri mutamenti sulla situazione dell'emittente tali da considerare più difficile il raggiungimento degli obiettivi dell'offerta;

- un passaggio in assemblea di tale accordo, prima della sua stipula, avrebbe invitato gli azionisti ad esprimersi su un atto avente natura preliminare e che prefigura un'operazione che sarà a loro rivolta in modo tale che saranno comunque essi a determinarne l'esito.

In tale quadro può ritenersi che il condizionamento dell'operazione al consenso dell'assemblea degli azionisti della [... società A ...], comunque previsto come condizione di avvio del progetto dal "business combination agreement", non sia attuativo dell'art. 104 del T.U. ma rappresenti una cautela in più che gli stipulanti hanno voluto stabilire, vista fra l'altro la natura di "public company" della [... società A ...], per verificare anticipatamente le possibilità di successo del progetto di aggregazione.

Se, al contrario, si fosse ritenuta la stipula dell'accordo atto od operazione rilevante ai sensi dell'art. 104 del T.U. sembra ovvio che l'autorizzazione assembleare sarebbe dovuta intervenire prima di essa, avendo comunque l'accordo un'efficacia obbligatoria fra le parti, sebbene condizionata.


1. Sebbene si divida su aspetti secondari (ad esempio la rilevanza dell'elemento psicologico della volontà), la dottrina è concorde; cfr., oltre a Santoro Passarelli, voce Atto giuridico, Enc. Dir., IV, 203, cit. nella nota di Olivetti e Tecnost, Falzea, voce Fatto giuridico, in Enc. Dir., XVI, 941 e ss.

2. Sulla prassi statunitense cfr., fra gli altri, MACEY J., Takeovers in the United States: a law and economics perspective, in Quaderni di Finanza Consob, n. 32/99, 39; WEIGMANN R., in Trattato delle società per azioni, 10**, 1993, 605; DE BLASIO A., La legge italiana sulle Opa e le normative europee ed USA, 1994, 162 e ss); GILSON R.J., The law and finance of corporate acquisitions, 1986, 625 e ss.; ROMANO R., Foundations of Corporate Law, 1993, 267 e ss.

Come è noto la diffusione di tali tecniche è avvenuta essenzialmente negli Stati Uniti nel corso degli anni '80, come reazione da parte degli amministratori in carica ("incumbent directors") all'incremento del numero di offerte ostili. L'autonomia di movimento che le legislazioni societarie dei diversi Stati americani riconoscono agli amministratori, riguardante anche materie che la normativa europea riserva all'assemblea, ha reso possibile la concreta adozione delle più diverse tecniche (dette con espressioni suggestive "shark repellents" o "poison pills"); ciò ha determinato il proliferare di nuove legislazioni statali che hanno limitato ma mantenuto possibile, entro determinati limiti di correttezza e trasparenza, l'adozione di tecniche di difesa da parte degli amministratori ed hanno talvolta introdotto obblighi di comportamento da parte degli offerenti a tutela del patrimonio della società, e degli azionisti di minoranza, per lo più inerenti al periodo successivo al buon esito dell'OPA. Tali discipline assumono talvolta funzioni analoghe a quelle che nel nostro ordinamento sono svolte dalla normativa sull'opa obbligatoria, non prevista nella legislazione statunitense. Rispetto a tale contesto normativo la più diffusa dottrina americana ha espresso invece posizioni favorevoli all'adozione di divieti per gli amministratori di operare contro le offerte senza il consenso dell'assemblea degli azionisti. La parte prevalente di tale dottrina (Gilson, cit.; Romano, cit.; Bebchuck, The case for facilitating competing tender offers: a reply and extension, in 35 Stanford Law Review, 25) ritiene che il divieto dovrebbe subire un'eccezione, oltre che con riguardo alla pubblicazione dell'opinione sull'offerta, per le attività volte a ricercare alternative all'operazione che siano più favorevoli per gli azionisti, in modo da facilitare la possibilità che si svolga una sorta di asta al rialzo sui titoli; in contrasto con tale posizione si pone chi ritiene che tale possibilità potrebbe dar luogo a un disincentivo troppo alto alla promozione di offerte ostili (Easterbook e Fischel, The economic structure of corporate law, 162 e ss.).

3. Per casistica sulle tecniche di difesa nel Regno Unito, cfr. BUTTON-BOLTON, A practitioner's guide to the City Code on Takeovers and Mergers, 1998, 172 e ss.

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