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Comunicazione n. DAL/99058868 del 29-07-1999

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Oggetto: Quesiti concernenti la disciplina delle azioni di risparmio, delle partecipazioni rilevanti e delle offerte obbligatorie

Si fa riferimento a quanto richiesto con nota dello Studio... in data ..., integrata con successiva nota del ....

L'operazione di emissione di azioni di risparmio prospettata pone problemi attinenti alla disciplina di tali strumenti finanziari, alla disciplina delle partecipazioni rilevanti ed alla disciplina delle offerte pubbliche di acquisto, alla luce di quanto al riguardo dispone il D.Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (di seguito Testo Unico o T.U.).

1. Disciplina dell'assemblea degli azionisti di risparmio

Con riferimento alla disciplina delle azioni di risparmio sembra presentare profili problematici la possibilità di prevedere statutariamente quorum diversi da quelli previsti dalla legge per le deliberazioni dell'assemblea speciale degli azionisti di risparmio.

In argomento questa Commissione ritiene di non aver titolo per esprimersi, trattandosi di questione che esula dalle competenze sue proprie ed investe unicamente quelle del giudice chiamato ad omologare lo statuto (o la deliberazione modificativa dello statuto) che contenga tali previsioni.

2. Disciplina delle partecipazioni rilevanti

Nella bozza di delibera assembleare trasmessa in allegato alla nota è previsto che siano estesi alle azioni di risparmio, emesse in forma nominativa, gli obblighi di comunicazione al mercato ad alla Consob stabiliti dalla legge per le partecipazioni rilevanti.

Questa Commissione osserva che l'art. 120 del T.U., disciplinante la trasparenza delle partecipazioni rilevanti nel capitale con diritto di voto, non consente di rendere applicabili le relative disposizioni di legge e di regolamento anche alle partecipazioni al capitale senza diritto di voto, che il legislatore ha ritenuto di non gravare con obblighi di comunicazione.

Se dunque non può escludersi che, nell'ambito dell'autonomia statutaria, vengano previsti obblighi di comunicazione anche in capo ai possessori di azioni di risparmio (ferma la competenza del giudice dell'omologazione a pronunciarsi sulla validità di tali clausole), è comunque indubbio che tali obblighi avrebbero unicamente fondamento negoziale e non trarrebbero direttamente alimento dalla legge. Essi, pertanto, potrebbero valere soltanto nei rapporti tra i soci ed in nessun caso ne potrebbe scaturire un regime di pubblicità soggetto a vigilanza da parte di questa Commissione.

3. Disciplina delle Opa obbligatorie

3.1.La disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e scambio è interessata, secondo diversi profili, dalla previsione statutaria in base alla quale ai titolari di azioni di risparmio sarebbe riconosciuto il diritto di convertirle in azioni ordinarie, secondo un rapporto paritario, al verificarsi di una delle seguenti condizioni:

a) fusioni o scissioni a seguito delle quali muti il soggetto (o i soggetti uniti in patto parasociale) titolare della maggioranza assoluta o relativa del capitale sociale ordinario;

b) promozione o conclusione di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio obbligatoria, volontaria preventiva che possa condurre o abbia condotto l'offerente (ed i soggetti che eventualmente agiscano di concerto con lui) a detenere oltre il 50% del capitale ordinario preesistente alla conversione (al netto delle azioni proprie direttamente o indirettamente detenute dalla società);

c) promozione di un'offerta pubblica di acquisto residuale; d) cancellazione della società dal registro dalle imprese o dal listino di quotazione.

Premesso ancora che la verifica della validità di clausole statutarie è compito del giudice in sede di omologazione, questa Commissione rileva che ogni valutazione circa la previsione sub a) esula del tutto dalla propria competenza. Non così per le ulteriori previsioni, che investono parti di disciplina (in tema di offerte pubbliche e di quotazione in mercati regolamentati) su cui la Consob potrebbe esser chiamata ad intervenire nell'esercizio delle proprie funzioni di vigilanza.

3.2. Le ipotizzate clausole statutarie - quanto al profilo considerato sub b) - prevedono che, in caso di offerta pubblica di acquisto delle azioni ordinarie della società, sia essa volontaria, obbligatoria o residuale, spetti agli azionisti di risparmio un diritto di conversione esercitabile in due diversi possibili modi: in primo luogo, aderendo all'offerta di acquisto alle medesime condizioni stabilite per gli azionisti ordinari; in secondo luogo, per chi non si fosse già avvalso della prima possibilità, mediante dichiarazione inoltrata alla società entro un certo termine dalla chiusura dell'offerta.

La prima modalità sembra consentire non tanto una conversione di azioni di risparmio in ordinarie, quanto piuttosto l'automatica estensione anche agli azionisti di risparmio dell'offerta di acquisto rivolta ai soci ordinari. Ciò logicamente implicherebbe l'obbligo, per il soggetto che abbia promosso l'offerta, di accettare anche le azioni di risparmio riconoscendo per esse un corrispettivo pari a quello previsto per le azioni ordinarie.

E' però assai dubbio che un obbligo siffatto possa validamente esser posto - a carico di un terzo qual è l'offerente - da una previsione statutaria idonea a vincolare giuridicamente solo i soci. L'estensione dell'offerta di acquisto anche alle azioni di risparmio potrebbe dunque configurarsi sempre e solo come offerta volontaria, se ed in quanto l'offerente intenda formularla. Non sembra, perciò, che l'indicata clausola valga a garantire agli azionisti di risparmio un diritto, equivalente a quello di conversione.

Le perplessità non verrebbero meno neppure ove si volesse ritenere che l'indicata clausola statutaria possa operare con riguardo alle sole offerte pubbliche di acquisto promosse da chi sia già socio della medesima società, e quindi a propria volta già soggetto ai vincoli statutari. Se è vero, infatti, che, in linea di principio, lo statuto della società è libero di prevedere condizioni di conversione delle azioni di risparmio in ordinarie, è vero anche che, nella specie, la condizione prevista non parrebbe compatibile con la disciplina legale delle offerte pubbliche di acquisto.

E' da considerare che le scelte compiute dal legislatore nella regolamentazione del mercato del controllo societario delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati non sono derogabili in sede statutaria né nel senso di rendere le società più facilmente scalabili, né, in direzione opposta, nel senso di renderne particolarmente ardua la scalata.

La portata imperativa delle norme in questione, confermata anche dalle sanzioni che le corredano, è funzionale all'obiettivo di realizzare un difficile equilibrio fra diversi e talvolta contrapposti interessi, di natura pubblica e privata, fra i quali, con riferimento agli obiettivi assegnati alla Consob dall'art. 91 del T.U., figurano sia l'efficienza del mercato del controllo societario sia la tutela degli investitori.

Il bilanciamento degli interessi operato a tal riguardo dall'ordinamento impedisce, dunque, di introdurre variazioni nel sistema che rischierebbero di compromettere l'equilibrio voluto dal legislatore. E' possibile, come attesta l'art. 104 del Testo Unico, il ricorso a tecniche di difesa deliberate successivamente alla promozione dell'offerta, ma tenendo conto delle sue caratteristiche concrete e con deliberazione assunta a maggioranza particolarmente qualificata; non è invece possibile operare statutariamente a fine di limitare a priori la possibilità che un'offerta venga promossa.

Tale conclusione riguarda anche l'ipotesi in cui la soglia che determina l'obbligo integrativo previsto in sede statutaria sia superiore al 30% (ad esempio, come nel caso di specie, del 50%): le considerazioni svolte sull'inderogabilità delle norme sull'opa obbligatoria comportano infatti l'inammissibilità di ogni obbligo di acquisto, connesso al superamento di soglie di partecipazione al capitale ordinario, ulteriore rispetto a quelli previsti dalla legge.

3.3. I problemi di compatibilità della previsione statutaria con la disciplina legale delle offerte di acquisto obbligatorie permangono - e sono anzi esaltati - anche con riguardo alla seconda delle due modalità di conversione sopra riferite.

La previsione di un diritto di conversione delle azioni di risparmio dopo la chiusura dell'offerta che ha determinato il superamento della soglia rilevante e come conseguenza di tale offerta è, anche da sola considerata, ugualmente idonea a determinare un aggravio dei costi di trasferimento del controllo. Ne deriverebbe, fra l'altro, un forte incentivo a promuovere direttamente l'offerta anche sulle azioni di risparmio convertibili.

Una siffatta previsione, in concreto, potrebbe dunque configurare una tecnica di difesa preventiva da eventuali scalate, sia per quanto appena osservato in ordine al maggior costo del trasferimento del controllo, sia per la teorica possibilità che il possesso di una quota delle azioni di risparmio convertibili, da parte di chi già detenga una rilevante quota di azioni ordinarie, consenta di esercitare una preminenza di fatto protetta da eventuali scalate non gradite.

3.4. Quanto appena osservato vale anche per il caso di opa residuale.

Anche in tal caso, infatti, appare di dubbia ammissibilità una clausoIa statutaria per cui il socio di controllo, che abbia superato la soglia del 90 % del capitale ordinario e non abbia ripristinato il flottante nei tempi previsti dalla legge, sia tenuto a promuovere un'offerta, oltre che sulle azioni ordinarie, anche sulle azioni di risparmio, in presenza di un precetto legale che, considerando i diversi interessi coinvolti, non ha invece ritenuto di imporre un tale obbligo.

La tutela degli azionisti di risparmio può invece senza dubbio essere assicurata da una clausola che, in coerenza con la disposizione dell'art. 145, comma 2, del T.U., attribuisca ai medesimi azionisti il diritto di convertire i loro titoli in azioni ordinarie ove si verifichi la cancellazione di detti titoli dal listino di borsa, che è evento normalmente conseguente all'offerta residuale.

p. IL PRESIDENTE
Renato Rordof

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