La crisi da Covid-19 - L'impatto sui mercati finanziari - EDUCAZIONE FINANZIARIA
- LA PANDEMIA DI COVID-19 E LA CRISI DEL 2020
- DALLA CRISI SANITARIA ALLA CRISI ECONOMICA
- LA CRISI IN ITALIA
- L'IMPATTO SUI MERCATI FINANZIARI
- LE MISURE A SOSTEGNO DELL'ECONOMIA IN EUROPA E IN ITALIA
L'IMPATTO SUI MERCATI FINANZIARI
La forte incertezza sulle prospettive economiche globali ha innescato forti turbolenze sui mercati azionari che, a livello mondiale, si sono riflesse in ampi cali dei corsi e in un incremento della volatilità. L'impatto è stato differente a seconda delle aree geografiche e dei settori, in funzione dell'esposizione alla pandemia e agli effetti delle misure di lockdown.
La figura che segue confronta l'andamento dei prezzi delle azioni delle maggiori società statunitensi, britanniche e dell'eurozona, ossia rispettivamente degli indici S&P500 per gli USA, FTSE100 per il Regno Unito e EuroStoxx50 per l'area euro. Quest'ultimo, nel periodo di massimo calo, si è portato al di sotto del livello registrato all'inizio del 2007. Anche la volatilità dei prezzi è aumentata in maniera significativa, portandosi a livelli di gran lunga superiori a quelli registrati in occasione di altre crisi (come quella finanziaria o subprime nel 2008 e del debito sovrano nel 2011).
In ambito domestico, il 12 marzo, ossia durante la prima settimana di lockdown, il principale indice azionario italiano (FtseMib) registrava una flessione da inizio anno pari al 36,6%. La contrazione superava il 30% anche negli altri principali Paesi europei, nonostante a quella data essi non avessero ancora adottato misure di distanziamento sociale. Dopo il brusco calo delle prime settimane, tuttavia, i mercati azionari europei hanno registrato un lento recupero.
Anche i mercati dei titoli di Stato e delle obbligazioni emesse da società private hanno sperimentato un calo dei prezzi, che in alcuni casi è risultato più ampio per l'Italia.
L'andamento dei mercati obbligazionari pubblici e privati ... vedi |
Al pari dei mercati azionari, anche i mercati obbligazionari hanno risentito delle incertezze innescate dalla pandemia di Covid-19. Con riferimento ai mercati dei titoli di Stato, le tensioni sono scaturite principalmente dalle aspettative di un rapido peggioramento dei parametri di finanza pubblica. I programmi di intervento posti in essere dai diversi governi per sostenere i sistemi sanitari nell'emergenza epidemiologica e mitigare l'impatto del lockdown sull'economia reale sono risultati, infatti, di ammontare straordinariamente elevato. Sin dai primi giorni di marzo i mercati secondari dei titoli di Stato hanno visto un incremento dei rendimenti in tutte le economie avanzate. Analoghe dinamiche sono state osservate con riferimento ai credit default swap (CDS) sul debito sovrano (vedi la scheda sui derivati). L'incremento dei rendimenti sui titoli di Stato è risultato particolarmente marcato per l'Italia: nel primo trimestre dell'anno, ad esempio, i rendimenti delle obbligazioni con scadenza a 10 anni hanno raggiunto valori prossimi al 2,5 % dall'1,3% registrato all'inizio dell'anno. Lo spread tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni (BTP) e il benchmark tedesco è salito velocemente a metà marzo, raggiungendo il picco di 320 punti base (da una media di circa 145 punti base registrata nei due mesi precedenti). Analoghe tensioni hanno coinvolto i mercati secondari dei titoli pubblici di altri paesi europei. La Banca centrale europea (BCE) è intervenuta in breve tempo, annunciando un programma straordinario di acquisto di titoli pubblici e privati per l'emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) finalizzato a ripristinare il corretto funzionamento dei mercati dei titoli pubblici europei e assicurare l'efficace trasmissione degli impulsi di politica monetaria. L'annuncio di tale misura ha notevolmente attenuato le tensioni sui mercati secondari dei titoli di Stato, che hanno registrato una rapida riduzione dei rendimenti (rimasti comunque su livelli superiori ai valori medi di febbraio 2020): lo spread tra BTP e Bund a 10 anni, ad esempio, si è attestato in media a 205 punti base a marzo (140 punti a febbraio). Le ripercussioni della crisi in atto si sono osservate, in tutte le principali economie avanzate, anche rispetto alle obbligazioni private. In particolare, sul mercato secondario i rendimenti degli indici obbligazionari hanno registrato un incremento pari a oltre due punti percentuali per il settore bancario e a un punto percentuale e mezzo per quello non finanziario. Le banche italiane hanno registrato l'aumento più elevato rispetto ai competitors stranieri. |
La crisi scatenata dalla pandemia può avere effetti anche sulle banche italiane, anche se esse sono più robuste rispetto al passato grazie a molteplici operazioni di rafforzamento patrimoniale e di miglioramento della qualità degli attivi.
L'impatto della crisi sulle banche italiane ... vedi |
Nell'ultimo decennio, le banche italiane, dopo le pesanti conseguenze della crisi subprime e della crisi del debito sovrano, hanno registrato miglioramenti significativi dei propri attivi grazie a molteplici operazioni tese all'innalzamento del patrimonio (principalmente attraverso aumenti di capitale) e al miglioramento della qualità del patrimonio. Quest'ultima ha beneficiato della riduzione del peso dei titoli di Stato italiani presenti in portafoglio (e della conseguente esposizione ad andamenti negativi del mercato dei titoli del debito sovrano) e del miglioramento della qualità del credito, dovuto a politiche di gestione del rischio più stringenti e a numerose operazioni di cessione di parte delle consistenze di crediti problematici accumulate nel tempo. Negli ultimi anni, inoltre, gli istituti di credito italiani hanno cambiato la composizione della raccolta di fondi, riducendo il peso delle emissioni obbligazionarie e privilegiando la fonte più stabile rappresentata dai depositi. Sotto il profilo reddituale, invece, le banche italiane non hanno mostrato significativi miglioramenti, principalmente a causa della debolezza dei ricavi derivanti dalla tradizionale attività di intermediazione creditizia (il cosiddetto margine di interesse). Tali ricavi, infatti, dipendono essenzialmente dall'andamento dei tassi di interesse, che nell'ultimo decennio sono rimasti a livelli estremamente bassi. |